57. Garanzia


«No!»

I due uomini lo trascinarono via e lo sbatterono alla parete opposta, accanto alla porta, sotto la lampada appesa. Uno scricchiolio di ossa, un gemito. Nicholas rimase docile nella loro presa. Si arrese mentre gli strappavano la maglia e lo immobilizzavano al muro. Ogni cicatrice che gli tempestava il torso ben in mostra nel cono di luce inclemente.

«Lasciatelo andare!»

Trevor oltrepassò la soglia aperta e mi osservò. Quegli occhi di pece, pregni di interesse, saettarono da me, in piedi sul materasso traballante, a Nicholas, alla sua destra, bloccato contro il muro.

Arreso come non l'avevo mai visto.

«È buffo, non trovi?» Si avvicinò a lui, piano.

Nicholas rimase col capo chino.

«Le uniche cose a cui tu abbia mai tenuto, sono le stesse che ti hanno portato a questo

Sussultai, il cuore galoppò, irrequieto.

«Se tu non ti fossi sacrificato per William, avresti potuto continuare la tua vita così come era. Se non ti fossi innamorato della Rossa, non avresti dovuto provare la perversa sensazione di essere felice e poi doverci rinunciare. Così penoso.»

I due energumeni gli avevano allargato le braccia e ognuno di loro ne teneva una bloccata alla parete. Trevor lo raggiunse, gli sollevò il mento facendo sì che le sue iridi di luna si aggrappassero a me, dall'altro lato della stanza. In quello sguardo che mi chiedeva scusa, ricolmo di me come io ero ricolma di lui.

«È quasi perverso. Non credo di aver mai visto niente di più crudele, sai, Kayle? Così come il tuo nome, niente di più beffardo di un nome che contiene in sé l'opposto di quello che sei. Ciò che non potrai mai essere.»

«Lascialo stare!»

Trevor riportò l'attenzione su di me.

Lasciò il mento di Nicholas, gli afferrò i ricci e gli strattonò la testa all'indietro. Il pomo d'adamo saliva e scendeva sotto la pelle diafana in bella mostra.

«Lascialo stare!» Mi sporsi in avanti, il laccio mi stritolò i polsi, le spalle mi dolettero.

«Guardatevi.» Trevor strattonò con più forza i ricci di Nicholas, il petto tonico e glabro che si abbassava e alzava con rassegnazione.

Tirai ancora, gemetti di frustrazione.

«Non la vedi la tua follia, Rossa? Per chi credi di combattere ancora?» Trevor fece un segno col capo a uno degli uomini che lo tenevano bloccato. «Non vedi che l'unica che continua a resistere qui, sei tu?»

E la ribellione che mi gorgogliò nel petto voleva distruggere ogni rassegnazione che aveva disteso i lineamenti di Nicholas.

No, no... no!

L'uomo indossò un enorme anello metallico che gli rivestì le nocche. Caricò il colpo e affondò con forza nell'addome di Nicholas, il pugno si inoltrò così tanto da aver paura che sbucasse dalla schiena.

Gridai con quanto fiato avevo in gola.

Ma il ragazzo rimase in piedi, soffocò il lamento e mi nascose lo sguardo. Il secondo colpo gli fece cedere le gambe e il rumore del corpo che sbatteva contro la parete mi si incastrò nei timpani.

«Nicholas!» Salato e agrodolce mi impiastrarono la bocca.

Ossa contro ossa, pelle che si strappa, pene soffocate.

«Nicholas!» Il singhiozzo mi tolse le parole di bocca.

L'uomo si allontanò a un gesto con la mano di Trevor e tornò a sorreggere il ragazzo, bloccandogli il braccio contro la parete.

«Ti prego, Nicholas...»

La mia supplica calamitò i suoi sensi. La fatalità di un destino che gli si era scolpito sul fondo delle pupille. Così distanti, eppure così vicini...

Non importava. Avrei lottato io per entrambi!

Mi alzai in punta in piedi, afferrai il gancio, puntai il piede contro la parete e tirai fino a sentire il laccio bruciare la pelle.

«La follia assume sfumature meravigliose...»

Inclinai il capo all'indietro, oltre la spalla. Lo sguardo di Trevor era ricolmo di interesse e mi scivolò addosso con insistenza.

«Avrei voluto divertirmi di più con te, Rossa. Te l'avrei fatto davvero urlare il mio nome e mi sarei goduto ogni istante.» Trevor mi osservò, con quei pozzi al posto degli occhi. «Niente mi vieta di farlo poi, una volta che non avrai nessuno a difenderti.»

Nicholas sollevò il mento di scatto e digrignò i denti.

Gli uomini dovettero serrare la presa sulle braccia spalancate contro il muro e spingerglisi addosso per tenerlo fermo, nonostante la gamba dello stesso lato della ferita fosse piegata.

«Hai promesso, Black!» gridò.

«Ho promesso che se tu ti fossi sacrificato, facendo in modo che io non debba avere nessuna leva su di te, l'avrei liberata, sì.»

Le parole sicure e beffarde gli seghettarono il sorriso sulle labbra.

Sentii il cuore infrangersi; echi cristallini, rintocchi funesti.

«Non ho promesso come andrà il futuro, Kayle.»

Nicholas si spinse in avanti, mostrando i denti. Trevor si discostò appena in tempo per schivare il calcio del ragazzo, che finì per prendere in pieno uno degli energumeni che lo bloccavano.

Trevor non si scompose, fece un cenno col capo e un terzo uomo entrò dalla porta, lo stesso che avevo quasi strangolato prima, l'arma seghettata ancora stretta in mano. Ma Nicholas si divincolò come un'anguilla.

«Hai promesso, Black!»

Riuscì a liberare un braccio, ma un pugno lo sorprese in pieno, rivoltandogli il volto. Un altro colpo lo raggiunse poco dopo allo stomaco, facendolo piegare in due.

«No!»

Strepitai io; gridò lui.

L'arma dell'uomo gli colpì il fianco, lacerando e strappando. Con un rumore sinistro e viscerale, la pelle si aprì. Nicholas cadde in ginocchio. Ma fu questione di un attimo, che sollevò il capo. Aculei di terrore e minaccia.

Trevor assottigliò gli occhi color carbone, fissando quello sguardo che gridava spietatezza. Si fissarono l'un l'altro, con una intensità che era odio, una rabbia che non conoscevo...

«Finitelo.»

Impazzii.

Dentro e fuori, pensieri e sangue, mente e anima. Iniziai a strillare, a strattonare la fune che mi teneva imbrigliata al muro. Sbraitai con tutto il furore che mi pugnalava i polmoni.

E lo percossero; tentò di rimettersi in piedi, sfuggendo ai loro colpi. Rumore di lacerazioni, corpi che ci scontravano, sordi e raccapriccianti.

«NO!»

Tirai fino a sentire le ossa del polso chiedere pietà. Impazzii mentre lo massacravano sotto i miei occhi, sotto lo sguardo freddo e immobile di Trevor.

Si rialzò, schivò. Ma erano in tre contro uno.

Bruciai in me stessa, nella mia impotenza. Il sangue macchiò il muro, il rumore viscido mi soffocò il respiro. Ringhiò, colpì alla carotide uno di loro. Scansò per un pelo l'arma che si abbatté su di lui, ma non poté fare nulla per evitare il calcio che lo colpì in pieno petto, sbattendolo contro la parete.

E cercai, contro ogni logica, con ogni unghia di bisogno, di afferrare una soluzione... Ci doveva essere un modo!

«Una garanzia!»

Sovrastai tutto: il mio cuore, la mia disperazione, il rumore sordo dei colpi.

«Sarò la vostra garanzia!»

Trevor sollevò una mano. Il tempo levitò, si immobilizzò.

«Ti prego. Farò quello che volete!»

Nicholas mi cercò con pupille bisognose e sgomente. Atterrito. Mi implorò, schegge di tormento negli occhi.

«Sarò la vostra garanzia! Vi è più utile da vivo che da morto...» incalzai Trevor. «Non credo che tutti coloro che lavorano con BlackMoon saranno contenti di sapere che non vi sono più Moon a farne parte. Avete bisogno del sostegno dei vostri f-inanziatori...»

E rimasi imbrigliata nelle parole che avevo riversato fuori con urgenza, pregando che ciò che stavo dicendo fosse vero. Sperai di aver indovinato il gioco e i suoi partecipanti.

«Sarò la vostra garanzia» esalai, ancora.

«No-»

«Va bene.» Trevor mi venne incontro.


to be continued

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