VIII.

Sono le ventuno e non c'è quasi nessuno per strada.

Qualche signore sta tornando a casa dal lavoro, altre famiglie cenano felicemente in sala pranzo, altri stanno tornando da probabilmente l'ultimo giorno di mare per quest'estate.

C'è tanta tranquillità nell'aria, si sente solo il rumore delle onde del mare, che si infrangono contro lo scoglio.

Le onde sono molto significative e importanti per me, nonostante loro vadano sempre a sbattere contro lo scoglio infrangendosi, hanno sempre la forza di riprovarci, ancora e ancora, dovremmo essere un po' tutti come le onde.

Tolgo le scarpe lasciando che i miei piedi spogli tocchino la sabbia bagnata e fredda. Faccio una passeggiata, ma dopo un po' decido di sdraiarmi a terra per guardare le stelle che ormai erano ben visibili.

Metto le cuffiette e faccio partire la canzone Impossible di James Arthur, è una delle mie canzoni preferite, mi fa pensare molto.

Sto ad osservare il cielo, riconosco quasi tutte le stelle e anche alcuni piccoli pianeti che in questo periodo sono visibili anche da qui, sembrano stelle, ma si riconoscono perché in genere sono più luminose di altre.

Mi lascio trasportare dalla musica fino a quando sento un tonfo vicino a me e una mano che prende la mia cuffietta.

Mi alzo di colpo e mi volto, vedo Ryan, ma che ci fai qua?

«Non volevo spaventarti.»

L'ansia inizia a salire, dopo quella sera io non riesco a stare sola con un ragazzo, di notte.

Mi irrigidisco e divento pallida, non spiccico una parola.

«Perché mi guardi come se ti stessi per mangiare? Non ti faccio nulla.»

Ancora zitta, non riesco ad aprire bocca.

«Hai dei bei gusti musicali, mi piacciono le canzoni che ascolti.» Si sdraia accanto a me e io mi allontano un po', lui fa finta di non accorgersene.

«So che ti starai chiedendo il perché io sia qui, ma io vengo sempre in spiaggia la sera, mi rilassa...» guarda il cielo e continua: «Mi piace anche guardare le stelle ascoltando della buona musica, immagino piaccia anche a te.»

Io annuisco, ma ancora non ho detto nulla.

«Se preferisci restare in silenzio per me va bene, non mi piace tanto parlare.»

E restiamo così, sdraiati uno di fianco all'altro mentre guardiamo le stelle con la musica in sottofondo.

Dopo un po' decido di dire qualcosa.

«Sì, mi piace stare qui a guardare le stelle, mi da serenità.»

Lui gira il suo viso contro il mio tanto da far toccare le nostre teste.

«Mi dispiace di essere venuto qui di colpo, non volevo spaventarti.»

«Non fa nulla...» distolgo lo sguardo.

Sto pensando a quella sera e sento le lacrime scendere, scivolano sul mio viso fino ad arrivare alle mie labbra, il sapore è acido e amaro, carico d'odio.

«Perché cazzo stai piangendo?» si mette seduto di colpo e preoccupato gira il mio volto verso il suo, per guardarmi meglio.

«No, niente...»

«Se ho detto qualcosa di sbagliato dimmelo.»

«Stavo pensando al mio passato.»

«Ti va di raccontarmelo? Lo so che sono praticamente un estraneo, ma sono un bravo ascoltatore e a volte sfogarsi fa bene.»

Non sapevo che cosa dire, non l'avevo mai raccontato a nessuno, ma forse era arrivato il momento di farlo.

Deglutisco e con il cuore in gola mi giro completamente verso di lui.

«Va bene, ora ti racconto una storia, la mia storia.»

«L'estate scorsa ho passato un momento brutto, avevo iniziato a frequentare un brutto giro di persone, mi sentivo persa, non sapevo cosa fare o chi chiamare.

Mio fratello Ethan provava ad essere forte e mi consolava, ma sapevo che dentro di sé anche lui soffriva per me.

Si è sempre dimostrato forte ai miei occhi, ma non sapeva che io lo sentivo singhiozzare nel bel mezzo della notte, purtroppo i gemelli riescono a sentire le stesse emozioni l'una dell'altro.

Decisi di lasciarlo stare, smettere di sfogarmi con lui perché non volevo dare tutto il peso addosso a lui.

Una sera andai in un bar, uno di quei locali piena di gente pronta a fare nuove conoscenze e divertirsi, quasi tutti maggiorenni.

Appena entrata, una ragazza dai capelli biondi con una ciocca rosa mi si presentò davanti: «Oh chi abbiamo qui, sei in cerca di guai? Vorresti spassartela?»

«No, voglio solo stare lontano da casa mia al momento.» io cercavo di non darle troppa confidenza.

«Problemi a casa? Io sono un'esperta nel settore e conosco un rimedio per farti scordare tutto...» prese una bottiglia di Vodka liscia e unì la RedBull.

«Prendi questa, vedrai che tutti i problemi passeranno.»

E in effetti fu così, mi sono messa a bere un bicchiere, poi un altro e un altro ancora fino a finire tutta la bottiglia.

La testa girava così lei mi fece sedere su un divanetto insieme ai suoi amici.

«Abbiamo un problema, la ragazza non si sente bene.» Sento una voce femminile.

«Dovremmo portarla a casa, non voglio nessuna responsabilità.» Adesso era una voce maschile.

La musica rimbombava in tutta la sala, ma piano piano incominciai a non sentire più nulla e i miei occhi si chiusero.

Il giorno dopo mi sono svegliata con un forte mal di testa, una bacinella accanto al mio letto piena di vomito e la mia gola che bruciava.

Avevo ancora i vestiti della sera precedente addosso.

Stroppiciai gli occhi e vidi una cosa sulla mia mano, un numero di telefono.

Decisi di prendere il telefono e memorizzare il numero in rubrica.

Da Chloe

Hei, scusa per ieri sera, non sapevo reggessi così male l'alcool.

Ero confusa, che ho combinato ieri sera?

Tranquilla, tanto non ricordo nulla ahahah

Immagino, comunque se vorrai di nuovo provare a bere io ci sono.

Va bene, che ne dici di stasera?

Perfetto.

Mi era piaciuta questa sensazione, mi ero scordata tutto.

Le sere continuarono così, ogni serata era passata in compagnia di Chloe e del suo gruppo, mi divertivo.

Ethan non mi riconosceva più, ma sperava che questo periodo passasse in fretta.

Una notte però, Chloe mise una pasticca nel mio cocktail.

Voleva farmi divertire, disse.

In realtà, mi ritrovai con uno strano tizio di cui non ricordo il volto, dietro un vicolo.

Era sabato sera del quindici luglio.

Un ragazzo iniziò a baciarmi, poi iniziò a togliermi i vestiti.

Io mi dimenavo, ma non riuscivo a fermarlo, lui continuava.

Mi graffiò il petto, ho tutt'ora la cicatrice.

In un attimo lui mi aveva preso tutto, sentii un forte dolore e urlai, lui mi diede uno schiaffo in faccia per farmi smettere.

Dopo aver prosciugato tutto dentro di me, se ne andò.

Mi lasciò lì, tremante, con le ginocchia gonfie, nuda di tutto, con una cicatrice nel petto e una ferita profonda al cuore.

Da quel momento, capii di aver esagerato, mi presi la colpa delle mie azioni e dopo quel momento, non mi sono più fatta toccare da un ragazzo.»

Avevo raccontato tutta la storia di quella notte infernale, per la prima volta in vita mia.

Quando avevo finito, sentii le lacrime rigarmi il viso e una mano asciugarle, non la mia, la sua.

«Mi dispiace un sacco Eva...»

«E perché mai? Non è colpa tua.» Avevo uno sguardo triste.

«Lo so... mi fa piacere che tu ti sia confidata, sai, fa male chiudersi in se stessi.»

Io annuisco, i nostri volti sono vicini, lui ha una mano attorno al mio fianco per confortarmi.

Sa quanto in quel momento io sia debole e assillata da mille pensieri, ha una faccia davvero dispiaciuta.

«Eva...» Ha gli occhi stanchi, i muscoli tesi e i capelli arruffati, è molto bello.

Si fece più vicino fino a far toccare le nostre fronti.

Ci guardiamo negli occhi e sento le sue labbra sulle mie.

E' un bacio dolce, come per dire "io ci sono."

Le sue mani mi accarezzano i capelli e le mie stringono la sua schiena.

E' un bacio passionale, pieno di tenerezza.

Abbiamo entrambi il fiatone. Lui mi guarda con quei suoi occhi color smeraldo e io mi ci perdo dentro.

«Eva... io.»

«Non dire niente, devo andare.»

Mi alzo da terra e vado via.

La mia testa è incasinata, ogni mattonella era fuori posto e il mio cuore ha cominciato a battere da poco.

Non ero pronta a tutto questo e poi, Curtney mi avrebbe uccisa, giusto?

E' stato bello, ma ormai è passato, è stato solo un bacio in un momento di tristezza, io non provo niente per lui e lui non prova niente per me.

Inizio a correre cercando di tornare a casa il più in fretta possibile, sentivo i singhiozzi e le lacrime stavano scendendo dal mio viso.

Non so perché io stessi piangendo, era solo un bacio...

Ho la vista appannata a causa delle lacrime, fa freddo e ho i brividi.

Fortunatamente riesco a tornare a casa senza troppi problemi, mi butto sul letto e chiudo gli occhi.

In questo momento nulla in me è a posto, ogni cosa è scombussolata e voglio solo addormentarmi sperando di sognare stanotte, perché stanotte voglio illudermi come solo i sogni sanno fare.


Ciao amici, buona vigilia!
Come state? Spero bene.

Secondo voi Ryan ha fatto bene a baciare Eveline in un momento così triste? E lei ha fatto bene a fidarsi di un completo sconosciuto?
Ditemi le vostre teorie!

Spero che vi sia piaciuto✨
Baci <3.

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