12 - Cristie Addams


"Dai, muoviti. Si può sapere cosa ti prende, adesso? Hai cambiato idea?"

La ragazza dai capelli neri continuava a esortarla a proseguire lungo il campo d'erba. Ancora profondamente confusa, Andrea si guardò meglio attorno e notò la presenza di altri due ragazzi che si erano arrestati poco più avanti e la guardavano in attesa.

"Posso sapere dove stiamo andando?" chiese spaesata.

Uno dei due ragazzi, spazientito, tornò indietro e la prese per mano. "Dai Cristy, sei stata la prima a tirare fuori questa sfida e ora vuoi tirarti indietro?"

Andrea lo fissò confusa, questo ragazzo aveva dei lineamenti decisamente attraenti, anche alla luce della luna riusciva a intravedere il colore chiaro dei suoi occhi, forse un azzurro o un verde. I capelli erano decisamente biondi e aveva un fisico prestante. Indossava una felpa con uno stemma sul petto, poteva avere sì e no venti anni, eppure avvertì una certa attrazione verso di lui.

"Perché dovrei tirarmi indietro?" Non riusciva a capire.

Questi sbuffò: "Andiamo, Cristy, sono settimane che vuoi entrare in quella villa e ora che ci siamo ti fai prendere dalla paura?"

Ma quale villa? Andrea assottigliò gli occhi guardando alle spalle del ragazzo; in lontananza scorse la sagoma scura di una sorta di villa. Sembrava diroccata e infestata dalla vegetazione.

"Stiamo andando laggiù?"

"Beh, è quella la casa!"

Sbottò con tono ovvio l'altro ragazzo, palesemente seccato. Indossava la stessa felpa del primo, ma sembrava decisamente meno gentile.

"Cristy, ti senti bene? Se hai cambiato idea, se non ci vuoi più andare, per me fa lo stesso."

Il ragazzo biondo la stava osservando preoccupato.

Per una sorta di orgoglio proveniente da chissà dove, Andrea decise che non si sarebbe tirata indietro, qualunque cosa dovesse fare.

"Certo che no! Ero solo... mi sembrava di essermi sbagliata sulla casa."

Tutti e tre la guardarono increduli ma ripresero il cammino senza aggiungere altro. Man mano che si avvicinavano alla casa, Andrea poté notare che era effettivamente abbandonata. Un'intera parete era crollata, lasciando via libera alla vegetazione che ne aveva preso il possesso. Il resto, compresa l'entrata costituita da un grande portone con tre scalini in marmo un po' spaccati, era ancora in piedi, anche se le finestre del primo piano erano tutte rotte, i muri completamente da ristrutturare e i buchi tra i mattoni ospitavano volatili e chissà quali altri animali. Andrea non comprendeva ancora il perché avessero deciso di entrare in quella enorme villa, ma avvertiva un certo senso di paura mista a eccitazione. Era sicuramente una bravata per dimostrare chissà cosa. Una di quelle stupidaggini che si compiono a vent'anni.

Di colpo, le apparvero nella mente diversi flash di Annabelle allo specchio, del signor Tavern e di... Patrick? Si arrestò durante il cammino una seconda volta, frastornata da altri ricordi ancora, che non riusciva a capire, ricordi nuovi...

All'improvviso qualcosa le divenne chiaro: non era tornata nel suo tempo, era saltata nella vita di un'altra ragazza, nel corpo di un'altra sua antenata! A giudicare da come era vestita sicuramente non si trovava più nel 1800, forse era a metà tra gli anni '60 e '70, anche a giudicare dalla felpa che i due ragazzi indossavano. Guardandola bene di spalle riportava la scritta "Yankee 1960". Sì, forse era saltata nel 1960.

Li seguì in silenzio guardandosi intorno, finché non oltrepassarono un cancello completamente staccato dai suoi cardini e del tutto arrugginito. Appena entrarono nel giardino della villa abbandonata, un colpo di vento freddo le colpì le gambe nude, facendola rabbrividire. Anche l'altra ragazza si fermò di scatto.

"Avete sentito?" Sussurrò.

"È come se ci volesse avvisare di non entrare." Farfugliò l'altro ragazzo.

Ma chi, la casa? Si chiese Andrea. Chi è che stava avvisando loro di non entrare?

Con una crescente tensione, i quattro si apprestarono a salire gli scalini malridotti dell'ingresso e a varcare la soglia scardinata e mezza crollata.

"Attenta a non cadere. Vieni, ti aiuto."

Il ragazzo biondo si voltò verso di lei e le allungò una mano. La aiutò a scavalcare un pezzo di muro crollato, e subito la abbracciò come a proteggerla. Per un secondo Andrea si sentì al sicuro avvolta in quell'abbraccio. L'altra ragazza, invece, li superò guardandoli un po' di sbieco.

"Vi sembra il momento di certe effusioni? Risparmiatevele per quando sarete soli."

Ancora più confusa, Andrea alzò lo sguardo incontrando gli occhi del ragazzo che ancora la stava stringendo. Questi le sorrise brevemente e subito la sciolse dall'abbraccio, ma continuò a tenerla per mano. Quel contatto non passò inosservato alla stessa Andrea, che sentì un lieve tremolio nel petto. Ancora non si rendeva pienamente conto di quello che stava vivendo. I ricordi che aveva potuto vivere nei panni della bella Annabelle Tavern erano stati accantonati in un luogo remoto della sua mente, insieme ai ricordi della sua vita come Andrea. Nonostante ciò, alcuni brevissimi flash le si susseguivano nella testa velocemente, come istantanee davanti agli occhi, ma talmente veloci da non riuscire a comprenderle.

I quattro si inoltrarono completamente all'interno di quel casolare fatiscente, camminando con cautela e circospezione. Andrea non osava chiedere quale fosse il motivo di quella visita, ma forse il suo primo intuito era esatto. Stavano sfidando una loro paura. Che quella fosse una casa infestata da degli spettri? Eppure lei sapeva benissimo che i fantasmi non esistevano, come donna di scienza non credeva a quelle cose che non avevano una spiegazione logica... Un momento, perché aveva pensato di sé stessa come una donna di scienza? Da dove era venuto fuori un pensiero simile?

Di colpo i suoi compagni di avventura si arrestarono al centro di un enorme salone, dove solo la flebile luce della luna permetteva di orientarsi in quel caos. Andrea iniziò ad avere paura da tutta quella situazione. Le facce tirate e i respiri corti dei suoi compagni di avventura non facevano che aumentare quella sensazione. Si guardò attorno, notando la fatiscenza di quel posto. Erbacce spontanee avevano preso possesso di ogni crepa del muro, il pavimento era rivestito di calcinacci e le enormi finestre non mostravano altro che erbaccia altissima. Dalle imposte spaccate, grandi ragnatele mostravano il tempo trascorso dall'ultima volta in cui la mano dell'uomo aveva toccato e pulito quel luogo.

"Volete salire al piano di sopra?" Sfidò il ragazzo dai capelli neri e le basette, indicando delle scale in fondo alla sala.

L'altra ragazza gli diede una spinta scherzosa. "Vacci tu se ne hai il coraggio!"

"Se tu vieni con me ci vado."

"Tu sei pazzo!" Ridacchiò questa in modo nervoso.

Il ragazzo si mise a ridere. "Fate tanto le coraggiose, ma poi—"

"Shh! Avete sentito?" Chiese di colpo il biondino stringendo di più la mano ad Andrea.

Tutti e quattro si zittirono all'istante, restando in ascolto del rumore del vento che filtrava attraverso le finestre rotte.

"Cosa avremmo dovuto sentire?" Chiese Andrea.

"Mi sembrava di aver sentito un respiro."

Il secondo ragazzo si mise a ridere. "Sì, forse era il tuo!"

Il biondino lo guardò con una smorfia, ma non rispose.

"Io direi che qui è l'ideale, che ne dite?" La ragazza dai capelli neri li guardò. I ragazzi annuirono e subito Andrea si sbrigò a fare altrettanto. L'ideale per cosa?

Li vide sedersi a terra e li imitò, anche se quella storia le piaceva sempre meno. La ragazza tirò fuori dalla sua borsa a tracolla una tavola Ouija e Andrea sgranò gli occhi incredula. Avevano intenzione di richiamare uno spettro? Ok, lei non ci credeva, ma era anche vero che non era nemmeno mai andata a fare queste cose.

Si meravigliò dei suoi stessi pensieri, sembravano vivere di vita propria, come faceva a sapere di non aver mai fatto una cosa simile?

In ginocchio sul pavimento sporco, Andrea appoggiò un dito sopra la tavoletta, come fecero tutti gli altri. Non aveva mai fatto una cosa del genere, ma conosceva istintivamente come funzionava quell'affare. Subito l'altra ragazza chiuse gli occhi e iniziò a parlare come se stesse cercando di chiamare uno spirito.

"Yvonne Di Devonshire, se sei presente, batti un colpo!"

Quel nome per Andrea non sembrò del tutto nuovo, ma non riusciva a collegarlo con nessuno dei suoi ricordi.

Non ricevendo risposta, la ragazza continuò: "Dicci, sei stata uccisa, per caso?"

La goccia di legno, dove ognuno aveva posato un dito, di colpo si mosse, andando ad indicare la parola "yes". Il cuore di Andrea prese a battere all'impazzata. Tutti si guardarono impauriti e nervosi, ma nessuno osò alzarsi.

Cercando di dominare la paura, Andrea tornò a guardare la tavoletta, aspettando che la ragazza rivolgesse un'altra domanda allo spirito che, evidentemente, si aggirava in quella casa. Ma dato che non sentiva nessuna parola, alzò lo sguardo per osservarla, così come fecero gli altri due ragazzi. Vide gli occhi della ragazza che guardavano qualcosa alle sue spalle, fissi e spalancati, in preda ad una enorme paura. Andrea stessa cominciò a temere quello che la ragazza stava guardando, ma non poté fare a meno di voltarsi per accertarsene di persona. Fu così che, in lontananza, in cima a delle enormi scale in pietra, una ragazza con una lunghissima camicia bianca che le arrivava alle caviglie e degli strani capelli neri, se ne stava in piedi, immobile, a fissarli priva di espressione.

☣☣☣

Il biondino continuava a tirarla per il braccio senza sosta, mentre correva davanti a lei in direzione della porta fatiscente dalla quale erano entrati. Tutti e quattro uscirono da quella casa con il cuore in gola, talmente veloci da non ricordare nemmeno il momento preciso in cui si erano alzati in piedi e avevano iniziato a scappare.

Attraversarono il giardino e uscirono di corsa dal cancello crollato, senza nemmeno prendersi il tempo di respirare. Arrivarono a una distanza sufficiente e si permisero di fermarsi per riprendere fiato. Tutti e quattro respiravano con l'affanno, cercando di assimilare più ossigeno che potevano.

"Cazzo, cazzo, cazzo. L'abbiamo vista tutti, vero? Non è stata un'allucinazione!" Farfugliò esagitato il ragazzo con le basette.

"No Carlton, non era un'allucinazione." Il biondo, tra un respiro e l'altro, si chinò con le mani appoggiate sulle ginocchia.

"Me la stavo quasi per fare sotto..." lo imitò la ragazza.

Andrea rimase in silenzio, non riusciva a comprendere che divertimento ci fosse ad andare alla ricerca dei fantasmi. La paura l'aveva ammutolita, e mentre adesso si stava calmando e l'adrenalina stava abbandonando il suo corpo, si sentiva intorpidita. Vedendo che continuava a respirare affannosamente, il biondino le si avvicinò e la avvolse nuovamente in un abbraccio.

"Tranquilla, ormai siamo fuori pericolo."

Andrea non oppose resistenza e si lasciò abbracciare, anche se notò la smorfia schifata che l'altra ragazza assunse cercando di non farsi vedere da loro, senza successo.

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