14 - Tutta colpa di una tavoletta
Camminavano entrambe cautamente e con timore, ad Andrea tremavano le gambe mentre avanzava tra i cespugli e l'erba alta del giardino di quella villa. Per tutta la giornata Mary era rimasta in sua compagnia per convincerla a darle una mano a recuperare la tavoletta, ricordandole costantemente, anche se ciò era impossibile, come fosse stata lei a convincerli ad andare proprio in quella villa. Alla fine, per sfinimento, Andrea aveva acconsentito, ma sperando di fare presto. Posteggiarono in una strada sterrata a qualche metro di distanza dalla casa, ma solo perché, da quello che diceva Mary, non esisteva più nessuna strada che portava direttamente alla villa.
Andrea ricordava benissimo la paura provata la sera prima alla vista di quel fantasma. Era convinta di non credere ai fantasmi, qualcosa le diceva che sapeva che non esistevano, eppure l'aveva visto!
Di colpo un cespuglio si mosse poco distante e Andrea afferrò con paura il braccio della ragazza accanto a lei. Impaurita e con voce tremante lo indicò.
"Cos'è quello?"
Entrambe rimasero immobili con il cuore in gola a fissare il cespuglio che si muoveva, finché una lepre selvatica non saltò fuori grattandosi un orecchio con la zampa posteriore. Entrambe tirarono un grosso sospiro di sollievo.
"Dai, muoviamoci. Bisogna arrivare alla sala con tutte le finestre, è lì che l'ho lasciata." Mary cercò di darsi un contegno.
Proseguì senza attendere Andrea, salendo gli scalini fatiscenti e varcando le macerie che delineavano la porta d'ingresso. Per non rimanere sola, Andrea le corse dietro, affrettandosi. Appena furono entrambe nell'ingresso di quella lugubre dimora, una brezza d'aria gelida accarezzò loro le gambe, facendo correre un brivido su per la schiena di entrambe. Si guardarono impaurite, era la stessa brezza che le aveva accolte anche la sera prima.
Avanzarono con cautela, senza sapere bene dove andare. "Sei sicura che sia questa la direzione giusta?" Andrea era sempre più impaurita.
"Credo... credo di sì."
La risposta dell'amica non la tranquillizzò affatto, soprattutto per il tono di voce usato. Senza farsi altre domande, avanzarono tra calcinacci e porte divelte, osservandosi attentamente intorno. I muri erano sgretolati in più punti, la vegetazione aveva preso il sopravvento in ogni stanza, impedendo ad ogni incauto visitatore di capire in che condizioni fosse ogni arredo rimasto e ogni pavimento per poter camminare con tranquillità. Sembrava che dovesse sbucare un fantasma da un momento all'altro. Con la luce del giorno credevano che avrebbero avuto meno paura, ma si sbagliavano di grosso. Un puzzo persistente di umido aleggiava nell'aria tutto intorno a loro, e il rumore del vento che passava attraverso le fessure delle finestre o tra i buchi nei muri sembrava il richiamo per qualche essere sconosciuto.
"Non riesco a capire perché abbiamo scelto di venire proprio qui."
Andrea, con voce tremante, tentò di carpire qualche informazione in più dalla sua compagna d'avventura.
"Tu l'hai deciso, non è stata una decisione unanime." Sbottò lei, dimenticando per un istante la paura.
"Ok... vorrei capire perché ho scelto proprio questo posto." Balbettò, guardandosi attorno.
Girovagarono in silenzio per un po' verso un lungo corridoio, senza avere il coraggio di parlare o curiosare oltre le porte che trovarono. Rendendosi conto di aver sbagliato strada, tornarono indietro percorrendo il corridoio a ritroso.
"Ma che ne so! Continuavi a ripetere che qui c'era vissuta la contessa uccisa dal marito durante il loro primo anniversario. Sembravi così presa da questa storia!"
Mary riprese coraggio una volta usciti da quel corridoio. Andrea decise di non rispondere; la storia di una giovane contessa uccisa dal marito le aveva acceso un campanello d'allarme dentro di sé, ma non riusciva a darsi una spiegazione.
Si ritrovarono infine nella grande sala con le innumerevoli vetrate spaccate e il sole che filtrava dai buchi delle stesse. Era lì che si erano recati la sera prima. Ma il sole, invece che rischiarare la zona e renderla un tantino meno paurosa, riusciva a creare un'atmosfera ancor più cupa e tenebrosa, dato che la sua presenza risultava come molte lame di luce incandescenti che attraversavano le stanze, pur sempre troppo deboli per riuscire ad illuminarle per intero, tanto più che il resto delle vetrate ancora intatte erano cosparse in uno spessissimo strato di polvere e sporco, impossibile da penetrare.
Barcollando tra i calcinacci arrivarono al centro della sala e finalmente trovarono la tavoletta abbandonata sul pavimento. Vi si avvicinarono per raccoglierla quando, a metà strada da essa, una strana risatina fanciullesca risuonò fino alle loro orecchie, proveniente da chissà dove. Le due ragazze si guardarono in faccia spaventate, immobili. Entrambe rimasero come statue, cercando di capire cosa stesse succedendo.
"L'hai sentita anche tu?" si azzardò a chiedere Mary dopo alcuni secondi.
Andrea non rispose, ma la sua espressione terrorizzata valeva più di mille parole. Cercando di vincere la paura e avanzarono ancora per pochi passi, coprendo la distanza che le separava dalla tavoletta, ma di nuovo, poco distante, un'altra risatina infantile risuonò lontana. Stavolta sembrava arrivasse dalle scale. Si voltarono entrambe verso quella direzione, pronte a scappare a gambe levate, convinte che la stessa apparizione si sarebbe fatta rivedere nel solito punto.
"Credo che sia meglio andare..." balbettò Mary recuperando la tavoletta.
Andrea annuì voltandosi per proseguire verso l'uscita, quando si blocco di colpo, con lo sguardo fisso davanti a sé. Notando la reazione dell'amica, Mary la chiamò confusa e impaurita.
"Cristie? Ti senti bene?"
Ma Andrea non poteva assolutamente rispondere. Davanti a sé, con un paio di jeans leggermente sdruciti e una maglietta che metteva in risalto i pettorali delineati e tonici, c'era un uomo che la guardava con un misto di sollievo e felicità. Era interdetta, confusa, com'era possibile che Mary non lo vedesse a sua volta?
"Andrea... Andrea, stai bene? Finalmente ti ho trovata!"
Terrorizzata all'idea di aver appena sentito parlare un fantasma, Andrea rimase a bocca aperta, immobile.
Il cuore le batteva all'impazzata, non riusciva a raccapezzarsi di quello che stava succedendo. Chi era quell'uomo? E come mai l'aveva chiamata così?
Di colpo, Mary la afferrò per un braccio e la tirò con forza verso l'uscita, mettendosi a correre e costringendola a fare altrettanto. Una volta fuori all'aria aperta, le due si fermarono per riprendere fiato.
"Non entrerò mai più in quella casa, nemmeno se mi pagassero tanto oro quanto peso!" fiatò la ragazza dai lunghi capelli neri che le coprivano il viso, chinata in avanti con le mani sui gomiti e il fiatone, intenta com'era ad assorbire tutto l'ossigeno possibile.
Mentre il cuore tornava lentamente a un ritmo normale, Andrea si volse verso quella villa, ancora frastornata da ciò che aveva visto. Mary la osservò più attentamente.
"A proposito, si può sapere cosa credi di aver visto, là dentro?"
Andrea la osservò di colpo. "Perché?"
"Perché avevi proprio la faccia di una che ha appena visto un fantasma!"
Andrea sgranò gli occhi... sapeva quello che aveva visto, ma non riusciva a crederci.
☣☣☣
Patrick uscì sconvolto dalla stanza bianca, la reazione di Andrea alla sua vista lo aveva reso nervoso, era incredulo. Possibile che non lo avesse riconosciuto? Da quando Andrea aveva fatto il salto, uscendo finalmente dalla vita di Annabelle Tavern, lui aveva passato due giorni insopportabili di insonnia e paura costante. Era convinto che presto la avrebbe riabbracciata, ma gli studi del signor McLeap non erano stati del tutto precisi e Andrea non era tornata nella sua realtà. Constatando che il frigorifero non si apriva non ci volle molto a capire che era saltata nella vita di qualcun altro.
Aveva passato due interi giorni nello studio insieme al padre di lei, per tentare di ritrovarla pur non capendo niente di tutti quegli ingranaggi che il signor McLeap era riuscito a costruire, e quando finalmente la trovarono incrociando coordinate misteriose e strani picchi di energia, aveva ritrovato la speranza di poterla riportare a casa. Prima ancora di capire in quale anno si trovasse era entrato nella stanza bianca e aveva avviato la procedura per trasportare il suo ologramma accanto a lei, inserendo le coordinate che il professor McLeap gli aveva detto. Ma la reazione che Andrea aveva avuto alla sua vista lo aveva fatto ripiombare nella tristezza di quegli ultimi giorni.
"È evidente che ad ogni salto la mente di Andrea subisce uno choc, e la sua memoria viene momentaneamente azzerata per far posto a quella della persona che va a sostituire."
Adam cercò di consolare il suo amico e studiare i dati che aveva estrapolato dalla sua macchina.
"Mi sta dicendo che non si ricorda più di me... né di lei? Di nuovo?"
"Oh, non ti preoccupare, i ricordi della sua vita come Andrea sono sempre presenti nella sua mente, non sono spariti, ma come successe con Annabelle, sono stati accantonati e mescolati con altri che non le appartengono. Deve avere più di qualche imput per fare ordine e districarsi tra i suoi veri ricordi e quelli della sua ospite." Spiegò Adam continuando a controllare i suoi dati.
"Quindi ha bisogno di vedermi un'altra volta e che le faccia presente altre cose del suo vero passato per farle tornare alla mente i suoi ricordi?"
"Ho idea che sia proprio così."
Patrick si chiese come suo padre potesse restare così calmo. Sua figlia era semi dispersa nel tempo e lui sembrava preoccuparsi solamente dei suoi calcoli.
"Potrebbe essere pericoloso per lei? Voglio dire, ogni volta dovrà attraversare una forte confusione mentale che potrebbe farla impazzire. Nei panni di Annabelle svenne, e poi non tornò in sé per diverso tempo."
"Sono propenso a credere che questa volta possa riacquistare la sua memoria molto più rapidamente," sentenziò il signor McLeap alzando finalmente lo sguardo sull'uomo accanto a lui. "Ma voglio fare una ricerca approfondita circa il periodo esatto in cui si trova, anche per conoscere meglio le persone intorno a lei e anche quella che sta sostituendo. Non puoi riapparire dal nulla davanti a lei all'improvviso, non sai come potrebbe prenderla. Perché in questo momento lei può comportarsi come Andrea ma anche come la ragazza che la sta ospitando. Deve capire chi sei prima di accettarti di nuovo, e per farlo deve vederti in un momento in cui non ha nessuno attorno a lei a distrarla."
Ancora preoccupato, Patrick si sedette su una sedia lungo il muro. Aveva sperato con tutto sé stesso di poterla riabbracciare. Questa avventura lo stava mettendo a dura prova, ma gli aveva permesso di capire meglio i suoi sentimenti; non si sarebbe arreso finché non avrebbe potuto riabbracciarla di nuovo.
"E cosa mi dice riguardo al tablet. Adesso è in grado di rivelarci in tempo record i dati della persona che inseriamo?"
Adam McLeap si volse verso il tavolo da lavoro dietro di sé, dove aveva abbandonato il tablet dopo averlo aggiornato con i dati che la sua macchina era riuscito a ricavare.
"È proprio lì," lo indicò, "adesso funziona alla perfezione. L'ho aggiornato simultaneamente alla macchina, mentre elaborava i dati che ricavava quando ci ha rivelato il periodo temporale in cui Andrea è capitata."
Blaterò tornando al suo lavoro, senza accorgersi che Patrick si era alzato per avvicinarsi al tablet e afferrarlo deciso.
"Quando rientrerai nella stanza bianca dovresti riuscire a ricevere tutti i dati della persona che digiti, anche se..." Si voltò per parlare con il suo interlocutore, ma solo in quel momento si accorse che era sparito, "...ha ancora bisogno di un ultimo upgrade prima di riutilizzarlo." Terminò confuso con un tono di voce sempre più flebile.
Allarmato controllò dove fosse il suo ospite. "Patrick? Patrick!" Chiamò, ma non ricevendo risposta osservò la porta della stanza bianca. Era chiusa dall'interno. Guardò il tablet sul tavolo, ma era sparito.
Il dottor Guardian era tornato attraverso il tempo.
Di corsa tornò alla sua macchina e accese lo schermo gigante, cercando di sintonizzarlo nel luogo in cui si trovava Andrea, sapeva che le coordinate della stanza di visualizzazione si concordavano con quelle della sua macchina man mano che cambiavano, ma c'era qualcos'altro che lo turbava al momento. Lo schermo si accese, sfarfallò e, lentamente, gli mostrò Andrea, nei panni di una ragazza esile dai capelli biondi e gli occhi castani, seduta su di un letto singolo di una classica stanza da letto anni 60. La osservò meglio cercando di capire se quello che aveva intuito in un primo momento fosse la realtà dei fatti. Tutto lasciava pensare che quella stanza e il viso della ragazza di cui sua figlia aveva preso il posto erano esattamente quello che temeva. Sperava ardentemente che non fosse così, perché la gravità della situazione sarebbe stata davvero pessima, ma quella ragazza non sembrava essere semplicemente un'antenata di Andrea come lo era Annabelle Tavern. Sembrava essere una persona molto più vicina ad Andrea di quanto si potesse immaginare. La donna che Andrea non ha mai conosciuto... e della quale non avrebbe mai dovuto conoscere niente.
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