Capitolo IX
"Spero che abbiate dormito bene. Non vorrei dover recuperare i vostri corpi svenuti."
Sembrava che gli esordi di Miss Key non potessero mai essere rassicuranti. Un sbuffo sfuggì alle mie labbra poco accorte, detestavo quell'ostentata superbia. In effetti, da quando il velo delle menzogne aveva abbandonato il mio sguardo, l'Heddem Institute appariva più falso e insopportabile di quanto avesse mai fatto. Riuscivo a comprendere solo in quel momento il motivo dei continui ammonimenti di Corinne rispetto alla mia sconsideratezza. Eppure ancora ignoravo la ragione per cui, agli occhi di Miss Hedd, risultassi così importante.
Ero figlia di neroveggenti, a quanto pareva avversari dell'Istituto, ma non potevo costituire un pericolo reale, altrimenti non mi avrebbero ammesso direttamente. Intuivo che dietro al controllo maniacale che Miss Hedd mi voleva imporre ci fosse una realtà più vasta, più di quanto potessi immaginare. A quel pensiero un lieve senso di vertigine mi colpì e le gambe quasi cedettero. Quante altre spie seguivano gli ordini di Miss Hedd? Quanti segreti sarebbero stati ancora svelati?
"A, noto che oggi sembri poco attenta. Vuoi deliziarci aprendo le danze?"
La voce di Miss Key, intrisa di quel sadismo ironico che la caratterizzava, servì da secchiata di acqua gelida. Frastornata puntai lo sguardo su di lei, che sostava in piedi nell'aula, in equilibrio sui suoi tacchi a spillo. Le labbra tinte rosso cupo si schiusero in un sorriso di scherno. "Pensa di restare lì ancora per molto?"
"Come se mi fosse concesso il diritto di libera scelta" replicai tagliente.
"Vai. È meglio" sussurrò W, rimasta muta fino a quel momento.
Non potei fare a meno di domandarmi con chi stessi parlando. W o Miss Hedd? Scacciai il dubbio. Sebbene faticassi ad ammetterlo, W aveva ragione.
Scansai gli alunni ammassati nelle file davanti alla mia, mentre un filo di sudore mi bagnava la fronte. Mi posizionai al centro dell'aula, conscia di essere sottoposta a venti paia di sguardi, e trassi un respiro profondo. Miss Key sembrava ricavare linfa vitale dalla mia ansia, le sue iridi grigie luccicavano di soddisfazione.
"Spero che la scorsa settimana sia stata più attenta di quanto lasciassi trapelare. I vantaggi sarebbero solo tuoi" dichiarò crudele.
Riportai alla mente le parole della lezione precedente, ma i ricordi erano confusi. Del resto poche ore prima avevo scoperto il segreto di W, quell'ora e mezza dovevo aver dedicato l'attenzione ad altro. Colpa di Miss Hedd e di quella stupida di W. In quel momento desiderai solo riportare le lancette indietro di una settimana, affinché potessi evitare l'incontro con C, e quella stupida ispezione che avevo scampato per miracolo. Anzi, no. In quel momento desiderai tornare indietro di dodici anni, per costringere mia madre a non abbandonarmi su quella maledetta nave.
"Allora..." Miss Key diede un calcio a uno sgabello addossato a un muro, facendolo rotolare dinnanzi a me. "Cos'ho detto l'altra volta... cara?"
"Devo tendere il braccio." Tentai di afferrare quei pochi ricordi che avevo. "Devo concentarmi sull'oggetto che voglio convertire. E sull'energia del Marchio."
"Aspetta. S? Vuoi proseguire?"
Il malcapitato alunno, ormai impresso nella mia memoria a causa del registro, rispose tremando da capo a piedi: "Dobbiamo... dobbiamo liberarcene."
"Non ti dovrebbe riuscire difficile" sibilò vicino al mio orecchio.
Un brivido mi attraversò la schiena.
Era vero, io non avevo mai voluto quel Marchio. Costituiva l'origine e la fine di ogni mio problema. Tutto si riconduceva allo scarabocchio che chissà quale individuo mi aveva imposto, senza sapere di starmi rovinando la vita. Non mi stupivo più neanche dello strano intuito di Miss Key. Sapevo di essere circondata da bugiardi. E del resto, era il posto adatto a me.
Mentivo agli altri e a me stessa, da quando ero arrivata in quell'Istituto.
Un tempo m'illudevo che sarei stata felice in quel momento. Credevo di essere disposta a tutto, pur di scoprire la ragione che aveva spinto mia madre a lasciarmi, la ragione per cui dovevo sopportare la tirannia di Miss Hedd e il compatimento degli altri insegnanti.
Invece la verità era diversa. Potevo fingere davanti agli altri, ma non al cospetto di me stessa. Non più.
L'unico sentimento che provavo era paura. Una paura così forte da agguantarmi le viscere e scuoterle, al ritmo del tamburo battente che rischiava di scoppiarmi nel petto.
"Fallo" ordinò Miss Key, quasi più in fibrillazione di me.
Sollevai il braccio, sforzandomi di fissare lo sgabello. Imparai a menadito ogni dettaglio, il graffio sulla gamba destra, il velo di polvere sopra la seduta.
Eppure non riuscivo a sentire l'energia del Marchio. Mi sentivo solo debole e incapace.
"Non lo so fare" mi arresi, spostando lo sguardo su Miss Key.
"Non vuoi farlo" ribatté sagace la donna. "Riprova."
"Miss, p-posso tentare io..." La generosa offerta di S apparì come l'ombra sbiadita d'una salvezza.
"Sì, Miss" intervenni anch'io.
Una cappa d'aspettativa calò sull'Aula XXIII, gli alunni trattennero il fiato.
"No!" Il ringhio di Miss Hedd ruppe l'atmosfera e la fioca speranza che stava scaldando il mio animo si dissolse. "Deve farlo lei."
S tacque, sconfitto.
"Perché?" mormorai invece io.
"Non rientra tra i tuoi problemi."
"Io penso di sì"
"Fallo"
Un fuoco indomito s'agitava tra le mie labbra, smanioso d'essere placato. Ma stetti zitta. Impotente. Se avessi permesso a una singola parola di rinfrescarmi la bocca, le fiamme si sarebbero prese possesso di me. E uno sfogo d'ira non mi avrebbe di sicuro aiutata.
"Credimi. È nei tuoi interessi riuscire a farlo. O vuoi che Miss Hedd scopra che sei un'incapace?" sibilò Miss Key al mio orecchio, alimentando la mia rabbia.
Tuttavia era inutile recitare come se non me ne importasse. Volevo che lei smettesse di ingaggiare spie. Volevo dimostrarle che, neroveggenti o meno, sarei stata capace di utilizzare il Marchio secondo i metodi dell'Istituto.
"Bene" asserii tra i denti.
Rialzai il braccio, forte d'una convinzione maggiore. Di colpo realizzai qual era il problema. Per compiacerla, stavo utilizzando il destro. Ma il mio Marchio non era là.
Facendo attenzione mossi anche il polso sinistro, lo sollevai quel poco che bastava per porre il Marchio in corrispondenza dello sgabello. Se Miss Key desiderava sul serio che convertissi, non mi avrebbe fermata.
Piano piano il polso si surriscaldò. Pareva si trovasse sopra un fuoco. Il calore aumentava, cingeva il mio polso in un abbraccio bruciante. Non lo avrei sopportato a lungo.
Liberatene.
Ciò che aveva proferito S riaffiorò nel dolore lucido in cui ero crollata.
Immaginai le fiamme volare via dal mio braccio, l'aria fresca a soffiarmi sulla pelle nuda, simile a un flusso d'acqua. E accadde.
Fu come se il Marchio si staccasse da me. Quando la misteriosa forza mi abbandonò, un senso di debolezza pervase ogni cellula del mio corpo. Un'aura nera, nella quale riconobbi il calore che mi aveva afflitto, circondò lo sgabello di legno. L'istinto mi suggeriva che gli altri studenti non potessero assistere a quello terribile spettacolo. Mi era impossibile scoprirlo, perché non riuscivo a muovermi. Ero costretta a osservare lo sgabello ridursi a una pozza nera, mentre il potere intorno ad esso si consumava.
Ero stata preparata per anni, eppure nessuna definizione poteva di eguagliare ciò che stavo guardando, ciò che io stessa avevo causato.
Convertire materia in non-materia.
Finalmente capivo Serringard.
Lo sgabello non era più uno sgabello, ma non era neanche qualcos'altro.
Cosa scorreva nelle mie vene? Distruzione pura? Il terrore mi attanagliava. Terrore di me stessa.
No, la distruzione lasciava macerie. Invece, di quel pezzo di legno a quattro gambe, rimaneva solo il nulla.
Purtroppo non ebbi modo di rifletterci ancora. Una fitta partì dal polso sinistro e s'irradiò nel petto. Un dolore straziante lacerò ogni mia difesa, come un coltello che strappa una tela. Di netto. Privo di pietà.
Chiusi le palpebre, sperando che si attenuasse. Tuttavia, l'oblio che bramavo durò poco. Fu infranto da un'immagine.
Un molo che si allontana e diviene via via più piccolo. Una donna a ergersi contro il cielo bluastro, pronto a tingersi di rosa.
Un ricordo.
Crollai sulle ginocchia, mentre quel video che avrei desiderato fermare proseguiva.
Braccia di uomini corpulenti attorno alla mia vita. Mi dibatto, colma di tenacia. Ma è inutile. E io già lo so.
Le dita intirizzite dal freddo stringono una pietra liscia. L'ultimo regalo di Kathleen. Un talismano. Mi avrebbe protetta. Così aveva parlato nel darmelo, qualche giorno prima.
Tutte bugie.
Assistevo impotente di fronte alla speranza che ardeva nel mio cuore giovane. Lei sarebbe tornata. Mi avrebbe salvato. Era stato un errore, lei sarebbe venuta a prendermi. Doveva venirmi a prendere.
Temevo che si sarebbe rotto, quel portafortuna, a forza di aggrapparmici.
Sentii le lacrime bollenti bagnarmi il viso.
Riuscii a domandarmi se appartenessero all'Amira di quattro anni o all'A di adesso, prima che la visuale fosse ottenebrata dalla debolezza e sentissi il mio corpo sbattere contro il pavimento gelido.
Mi ridestai in una stanza immersa nelle tenebre, sdraiata su un letto scomodo. Cercai a tentoni una lampada, ma capii presto di non trovarmi nei dormitori. La confusione imbrattava i miei pensieri. Era notte? Quanto avevo dormito?
Riportai alla mente gli avvenimenti di cui avevo memoria ma, anziché chiarirmi le idee, il ricordo offuscò ulteriormente le mie certezze.
Kathleen. Il talismano. La nave.
Il cuore mi saltò in gola, ma obbligai me stessa a rimanere calma. Dovevo mantenere la mente lucida.
Mi sedetti sul materasso, piuttosto contariata. Quel giorno pareva essersi rivoltato contro di me.
Mentre riflettevo, percepii una pezza fredda scivolarmi dal viso e cadere sulle ginocchia. Dedussi che qualcuno dall'identità imprecisata, in un orario indefinito, l'avesse posata sulla mia fronte. Con uno scatto nervoso scagliai il panno di spugna nelle tenebre.
Un gemito corrose il silenzio e raddrizzai il busto, mossa dallo sgradevole presentimento di essere osservata.
"Chi c'è?"
Un tonfo. Dei passi. Un fruscio d'aria, accanto al letto.
"Puoi chiamarmi J."
Una torcia scalfì l'oscurità e il viso dello sconosciuto s'illuminò.
Spazio Fiore
Sorpresa. In anticipo, una volta tanto. :)
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