Vagabondi

Credo di essermi addormentata come una perfetta idiota, confortata dal calore del suo petto. Ho paura, paura di risvegliare e accorgermi che é tutto un sogno, un trip dovuto ai troppi farmaci che mi hanno dato.

<Kat svegliati, dobbiamo andare>, ma non é un sogno, é tutto vero. Lui e' qui. Lui mi ha salvata. Ha rischiato la sua vita per me.

<Ancora cinque minuti>, ride.

<Mi dispiace ma devi prendere il bus per andare a scuola, io devo portare tuo fratello minore a tennis>, sollevo la testa intontita.

<Ma che cazzo stai dicendo?>, scoppiamo in una sonora risata che fa bene all'animo di entrambi.

Mi guardo attorno per qualche attimo: il sole non é ancora sorto completamente, gli uccellini cinguettano già, l'aria é fresca e carica di tensione, sento le sirene dell'istituto in lontananza, forse e' soltanto una mia impressione.
Mark si alza.

<Pronta?>, annuisco e afferro la sua mano per riuscire ad alzarmi.

<Sai già dove andare?>

<Ho un paio di conoscenze in zona che potrebbero aiutarci>, ci incamminiamo, uno a fianco all'altra. Dopo un po' balena nella mia testa un pensiero terribile.
Mi fermo di botto.

<Alexa! Dov'è? Cosa le è successo? Lei è...>, Mark mi ammonisce con un gesto della mano.

<Shhhh, non parlare così forte, ricordati che siamo degli evasi. Lei sta bene, é con Dam, okay?>, il velo di lacrime che ricopre i miei occhi si fa più spesso.

<Come fai ad esserne sicuro?>

<Perché mi fido di quel figlio di puttana, ci tiene troppo a mia sorella perché possa accaderle qualcosa. Adesso fai un respiro profondo e pensa che sei accanto al ragazzo più sexy di tutti i penitenziari della contea>

A queste sue parole serie scoppio a ridere non riuscendo a trattenermi.

<Shhhh>, scoppia anche lui, <devi ridere a bassa voce>

<Ma non ci riesco>, sorride, facendomi rincoglionire totalmente.

A causa della nostra condizione sociale, siamo costretti a camminare tra gli alberi, tra le erbacce e i sassi, non possiamo rischiare di essere avvistati dalla strada da qualche automobilista, avranno sicuramente diffuso le nostre foto.

<A cosa stai pensando?>, la sua domanda mi coglie impreparata.

<A mille cose contemporaneamente>

<Non stressarti troppo però, pensa solo a camminare e a respirare l'aria fresca del mondo esterno. Ancora fatico a credere che siamo fuori da quello schifo>

<Vorrei tanto tornare a casa...>, queste parole mi sfuggono come un sussurro dalle labbra. Mark si ferma.

<Vuoi tornare in quel posto? Sei sicura?>

<No che non lo sono ma... non saprei, é come se qualcosa mi stesse chiamando da mesi, non credo minimamente a quello che la polizia ha scoperto sul caso. Non ho ucciso io i miei genitori, deve esserci qualche prova ben nascosta tra quelle mura>

<Ma non hai detto che hanno dato fuoco alla casa?>

<Esatto, ma lo scheletro é rimasto lì dov'era, é l'interno e buona parte del pavimento ad avere avuto la peggio>, rimane pensieroso per poi ricominciare a camminare.

<Va bene, non appena le acque si saranno calmate un po' faremo una visitina alla tua vecchia casa>

<Davvero? Grazie mille!>, mi sorride e accelera il passo, dobbiamo sparire, e in fretta.

La temperatura sta gradualmente aumentando, il sole inizia a picchiare sulla pelle, é così strano essere lucidi, avevo perfino dimenticato come si fa ad interagire con qualcuno.

<Ho fame>, esclama con la voce indispettita.

<Hai l'autonomia di un bambino?>

<Peggio, io sono un bambino!>

<Uno un po' troppo cresciuto!>, mi fa la linguaccia e torna silenzioso.

Lo seguo ciecamente. Prendiamo stradine sterrate sconosciute al mondo, sentieri carichi di sassolini che scricchiolano sotto i nostri passi. Scorgo in lontananza delle casette di campagna, immagino per un attimo di vivere la vita delle persone che le abitano, voglio dimenticare tutto quello che ho attorno, anche solo per un istante.

Dopo quaranta minuti di cammino in totale silenzio vedo una smorfia di dolore sul volto di Mark.

<Hey, vuoi fermarti?>

<Non possiamo...>, torna il silenzio. Abbasso lo sguardo, concentrandolo suoi miei passi.

Vedo il sangue trapassare la benda, lo afferrò delicatamente per il polso.

<Mark, fammi dare un'occhiata>, sospira.

<Dopo, quando saremo arrivati a destinazione>

<Ma stai sanguinando!>

<Ignora la mia ferita e cammina, non voglio più tornare sull'argomento, okay?>, perché adesso e' seccato? L'ho detto solo per il suo bene.

Altri venti minuti di cammino più tardi raggiungiamo un piccolo paesino, prima tappa: cabina telefonica.

Entra e compone rapidamente un numero, poco dopo qualcuno dall'altro capo risponde, una voce maschile roca.

<Sono io. Ho una buona memoria, lo sai. Ripetimi le coordinate. Bene, ci vediamo lì>, riaggancia e mi fa cenno di seguirlo.
Ci addentriamo nuovamente in strade dimenticate da Dio. Ad un tratto una sorta di fienile si schiude davanti ai nostri occhi. Alto, rosso di vernice, porte gialle scrostate dal tempo.

Bussa quattro volte e qualcosa dal lato interno si smuove, un catenaccio, se non ho sentito male.
La porta viene aperta il giusto per il passaggio di una persona.

<Fidelis>, dice la voce proveniente dal buio.
In risposta Mark entra e mi trascina con sé, un lucchetto scatta alle mie spalle. Non so se intimorirmi o sentirmi al sicuro.

<Fratello, quanto tempo!>, una luce fioca e traballante viene accesa e sotto di essere Mark e un ragazzo alto dai capelli neri si abbracciano calorosamente.

<Troppo!>

<E lei?>, l'attenzione si sposta su di me, vorrei sotterrarmi.

<Lei e' Kat. Kat, lui e' Alfonse, ma odia il suo nome, quindi va bene solo Al>

<Ciao solo Al>, lui mi guarda seriamente per poi scoppiare a ridere, si avvicina e mi stringe la mano con fare amichevole.

<Piacere bambolina>

<Allora Al, ascolta, noi dobbiamo sparire dai radar per un po', posso contare su di te, giusto?>

<Dovrei picchiarti anche solo per averlo pensato, puoi sempre contare su di me. Amico ma... stai sanguinando di brutto!>

<Non é nulla>

<Vallo a raccontare a qualcuno che di pallottole non ne ha prese, coraggio, fammi sistemare la situazione>

Il mio sistema immunitario sta male, traballa, dei brividi percorrono la mia pelle.

<Scusa, c'è un bagno da qualche parte?>

<Dietro al furgoncino rosso c'è una porta, fai pure con calma, e riguardati, sei pallidina>, Mark cerca di dirmi qualcosa, sembra preoccupato, ma scappo prima che possa proferire parola.

Entro in bagno, chiudendo a chiave la porta. Un conato di vomito fortissimo mi fa crollare con le ginocchia al suolo. Qualcosa non va...

Babyyyyyyyyy
Sono tornata!!

Ecco il nuovo capitolo! (Non so quanta gente possa ancora seguire questa storia, ma grazie per il sostegno!)

Vi adoro!

Buona lettura ❤

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