Capitolo Ventisei
Noah's POV.
Quando mia madre mi comunicò di essere incinta di Layla non la presi molto bene. Le urlai contro con tutta la rabbia che avevo in corpo, ruppi i primi oggetti che mi trovai davanti e infuriato corsi in camera con l'unica intenzione di preparare la valigia e fuggire da casa mia. Lo feci. Andai a vivere da mia nonna per qualche settimana rompendo qualsiasi tipo di rapporto con i miei genitori. Mio padre non vedeva l'ora di liberarsi di un figlio così ed io gli facilitai il lavoro, mia madre invece per giorni tentò di mettersi in contatto con me. Tentò di farmi ragionare, provò a parlarmi, ma ero un ragazzino ribelle e difficile da gestire e alla fine si arrese. Smise di inseguirmi e, a malincuore, accettò la mia decisione.
Mia nonna non voleva avermi tra i piedi, era abbastanza evidente, e l’indifferenza che nutriva per l’unico nipote dal carattere schivo e chiuso era ricambiato appieno. Tuttavia, accettò ugualmente di prendermi con sé senza sollevare proteste e quella fu l'unica volta che la ringraziai davvero.
La decisione da ribelle adolescenziale, e la mia pseudo protesta, però, non durò molto. Bastarono delle semplici parole per convincermi a tornare, per di più con la coda tra le gambe.
La mamma sta male, ha bisogno di te.
E stava male davvero. Si era ammalata di cancro al seno ancora prima di dare alla luce mia sorella. Ero un ragazzino, un moccioso geloso della sorella, un piccolo disgraziato alla ricerca di continue attenzioni. Quella fatidica notizia mi destabilizzò, mi uccise dentro. Vidi mia madre in un letto che lottava tra la vita e la morte, con in grembo una bambina e poche possibilità di vivere. E diamine se non piansi come un cazzo di bambino attaccandomi come una cozza al suo corpo che profumava di lavanda.
Mia madre stava morendo ed io ero troppo occupato ad insultarla per rendermene conto.
Mi abbracciò affettuosamente, mi confortò come solita fare, e mi cullò tra le sue braccia calde come se non avessi commesso alcun misfatto. Mi perdonò senza pensarci due volte e mi sentii così meschino da far male. In quel momento, in quel preciso istante, la paura di perderla mi devastò.
Morì il giorno dopo che Layla compì quattro anni. Lasciò una bambina troppo piccola, un marito donnaiolo, menefreghista, e convinto di poter comprare il mondo con i suoi schifosi soldi, e un figlio incazzato con il mondo intero. Le cure servirono per annientare il primo tumore ma non ci fu scampo per il secondo, che tornò e la portò via con sé in pochi mesi.
La salutai impregnando i miei abiti, la mia pelle ed il mio cuore con il suo profumo, e promisi a lei e a me stesso di prendermi cura di mia sorella come se fosse la cosa più preziosa al mondo.
Non è stato facile prendersi cura di una bambina, e un padre assente non ha di certo aiutato. Ma adesso, dopo sei anni, mi piacerebbe poter pensare di aver fatto un buon lavoro.
Layla ha perso una madre, un punto di riferimento, la persona che più di tutte avrebbe potuto capirla. Sostituirla non rientrava nei miei pensieri, non quanto la possibilità di non farle pesare l'assenza di una figura materna.
Ad oggi mi ritengo soddisfatto a metà. Layla è un turbine di gioia e felicità ma basta poco per perderla. Basta davvero un tassello messo fuori posto e tutte le fatiche fatte nell'arco di mesi e anni crollano come castelli da carta. In quei brevi e intensi momenti maledico il giorno in cui rimasi da solo con la mia rabbia e le mie paure. Un gioiello è troppo difficile da curare e custodire.
« Ha pianto». La mia voce è piatta, atona. Il pizzico di amarezza e dolore, però, è difficile da mandare via.
Bonnie annuisce scostando una ciocca dorata dietro l'orecchio; forse imbarazzata, forse a disagio. Ma i miei occhi sono come calamitati dalla figura di mia sorella rannicchiata su se stessa e aggrappata al mio cuscino, rubato come da prassi dalla mia stanza, per volgerle la dovuta attenzione.
Mi avvicino prendendo posto dall'altro lato del letto e in estremo silenzio allungo il braccio e con le nocche accarezzo il viso stanco di Layla.
Mi dispiace non essere all’altezza di questo compito. Il mio modo di proteggerti sta semplicemente distruggendo ogni pezzo di te e diamine se non mi sento male all’idea di procurarti altro dolore.
« Mi dispiace essere salita qui ma ti ho visto arrabbiato e ti ho seguito. I-io mi dispiac-».
« È ok, Bonnie», interrompo la sua parlantina frenetica scuotendo leggermente il capo.
« Davvero, non volevo mettermi in mezzo. Non mi riguarda e lo so… Solo che-».
« Ho detto che va bene», la guardo dritto negli occhi e annuisce lentamente con la testa, un po’ a disagio. « Ti ringrazio per averla portata qui. Non doveva assistere, hai ragione» e grazie per averla portata via prima che la situazione degenerasse, vorrei aggiungere ma le mie parole devono bastare.
Abbozza un sorriso che, impercettibilmente, ricambio.
Deglutisce abbassando lo sguardo sulle sue mani dalle dita affusolate e delicate mentre le sue gote si colorano di un rosso tenue.
« Kim?»
« È andata via, non doveva nemmeno essere qui», replico indurendo i lineamenti del mio viso.
La sua presenza, al momento, mi agita solamente. È da giorni che si ostina a volermi parlare ma tutte le volte che i suoi occhi incrociano i miei leggo tutto quello che non vorrei. Kim deve far pace con il cervello. La sua è solo convinzione, si sta sbagliando e se ne renderà conto.
Bonnie si acciglia ma, per mia sorpresa, anziché chiedere ulteriormente serra le labbra piene e rosee.
Distoglie lo sguardo nuovamente e volgo la mia attenzione al viso dormiente di Layla.
I suoi capelli sono tanto lunghi, lisci e setosi. Come quelli della mamma.
Bonnie si schiarisce la gola attirando la mia attenzione. La fisso senza battere ciglio in attesa, e con palese confusione nei miei occhi la osservo mentre si alza e prende con sé la sua borsa. « È meglio che vada», annuncia.
Mordo l'interno della guancia accarezzando con dolcezza e distrazione i capelli di mia sorella dormiente. Senza aspettare ulteriormente si protrae con il busto in avanti depositando sulla fronte di Layla un piccolo bacio.
E prima che possa controllare la mia bocca ed il mio cervello, le parole scivolano via velocemente.
« Puoi dormire qui insieme a Layla. Il letto è abbastanza grande per entrambe», propongo tirandomi su e compiendo il medesimo gesto fatto poco prima da lei.
Arrossisce presa alla sprovvista. « Non mi sembra una buona idea… Devo tornare a casa, Kelsy dorme a casa mia e poi...», mente palesemente guardandosi attorno.
« Kelsy dorme da Hunter», l'avviso senza troppi preamboli.
« Ah», si muove a disagio. « Non ho niente qui con me e domani ho lezione all'Università », tenta di nuovo, sperando in una mia risposta negativa.
Avanza di qualche passo, fin quando il suo profumo fruttato mi avvolge a sé. « Ti procuro qualcosa per la notte e non preoccuparti per domani. Ti accompagnerò a casa in tempo», la tranquillizzo fissando con insistenza i suoi occhi azzurri.
Deglutisce arrendendosi alla mia insistenza. « Va bene », acconsente.
Le mie labbra, inconsapevolmente, si increspano in un sorriso appena accennato. « Bene».
« Noah io volevo scusarmi per-».
Scusa, scusa, scusa… Come riesce ad essere così fottutamente buona e ingenua con tutti?
« Dovresti essere incazzata con me per prima», mi acciglio accarezzando il suo zigomo caldo e liscio. « Invece sei… comprensiva. Perché?»
In queste settimane, in questo mese, non ho fatto altro che offenderla in tutti i modi possibili. Dovrebbe odiarmi, dovrebbe stare alla larga da me eppure è qui. Arrossisce per me.
Si lascia andare al mio tocco caldo e lento increspando le labbra in un piccolo sorriso. È bella da far male.
Come scottato allontano le mie dita dal suo viso, una evidente attrazione per le mie mani. « Sono logorroica, a volte, ma non insopportabile e credo che tu lo sappia», sminuisce la mia scontrosità affossando i denti sul labbro inferiore.
« Non credo tu sia-».
« Lo so», mi interrompe.
« Bene», ripeto stavolta divertito.
« Bene», replica anch’ella divertita pizzicando la punta del mio naso con le sue dita. Lo arriccio e mi imbambolo davanti al suo sorriso che si distende ancora di più.
Districo il ciuffo scuro leccando velocemente il mio labbro inferiore. « Ti va una pizza? Layla ha già cenato», propongo avviandomi alla porta. Questa ragazza mi rende strano, insinua in me pensieri strani. « Arrivo tra qualche minuto con il tuo pigiama».
-
Bonnie non ama i funghi e odia la rucola.
In questi ultimi minuti non ha fatto altro che storcere il naso alla vista della mia pizza, addentando la sua margherita con gusto.
Quando qualcosa non le piace arriccia il naso e le sue iridi diventano ancora più chiare. È assurdo come il colore dei suoi occhi cambi a seconda del suo umore o dei suoi gusti, come in questo caso.
« Vuoi assaggiare?», trattengo un sorriso quando scuote il capo velocemente.
« No, grazie, sono già sazia», indica la sua pizza.
« Non ti piace la rucola? Assaggia », allungo la mano ma si ritrae immediata. « Un fungo?»
« No e non mi piacciono nemmeno i funghi», rivela con un'espressione di puro orrore.
Scoppio a ridere infilando in bocca il trancio di pizza. « Ehi, non c’è niente da ridere!», mi riprende fingendosi offesa.
« È che sei così prevedibile e… leggibile. La tua faccia, i tuoi occhi, dicono tante cose di te», mi guarda stralunata dischiudendo appena le labbra. « Non fraintendermi, non è un insulto ma solo un dato di fatto. Per vivere in questo mondo bisogna munirsi di maschere».
Bonnie allontana il piatto e sembra rabbuiarsi d'un tratto. Scosta le ciocche dietro le spalle coperte da una mia felpa e sospira profondamente appoggiando i piedi sulla sedia e il mento sulle ginocchia. Nei miei vestiti ci naviga eppure sembrano starle dannatamente bene addosso.
« Non ho così tante maschere da indossare, non mi piace nascondermi», mormora più a se stessa che a me.
Mi appoggio allo schienale osservandola di sottecchi. « A chi piace nascondersi? Con il tempo, però, ti ci abitui. Le maschere diventano una seconda pelle, ad un certo punto nemmeno le senti più addosso».
Bonnie mi fissa curiosa, mi scruta come una cavia da laboratorio e poi mi afferra con forza, inchiodandomi con i suoi occhi belli ma potenti. Lei non si rende conto di quanto diventi vulnerabile quando mi guarda. Non si rende conto di come riesca un solo sguardo a farmi sentire smarrito e perso.
« Non è opprimente simulare tante personalità? Non… non ti senti soffocato dalle tante realtà?»
« E tu?»
« Ogni giorno, ogni minuto e secondo», confessa in un sussurro. « Tu?»
Io?
Io non so cosa significhi respirare, tesoro. La libertà non è concessa a tutti.
Incurvo le labbra in un sorriso aspro, amaro di tante consapevolezze, e Bonnie aspetta. Attende una risposta che non arriva. Mi perfora con le sue iridi e tenta di appropriarsi di una risposta che non può, non deve ottenere.
Perché puoi anche parlarne ma non tutti sono in grado di capirti.
Mi rabbuio tirandomi su. Lancio un'occhiata al piatto di Bonnie per metà pieno e distolgo totalmente lo sguardo, puntandolo altrove.
« Mi aspettavo una risposta», asserisce coraggiosa.
« Quando finisci, getta gli avanzi nella pattumiera. Buonanotte», taglio corto lasciandola in cucina con l’amaro in bocca e le braccia a circondare le sue gambe.
Controllo Layla, che dorme tranquillamente in camera, e socchiudo la porta raggiungendo a passi lenti la mia stanza in fondo al corridoio.
Sfilo la maglia gettandola sulla sedia avvicinandomi poi alla finestra, dalla quale filtra la luce del lampione posto proprio dall'altra parte dell'edificio.
« A quanto pare sei pure una guardona», prorompo scostando le tende.
Bonnie inarca un sopracciglio incrociando, indispettita, le braccia al petto. I leggings, l'unico indumento trovato in borsa, non solo mettono in evidenza le lunghe gambe che si ritrova ma anche quel culo a mandolino che sembra richiamare la mia attenzione ogni secondo. Non sapevo di possedere tutta questa grande forza di volontà.
« Non avevamo finito di parlare».
« Non hai finito di cenare», cambio argomento raggiungendo i piedi del letto.
Bonnie sbuffa ruotando gli occhi al cielo. « Noah!»
Increspo le labbra in un sorrisetto gettandomi a peso morto sul materasso. È alquanto divertente stuzzicarla, soprattutto se ciò che ne ricavo è uno sguardo furente e il movimento delle sue labbra, che quando si innervosisce pizzica all'infinito colorandole di un rosso acceso.
« Bonnie», cantileno mettendo le mani dietro la testa.
Si appoggia alla porta guardandomi insistentemente, indugiando più del dovuto sul torace scoperto. Arrossisce ruotando nuovamente gli occhi al cielo.
Chiudo gli occhi incrociando le caviglie percependo gli sbuffi infastiditi della piccoletta.
« Smettila di evitarmi».
« Sei fastidiosa».
« E tu sei uno st- Grr! Non ti sopporto!», strilla sbattendo il piede.
« Vieni qui», sospiro.
« Sto bene qui», si impunta.
Apro un occhio individuandola all'ingresso ma i suoi occhi vagano da una parte all'altra.
Si muove a disagio, un po’ infreddolita.
« Vieni qui o non esiterò a caricarti in spalla», la minaccio.
« Non sapevo ci trovassimo al paleolitico», borbotta prendendo posto lontano da me, si preoccupa persino di non sfiorarmi nemmeno con un dito.
Afferro il suo polso e la trascino sotto di me, attutendo il suo strillo sorpreso tappando la sua bocca.
Mi fissa con occhi sbarrati muovendosi come un anguilla. Blocco le sue gambe con le mie, così come i suoi polsi con l'altra mano.
« Se prometti di non strillare tolgo la mano. Stai buona?». Mugugna qualcosa strappandomi un sorriso. « Non capisco», la stuzzico.
Ruota gli occhi al cielo bloccando i suoi movimenti. Tolgo la mano dal suo viso spostandole una ciocca sbarazzina.
« Sei fuori di testa, completamente».
Le sue gote si colorano e le dita fremono all'idea di toccarle, di sfiorarle.
« Fuori di testa?», ripeto aggrottando la fronte.
Sfioro i lineamenti del suo volto: le guance, il naso, le labbra.
Si schiudono appena. « Sì », emette deglutendo.
Le dita scendono giù lungo la mascella, il collo e le clavicole. Bonnie mi fissa risucchiando un respiro, un respiro che catturo nel momento in cui avvicino i nostri volti.
« Pensavo fossi un tipetto taciturno e invece parli tanto, davvero tanto», accarezzo il fianco coperto dalla felpa, intrufolandomi al di sotto.
Bonnie si lascia toccare, rilascia un sospiro e per la prima volta non sembra volersi scostare.
Non so bene come interpretare questo suo comportamento, a volte è contraddittoria.
« Hai disturbi di personalità? », sussurra quasi con timore e non posso fare a meno di ridere.
« Forse».
« Fino a qualche minuto fa eri infastidito dalla mia presenza, adesso sembra che tu voglia...»
« Che io voglia, cosa? », sfioro la sua guancia soffermandomi più del dovuto in un punto proprio vicino alle labbra. Basta poco per congiungerle. « Baciarti?»
Bonnie solleva appena la testa e cerca quel contatto che fino ad ora ho provato e tentato di evitare.
« Baciarmi», sussurra mentre le sue mani salgono fino a bloccarsi ai lati del mio viso. Le dita si aggrappano ai miei capelli e con sorpresa acciuffa il mio labbro inferiore ma contrariamente alle mie aspettative non chiude gli occhi.
Le sue iridi chiare mi inchiodano, alla ricerca di una possibile emozione.
Chiudo le mani in due pugni, proprio ai lati della sua testa, e stavolta sono io a che non riesco a sostenere il suo sguardo.
Bonnie, d'altra parte, sembra prendere più confidenza e con dolcezza bacia le mie labbra senza indugiare più del dovuto, quasi a voler ricavare dal piccolo e improvviso gesto una mia reazione.
Mi lascio andare al suo tocco, reagendo ad esso solo quando una mano scivola lungo la mia schiena scoperta mentre con l'altra connette le nostre bocche.
La bacio con una lentezza disarmante, struggente, mentre mio corpo cerca in tutti i modi possibili di appiattirsi al suo, così come le mie mani che smaniose toccano e lambiscono le sue curve morbide.
Schiude di più le labbra e approfitto del momento per insinuare la lingua, in un gioco di seduzione perfetto.
Non sono il ragazzo perfetto, il ragazzo che ti promette un amore eterno fatto di fedeltà e sincerità. Maddy, per quanto possa avermi sopportato, in tutti questi anni ha sofferto profondamente. Questo per colpa mia e dei miei modi di fare. L'ho amata, l'ho desiderata, ma questo amore è durato poco. Uno schiocco di dita. Le voglio bene, mi ha sempre rispettato e non mi ha mai tradito. Al contrario di me che, in alcune occasioni, sono stato poco rispettoso.
L'ho tradita e non una volta, non per sbaglio. Non ero ubriaco, non do la colpa a quella merda, do la colpa a me stesso perché ero consenziente e cosciente.
Bonnie, però, non è Maddy.
Maddy è esperta, sa cosa vuole e come ottenerlo. La sensualità è la sua arma migliore, un’arma che sfrutta con abilità e maestria. Forse è questo suo modo di fare che mi ha attratto all’inizio. Ti affronta, prende in mano la situazione e ti stravolge. Bonnie, invece, è timida, impacciata, semplice, logorroica ma dannatamente coraggiosa e senza peli sulla lingua. Due modi di fare totalmente diversi, due mondi differenti.
« Noah», esala staccando le sue labbra dalle mie.
Capovolgo le posizioni appoggiando poi le mani sulle cosce ai lati del mio corpo.
Bonnie deglutisce guardandomi dall'alto. I lunghi capelli biondi oscillano ad ogni movimento impercettibile, mentre le sue mani impacciate lambiscono il mio torso sprovvisto di indumenti.
La pelle brucia al suo tocco e non sembra accorgersene.
« Meriti più di un ragazzo come me, lo sai vero?»
I suoi movimenti si bloccano e non posso fare a meno di toccarla egoisticamente. I suoi occhi azzurri sono un libro aperto per me, un libro che tanto vorrei sfogliare ma che non merito nemmeno di sfiorare.
Bonnie è troppo pura per un tipo bastardo ed egoista come me.
« Lascia decidere me», ribatte tirandosi giù quanto basta per sentire il suo respiro solleticare il mio viso.
« Ti brucerai, Bonnie, lo farai e ne uscirai distrutta», le sorrido tormentato coprendo la sua guancia con la mia mano. « Allontanati prima che sia troppo tardi».
Sospira allungandosi e lasciando un bacio a stampo, lungo, dolce e profumato.
Sa di buono, sa di delicatezza, sa di Bonnie.
« È già tardi», mormora abbozzando un sorriso triste.
Scende giù dal mio corpo e senza proferire parola raggiunge la porta, chiudendola poi alle sue spalle.
L'amaro in bocca è difficile da digerire.
Spazio autrice;
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, è abbastanza lungo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
È un capitolo abbastanza importante.
Al prossimo aggiornamento x
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