Capitolo XXII
Miss Key mi insegnò altre due tecniche nelle settimane che succedettero lo scambio incandescente fra me e J. L'emozione estranea che tanta confusione mi aveva suscitato tornò altre volte, anche se investita di debolezza. Era come se fluttuasse su un sottofondo di rumore.
Odiavo l'idea che fosse così imprevedibile. Ne possedevo le redini, ma ignoravo come usarle, e il senso di frustrazione che ne deriva si accompagnava a un intimo imbarazzo. Temevo che chiunque, osservandomi, potesse scorgere quell'insicurezza, quell'inesperienza che mai dimostravo in pubblico e mai avevo dimostrato davanti a me stessa fino a quel momento.
Tale baccano di pensieri m'infestava la mente e inevitabilmente trasformai in fallimenti gli insegnamenti di Miss Key. Né l'Inversione di Tendenza, né l'Occultamento dei Colori mi furono molto utili.
L'Inversione di Tendenza consisteva in un'asfissiante ripetizione di una sola frazione di attimi, che si riproduceva dall'inizio alla fine, dalla fine all'inizio, in un ritmo serrante. Non vi era momento tuttavia che io riuscissi a sopportare così a lungo. Qualunque fosse il breve periodo in cui decidevo di soffermarmi, la sofferenza diveniva insostenibile. Se rivivere il ricordo interamente somigliava a essere stretta e percorsa da unghie affilate, l'Inversione di Tendenza incideva più a fondo un unico taglio. Era una lama che passava e passava, sempre sulla stessa ferita, come a voler segnare una cicatrice più evidente.
Rinunciai al quarto tentativo, quando cedetti davanti all'ennesima immagine del molo e il ricordo si avvolse rapidamente su sé stesso, come il nastro di una videocassetta. Prosciugò i miei ultimi rimasugli di forza, abbandonandomi in uno stato di debolezza lucida da cui riuscii a riavermi solo il mattino dopo.
Era stato come se di colpo mi fossi trovata a dover reggere il peso dell'Istituto. Era come se di colpo mi fossi trovata a dover reggere il peso del mondo.
Quella volta, la sconfitta fu più severa della precedente. Ritornando nell'Aula XXIII, sentii di star peggiorando. Avevo immaginato che il passo maggiormente difficoltoso sarebbe stata la richiesta di aiuto, non quello con cui oltrepassavo quasi ogni sera l'ingresso nell'Aula XXIII.
L'Occultamento dei Colori invece, per quanto ancora non mi fossi arresa, non dava i risultati sperati. Non riuscivo a rendere l'immagine del tutto in bianco e nero. Alcune tinte brillanti a volte comparivano di colpo, come se un pennello schizzasse sulla tela. Alcuni colori erano troppo vivi per essere spenti.
Le pieghe celesti del mare.
Le mie lacrime.
Non pensavo che lacrime avessero un colore, finché avevo scoperto di non poterglielo sottrarre. E allora cadevano, cadevano sulle mie mani, sulla divisa senza colori dell'uomo corpulento, sulle assi grigie della nave, come gocce di una tinta sconosciuta.
Mia madre. Lei, che in realtà era ridotta a una figura stretta in un cappotto scuro, pareva totalmente impermeabile. Era come se anch'ella stesse rivivendo quel ricordo e mi osservasse diritto negli occhi, estranea a quell'illusione quanto me.
Mi riscossi dal torpore. La stanchezza mi appesantiva le palpebre, ma avevo riferito a J che sarei venuta, ed ero lì. Saremmo stati di nuovo soli, dopo due settimane in cui Miss Key aveva partecipato a ogni incontro. Un'ansia febbrile si attivò dentro di me, ridestando l'energia assopita.
Se avessi atteso ancora dinanzi alla porta, il sole sarebbe sorto. Ormai conoscevo ogni graffio, ogni imperfezione di quella superficie. Dovevo entrare. Trassi un respiro. Aprii la porta.
"A!"
J s'irrigidì, l'esclamazione a fior di labbra. Il suo sguardo s'incatenò per un breve attimo al mio. L'Emozione affondò nelle mie carni.
"Meglio incominciare immediatamente" mormorai.
"Sono d'accordo."
"Perfetto, vero?" ribattei, decisa ad avere il dialogo più breve possibile.
Il mio sguardo allora avvolse l'intera stanza. Realizzai che non vi era alcun oggetto su cui io potessi riversare il Nulla, il parquet era vuoto. Persino gli sgabelli ammassati in un angolo, che di solito non mancavano, parevano esauriti. "J..." esordii incerta. "Sono io a sbagliare o questa stanza è vuota?"
"Non sbagli. Gli studenti di stamattina hanno esaurito tutto il materiale disponibile. Domani arriveranno i rifornimenti" svelò J. "Tuttavia Miss Key ha sostenuto che visti i tuoi progressi, puoi esercitarti con le mura dell'Aula."
Sbattei le palpebre, incredula. "Prego?"
"Le pareti dell'Aula sono state costruite con la sostanza capace di contenere il Nulla. Possono resistere in linea di massima" proseguì, senza scomporsi.
"In linea di massima? E non si distruggono?"
Lo scetticismo stava già lasciando il posto alla comprensione. Aveva senso. L'Aula XXIII, storicamente, aveva sempre ospitato le lezioni di Educazione all'Uso del Marchio. Alle origini doveva essere in grado di sopperire agli eventuali fallimenti degli alunni. D'altro canto, a lezione Miss Key ci aveva spiegato che la nostra mira era ancora fallace. In una stanza normale, le mura sarebbero già lesionate. Ora mi era chiaro il motivo per cui tante aule fossero state restaurate, negli ultimi anni.
"C'è possibilità che accada." J sospirò. "Penso anch'io che sia una follia."
La sua ammissione inaspettata mi colpì. Sgranai un poco gli occhi e una scintilla di divertimento gli brillò nelle iridi castane.
"Stupita che a dirlo sia la marionetta di Miss Key?" Accennò un sorriso forzato.
Il sottofondo di rumore si annullò. Persi il controllo delle redini.
"Non molto, in verità" mi sfuggì.
"Ah, sì?"
Avevo la netta sensazione di essere trasparente, e che dall'esterno l'intrecciarsi nauseante di timore e adrenalina fosse ancora più evidente che per me stessa. Tuttavia la mia voce, quando risposi, fendette l'aria sicura come il colpo di un boia, come se appartenesse a un'estranea.
"Significa solo che avevo ragione su di te." Non gli diedi tempo di controbattere. "Adesso ho da fare."
Mi posizionai di fronte al muro, lasciandomi alle spalle J. La mia attenzione da quel momento sarebbe stata focalizzata solo sul Marchio. Socchiusi le palpebre e il familiare calore risalì lungo il mio braccio. Non avevo ancora deciso se riprovare l'Occultamento dei Colori o dare un'altra possibilità all'Inversione di Tendenza, quando affogai nella mia memoria.
La sequenza la conoscevo alla perfezione. La me bambina tuttavia a essere ignara, e io continuavo a esserlo con lei. Le nostre anime s'intrecciavano e il dolore trafiggeva entrambe come se fosse la prima volta.
Affrontai sin da subito l'immagine di mia madre. I miei piedi poggiavano su un suolo di spine. Il mio cuore sanguinava da una ferita mai cicatrizzata. E lei rimaneva immobile, fissandomi soffrire.
Non avevo mai sperimentato la vera solitudine, fino a quel giorno. Ignoravo che da allora non avrei mai più smesso.
Cancella.
Il Nulla non reagì.
Cancella. Cancella, cancella, cancella.
Le mie preghiere non sortivano effetto. Il dolore mi stava dolcemente ottenebrando i sensi. Mi sarei presto ridestata dall'illusione.
No.
Ero stanca di essere sconfitta da lei.
Quella volta sarei andata fino in fondo.
Urlai.
L'Amira bambina sfumò, si sciolse fra le onde. Un fiore nero inghiottì lo scenario. Rimasi sospesa per qualche attimo nel vuoto, come se delle braccia mi stessero sorreggendo. Poi il nero si tinse dei colori del cielo e quella stessa presa, delicata e rovente come una carezza, mi poggiò sul legno saldo del molo.
Una donna fissava intensamente il mare dietro di me. Io non riuscivo a staccare lo sguardo dal suo viso duro e sofferente. Persino l'incredulità in quel momento poté solo arretrare e osservare intimidita. Restammo a lungo immobili, tant'è che immaginai avrei potuto restare intrappolata in quel fotogramma per l'eternità.
Ero avvolta dal torpore.
A un tratto Lei si mosse. Sillabò due parole con le sue labbra di pietra.
Mi dispiace.
Un'intuizione mi destò dal sonno dei sensi. Un frammento di voce insorse sulle mie labbra.
"Mamma."
Kathleen sgranò gli occhi cerchiati dal dolore. La lucidità si rimpossessò di me, iniziò a scuotere l'illusione.
No.
Non volevo che terminasse! Non a quel punto!
Uno squarcio scuro si allargò, come uno strappo in una fotografia. Qualunque cosa fosse accaduta, terminò in un istante.
Sbattei le palpebre.
Ero ritornata nell'Aula XXIII, ancora una volta.
Le lacrime mi bagnavano il viso, ancora una volta.
Avevo fallito, ancora una volta.
"È durata a lungo" osservò J alle mie spalle. "Forse è un buon segno."
Non risposi.
"A...?"
Silenzio.
"Che succede?" Pausa. "A, rispondi!"
Mi voltai lentamente.
"A..." sussurrò J.
"Mi hai chiesto quale sia il problema" lo interruppi. "Non l'ho saputo fino a oggi."
"Era una sciocchezza, l'hai detto tu stessa" ribatté J. "Sei solo molto stanca."
"Sono io il problema" proseguii. "Perché sono incapace di violare quel ricordo? Perché non riesco a odiarlo? Perché non posso essere come tutti voi?"
J fu investito dai miei quesiti, uno più disperato dell'altro. Una rabbia autodistruttiva intanto mi erodeva.
"Perché ti poni queste domande. Io sono vuoto. Tutti qua dentro sono corpi vuoti, anche Miss Key. Tu sei diversa. Lo si intende dal tuo sguardo, dalle tue azioni. Sei viva, più viva di me." L'intensità che brillava negli occhi di J era identica a quella che lo aveva animato quella notte, nel corridoio.
"Quando abbiamo litigato, mi hai dato un briciolo della tua pienezza. È in quel momento che mi sono reso conto di essere sempre stato vuoto" continuò J. "E se è il tuo dolore ad averti resa ciò che sei, allora capisco perché tu non riesca a distaccartene."
Le lacrime si erano asciugate sulle mie gote. Tuttavia riassumere la mia usuale freddezza mi riusciva difficoltoso, come se fossi stata costretta a indossare degli abiti che non mi stavano più; mi domandai in quale armadio si trovassero quelli della mia taglia. E se quell'armadio, di cui non avevo mai avvertito la necessità, si trovasse solo a Londra?
"Stai meglio?"
Mi riscossi. "Sì. Sono stanca, vado a dormire." Mi sembrava di non essermi destata dall'illusione, avevo la bocca impastata. Camminai come un fantasma verso la porta.
"Se avessi voglia di raccontarmi quel che vedi, io lo rispetterei."
La voce tesa di J mi fermò, quand'ero ormai sul punto di uscire. Ero troppo debole in quel momento per dargli un'arma simile, ma il suo coraggioso invito mi colpì.
"Non sei un corpo vuoto" dichiarai infine, prima di chiudermi la porta alle spalle.
Spazio Fiore
Ho molte novità! La gentilissima @ChiccaCom mi ha intervistato (spero di essere stata all'altezza della situazione!). Potete leggere le mie risposte sul profilo Babbers1 :)
Inoltre Selethit-Vyra ha fatto una recensione splendida quanto accurata di Blackvoyant, che potete trovare nel suo servizio recensioni. Rivolgo quindi i miei ringraziamenti a entrambe e vi invito a dare una sbirciata a entrambi i profili!
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