2. Presagi

A one way ticket headstone
An occupation overthrown
A whisper through a megaphone

 Ruelle - Nothing is as it Seems


Mi chiesi cosa volesse dire cambiare. Se fosse qualcosa che si notava mentre avveniva o solo quando la trasformazione si era ormai già compiuta. Mi sentivo diversa nelle ultime settimane, nelle ultime ore, persino negli ultimi minuti.

Ero china sui libri, attendendo l'amica di Alice, Emily, per chiederle di fare la prova per il posto di lavoro al Wooden Bar. Le mie sinapsi si erano incastrate nell'incontro avvenuto nei bagni con Nicholas. Sempre se di incontro si poteva parlare.

«Alla buonora!»

Spostai lo sguardo di scatto, attirata da un tono di voce acuto, carico di una sfumatura velenosa. Nonostante la confusione nel bar, tante teste si erano sollevate.

Una cameriera dalle spalle rigide e la frangia bionda scomposta poggiò un bicchiere ricolmo di liquido scuro su un tavolino.

La cliente a cui era indirizzato l'ordine accavallò le gambe. «Grazie.» Non vi era una sola sfumatura di gratitudine in quella parola. Lunghe e folte ciglia incorniciarono un volto senza alcuna ombra di riconoscenza.

«Un piacere.» La cameriera masticò la parola quasi avesse un saporaccio, poi si voltò, tesa come una corda di violino, tanto quanto lo eravamo noi spettatori ai tavoli circostanti.

«Ops.»

Il bicchiere rotolò giù dal tavolo e fracassò al suolo. L'impatto attirò le attenzioni dei pochi clienti rimasti ignari.

Non avevo visto come era caduto, ma difficile credere che fosse una coincidenza. La cliente rimase con strafottenza a fissare la cameriera, che si chinò a terra, lo sguardo inviperito, le spalle tremanti; il grembiule si inzuppò nella pozza creata dalla bibita versata.

«Susan» esalò Alice con un fil di voce.

Si alzò, la sedia grattò sul pavimento. I lunghi capelli castani sventolarono fra i tavoli fino a raggiungere la cameriera inginocchiata. Alice si inginocchiò a sua volta, prestandole aiuto; un cameratismo che era stata l'unica a dimostrare in quell'umiliazione pubblica.

Nessun altro in sala aveva fatto nulla, nonostante tutti gli sguardi fossero puntati sulla scena; la musica in sottofondo colmò il silenzio teso.

«Ognuno al suo posto.» La cliente scavallò le gambe, fissando dall'alto verso il basso la cameriera. «Come dovrebbe essere.»

Alice sollevò lo sguardo inorridita. La cameriera scattò, la mano fremente chiusa a pugno.

Non me ne accorsi, fu solo un battito di ciglia. Le mie gambe decisero per me.

La cameriera caricò il braccio, si sporse in avanti per portare il colpo verso il volto della cliente; lo deviai appena in tempo, frapponendomi tra di loro.

Riuscii a stento a non prenderlo in faccia. La ragazza era così tanto protesa in avanti da gravarmi addosso. Alice l'afferrò per le spalle.

Io, nel mio involucro di solitudine, nel mio fare sempre un passo indietro, non ero mai stata audace da intromettermi in niente.

«Ma che diavolo fai?» gridò la ragazza, furente, scansandosi dalla mia presa.

Alice, accanto a lei, mi rivolse un sorriso sollevato e pieno di gratitudine.

«E quindi abbiamo anche Robin Hood!»

Mi voltai pronta a fronteggiare il tono nocivo della strafottente cliente. Un reflusso di rabbia mi scarnificò la gola.

Eccola qui la risposta alla mia domanda. Il mio istinto non era mai stato primordiale e iracondo. Non ero mai stata nè coraggiosa, nè mi ero mai esposta.

Il cambiamento era già in corso.

«Avrebbe avuto ogni diritto di farlo» bisbigliai, sicura come non mai. «Ma non credo tu ne valessi la pena.»

Mi voltai, seguii Alice che trascinava la cameriera verso il fondo della sala, lontano da lì.

Un grido di rivalsa mi baciò il petto. Chi era questa nuova Sam?

La sala intorno a noi ricominciò piano piano ad animarsi, facendo finta che il maltrattamento non fosse mai accaduto. Ma qualche occhiata di sottecchi mi raggiunse.

Poi lo vidi, nell'angolo più distante, dove le luci soffuse dei faretti non arrivavano; mescolato tra le ombre e il legno, uno squarcio su una tela, la voragine di un buco nero.

No, non era un brivido quello che mi percorse la schiena: era un graffio, uno sguardo inciso a lama e ghiaccio, così raschiante da scavare in profondità inesplorate.

Credevo che fosse uscito dal locale.

Mi ero sbagliata.

Nicholas rimase immobile, il mento rivolto nella mia direzione, l'attenzione che mi proiettò addosso mi scivolò come catrame sulle membra.

«Grazie.»

Sussultai. Mi voltai verso la cameriera, grata per essere sfuggita a quella spiacevole sensazione suscitata da Nicholas. «Figurati.»

La ragazza mi scrutò. La pelle del volto virava a una tonalità ambrata, calda, i capelli biondi ricordavano l'estate. Niente di più diverso dal grigiore piovoso e autunnale di Haywards Heath.

«Sam.» Mi presentai, interrompendo il silenzio.

«Emily.»

Il fisico snello e slanciato era così alto da farmi desistere dall'avvicinarmi troppo, altrimenti avrei dovuto reclinare il capo all'indietro.

La bionda mi lanciò un'occhiata curiosa, le dita immerse nella frangia che le ricadeva sulla fronte. «Certo che sei folle a metterti contro Susan de Clare.»

«Chi?»

Alice mi affiancò. «È la ragazza a cui hai salvato il naso. Susan è bene evitarla, senza attaccarci briga. Purtroppo appartiene a una delle famiglie più influenti di Haywards Heath.»

«È stata una vera stronza.» Obiettai.

Ero allibita, nessuno era intervenuto se non Alice, per paura di inimicarsi una figlia di papà?

«Abbastanza, ma lo fa proprio per questo.» Alice rivolse un'occhiata costernata all'amica. «I de Clare sono i proprietari del locale, anche se lo hanno ceduto in gestione. Nessuno si permette di dire nulla perché non ne vale la pena. Tutti hanno qualcosa da perdere con loro.»

Emily annuì, lo sguardo distante, la furia ancora viva nei suoi occhi selvaggi. Le iridi azzurre di Alice indugiarono sul volto profilato dell'amica.

«Tutto bene, Emily?» Un uomo appoggiò la mano grassoccia sulla spalla esile d'isola bionda.

Emily inclinò il capo, con una smorfia irosa. «Sì, Ben. Le avrei volentieri spaccato il naso alla stronza. Ogni giorno che passa ci prende sempre più gusto!»

Il suddetto Ben si massaggiò l'attaccatura del naso con pollice e indice scostando gli occhiali. «Scusami, Emily. Non posso farci niente-»

«Lo so.»

Le spalle dell'uomo con gli occhiali si afflosciarono. Chissà quante altre volte quella scena di soprusi si era ripetuta.

Alice avanzò, spingendomi in avanti. «Sam era venuta a chiedere di fare una prova di lavoro.»

L'uomo dall'ispida barba e i piccoli occhietti dietro le lenti mi squadrò. «Certo, saresti pronta anche ora?»

Annuii, senza indugio.

Non che avessi davvero altra scelta.


«Sam?» Benjamin si lanciò uno straccio sulla spalla, gli occhiali piccoli e tondi scivolarono verso la punta del naso bitorzoluto.

Poggiai il vassoio con le stoviglie sporche e mi avvicinai, afferrando al volo il grembiule che non voleva saperne di rimanermi in vita. Me l'aveva prestato Emily per la prova. Ed era decisamente troppo largo.

«Per me va bene, mi piace come lavori.»

Notai lo sguardo incuriosito di Emily, a qualche tavolino di distanza.

«Sei un po' lenta, ma ci lavoreremo.» Aggiunse Benjamin, col tono meno lascivo. «Ho una cosa da chiederti però, prima di assumerti.»

Mi gelai sul posto. Le dita con cui stringeva lo straccio tremavano. Se ne accorse anche lui e si affrettò a nasconderle dietro la schiena.

Brutto segno.

«Ho bisogno che tu ritiri una consegna.»

«Una consegna?»

«Sì, esatto. Ti invio dopo l'indirizzo. Puoi farlo?» La voce er costernata.

Perché era costernato?

Ingurgitai la voglia di dire di no. «Non c'è problema, ci vado subito.»

«Ottimo.»

Mi voltai per andarmene, ma la sua voce mi fermò. «Fai attenzione però, non sono io che ho voluto che tu la facessi.»

Quanti sottintesi possono celarsi in una richiesta?

Poco prima avevo salvato l'appendice nasale di Susan de Clare dal divenire un colabrodo. Però, in fondo, l'avevo anche umiliata dinanzi all'intera sala.

Tutti avevano qualcosa da perdere con i de Clare, mi aveva detto Alice.

Mi chiesi cosa avessi da perderci io.

🌚 NDA:

Cosa vi attendete dalla consegna che è stata ordinata a Sam? 

Quanto è stronza Susan de Clare da 1000 a 100.000

Un abbraccio e a presto,

Silvi

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