53. Ingenuità peccatrice
https://youtu.be/4No4j3doUxQ
'Cause all you really wanted
Was just to watch the world burn
So watch it burn
The Beginning of the End - Klergy
«Non essere così sorpresa. Non credevi che sarei venuto ad augurarti Buon Natale?» Si discostò dall'auto nera e lucidissima a cui era appoggiato ed estrasse le mani dalle tasche dei jeans. «Buon Natale, Rossa.»
«Buon Natale, Trevor.» Osservai il marciapiede rivestito di uno strato opalescente di nevischio, prima di sollevare il volto verso di lui. «E no, in effetti non ricordavo avessimo deciso di vederci.»
Me lo aveva detto la sera prima ma, troppo distratta da Nicholas, me lo ero perso? Probabile in effetti, Trevor era diventato l'ultimo dei miei pensieri.
«Scusami, devo essermene scordata.»
Lo osservai mentre si faceva più vicino. «Ah, non ti devi mica scusare, sai? In effetti non ti ho avvisata.»
La bretella dello zaino mi segò le dita. Inalai l'odore emanato dalla felpa scura di Nicholas, che ancora indossavo sotto il giubbotto.
«Se lo avessi fatto sarebbe stato controproducente, Rossa.» Le sue dita mi sfiorarono il mento. «Molto controproducente.»
Mi scansai dal suo tocco: un gesto istintivo. Nicholas aveva lasciato sulla mia pelle le sue impronte digitali, il suo essere e adesso non desideravo che altre mi toccassero.
Il sorriso di Trevor divenne d'alabastro, le dita sospese. Fissò la distanza che avevo creato tra di noi, vi rimase avvinghiato.
«Io non...» Balbettai, incapace di sapere esattamente per cosa scusarmi.
«Non serve.» Inclinò il capo in un magnetismo tremendo che mi arpionò le pupille. «Anzi, forse dovrei essere io il primo a scusarmi.»
«Per cosa?»
Qualcosa, in quel fuoco nero che gli rendeva lo sguardo troppo intenso, troppo vivido, troppo tutto, mi riportò alla mente un dettaglio che avevo sorvolato.
«Per quello che sto per fare.» Parole come fiele.
«Trevor, se è un gioco, non è divertente.»
Non aveva battiti eccessivi di ciglia, nessun guizzo di pupille. La posa, risoluta e ponderata, era ostentata a tal punto da essere stridente.
«Credevo tu lo avessi notato, sai, Rossa? Quella prima volta che ti ho riaccompagnata a casa dal Wooden Bar, quando-»
«Quando mi hai chiesto il mio nome per intero, hai insistito sul mio cognome, chiedendo se ci fosse dell'altro.»
Eccolo il dettaglio che era riemerso, soggiogato dal fascino di cui ero stata vittima. Come avevo potuto non farci caso prima?
«Oh Rossa, ti credevo meno sveglia.» Sorrise. Ogni allarme che trillò a quella frase, aveva già una pistola puntata alla tempia. «Ma, sai, era solo un test.»
Si chinò su di me; indietreggiai. Le sue pupille esaminarono lo spazio che avevo mantenuto tra di noi. Sogghignò, obliquo e compiaciuto.
«So benissimo cosa nascondi, Rossa.»
Serrai il pugno. «Cosa vuoi da me, Trevor?»
«Voglio da te tante cose, tante. Ma ce n'è una sola che devi fare adesso.» Si chinò di più, il fiato caldo mi pizzicò la guancia. Così vicino da riuscire a distinguere l'accenno di barba che gli ornava il mento. «Vedi, so benissimo contro chi stavo competendo ieri sera, il motivo per cui mi hai piantato in asso. E quel tuo stesso motivo ci sta guardando proprio adesso.»
Un brivido mi terremotò il cuore. Mi costrinsi a rimanere immobile, le braccia pietrificate lungo i fianchi, le pupille arpionate a quelle di Trevor. Mi accarezzò di nuovo il mento. Inclinai il viso, per scansarmi da quel contatto non desiderato. Ma la sua carezza divenne una presa.
«No, no, Rossa. Devi reggermi il gioco ora.» Le sue labbra mi sfiorarono la mandibola. «Prendi il telefono e mandagli un messaggio. Adesso. Digli che va tutto bene, digli di non avvicinarsi.»
Lo spinsi via, liberandomi. Il terrore mi segò le ossa, la tossicità della sua figura mi imbrattò l'epidermide. Mi guardai intorno, frenetica, impellente. Il muro era alle mie spalle, nessuna macchina sfrecciava per le strade imbiancate di quel venticinque Dicembre, non un'anima viva a cui potermi rivolgere.
Mi afferrò le spalle e mi spinse contro la parete, oscurandomi la visuale. «Non ci siamo capiti, Rossa. Prendi quel telefono e dì al tuo amante di farsi da parte.»
Ma non demorsi, imbottigliai il panico. «Non so di cosa tu stia parlando.»
La sua risata mi trafisse le tempie, avviluppandomi i pensieri.
«Oh, Rossa! O mi credi tanto stupido, oppure Kayle ti è entrato troppo sotto pelle.» La giacca strofinò, le ossa si impressero con la superficie. «Uno così, Rossa! E lo stai difendendo a tal punto. Come puoi reputarlo di valore? Degno della tua attenzione?»
«Certo che lo è!» Digrignai i denti ma, con un secondo di ritardo, il terrore mi serrò la gola, il respiro filò via dai polmoni.
Il suo sguardo soddisfatto mi bucò le vene.
Ci ero cascata...
«Sei troppo prevedibile, lo sei sempre stata. Avresti potuto accorgertene prima, se tu non fossi stata così ingenua. Adesso mandagli un messaggio, fagli capire che non deve intromettersi.»
Salii in punta di piedi, tentai di guardare oltre la figura di Trevor. Cercai Nicholas mentre ogni neurone stava pensando a un modo per scappare, per liberarmi da quella situazione.
Trevor era grosso, ma potevo farcela: il mio ginocchio era all'altezza giusta. La sua mano scese lungo il mio fianco e si addentrò nella tasca del giubbotto per estrarre il mio telefono.
Ora!
Sollevai il ginocchio, caricandolo, e lo direzionai verso la zona sensibile in mezzo alle gambe; mi sbilanciai in avanti, pronta a scattare via appena si fosse accasciato a terra.
Lo feci ancor prima di appurare che il mio colpo fosse andato a buon segno.
Sbagliai...
Le sue cosce si serrarono, stritolandomi la gamba, ancor prima che arrivasse a destinazione. Persi l'equilibrio. Mi afferrò con un braccio e mi piantò contro il muro. Gemetti dal dolore, il colpo riverberò nelle costole, mi infranse il respiro, mi rimbombò in testa.
Un rumore acuto perforò il silenzio del pomeriggio. Uno sparo.
Sgranai gli occhi. Inorridii.
«Te lo stavo giusto per dire. Ho un uomo che sta tenendo la testa del tuo amante sotto tiro al momento. Se non vuoi gettare via la sua vita, manderai quel messaggio. Ora.»
Tremai di una paura nuova, di un terrore subdolo. L'idea di Nicholas ferito, di quello sparo, del pericolo che gli pendeva addosso.
Afferrai il cellulare che Trevor mi stava premendo contro il petto. Scrissi quello che mi aveva richiesto; i polpastrelli tremavano a tal punto da non riuscire a centrare le lettere giuste.
Non potevo metterlo in pericolo. Non lo avrei permesso.
Feci appena in tempo ad aggiungere che qualcuno lo stava tenendo sotto tiro, che Trevor mi strappò il telefono di mano.
«Niente scherzi, Rossa.» Indugiò un istante, i suoi occhi mi si accanirono addosso. «Perfetto. Vieni, adesso.»
Mi spinse verso la portiera dell'auto nera e lucida di sua proprietà. Appoggiai le dita sulla lamiera scura e mi voltai, alla ricerca di Nicholas. Non vi era nessuno per strada: viali deserti e neve. Solo silenzio, un brutale e surreale tacere.
«Dov'è Nicholas?»
Bastava che lui stesse bene, che non gli fosse successo nulla.
Trevor dischiuse le labbra, il divertimento gli imbrattò le iridi onice. Bastarono quelle due parole, che pronunciò con compatimento, che impazzii.
«Oh, Rossa...»
«Dov'è, Trevor?!»
Mi avventai su di lui, indirizzai un pugno alla bocca dello stomaco e gli tirai un calcio. Bloccò entrambe le azioni con facilità, spostandosi di lato e facendomi perdere l'equilibrio. Le ginocchia cozzarono col marciapiede. La neve mi inumidì il tessuto dei pantaloni. Mi afferrò, si chinò dietro di me, un braccio intorno alla vita e le dita strette ai miei capelli.
«Perché devi rendere tutto così spiacevole? Infondo, ci siamo divertiti insieme, no?» Il bisbiglio mi perforò la mente. «A ogni modo, ormai non è rilevante: l'importante è che tu abbia fatto ciò che ti ho chiesto.»
«Dov'è Nicholas, Trevor?! Sta bene?»
Rise di gola. «Non puoi pretendere di partecipare al gioco, quando non ne conosci le regole. Il tuo Nicholas sta venendo qui proprio adesso. Sei stata proprio tu a inviargli quel messaggio.»
Lo stomaco si contorse con un groviglio, mille aghi ardenti mi trapassarono.
«Te l'ho detto: sei troppo prevedibile, troppo ingenua. Kayle non era qui, non lo avevamo ancora sotto tiro, ma a breve lo sarà. Grazie a te.»
«No...» Sussultai per l'avventatezza delle mie stesse azioni, terrore mi paralizzò le palpebre. «No!»
Strattonai con forza, tentai di colpirlo con tutta la rabbia e l'angoscia che mi risiedeva in corpo.
«Stai ferma.» Mi strinse il braccio in vita e tirò i capelli all'indietro. «Dammi almeno il tempo di divertirmi.»
«Perché!?» gridai, il dolore mi storpiò le sillabe.
Dovevo allontanare Nicholas da lì, dovevo prendere il mio telefono!
«Sono tanti i motivi, Rossa. Ma adesso voglio solo vedere il panico nei suoi occhi quando capirà ciò che sta per avvenire. Godere della sofferenza che gli piegherà il cuore. Voglio vederlo debole e impotente mentre ti porto via da lui.»
Il terrore mi scavò le viscere, mi spillò come un insetto su un vetrino.
«Oh, giusto in tempo!»
Sussultai, cuore e anima. Il destino è beffardo, le speranze parole gettate al vento dell'inevitabile.
Voltai il capo, quel tanto che mi permise la stretta di Trevor, e lo vidi: dall'altro lato della strada, accanto al lampione spento del parco, a contrasto con la neve che lo circondava. Iridi di luna brillanti, figura nera e sinuosa.
Occhi negli occhi.
«No...»
Trevor mi tirò all'indietro, sollevandomi in piedi. Lo persi di vista. Le ossa del bacino sbatterono contro la carrozzeria dell'auto, la guancia mi venne premuta contro il freddo dell'acciaio.
«Tu avvicinati e vedrai cosa le faccio!» gridò Trevor. «E non sto scherzando, Kayle. Fai solo un movimento che non mi va a genio e vedremo fino a dove mi porta la fantasia!»
Dolore in punta di labbra, terrore come liquido viscoso nell'aria, fumo tossico nei polmoni.
«Bene.»
Mi alzò di peso. Persi l'appoggio dei piedi con l'asfalto sotto di me. Lo vidi per un attimo striminzito: iridi di schegge, una pantera sinuosa, il mio sguardo si legò al suo.
No.
Con le dita cercai il collo di Trevor e affondai i polpastrelli sopra la clavicola, nel punto di dolore. Spinsi a fondo, con forza e speranza strenua. La sua presa venne meno e mi gettai lontano da lui.
Nicholas attraversò la strada. Qualcuno mi afferrò il polso. Gridai. «No!»
Era a qualche passo da me, tesi le dita verso Nicholas, mi protesi con tutta me stessa, i suoi occhi di luna avvinghiati ai miei. Trevor rise al mio orecchio.
«Scelta errata.»
Uno sparo trafisse l'aria.
Un dolore sordo mi perforò la testa.
Caddi, tra asfalto umido e braccia grandi.
Caddi, nell'inconsistenza del buio che mi avvolse.
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