10. Nel dirupo

Try to fight but in the end
Nothing's making any sense
I started something I can't quit
Can't talk myself out of it
How do I get over this?

Adam French - My Addiction

NICHOLAS POV

Il tramonto infuocava i profili squadrati degli edifici di Barcellona.

Da quell'altezza solo alcune guglie pittoresche stagliavano nitide, svettando sul groviglio asfissiante della città. Il caos del centro ovattava l'atmosfera e saliva dalle strade con borbottii di motori e clacson fastidiosi.

«Non ti fidi».

Chinai il capo tenendo d'occhio le mani consumate che mio padre aveva affondato nelle tasche dei pantaloni; la forma del pugnale nascosto nella manica del giubbotto mi rassicurò.

«Neanche tu.» ribattei. Ipocrita.

Aeron ruotò la testa e fece un gesto col mento alle proprie spalle. I due uomini che ci seguivano arretrarono; varcarono la soglia della porta che ci aveva condotto sul terrazzo, donandoci una parvenza di solitudine.

«Mi sei mancato, Kayle.» la voce grezza e schietta.

«Immagino.»

Il sorriso enigmatico che gli solcò il volto creò delle piccole rughe ai lati della bocca, l'età non smorzava niente nella sua espressione, sembrava invece rimarcarne l'ermeticità.

«Non vedevo l'ora che tu venissi a cercarmi. Avevo proprio voglia di rivederti.»

Non ne dubitavo...

I suoi occhi brillanti si incastrarono nei miei; non riuscii a sottrarmici, come era sempre stato, come se fossero troppo per rifuggirne.

Ma io non ero più quello di un tempo. Non avrei lasciato che quello sguardo si prendesse gioco di me, leggendomi dentro, e che mi prendesse ciò che avevo da custodire.

«Stronzate. Come sempre.» digrignai i denti sentendo i resti di polvere e sangue inacidirmi la lingua ma rimasi impassibile. «Hai sempre fatto il tuo tornaconto personale e non te n'è mai fregato niente di me.»

Mi voltai lasciando che quei metri di distanza continuassero a separarci. Ripudiando quello che sentivo, nascondendolo sotto la matassa di indifferenza che solo due persone al mondo riuscivano a scalfire.

«Non capisco perché le due cose non dovrebbero coincidere, Nicholas. Io ho fatto quello che ritenevo opportuno e tu sei venuto a cercarmi per lo stesso motivo, per lo stesso tornaconto individuale.» inclinò il volto assottigliando gli occhi. «O sbaglio?»

Sostenni il suo sguardo ma non ebbi modo di ribattere, non potei. Perché avrei solo confermato le sue insinuazioni. Avrei solo confermato di essere come lui...

«Vedo che ancora non hai fatto pace con te stesso».

Non lo chiese, lo constatò. Come se fossi cosa sua e mi conoscesse in modo tale da poterselo permettere. Scrollai le spalle e mi allontanai di un altro passo raggiungendo il cornicione in muratura sgretolata del palazzo.

Era stata una pessima idea.

«Dovrei accettare di aver venduto la mia anima al diavolo... come te?»

«Il diavolo è solo un nome che diamo a ciò che temiamo. Non è altro che la nostra paura che prende forma.» poggiò la mano sul cornicione e il sole gli dipinse i capelli radi e biondi di mille striature cremisi. «Più rinnegherai quella paura e più diverrai quello che già sei con le tue stesse mani.»

«E non era quello che hai sempre desiderato?»

Mi pizzicavano le mani, le sentivo sporche come non mai. Piene di tutto quel sangue che avevo versato e fatto versare. Mi faceva schifo, provavo ribrezzo. Per me stesso.

«Io ho sempre desiderato che tu accettassi quello che sei, niente di più». si voltò pacatamente con quegli occhi chiari come la neve e penetranti come lame. «Ti ho mostrato quello che già eri e tu lo sai».

Sorriso sghembo e penetrante. Nemmeno cercava di nasconderlo quanto fosse fiero della bestia che ero. Lo odiavo per tutto, specialmente per quello; uno sguardo, una condanna.

Sam, i suoi occhi, quel modo che aveva di mostrarmi un mondo diverso, un me diverso. Ci anelavo come solo alle luna nel buio delle tenebre, si anela.

Ma lei non c'era e quella speranza si sfilacciava sempre di più... svaporava nelle mie tenebre.

«Cosa vuoi da me?» sibilai a denti stretti.

«Sei tu che mi stavi cercando».

«Ma sei tu che mi attendevi. Sapevi che sarei venuto, lo avevi già previsto. Sai già cosa mi ha chiesto BlackMoon, cosa mi ha chiesto Black...» percorsi il profilo familiare dell'impugnatura nascosta, serrandosi sul manico freddo e familiare.

«Black... lui non mi manca affatto» sprezzante, divertito. Entrambi feccia che si completavano a vicenda. Così simili eppure così opposti.

Ma mio padre era quello più marcio, senza di lui il mondo sarebbe stato molto meglio. Mi incattivi a tal punto da serrare con troppa forza le dita intorno al manico freddo del pugnale.

I suoi occhi crudi osservarono i miei movimenti. Le mie dita strette intorno all'arma. Non un'emozione sul volto, non un guizzo nelle pupille. Era scolpita nel marmo, la sua espressione, pareva quasi istigarmi a procedere...

«Davvero, Kayle?» si avvicinò, piantandomi addosso quelle iridi tremende, così perforanti, così agghiaccianti. Così uguali alle mie.

«Davvero, adesso vuoi prenderti beffe di te stesso?»

«Potrei farlo, qui e ora» ringhiai, intimandolo, a pochi passi da me, le spalle larghe e il fisico slanciato che lo facevano giungere quasi alla mia altezza.

«Non lo farai.»

Strinsi l'impugnatura, vi aderì il palmo.

«Sappiamo entrambi che non lo farai» calò lo sguardo lentamente sul mio petto. «Io ti servo.»

Abbassai gli occhi seguendo le sue pupille, fisse su un punto preciso sul mio torace.

La maglia scura, riverberando dei colori del tramonto, aveva un puntino luminescente che vi ballava sopra, all'altezza del cuore. Rosso fluorescente e traballante.

Dannazione...

Mi tenevano sotto tiro.

Strinsi la mandibola, serrai la presa sul pugnale. Con la coda dell'occhio guardai il palazzo di fronte a noi, dove il cecchino doveva trovarsi; impossibile individuarlo a occhio nudo tra le svariate finestre sudicie spalancate a causa della prematura calura estiva.

Sarebbe bastato così poco, sarebbe bastato quello...

«Non mentire a te stesso» mi soffiò addosso, vicinissimo, le dita che tamburellarono sul mio petto, strusciandomi la maglia sulla pelle sudata dove il puntino mi gravava addosso.

«Non lo farai Nicholas.»

Strinsi con più forza l'arma, le sue pupille che vibravano nelle mie; la gola così esposta, così a portata...

«Perché se lo farai non sarai mai libero. Se lo farai non avrai garanzie di salvarti e di salvarla... »

Mi strisciò sotto pelle quel grido di libertà, quella rabbia frustrante e terribile.

Dannazione!

Sospirai pesantemente e mollai la presa, mostrandogli i palmi delle mani e lasciandomele ricadere lungo il busto, maledettamente vuote.

Il puntino svanì dalla mia maglia.

«Avresti dovuto lasciarla andare quando ti ho avvertito. Adesso è invischiata tanto quanto lo sei tu».

Mi voltai di scatto, «a BlackMoon non interessa lei, basto io. Dipende tutto da me.»

Sollevò un sopracciglio, con quel sorriso enigmatico che si protendeva sulla guancia. Il sospetto mi arpionò il cuore.

«E tu ci credi?»

«Non mi fido di nessuno, neppure di te.» sorrisi a mia volta. «E' colpa mia se è diventata un obiettivo. Se non l'avessi avvicinata durante la missione... Dipende solo da me, ora.»

Quel sopracciglio si sollevò maggiormente, creando increspature avallate sulla fronte; si appoggiò col fondoschiena alla balaustra in muratura, sfregando con le suole a terra nella polvere.

«E' quello che ti ripeti per crearti speranza o è solo una bugia che racconti a me?»

Rimasi in silenzio, strinsi le spalle e sentii il sangue pompare in gola.

«Sii sveglio, Nicholas. Sai chi è suo padre. Nathan Cross. Sai che cosa ha rubato? Credi davvero che finché questa storia non sia finita, lei sia al sicuro?»

Scossi la testa, scacciando ogni pensiero, scacciando ogni insinuazione, scacciando i ricci che mi grondavano sulla fronte.

«Basta. Sono qui per un altro motivo-»

«Oppure i due coincidono.» accompagnò la frase con quel sorriso appena accennato che mi inchiodò le intenzioni addosso. Troppo vulnerabile io e tremendamente letale lui e quella sua dannata mente.

«Perché mi aspettavi... cosa vuoi da me?»

Mio padre inclinò la testa lateralmente, studiandomi.

«Era ovvio che avrebbero tentato di farmi fuori dopo che me ne sarei andato. E chi usare, per eliminarmi definitivamente, se non il mio stesso figlio? Era logico che avrebbero scelto te, eri l'unico che poteva occuparsene. E' quello che avrei fatto anche io, infondo. Inoltre, in questo modo, hanno preso due piccioni con una fava, non trovi?»

Socchiuse le palpebre un istante, con un gesto che aveva del rimproveratorio.

«Lo hai capito che stanno cercando di renderti inoffensivo, no?»

Rimasi in silenzio ponderando le implicazioni, quelle strade inerpicate e tomentose che avevano solcato i miei pensieri e mi avevano distrutto le notti.

«Perché

«Ah... Kayle. Come puoi non aver unito i puntini dopo tutti questi anni. Sii sincero con te stesso, già lo sai.»

Feci un passo avanti mentre un'ambulanza solcava le strade sotto di noi rendendo l'aria carica di sirene strillanti. «Perché?»

«Sai che-»

«No. Voglio sapere il motivo» sollevai il mento. «Perché hai abbandonato tutto, scappando da noi e da Black Moon, che cosa hai fatto? Che cosa nasconde la tua fuga?»

Mio padre sollevò le mani per aria e le fece ricadere in grembo, con i pollici che sfregarono tra di loro. «Sai già la risposta»

«Voglio sentirtelo dire.» ringhiai.

«Volevano farmi fuori, togliermi dai giochi.»

Annuii mentre le parole riecheggiavano sul terrazzo, il cielo limpido sopra di noi da custode e la polvere sdrucciolevole sotto le scarpe sollevata dal flebile vento.

«Perché?»

«Perché volevano liberarsi di me? Il solito chiaramente: il potere dà alla testa. Il mio, ovviamente. Siamo diventati molto influenti negli ultimi anni, l'equilibrio fra le nostre famiglie non era destinato a perdurare. Non con questa espansione che sta avvenendo.»

Scossi la testa con il vento che mi donava sollievo sulla pelle accaldata esposta, il sudore e la polvere dell'incontro ancora appiccicata in ogni dove.

«Mi stai nascondendo qualcosa, come sempre. Perché proprio ora?»

Fanculo alla sua rispsota. Non mi bastava, c'era dell'altro sotto, il mio sesto senso non mi ingannava. Mai.

Ma lui allargò le braccia, la polo candida che lo rivestiva si tese sui bottoni frontali, in quel candore che gli rivestiva il corpo e, allo stesso tempo, era così assente dalla sua anima.

Ma il silenzio fu più esplicito. Non avrei avuto altre risposte da parte sua. Non con civiltà, almeno.

«Quindi a cosa ti servo, io?»

«Vuoi salvare quella ragazza e tuo fratello, non è vero?»

Attesi, in silenzio.

«Ma non puoi uccidermi perché sai, che se lo facessi, non avresti più una via di scampo per uscire da BlackMoon.»

Il silenzio statuì ciò che entrambi sapevamo; io in piedi con le motivazioni strette con la cintura di sicurezza intorno al cuore, lui seduto con quel cielo imbrunito a incorniciargli le informazioni che non avevo.

«Immagino anche di sapere cos'altro ti abbia chiesto di fare il buon vecchio Charles James Black».

Non aggiunsi nulla perché ogni cosa era già troppo esposta, ogni nervo pareva scoperto, ogni vulnerabilità così aperta e in bella mostra da farmi rimpicciolire fra i rovi che mi imbrigliavano l'anima.

Sam, era ciò che ogni scheggia di luna sussurrava per impedire di soccombere nelle tenebre.

Sam, era l'ossigeno a cui la mia bocca annaspante desiderava attingere.

«Sai di cosa è in possesso Nathan Cross?»

Scossi leggermente la testa, affilando lo sguardo e stringendo i denti. I pollici di mio padre smisero di fregarsi l'un l'altro, le mani si slacciarono lentamente.

Si alzò godendosi ogni briciolo della mia attenzione; conscio della posizione di vantaggio. Bramava la mia ignoranza per manipolarmi, come aveva sempre fatto.

«Io voglio ciò che Nathan Cross ha sottratto.»

Si pose dinanzi a me, ogni ruga sul suo volto ben visibile, i miei occhi brillanti riflessi nei suoi.

«Prendi per me ciò di cui lui è in possesso e io ti aiuterò a uscire da BlackMoon.»

Il vento ci sferzò il viso. Un momento sospeso al crepuscolo. Il tramonto di un'intenzione e l'alba di una presa di posizione.

Inspirai, sollevai le sopracciglia. «Come?»

Sorrise, con quella soddisfazione che erano venature di giudizio e promesse di misteri. «Mi volevano estromettere dalla mia stessa organizzazione, credi che non sappia come distruggerli?»

«Questa non è la mia guerra-»

«Invece lo è più di quello che credi, Kayle. Sei la pedina principale che può dare scacco matto. E i Re in gioco sono due, tu uno solo: non hai scampo.»

Ancora e ancora. Fili intangibile tesi verso un destino ormai scolpito a suon di sangue e demoni.

«Non ho intenzione di supportarti in questa follia.»

«Non è quello che ti ho chiesto. Tu recupera per me ciò che desidero e non dovrai più preoccuparti di BlackMoon. Questo è quello che ti offro.»

Un piccione spennacchiato si depositò sul cornicione con uno svolazzo d'ali.

«Chi mi garantisce che rispetterai il tuo patto?» puntai la scarpa, pronto ad andarmene.

Sorrise, socchiudendo gli occhi azzurri, l'ascesa ponderata degli angoli della bocca inesorabilmente verso l'alto. «Non ti fidi della mia parola quindi fidati delle mie intenzioni.»

La mano affondò nella tasca dei pantaloni eleganti e ne trasse fuori il cellulare.

Rimasi immobile a osservare le sue dita che sbloccavano lo schermo; con quel sospetto strisciante che mi destabilizzava...

Voltò il cellulare nella mia direzione, dinanzi al volto. Lo schermo mi rimandò l'immagine di una cartina, un puntino rosso giaceva su di essa, sotto il nome di una città che non avrei dovuto conoscere.

«Tu...»

Terremoto sotto i piedi.

Terremoto fra le mie speranze.

Assottigliai lo sguardo con il fiato che mi si incagliava nella secchezza del palato, con quelle tenebre che mi scavano le viscere, che si arrampicavano fra gli organi alla ricerca delle mie cicatrici.

Quella città sulla costa, dove la civiltà si dipanava sfiorando le acque del mar dei coralli, sul territorio australiano...

No!

Scostai il capo nel vano tentativo di togliermi dalla testa quelle informazioni, quelle che io non avrei mai dovuto scoprire. Mai dovuto sapere. Mai. Non dovevo sapere dove l'avevano portata, dove l'avevano nascosta. Se lo avessero scoperto, se mi avessero costretto...

No. Dannazione... No!

Lasciò sprofondare il telefono in tasca. «Non puoi far finta di nulla, adesso sai dove si trova.»

«Pezzo di m-»

Sollevò una mano. «Bravo, così. Accanito e sprezzante.»

Feci un passo all'indietro sentendo le pareti invisibili schiacciarmisi addosso. Perché io lo sapevo, adesso, e non avrei mai dovuto!

Perché adesso, se solo loro lo avessero scoperto, le avrebbero usate contro di me quelle maledette coordinate... BlackMoon o mio padre.

«Non guardarmi così. Se avessi voluto farle qualcosa, lo avrei già fatto. Questo ti rende chiaro le mie intenzioni nei vostri confronti.»

Avrei dovuto andare da lei, avrei dovuto essere io stesso a proteggerla, ora che ciò che sapevo poteva essere usato contro di me...

«Com'è possibile? Perché diamine me lo stai facendo vedere?!»

«Perché adesso non puoi più opporti. Adesso sono la tua unica possibilità di lasciare BlackMoon e darvi una possibilità di sopravvivenza.»

Il filo spinato che disegnava la strada del mio futuro mi si arpionò addosso come una gabbia d'inchiostro che smerdò la strada della salvezza.

Non avevo mai avuto una possibilità... non davvero.

Mi incrinai, dentro.

Mi rivestii del suo sguardo, ancora.

Mi senti sopraffatto, come non mai.

Annuii. Senza forza alcuna per oppormi.

«Bene» sorrise al bordo del mio campo visivo, cercandomi. «Avresti fatto meglio a valutare più attentamente a chi affidare la loro vita.»

Sollevai di scatto la testa, con la confusione che mi strappava il raziocinio, gettandolo nei dirupi avviluppati di quelle insinuazioni.

«Portami ciò che ha rubato Nathan Cross e vi darò quella possibilità.»

Ero fumo nero, ero fili rossi, ero stella cadente...

«Portamelo e io vi salverò.»

NDA:

Insomma questo fu il capitolo in cui io e la mia amica beta reader decidemmo che ufficialmente Nicholas era un vero e proprio #maiunagioia. Di quelli epici. Di quelli che anche se respirano gli va male. Perchè insomma come si gira, si crea un altro problema...

Come se quelli precedente non fossero sufficienti.

In questo capitolo finalmente abbiamo degli indizi. Il padre di Sam, Nathan, ha rubato qualcosa a BlackMoon... (chi indovina cosa, gli spoilero la fine di questo secondo volume XD)

Inoltre vi è una somiglianza tra Aeron Moon e Charles Black... la vedete? Sono diametralmente opposti eppure simili. Non vi dico quale dei due è peggio... ma se volete partono le votazioni.

Da scrivere sicuramente entrambi.

T: Perchè io no?
Silvia: -.-' almeno adesso non mi dai gatte da pelare Trevor, almeno tu...
T: se vuoi rimedio subito.
Silvia: fosse mai!!
Sam: E ti lamenti?! Sei tu che ci hai creato!
Silvi: Sì ma stiamo calmi che qui mi state bullizzando...
N:... PERCHè TE LO MERITI.
Silvi: Ivan almeno tu? *disperata*
Ivan: Sono il tuo bff immaginario, ma se non dai una gioia almeno a me lascio che ti bullizzino.
Silvi: di bene in meglio...
Alice: Lasciatela fare che sta seguendo solo quello che noi stiamo scegliendo...
Silvi: *commossa* Grazie Alice, grazie...
Tutti in coro: Tanto la gioia non te la da nemmeno a te...

Vi ho voluto bene...
Pensatemi.
Mi trovate su IG come _ambershiver_. Un bacio.

Silvi

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