IV. Linea di sangue
Un mese dopo
Lo sfarzo era stato eccessivo. La mania di Portia per le decorazioni aveva impreziosito la semplicità della cerimonia, ma i festeggiamenti esagerati avevano fatto in modo che alcuni trovassero il coraggio di sussurrare ciò che tutti pensavano.
Con una guerra in corso, ostentare un matrimonio talmente pomposo è sconveniente. Così come lo è legittimare un figlio bastardo.
La festa è servita a celebrare quei due eventi e Nayara è abbastanza stordita dal vino da riuscire a ignorare il dolore che le scarpe strette e altre le provocano ormai da tutto il giorno.
L'enorme sala, adornata da fiori d'inverno e ghirlande, è gremita di gente avvolta in abiti eleganti. Quello color ghiaccio di Nayara è fatto di tulle e sembra scomparire in confronto allo splendore scintillante di altri invitati. Sobrio ed elegante, le aveva suggerito Portia quando lo avevano acquistato insieme. Sembra passata un'eternità.
Davanti a lei, la folla danzante circonda la coppia di sposi. Portia è raggiante nel suo abito bianco, i capelli dorati raccolti in un'elegante pettinatura, il sorriso le illumina il viso.
Roose si mostra gentile, potrebbe sembrare addirittura felice, ma Nayara sa riconoscere la maschera dal vero volto di suo padre.
Con lo sguardo cerca Ramsay nella marea variopinta. E, come se lo avesse evocato con il pensiero, suo fratello appare elegante nel suo completo nero. Ma non è quello a donargli un aspetto magnetico. Sono i suoi occhi di ghiaccio che dominano la sala, luminosi e intensi. Nayara ha già visto più di una ragazza voltarsi a guardarlo ripetutamente, affascinate.
«Mi concedi l'onore di questo ballo?» le domanda.
Nayara finge di pensarci su, poi risponde «No, ma ti concedo l'onore di accompagnarmi fuori e fumare di nascosto».
Per tutta risposta, Ramsay le si avvicina di un passo di troppo, guardandola con i grandi occhi appannati dall'alcol. Le poggia una mano sul viso, sfiorandole le labbra con il pollice, mentre l'altra le risale i fianchi. Il suo corpo brucia di desiderio.
Nayara lancia uno sguardo alla folla distratta, poi lo prende per mano e lo conduce nel giardino esterno.
Fuori è calato il buio, dei lampioni illuminano il prato ma loro si inoltrano lì dove nessuna luce possa raggiungerli.
«Sei ubriaco» lo accusa Nayara ridendo, a riparo dietro il tronco robusto di un albero.
Lì la musica giunge ovattata e distante, ci sono solo loro e il resto non conta.
Ramsay cala su di lei, sfiorandole il collo con le labbra mentre le risponde in un sussurro «Sarò anche ubriaco ma tu sei bellissima, cazzo».
Nayara non sa resistergli un momento di più. Il respiro di Ramsay è caldo e invitante, come lo sono le mani che già vagano sul suo corpo.
La bocca di suo fratello incontra la sua con sollievo, come se starle lontano troppo a lungo fosse una sofferenza indicibile.
Nayara risale con le dita fra i suoi capelli neri, stringe la presa, si avvinghi al suo corpo che freme smanioso di possederla. E lei si lascerebbe prendere lì, al freddo, contro il tronco di quell'albero. Sente una mano di suo fratello farsi strada sotto il tulle del suo abito, affondare nella sua carne mentre risale fino al calore che custodisce fra le gambe.
Le sfugge un gemito quando le sue dita iniziano ad accarezzarla piano in una lenta tortura. In risposta, lei trova la sua erezione turgida e la prende in mano, godendosi lo spettacolo del piacere furioso dipinto sul viso di Ramsay.
Si sente tremendamente potente nel soddisfarlo, sentire i suoi rochi gemiti le manda brividi proibiti in tutto il corpo.
Gli sbottona i pantaloni e sta per inginocchiarsi davanti a lui, quando un rumore improvviso di foglie calpestate e rami spezzati la fa sobbalzare. Sente il corpo di Ramsay irrigidirsi prima di comprendere che quelli che sente sono passi che si allontanano.
Ramsay si allontana immediatamente da lei, improvvisamente lucido, sta all'erta.
Nayara non osa quasi respirare, si porta una mano sulla bocca come a voler cancellare i baci di suo fratello che però restano indelebili su di lei.
Quando Ramsay si volta di nuovo verso di lei, nei suoi occhi c'è una luce pericolosa.
«Dobbiamo andare» le dice solo.
«Sei riuscito a vedere chi-» prova a chiedere Nayara con un filo di voce.
«Non era nessuno» la interrompe lui. «Forza, torniamo dentro.»
Nayara, con il cuore martellante e una sensazione d'angoscia nel petto, lo segue.
La prima cosa che Nayara fa appena varcata la porta d'ingresso di casa, è togliersi le maledette scarpe. I piedi le bruciano e il contatto con il pavimento gelido le dà conforto.
Portia, mentre si dirige verso la camera da letto, cinguetta al marito di non farla attendere troppo. Per un momento Nayara immagina la sua prima notte di nozze. Non poteva pensare a uno sposo, quello lo avrebbe scelto suo padre per lei. Le sarebbe piaciuto?
Devi solo sposarlo e possibilmente dargli un figlio, per quelli come noi l'amore non fa parte del matrimonio, le aveva detto una volta Lady Olenna. E Nayara aveva capito. Da sposata avrebbe potuto ottenere tutto ciò che voleva e dedicarsi ai piaceri della carne fuori dal talamo nuziale.
Ma Lady Olenna cosa ne sapeva dei legami di sangue che uniscono e vincolano ancor più dei matrimoni?
Trova lo sguardo di Ramsay già fisso su di sé, incupito da un'ombra che non sa decifrare.
«Ramsay» lo chiama la voce tagliente di Roose. Non servono altre parole, quando Roose Bolton usa quel tono di voce, come se impartisse ordini a un animale ben addestrato, bisogna seguirlo nello Studio Rosso senza replicare.
Ed è quello che Ramsay fa.
Nayara resta nell'ingresso, sola e confusa. Non sa spiegare la presa gelida che le serra il cuore fino a toglierle il respiro. Un senso di inquietudine la dilania.
Non dovrebbe origliare, non osava farlo neppure da bambina per paura di essere scoperta e rimproverata da suo padre. Eppure questa volta, con i piedi nudi e il freddo che le permea le ossa, Nayara raggiunge di soppiatto la porta dell'ufficio di Roose.
Le voci all'interno giungono a lei come un sussurro trapelato tra le fessure della massiccia porta di legno.
«Voglio che tu prenda le tue cose e parta per la Barriera questa notte».
Nayara deve coprirsi la bocca per soffocare un gemito di dolorosa sorpresa.
Per un po' sente solo i battiti disperati del proprio cuore, poi la voce di Ramsay risuona chiara e sicura.
«Non mi hai riconosciuto come tuo figlio ed erede per mandarmi alla Barriera» dice.
«Ho commesso uno sbaglio» è la risposta brutale di Roose. «Tu non sei mio figlio, sei un abominio! Ti ho accolto nella mia casa, ti ho dato possibilità che altri bastardi nemmeno sognano. E in cambio tu inquini la mia stirpe con le tue mostruose perversioni!».
Nayara ha preso a tremare.
È un incubo, deve esserlo, non può succedere davvero.
«Padre...» comincia Ramsay ma non gli viene data la possibilità di finire.
«Non voglio sentire una parola» ringhia Roose. «Ciò che ho visto questa sera è più che sufficiente. Parti immediatamente, non farti più vedere.»
Lacrime calde scivolano copiose sul viso di Nayara, fra le sue dita che ancora sigillano le labbra.
«E lei?» chiede Ramsay a denti stretti.
«Non ti riguarda. E ti consiglio di tenere questa faccenda per te, se ci tieni al suo onore. Ora vattene.»
Dei passi si muovono nella stanza. Nayara trasalisce ma nessuno si avvicina alla porta.
«Forse è arrivato il momento di affrontare la realtà, padre» è la voce di Ramsay. Perché lo sfida in questo modo? Che gli salta in mente?
«I tuoi figli condividono molto più del sangue» continua. «Vuoi sapere come è cominciata?»
Nayara riconosce nella voce del fratello l'ombra sadica, la bestia che emerge. Tremante e con la mente appannata, tira la maniglia ed entra nella stanza.
Suo padre la gela con un'occhiata. Ramsay le rivolge uno sguardo folle.
«No, Ramsay» dice con voce sorprendentemente stabile. Le sue gambe invece non lo sono, per un momento lo Studio Rosso gira e ondeggia intorno a lei.
La vergogna la assale quando gli occhi taglienti di suo padre si fissano nei suoi, le rovistano dentro e trovano tutte le risposte.
Sì, lei e suo fratello sono uguali. Merita di essere bandita e rinnegata quanto lo merita lui.
«Bene» esulta Ramsay a modo suo, pacato e tremendamente pericoloso. «Visto che sei qui, Nay, vuoi dire a nostro padre qualcosa a proposito dell'onore o vuoi che lo faccia io?»
«Ramsay, ti prego...»
«Piccola puttana» sibila Roose, gli occhi velenosi. «Sei come lui» aggiunge e pare rendersene conto in quel momento. C'è una sfumatura di sorpresa nel suo sguardo, come se la vedesse sotto una luce nuova. Non più come una bambina, nemmeno come una donna del Nord. Lei è una donna Bolton, il marcio le scorre nelle vene.
Per un solo breve istante, Nayara crede di vedere una punta di orgoglio negli occhi gelidi di suo padre. Poi con un movimento fulmineo, Ramsay è su di lui.
Avviene tutto troppo velocemente affinché Nayara possa impedirlo. Resta lì, immobile, mentre suo fratello infila un pugnale nello stomaco di suo padre.
«Questo lo faccio per lei» gli ringhia addosso, lo sguardo glaciale e una bozza di sorriso soddisfatto.
Nayara crolla in ginocchio e soffoca un grido. Non ha più voce, non ha più forze. E all'improvviso non ha più neanche un padre.
Roose stramazza al suolo e il tonfo del suo corpo che impatta contro il pavimento è talmente agghiacciante che per un momento Nayara crede di svenire.
Vede Ramsay raccogliere gli ultimi istanti di vita del padre osservando i suoi occhi che diventano vitrei, il sangue che si allarga in una pozza sul tappeto.
Poi le sue mani sono su di lei, colpevoli e confortanti, la stringono, la sorreggono, la avvolgono.
Nayara nasconde il viso nel suo petto, tremando. Ma le lacrime hanno smesso di bagnarle il viso, il cuore non si è spezzato. È incredibilmente leggero, come non immaginava potesse essere.
«Diremo che sono stati gli Uomini di Ferro,» le sussurra Ramsay all'orecchio «andrà tutto bene».
Lei solleva lo sguardo e incastra gli occhi nei suoi. È lì che si vede riflessa ancor più che in uno specchio.
«Nayara, resti con me?» le chiede Ramsay tenendola stretta.
Le sta chiedendo lealtà, complicità. E le sta chiedendo una promessa per il futuro. Le sta chiedendo un per sempre.
«Resti con me?» insiste lui, gli occhi enormi in attesa, speranzosi.
Lei annuisce.
FINE
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