Capitolo XXV

Quando mi ridestai, attraverso la finestrella semiaperta il sole tendeva i suoi raggi già alto in cielo. Nello smarrimento, come una lanterna che emerge dalle tenebre, mi venne in soccorso il ricordo degli avvenimenti della notte precedente. Il mio sguardo, ancora appannato dal sonno, catturò il corpo disteso in un angolo della stanza. J.

Indossava solo la camicia sgualcita dell'uniforme, segno che mentre Miss Hedd mi deliziava con i suoi discorsi, Miss Key aveva usato altri mezzi. La mia mente, allenata alle menzogne, aveva già accettato che le due fossero in combutta per uno stesso obiettivo. Tuttavia non riuscivo a capire quale fosse, né tanto meno l'interesse che le muoveva. L'unica certezza era che di qualunque macchinazione si trattasse, andava a mio svantaggio.

Espellermi? Miss Hedd mi voleva fuori di lì al mio ingresso, lo testimoniava il discorso origliato da Corinne; ma non aveva di certo bisogno dell'aiuto di Miss Key per farlo. Da anni mi impegnavo a darle migliaia di spunti a cui lei rispondeva con minacce sempre più consunte, sempre più inefficaci, perché mai mutavano in realtà.

Il filo dei miei pensieri fu bruscamente interrotto da un cigolio. Una fessura si allargò fra la porta e il muro, lasciando vedere una striscia che somigliava a un ritaglio di una foto. L'iride grigia di Miss Key brillava come un frammento di luna. La mezza bocca visibile sussurrò: "Non urlare. Seguimi."

"Dove?"

Serrò un momento le labbra, stizzita. "Nell'ufficio di Miss Hedd."

Non ubbidii e lanciai uno sguardo intenso a J, ancora addormentato. "Tranquilla. Non gli accadrà nulla."

"E..."

"Vieni" mi interruppe tagliente. "Credimi, ti conviene."

Quando mi mossi, fui percorsa da una scarica di dolore. Quanto profetizzato da Miss Hedd si stava avverando, dunque. Il Marchio bruciava come un tizzone ardente e allargava le sue dita invisibili sui miei muscoli, intrappolandomi in una rete di fuoco. Con una maschera di indifferenza ben aderente al viso, mi lasciai Miss Key alle spalle e scesi a passo veloce lungo le scale che conducevano in basso, lasciando dietro di me la scia del rumore di un paio di tacchi a spillo.

Dinanzi all'ufficio di Miss Hedd, non ebbi esitazioni. La porta sbatté contro il muro in un colpo secco. Era identico a come l'avevo lasciato l'ultima volta. Era identico anche a come l'avevo lasciato la prima, quando ero solo una bambina.

Era asettico. Per essere stata almeno dodici anni là dentro, la vicepreside non vi aveva apportato alcun contributo personale. Il legno lucido della scrivania, le serrature scure dei cassetti, e Miss Hedd ritta sulla sedia con i muscoli tesi Avevo la sensazione che anche quando non si trovava in compagnia degli alunni, stesse in quella posizione. Forse non ne conosceva nessun'altra.

Il trillare sonante della Prima Campanella la indusse ad aprir finalmente bocca.

"Siediti" ordinò.

"No. Sto in piedi." Sostenni il suo sguardo, dentro il quale stava già germogliando l'irritazione. "Entrambe sappiamo che lei sta provando da giorni un discorso efficace, quindi non fingiamo che questo sia improvvisato e vada diritta al punto." Miss Hedd dischiuse la bocca, furente, ma la frenai con un palmo. "Superiamo pure la fase in cui mi spiega come il mio sarcasmo non si addica a questa scuola, oggi mi darebbero noia anche i suoi elogi. Ora mi siedo volentieri."

Con il sorriso più candido del mio repertorio trassi la sedia indietro e mi ci accomodai. "Prego, vada, Miss. Non vorrei farle perdere tempo."

"Hai ragione" esordì dopo qualche istante. "Non sei adatta a questa scuola, per questo motivo ti trovi qui. Sai chi è Miss Key?"

"Mi faccia pensare, mi faccia pensare..." mormorai, fingendo concentrazione. "È per caso la donna che sta origliando la conversazione da dietro la porta?"

La vicepreside curvò leggermente le labbra. "Ti diverti, vero?"

"Abbastanza, la ringrazio per l'interessamento."

"Miss Key è una spia" svelò Miss Hedd. "Ogni vent'anni, la comunità di Neroveggenti più grande, la comunità di Londra, manda un loro nato in questa scuola. Si confonde con gli altri, perché appartiene a noi sin da subito. Il Marchio viene apposto a destra, come quello di ciascun Marchiato che debba frequentare l'Heddem Institute. Per questo si confonde con gli altri. Non sei unica, Amira. Tanti Neroveggenti, infelici della propria condizione, rinunciano ai propri bambini per garantir loro un futuro migliore. Solo che lo fanno sin da subito."

"Non dev'essere un metodo molto efficace se voi ne siete a conoscenza" osservai. "Quanti anni ha Miss Key?"

"Trentacinque."

"E la spia di questo ventennio suppongo sia J quindi" conclusi ad alta voce.

"Buon intuito."

"Posso sapere che utilità hanno, se voi le scoprite sempre?"

"Nella maggior parte dei casi non entrano in azione, a dire il vero. Sono nate con lo scopo di vigilare e di intervenire solo in circostanze speciali, speciali come le tue." Si curvò su di me. "Circostanze spiacevoli" mi alitò in faccia.

"Le ho già detto che non mi va di essere adulata, oggi."

Riprese la sua posizione, quindi proseguì: "Sapevano che avresti avuto problemi a convertire. Sapevano che..."

Uno scontro di voci che cozzavano l'una sull'altra avviluppò la voce di Miss Hedd. Il frastuono scivolava nella stanza da sotto la porta. Fra i suoni ne riconobbi uno familiare.

"W" mormorai. Sembrava trascorsa un'era da quando l'avevo vista.

"Falla entrare" deliberò Miss Hedd.

E la porta si aprì un'altra volta. W era stravolta. La chioma rossa era scarmigliata, le guance accaldate dalla rabbia, e nello sguardo baluginava uno scintillio selvaggio che non le avevo mai visto indosso. "Hai infranto la tua promessa. Adesso tocca a me." Rivolgendosi a me, come se la vicepreside non si trovasse nella stanza, ingiunse: "Conosco la proposta che ti ha fatto. Devi sapere tutta la verità però prima di compiere una decisione. Sia lei, sia Miss Key non sono state sincere con te."

Miss Hedd tossicchiò per attirare la nostra attenzione. "È ammirevole che tu sia venuta fin qui per dirle questo, ma io non ci ero ancora arrivata."

W non la degnò di alcuna attenzione. "Vuole darti l'opportunità di abbandonare l'Istituto e ritornare a Londra per crescere come Neroveggente. L'altra opzione è restare qui, essendo un'Alternativa, ma in isolamento. Il punto è che da mesi sta andando avanti una farsa. Miss Key non ha mai voluto aiutarti, lei e Miss Hedd sono d'accordo sin dall'inizio. Vogliono vederti per motivi a me sconosciuti fuori dall'Istituto. Ieri sera ho udito una loro conversazione. Te ne volevo parlare, ma quando sono tornata tu non c'eri." Trasse il primo respiro da quando aveva preso parola, quindi continuò: "Lei ha sempre cosparso gli oggetti che ti dava da convertire con una polvere resistente al Marchio."

"Lo UaloV? tirai a indovinare.

"Esatto. Soffrivi sempre più del dovuto" svelò. "Avrebbe faticato anche un'altra persona. È possibile oltrepassare la polvere, non essendo una protezione compatta, ma è più lungo e doloroso rispetto a qualunque altra conversione in situazioni normali" spiegò. "Volevano annientare la tua fiducia in te stessa, perché sapevano che non te ne saresti andata altrimenti."

"Bene" s'intromise Miss Hedd. "Ti ha già detto tutto. Puntualizzo però che la prima volta, quando sei svenuta, è stato solo a causa tua. Abbiamo cominciato a usare lo UaloV solo dopo, durante le tue lezioni."

"Mi aveva promesso che ti avrebbero dato la possibilità di convertire senza Polvere per almeno un mese, in modo da dimostrare le tue vere capacità. Ti avrei aiutato io." W forzò un sorriso. "Mi ha mentito. Un'altra volta."

Non riuscivo a comprendere perché Miss Hedd l'avesse fatta entrare, sapendo ciò che mi avrebbe detto, né tanto meno la ragione per cui non provasse a fermarla.

"Sei soddisfatta, adesso?" domandò la vicepreside con voce stanca. "Comunque non ti ho mentito. Ieri sono stata costretta a intervenire perché le spiegazioni di J l'avrebbero solo confusa, dato che lui sa solo un lato della realtà. È meglio una menzogna a tutto tondo rispetto a una visuale insufficiente della verità, in questi casi."

Quel debole tentativo di giustificarsi mi risultava ancora più inconcepibile. Era Miss Hedd. Non doveva spiegazioni a nessuno là dentro, tranne forse a suo fratello.

"Posso capire perché lei mi voglia fuori dalla scuola, ma Miss Key?" Catturai di nuovo l'attenzione delle due, che si squadravano l'un l'altra gelide.

"Non te l'ho detto?" Miss Hedd inarcò un sopracciglio. "Tuo padre è stato il capo dei Neroveggenti di Londra. Da quando è morto, la comunità è in crisi. Tu saresti dovuta essere Neroveggente, ma tua madre era convinta che una vita così ti avrebbe logorato e ha mandato una lettera a mio fratello perché ti accettasse qui. Ci sono delle regole ferree. Non avendo tu ancora compiuto quattro anni, avevi i requisiti per essere ammessa senza che noi potessimo opporci. Tuttavia da quando il leader è morto e sua figlia è passata dall'altra parte, la comunità è in crisi. Sempre più persone stanno optando per l'Heddem Institute. Miss Key è convinta che se tu tornassi e facessi la sceneggiata della bambina maltrattata, il fenomeno verrebbe arginato."

"E lei?"

"Io cosa?"

"Anche lei lo crede?"

Miss Hedd curvò appena le labbra. "Lo puoi intuire da te."

W non aveva abbandonato ancora il mio fianco. Avrei voluto che non udisse la domanda formulatasi nella mia testa, ma non avevo scelta. "Se me ne andassi, quali sarebbero le conseguenze per le persone che per ragioni esterne sono state coinvolte in questa storia?"

"Non ce ne sarebbero."

"A..." mormorò W.

"Me lo giuri."

"I giuramenti non hanno valore."

Gettai un istante lo sguardo verso W. "Penso che in questo momento lo abbiano."

"Giuro che nessuno dei tuoi amichetti risentirà del proprio coinvolgimento in alcuna maniera, se te ne andrai" scandì. "Domani Miss Key ti aspetterà al suono della Prima Campanella nei sotterranei, dove c'è il Contenitore. Se non ci sarai, la prenderemo come la tua decisione di restare qui. Sarai messa immediatamente in isolamento, perché sei un pericolo qua dentro e ora ho ragioni valide per preferirti rinchiusa che a piede libero per l'Istituto."

"Non puoi..." esordì W, ma la bloccai.

"Tranquilla. Va bene così."

"Andate" ci congedò con un gesto della mano.

Fuori dall'ufficio non c'era più Miss Key. Mentre salivamo le scale verso i dormitori, appresi che L al mattino, dopo il suono della Prima Campanella, aveva fatto la sua irruzione nella stanza di W ancor prima che lei si rendesse conto della mia assenza. Era al corrente del piano di J e nel non vederlo rientrare, si era preoccupato. W aveva subito intuito che Miss Hedd non aveva rispettato i patti, così anziché andare a fare colazione, era venuta nell'ufficio della vicepreside.

"Tu e Miss Hedd vi date del tu" dissi a un certo punto, cambiando argomento. "Lei è tua madre, vero?"

W arrossì. "Come hai fatto a scoprirlo?"

"Sembrava tenere un po' alla tua opinione" mormorai. "Per questo confido che manterrebbe la parola data, se me ne andassi. Lo ha giurato davanti a te."

"A..." mi chiamò W esitante.

"Sì?"

"Mi ha detto il mio nome una volta, se l'è lasciato sfuggire a dire il vero. Vorrei che qualcuno mi chiamasse così almeno un'altra persona, perché so che quando uscirò di qui mi chiederanno di sceglierne uno e non so se potrei scegliere questo. Non l'ho mai detto ad alta voce, lo sai?" Rispettai la lunga pausa che si prese. Sapevo quanto un nome potesse essere importante.

"È Wendy" mormorò infine con un sorriso pieno di malinconia. "Mi chiamo Wendy."

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