Capitolo Quindici

Bonnie's POV.

« Sei sicura che il negozio sia questo?»

« Hai intenzione di ripeterlo altre dieci volte?»

Kelsy sbuffa per l'ennesima volta abbassando lo sguardo sul tessuto in jeans che copre le sue gambe. L'abbigliamento è piuttosto semplice, così come indicato da Kim, e in parte sono profondamente sollevata. Non riuscirei a sopportare vestitini corti e gambe al vento, soprattutto a dicembre.

Mi guardo attorno accostando poi davanti al negozio. Non vi è alcun passante, solo il fruscio del vento che muove una piccola bandierina affissa al margine della porta.

« Dovrebbe essere proprio questo», mormoro tra me e me, abbassando di poco il capo e puntando gli occhi sull'insegna illuminata dalla luce fioca del lampione. « Ci sono passata qualche volta »

« Questa salopette è scomoda», gratta il retro del collo, spostando la piccola targhetta fastidiosa.

« Tu sei fastidiosa», alza gli occhi al cielo e reprimo un sorrisetto divertito.

« Da quanto tempo non guidavi, nonnetta?», mi sbeffeggia, ottenendo solo un verso annoiato da parte mia.

« Non ho bisogno di un'autovettura, posso benissimo spostarmi a piedi. Ho tutto a portata di mano e poi… odio il traffico», scrollo le spalle accostando sul ciglio della strada.

« E l'autista? È davvero un bel ragazzo», ammicca mettendo su un sorrisetto malizioso.

« Jamie ha altro a cui pensare. Una moglie, ad esempio », metto in chiaro lanciandole un'occhiata ammonitiva.

« Peccato», si imbroncia ma poi qualcosa sembra farle ritornare il buon umore. « Il nipote di Jennifer? Quello si che è un bel bocconcino!»

« Scott? È gay dalla nascita tipo », scoppio a ridere ricordando il nostro ultimo incontro ed i saluti poco maschili a cui sono ormai abituata.

Scott vive in Australia ma due volte l'anno viene a far visita ai suoi zii, gli unici famigliari ancora in vita. I suoi genitori morirono in un incidente d'auto quando aveva solo sei anni e Jennifer pensò bene di prenderlo in affido. Ho praticamente vissuto la mia infanzia al suo fianco, così come parte della mia adolescenza, ma l'Università lo ha portato via da me. Era l'unico amico che avevo, forse l'unico che non mi ha mai trattata in maniera diversa.

« Diamine cugina, rimarrai zitella», decreta melodrammatica.

« Scott non ne sarebbe molto felice, se ti sentisse», scuoto il capo abbozzando un sorriso malinconico.

Sei bella, Bonnie, bella dentro e fuori. Sei per pochi, non per tutti. Sei per chi riuscirà a capirti davvero, sei per chi riuscirà a leggerti dentro”.

Non ho mai capito cosa vedesse in me, cosa leggesse attraverso i miei occhi. Scott è sempre stato un ragazzo pimpante, con la battuta sempre pronta, quasi come Kelsy. Prende la vita con leggerezza, pensa sempre positivo sebbene la sua infanzia non sia stata tutta rose e fiori.

Mi manca. Mi manca la sicurezza che riusciva ad infondermi ed il coraggio che molte volte mi abbandona.

Inevitabilmente stringo il volante, mordendo con forza il labbro inferiore.

Sentirsi costantemente sbagliati, insicuri ed estremamente fragili è terribile. Così come la cattiva sensazione che pizzica e riemerge nei momenti meno felici.

La mano di Kelsy copre la mia e con dolcezza accarezza il dorso, sciogliendo così la presa salda. Abbasso lo sguardo evitando di incrociare i suoi occhi. Non voglio essere compatita e, tanto meno, non voglio risultare debole agli occhi degli altri. Voglio solo essere capita.

Odio la compassione e odio gli sguardi pieni di pena, insulsa e stupida pena.

« Bonnie… lo sai, puoi sempre partire con me. I miei genitori ti considerano una figlia», tenta addolcendo il tono di voce. « Puoi cambiare università, puoi cambiare vita ».

Se solo fosse così semplice. Se solo non avessi le mani legate. Tutto sarebbe molto più semplice.

« Kelsy, non posso. Non posso abbandonare l'Università dall'oggi al domani e non posso lasciare le ragazze. Contano su di me, Janine conta su di me. E poi c'è Jennifer, c'è il sign-»

« C'è Noah», mi interrompe con sicurezza. Schiudo la bocca confusa e sorpresa. Mi acciglio guardandola senza sapere cosa dire. « C'è Layla ma c'è anche Noah», ripete con enfasi.

« Sei fuori strada», scuoto il capo ridendo divertita. « Sei completamente fuori strada. Noah è un semplice conoscente, il fratello di una mia allieva», metto in chiaro appoggiando la nuca al sedile.

« Quella sera ero ubriaca, non stupida. Quando sei andata in bagno l'ho seguito con lo sguardo fin quando non si è chiuso dentro insieme a te», asserisce tranquilla. « Non ti ho chiesto niente perché pensavo me ne parlassi, prima o poi, ma non è successo e sei strana, Bonnie, sei strana da settimane».

Mi ammutolisco alle sue parole veritiere, preferendo il silenzio tombale. È inutile persino mentire perché mi conosce, non riuscirei a dire una bugia nemmeno se lo volessi.

« Non è come pensi tu ma è già finita prima di iniziare. Siamo diversi, proveniamo da due mondi differenti e abbiamo idee totalmente discordanti»

« O, forse, si è fatto un'idea sbagliata di te», completa il mio discorso sospirando l'attimo dopo.

La fisso basita, incredula del fatto che abbia praticamente capito il nocciolo della questione.

« Non mi importa ciò che pensa di me, sono anni che vengo costantemente giudicata ed una persona in più non fa di certo la differenza», curvo le labbra in un piccolo sorriso di circostanza, appoggiando le mani sulle cosce fasciate dai jeans scuri.

« I tuoi genitori sono due bastardi ma tu non sei come loro, diamine!», sbraita infervorata. « Ti stanno uccidendo e tu glielo permetti, ancora»

Deglutisco mordendo il labbro, trattenendo le lacrime che tentano di fuori uscire.

« Non voglio parlarne», mormoro tremante.

« No! Sono stufa di vederti soffrire a causa loro. Ti costringono a studiare medicina e tu hai sempre odiato la medicina. Hai abbandonato il tuo sogno solo per compiacerli, non ti danno la possibilità di vivere la vita come vuoi e, cazzo! Hai vent'anni e non puoi nemmeno sbronzarti come una ragazza normale, perché i due stronzi ti vietano di farlo!»

« Ti prego», sussurro percependo la gola bruciare.

« Sei troppo buona, Bonnie, e questo ti porterà solo sofferenza. Ti voglio bene, lo sai, come se fossi una sorella ma non ci sto, non ci sto più. Sei tu l'artefice del tuo destino, non i coniugi Wood»

Il respiro affannato di Kelsy è l’unico suono percepibile ma poco dopo si unsicono i miei singhiozzi, così come il rumore della pioggia che sbatte sui vetri.

« Non so cosa fare», singhiozzo coprendo il mio viso, totalmente arresa. « Mi sento soffocare»

Le braccia di Kelsy mi accolgono in un baleno ed il calore familiare si insinua sotto pelle.

Lei c'è, c'è sempre stata.

« Lo so ma sei forte, ti serve solo il coraggio che non ti manca. È solo rinchiuso qui », picchietta con l'indice la mia tempia. « Sei immensa, Bonnie, devi solo ritrovarti», mi abbraccia con tutta la forza che ha in corpo, cullandomi come solo lei sa fare.

Qualcuno bussa sul vetro bagnato ed entrambe sussultiamo, riconoscendo immediatamente Kim che incappucciata ci incita a scendere dalla vettura.

Kelsy si stacca dall'abbraccio e con la stessa dolcezza di qualche minuto prima sistema le ciocche bionde dietro le orecchie. Tiro su con il naso, sorridendo quando con gli indici spazza via le lacrime dal mio viso arrossato.

« È assurdo come tu sia bella anche senza un filo di trucco», mormora più a se stessa che a me. « Te la senti di scendere? Possiamo tornare a casa»

« No, va bene così»

« Sicura?»

« Sì. Layla sarà già qui fuori ad aspettarci»

Kelsy annuisce incerta e poco dopo scende dalla macchina, seguita subito da me.

Alzo su il cappuccio della mia felpa, ridendo divertita quando Kelsy centra in pieno una pozzanghera.

« Merda, merda!», impreca raggiungendo Kim, con il viso palesemente contorto in una smorfia di divertimento.

« Forza, entrate!»

Entriamo dentro al negozio avvolto dal buio totale, mentre Kim si premura di chiudere la porta di ingresso. Il rumore della pioggia si affievolisce ed un sospiro di sollievo scappa dalle mie labbra.

Kim accende l’interruttore e quando alzo gli occhi da terra individuo due scaffali alla mia destra e due alla mia sinistra, colmi di colori e pennelli di ogni genere e lunghezza. Le tele di diverse dimensioni sono affisse alla parete, così come alcuni quadri che ritraggono la natura: la protagonista indiscussa. I colori vivaci delle pareti rendono l'atmosfera allegra ma comparando la personalità di Kim non immaginavo uno scenario diverso da questo.

« Diamine, questa pioggia non ci voleva», borbotta la mora abbassando il cappuccio bagnato.

Gli occhi chiari di Kim si posano dapprima su Kelsy, la quale si lamenta dei vestiti bagnati, e poi su di me. Mi osserva con un'espressione neutra per un paio di secondi, il tempo necessario per individuare qualche tipo di emozione dal mio viso. Si acciglia ma non dice nulla.

« Questo è il mio negozio», esclama sorridente. « Chi è appassionato d'arte troverà tutto ciò di cui ha bisogno»

« Carino», commenta Kelsy. « Davvero molto carino».

Kim scrolla le spalle raggiungendo il bancone.

« Grazie, anche le vostre salopette non sono niente male», curva le labbra in un sorriso dolce aprendo poi la porta alle sue spalle. « Seguitemi»

Kelsy saltella raggiungendo l'entrata, afferrando la mia mano prima di attraversarla.

Il piccolo corridoio è sprovvisto di luci, il che rende l'atmosfera piuttosto inquietante. Che ci sia qualcosa oltre questa porta è evidente ma non ho la minima idea di cosa.

« Fate attenzione a non inciampare», ci avverte scendendo poi la rampa di scale.

Un vociare indistinto si eleva ad ogni nostro passo e la curiosità si manifesta sul mio viso e su quello della mora al mio fianco.

Kim apre la porta dinanzi alla sua figura ed il vociare dapprima indistinto diventa un vero e proprio caos di voci, musica e colori. Tanti colori.

Muovo gli ultimi passi trovandomi davanti ad uno spettacolo surreale. Il piccolo balconcino che ci ospita si affaccia ad una sorta di rifugio, suddiviso in vere e proprie aree.

C'è gente che balla, c'è chi pratica skateboarding, c'è chi colora le pareti ancora vuote e c'è chi, tranquillamente, chiacchiera in qualche angolo sorseggiando lattine di birra.

Sbatto le palpebre stringendo il corrimano, confusa e ipnotizzata soprattutto dal disegno che ricopre il centro dell'enorme sala.

Un lupo nero, dagli occhi azzurri come il cielo.

È letteralmente magnifico, tanto quanto l'aria che si respira.

« È tutto così…»

« Magico»

Annuisco immediata all'aggettivo appena citato da Kelsy, osservando con attenzione e curiosità gli innumerevoli murales.

« Benvenute nel nostro mondo, ragazze»






   

La seconda parte spero di postarla presto.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Commentate e votate.
Alla prossima x


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top