I. Se fosse l'ultima notte al mondo?



Poco più che una bambina. È questo che Nayara si sente ripetere in continuazione. Ha ormai ventiquattro anni, l'infanzia è passata da un pezzo e l'unico che sembra accorgersene è suo fratello Ramsay. È l'unico che, da quando è tornata, ha visto la luce diversa nei suoi occhi, più consapevole e matura, ha visto il suo corpo cambiato, modellato nelle forme di una giovane donna. E, come molti altri ragazzi, lo ha trovato attraente.

Alto Giardino è stata la sua casa per otto anni, era adolescente quando aveva salutato Ramsay prima di partire e già da allora il suo profumo la ossessionava. Forse era per questo che si rifugiava nel suo letto nelle notti di tempesta, quando i tuoni la spaventavano così tanto da impedirle di addormentarsi. L'odore del corpo di Ramsay la calmava, si sentiva al sicuro quando le sue braccia la stringevano. In otto anni questo non era cambiato.

Pensa a questo mentre passa svogliatamente in rassegna gli abiti dell'atelier. Portia, la sua matrigna, ha insistito affinché comprasse un nuovo vestito da indossare al matrimonio. E tutto quello a cui Nayara riesce a pensare sono le mani di suo fratello sulla sua pelle.

La notte prima c'è stata tempesta, Nayara poteva sentire le onde del mare infrangersi violentemente contro gli scogli e il vento soffiare forte, la pioggia batteva incessante e i tuoni la devastavano con il loro rombo improvviso. Aveva cercato di resistere. Non sono più una bambina, si era ripetuta allo sfinimento, poi il martellare del proprio cuore era diventato tanto assordante da impedirle di pensare. Tremante, aveva raggiunto la camera buia di Ramsay e si era intrufolata nel suo letto, proprio come faceva quando era piccola. Lui aveva sghignazzato e subito l'aveva cinta fra le braccia.

«Sapevo che saresti venuta» le aveva sussurrato mentre lei si raggomitolava contro il suo petto.

«Non volevo svegliarti» aveva risposto lei placando il tremore.

«Non valeva la pena dormire,» aveva ribattuto suo fratello «tanto prima o poi ti avrei sentita piagnucolare nel mio letto»

«Ma è notte fonda... e poi io non piagnucolo!»

«Sshh» Ramsay l'aveva stretta a sé. Nayara era stata invasa dal suo profumo e una sensazione di sollievo l'aveva inondata.

Poi un nuovo fulmine era andato a schiantarsi non molto lontano dalla loro casa. Il tuono che l'aveva seguito le aveva strappato un gridolino e lei aveva nascosto il viso nel suo petto, serrando i pugni sulla sua t-shirt.

Ramsay aveva ridacchiato ma l'aveva stretta più forte, depositandole un bacio tra i capelli.

«Non è niente» aveva sussurrato Ramsay, accarezzandole la schiena dolcemente. Lui che di dolce non aveva proprio niente. Nayara aveva chiuso gli occhi, sincronizzando il battito del cuore con il suo.

Ramsay non è davvero suo fratello, non del tutto. È a questo che si aggrappa per giustificare le proprie azioni. C'è solo metà del sangue dei Bolton nelle vene di Ramsay, l'altra metà appartiene a una donna di cui loro padre ricorda a stento il nome. L'avventura di una notte, dettata dalla disperazione di aver perso il primo figlio, gliene aveva dato un altro. Un bastardo. Roose Bolton lo aveva cresciuto senza mai riconoscerlo come proprio erede. Poi era arrivata Nayara.

«E se il prossimo ci arriva addosso?» la ragazza aveva pronunciato la propria paura con un filo di voce, temendo che potesse realizzarsi da un momento all'altro.

Ramsay aveva sospirato, aveva intrecciato le gambe alle sue e aveva risposto «Vorrà dire che domattina troveranno i nostri corpi carbonizzati stretti in un eterno abbraccio. Potremmo finire in un museo, sai? Come Pompei».

Aveva ridacchiato ma Nayara era stata colta da un'improvvisa tristezza. Aveva sollevato la testa e l'aveva guardato negli occhi, due grandi scaglie di ghiaccio che brillavano nella semioscurità.

«Cosa faresti se questa fosse la tua ultima notte al mondo?» gli aveva domandato con estrema serietà.

E anche lo sguardo di suo fratello si era fatto serio.

Le aveva scostato i capelli dal viso con una carezza, il suo sguardo le aveva regalato un brivido.

«Farei questo» aveva sussurrato con voce roca, poi aveva premuto il corpo sul suo e l'aveva baciata.

Nayara non aveva protestato. Tante volte si era trovata sull'orlo del baratro, tremendamente attratta dalle sue labbra e dall'idea di essere divorata dalla sua bocca come già lo era dai suoi occhi. Non aveva mai osato.

Mentre lui la baciava, Nayara aveva potuto sentire il suo corpo allinearsi con il proprio, come due pianeti che si sono rincorsi per eoni e alla fine si sono trovati. Poi lui aveva oltrepassato il confine della sua maglietta con le mani, le aveva sfiorato la pelle nuda con la fretta di appropriarsene.

Ramsay è una bestia pericolosa, e lei lo conosce tanto da sapere quanto gode nel vedere la paura negli occhi di chi lo guarda. Ma ha scoperto anche quanto gli piace guardare lei. E quanto lo manda in delirio toccarla. Ramsay è attratto da ogni cosa provocante e proibita, da ogni segreto e dall'infrangere leggi inviolabili. Forse è nel sangue che condividono la perversione di appartenersi.

Nayara lo aveva accolto fra le braccia, passandogli le dita fra i capelli e saggiando la consistenza della sua schiena. E non aveva resistito dall'infilare le mani sotto la sua t-shirt e scoprire la sua pelle liscia, i muscoli tesi, il corpo caldo.

Con impeto, lui si era tirato su e l'aveva tolta, la maledetta t-shirt, lanciandola chissà dove per poi tornare ad avventarsi su di lei. Nayara aveva avuto solo qualche istante per guardarlo, per osservare le linee che già conosce ma che mai come in quel momento aveva desiderato toccare.

Senza accorgersene, aveva accolto il suo bacino fra le gambe e lo aveva sentito duro, caldo e invitante. Ma prima che potesse formulare un pensiero, lui le aveva riempito la bocca con la propria lingua.

Con la mente appannata di piacere, Nayara aveva smesso di chiedersi quanto fosse lontana e persa oltre il confine della lecita moralità.

«Voglio guardarti» le aveva sussurrato Ramsay sulla bocca all'improvviso, tirandole su la maglietta oltre i fianchi. Lei lo aveva fermato e si era imposta su di lui, ribaltando la posizione. Gli aveva premuto le mani sul petto, costringendolo con la schiena contro il materasso. Poi lo aveva guardato negli occhi.

Sì, voleva che lui la guardasse, voleva che lui la vedesse.

E si era tolta la maglietta.

In quel momento un lampo aveva invaso di luce bianca la stanza, seguito subito dopo da un tuono rombante. Nayara si era stretta nelle spalle e aveva sussultato, coprendosi istintivamente con le braccia per proteggersi.

Con una delicatezza che non gli si addiceva, Ramsay le aveva preso la mani, intrecciando le dita alle sue, e l'aveva convinta a scoprire nuovamente le sue nudità. L'aveva guardata con una fame negli occhi che l'aveva fatta rabbrividire.

Poi le sue dita erano salite sul suo corpo, raggiungendole i seni e saggiandoli in una morsa gentile ma possessiva. Aveva visto suo fratello mordersi le labbra mentre lo faceva, proteso verso di lei, gli occhi incastrati nei suoi. Poi, con uno scatto, si era sollevato e l'aveva stretta con passione, avventandosi sulla fragilità del suo collo dove gli piaceva lasciare piccoli morsi.

Nayara aveva smesso del tutto di ragionare e di avere paura. Se un fulmine l'avesse colpita in quel momento l'avrebbe colta felice. E tremendamente bagnata.

«Che ne pensi di questo?» Portia la riporta brutalmente al presente sventolandole davanti agli occhi un vestito paiettato appeso a una gruccia.

L'atelier riprende i suoi contorni nitidi mentre il ricordo della notte precedente inizia a sbiadire.

Nayara storce la bocca.

«Un po' troppo appariscente.»

«Hai ragione, serve qualcosa di sobrio ed elegante» cinguetta Portia volando subito verso altri abiti.

Nayara si guarda intorno senza particolare attenzione. Ad Alto Giardino le hanno insegnato l'etichetta, il gusto per la moda e il raffinato senso estetico, ma i suoi gusti personali sono semplici e da quando è tornata non ha più indossato i freschi e leggeri abiti fiorati che Mrs Olenna Tyrell le aveva comprato per apparire ai ricevimenti dell'alta società. E non ha intenzione di farlo adesso; per le nozze di suo padre è richiesta sobria eleganza, come ha detto Portia.

La commessa le si avvicina mostrandole il capo perfetto. Un lungo abito color della notte, stretto in vita e morbido sui fianchi. Portia la costringe a provarlo, decide che sembra fatto proprio su misura per lei e glielo compra.

Tutto deve essere perfetto per la cerimonia -dove con perfetto si intende che ogni cosa deve essere esattamente come lei vuole. Portia pianifica questo evento da circa un anno ormai, rendendolo il più atteso da tutto il Nord.

Per Nayara invece ha la stessa importanza che avrebbe un nano da giardino. La futura sposa di suo padre -la terza per l'esattezza- non gradisce la sua indifferenza quasi totale e l'ha trascinata con sé per renderla altrettanto perfetta.

Alla fine, una Portia trionfante e una Nayara annoiata lasciano l'atelier.

Il resto della mattinata passa in sordina per Nayara, ancora persa nel ricordo della notte precedente. L'asfalto umido delle strade è la traccia che il temporale ha lasciato sulla città, così come Ramsay ha lasciato una traccia di segni rossi di morsi e graffi sul suo corpo. E lei non può fare a meno di pensarci e ripensarci.

È divisa e indecisa: una parte di lei muore di vergogna al solo pensiero, l'altra non vede l'ora di rifarlo.

Quando torna a casa non ha ancora deciso a quale delledue dare retta. 

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