Capitolo tredicesimo
Tikki trattenne a stento una risatina, senza però riuscire a nascondere il sorrisetto sornione che le suscitò lo sguardo accigliato di Marinette. «Dimmi che stai scherzando.»
«So quanto ami Adrien. Non scherzerei mai su una questione del genere.»
«Nessuno può essere meglio di lui!» esclamò la ragazza, alzando le braccia verso il soffitto con aria esasperata. Non appena erano tornate a casa, ed una volta sciolta la trasformazione, Marinette non aveva perso tempo e aveva voluto accertarsi che le dichiarazioni di Chat Noir rispondessero al vero. «Guardalo!» insistette, piazzando una mano sulla bacheca che aveva vicino al letto, lì dove spiccava in bella vista un primo piano di Adrien. «D'accordo che i gusti sono gusti, ma... come puoi anche solo pensare che Chat Noir sia più bello di lui?!»
«Non l'ho mai detto, difatti», la corresse il kwami, senza bisogno di mettersi sulla difensiva nonostante lo sguardo invasato dell'altra. «Sono belli allo stesso modo.»
«Impossibile», soffiò Marinette, non riuscendo a capacitarsene. Se pure fosse stato vero, significava che anche Chat Noir – cioè il suo alter ego – era un modello famoso? Un attore o qualcosa del genere? Perché uno con un bel visetto come quello di Adrien non poteva in alcun modo passare inosservato. Beh... più o meno, dovette ammettere la ragazza, dal momento che, pur sfogliando riviste di moda da anni, soprattutto quelle riguardanti le collezioni di Gabriel Agreste, prima di conoscerlo non le era mai rimasto impresso più di tanto Adrien, che pure era il volto immagine della linea maschile giovane di suo padre. Nonostante l'ora tarda, Marinette si affrettò a rovistare fra i vecchi giornali che conservava ancora gelosamente per trarre ispirazione per le sue creazioni, e cominciò a sfogliarne le pagine in cerca di un modello che potesse davvero competere con il suo compagno di classe.
«Ti è bastato sapere che Chat Noir è un bel ragazzo per farti venire voglia di scoprire la sua identità?»
Quasi incredula, alzò due occhi indignati su Tikki, che ancora se la rideva sotto ai baffi. «Credi davvero che io sia così superficiale?»
«E allora perché ti sei incaponita in questa ricerca?»
«È una questione di principio», ribatté piccata, riprendendo a scartabellare le riviste. «Sono sicura che abbiate bluffato. Insomma, niente può essere paragonato alla perfezione.»
«Mh», mugolò il kwami, prima di farla ragionare con calma. «Sai, io credo che Adrien sia tutto meno che perfetto.» Quell'affermazione le costò uno sguardo oltraggiato. «Devi aver pur notato anche tu che, da qualche tempo a questa parte, si sta lasciando dietro dichiarazioni e freddure davvero... come dire...?»
«...idiote?» completò Marinette fra i denti, strizzando gli occhi per lo sforzo che le costò quell'ammissione. «Sì, è vero», sospirò, mentre il movimento delle sue mani andava rallentando gradatamente.
«Com'è vero che a volte pecca di modestia. Almeno riguardo al suo aspetto.»
«E vuoi dargli torto?»
«Marinette...» ricominciò Tikki, cercando di portare pazienza. «Penso che dovresti deciderti una buona volta a buttarlo giù dal piedistallo su cui lo hai messo tempo fa.» La ragazza si lasciò ricadere l'ultima rivista in grembo, lo sguardo basso e perso nel vuoto. «Non credi anche tu che sia arrivato il momento di essere sincera con te stessa?»
Non rispose, non subito. Si limitò a rimanere in silenzio per diversi istanti prima di volgere di nuovo la propria attenzione alla foto di Adrien, così bello e sorridente, così luminoso e adorabile. «È...» Sospirò, arrendendosi all'evidenza: quella era la notte delle confessioni. «Sì. È vero.» Le fece quasi male doverlo dire a voce alta, come se bastasse quello a far divenire reale ciò che lei si era rifiutata di ammettere fino a quel momento.
«Questo influisce in qualche modo su ciò che provi per lui?» si interessò di sapere Tikki, sinceramente preoccupata per lei.
«No, figurarsi...» bofonchiò Marinette, quasi infastidita da quella domanda. Amava Adrien a prescindere da tutto, compresi quei lati insospettabili di lui che forse davvero avrebbero potuto esser definiti difetti in piena regola. «È solo che...»
«Sei rimasta delusa in qualche modo?»
Tentennò per un attimo nella risposta da dare. «Forse», riconobbe infine, mortificata. «Ma non da lui. Da me stessa.» Tikki sorrise con tenerezza, ma non la interruppe. «Sono stata io a farmi troppe aspettative. Nessuno è davvero perfetto, per quanto possa sembrarlo in apparenza.»
L'ennesimo sospiro risuonò per la camera e Marinette cominciò a riordinare le riviste che aveva sparpagliato sul letto, impilandole l'una sull'altra e mettendole di nuovo al loro posto. Quando tornò a stendersi sul materasso, la sua stizza e la sua curiosità per Chat Noir si erano ormai volatilizzate. Recuperò invece il cellulare e tornò ad osservare la foto dell'abbraccio che lei e Adrien si erano scambiati al tempio della Sibilla: non potendola usare come sfondo o screensaver per non destare sospetti, Marinette l'aveva posta comunque fra le immagini preferite all'interno della galleria. Seppur scattata di nascosto e senza che loro potessero accorgersene, era venuta davvero bene. Le scaldava il cuore, quella visione, con lei tutta raggomitolata contro il petto di Adrien e lui che la circondava con le braccia, stretta a sé come se volesse proteggerla dal mondo intero. Sembravano davvero due innamorati.
La verità, purtroppo, era ben altra. Anzi, Marinette non riusciva neanche più a distinguere quale fosse, perché il giovane continuava a comportarsi in modo ambiguo – quel che peggio, con cognizione di causa. Avrebbe forse dovuto annoverare fra i suoi difetti anche l'essere uno di quei tipi capaci di giocare con i sentimenti degli altri? No, questo era davvero assurdo; al punto che quasi la ragazza fu tentata di darsi uno schiaffo per averlo anche solo ipotizzato. Allora perché Adrien non aveva reagito, a quella foto, nello stesso modo in cui si era comportato con quella di Chloé? Perché smentire solo quest'ultima?
Se davvero lui era innamorato di un'altra, avrebbe dovuto essere più prudente. Di questo Marinette era fermamente convinta e fra sé glielo rimproverava anche: proprio perché lo amava anelava anzitutto alla sua felicità. E poi... E poi di lì a pochissimo ci sarebbe stato quel servizio fotografico che loro avrebbero fatto insieme e che di sicuro avrebbe scatenato un altro bel polverone quando sarebbe divenuto di dominio pubblico. A quel punto sarebbe stato difficile rispondere a domande scomode e fraintendibili. Forse anche lei, quella misteriosa ragazza che tanto invidiava, si sarebbe convinta che il cuore di Adrien batteva per la giovane figlia di un pasticcere che aveva avuto l'ardire di improvvisarsi modella. A dispetto di ciò che si erano detti al parco l'ultima volta che ci erano stati, Marinette non voleva in alcun modo creargli problemi del genere.
Facendosi violenza, ed ignorando tutte le notifiche dei social network, si affrettò a compiere quel gesto che lo stesso Adrien avrebbe dovuto fare già diversi giorni prima.
Fu il suono dell'arrivo di una notifica a ricordargli di dover togliere la suoneria al cellulare. Già steso a letto per metà, Adrien allungò un braccio per recuperare il telefono e, nel buio della stanza, la luce del display gli illuminò il viso. Quando lesse il nome di Marinette il cuore gli sussultò in petto e lui balzò a sedere al centro del materasso. Anche lei era ancora sveglia? Ovvio, se la sua teoria sull'identità di Ladybug era esatta. Quella notte non era riuscito a scoprire granché, figurarsi ad avere conferme; ciò nonostante, Adrien sentiva in cuor suo che quella era la verità: Marinette era Ladybug. Ne era felice? Sì, molto. Aveva infine realizzato che lei gli piaceva sul serio e...
Quando visualizzò la notifica e ne lesse il testo – un commento fatto dalla ragazza riguardo alla foto che li ritraeva insieme al tempio della Sibilla – gli sembrò che qualcuno gli avesse dato un ceffone, togliendogli il sonno.
«Che hai da agitarti tanto?» bofonchiò Plagg, stropicciandosi un occhietto con fare sonnacchioso.
«Marinette...» mormorò il giovane, dopo alcuni istanti di incredulo silenzio.
Il kwami sbadigliò. «Possibile che ormai non pensi ad altro?»
E come avrebbe potuto farlo, se la regina del suo cuore aveva appena smentito, in piena notte, la possibilità che fra loro potesse esserci qualcosa che valicasse i confini dell'amicizia? Per quale motivo? Era successo qualcosa? Durante il loro incontro in maschera le aveva forse dato motivo di compiere un gesto simile? Diamine... e se fosse stata una ripicca per la foto fatta – sia pur a tradimento – con Chloé?
Impossibile, si disse Adrien, continuando ad osservare quelle parole, scherzose ma veritiere, circa il loro rapporto. Si portò una mano davanti alla bocca, la fronte corrucciata. «Plagg, io le piaccio, vero?» In risposta gli arrivò un leggero, ostentato russare. «Bravo, fingi di dormire...» borbottò infastidito. «Domani farò sparire tutte le tue scorte di formaggio.»
«No!» gridò il kwami, balzando e perdendosi nel buio per andare a proteggere il suo prezioso tesoro. «Il mio camembert no!»
«Allora rispondi alla mia domanda», insistette il giovane, intenzionato a capire il comportamento dell'amica. «Quando sei stato con lei, a casa sua, Marinette ti ha detto qualcosa di me?»
Accidenti a quel ragazzino curioso... Cos'avrebbe dovuto dirgli, Plagg, per farlo star buono senza per questo spifferargli troppo? «Quindi ti sei davvero messo in testa che Ladybug sia Marinette?» domandò a sua volta, cercando di guadagnare tempo e, se possibile, cambiare discorso.
«Mi sembra piuttosto palese, ormai.»
«Invece mi pare che tu non abbia avuto alcuna conferma della cosa.»
«Stai solo cercando di portarmi fuori strada come al solito», si convinse Adrien, incrociando le braccia al petto con fare deciso. Checché ne dicesse Plagg, lui non sarebbe cascato nei suoi tranelli. C'erano tanti, troppi indizi che riconducevano Marinette all'eroina mascherata e lui non poteva ignorarli o credere che si trattasse soltanto di una mera coincidenza.
«La verità è che hai paura che le cose non stiano così», rispose inaspettatamente il kwami, colpendolo lì dove faceva più male.
«Di che parli?» volle sapere il giovane, mostrando molta meno sicurezza di prima.
«Semmai dovessi scoprire che le cose non stanno così come te le sei immaginate, sarebbe un bel guaio per te, non è vero?»
«Sii più preciso.»
Plagg lo fu, anche a costo di risultare crudele. «Riusciresti a perdonare te stesso per l'esserti innamorato di due ragazze diverse? Per aver tradito il tuo imperituro amore per Ladybug?»
Fu come ricevere un secondo ceffone, per Adrien. Pur abbandonando la sua posa da uomo forte e determinato, cercò ugualmente di mantenere un tono di voce fermo. «Stai dicendo un mucchio di sciocchezze», iniziò deciso. «Marinette è Ladybug. Punto. Non è possibile che siano due persone differenti.»
«Così come ti sei convinto che lei sia innamorata di te.» Sul serio, Plagg non voleva scoraggiarlo in alcun modo, ma quel ragazzino doveva imparare a non incaponirsi su qualcosa senza prima aver avuto conferme; la delusione che ne sarebbe derivata, nel momento – e nell'eventualità – in cui avesse capito di essersi ingannato, sarebbe stata davvero dolorosa.
Sospirando stancamente, Adrien gettò la spugna. «Lasciamo perdere», stabilì a quel punto, preferendo mettersi a letto nel tentativo di dormire almeno qualche ora. «Domani ne parlerò direttamente con lei.»
«E che le dirai?» lo provocò ancora il kwami. «Marinette, so che sei Ladybug e so che mi ami quanto io amo te? Oh, a proposito, io sono Chat Noir, colui verso il quale provi soltanto amicizia.» Il ragazzo strinse i denti ma non ribatté. «Cerca di non essere troppo impulsivo», fu l'ultima cosa che sentì dire a Plagg, questa volta in tono affettuoso. Percepì di nuovo la sua presenza accanto a sé e quando lo avvertì raggomitolarsi contro la pelle nuda del collo, Adrien non protestò. Per quanto potessero dargli noia quelle parole, sapeva che il suo amico voleva soltanto proteggerlo – anzitutto da se stesso. L'indomani, comunque, avrebbe davvero parlato con Marinette almeno riguardo al suo commento alla foto scattata al parco. Doveva sapere.
«Marinette?»
Lei sobbalzò e si lasciò scappare un verso buffo, non aspettandosi di trovarlo dietro l'anta dell'armadietto. Come diavolo era possibile?! Da dove era spuntato?! Poco prima non era lì, ne era più che sicura! Pur nella confusione derivata dallo spavento, la ragazza esibì un sorriso. «A-Adrien?»
Il giovane sapeva di giocare sporco, tendendole degli agguati in piena regola, ma era l'unico modo che avesse per riuscire a parlarle a tu per tu senza che lei potesse tentare la fuga. Se avesse aspettato di vederla in classe, c'era il serio rischio che Marinette ricorresse ad Alya o a qualche altra sua amica. O che Chloé li interrompesse. Invece al momento la zona degli armadietti era parzialmente vuota e tranquilla, pertanto Adrien ritenne che fosse arrivato il momento dei chiarimenti. «Scusa se ti ho spaventata», iniziò con un sorriso stentato in volto. Davanti a lui c'era la ragazza dei suoi sogni che, contro ogni aspettativa, quella notte gli aveva fatto una brusca sorpresa, dolorosa quanto una doccia d'acqua ghiacciata.
«Comincio a sospettare che tu sia stato addestrato dai monaci Shaolin.»
Preso in contropiede da quella risposta pronta, il giovane batté le palpebre un paio di volte prima di realizzare che Marinette sapeva essere persino più spassosa di lui. Il suo sorriso si accentuò, conferendogli questa volta un'espressione divertita e, finalmente, anche più rilassata. «Ho studiato il ninjutsu, in realtà.»
«Mh», annuì la ragazza, seria in volto. «Ora si spiegano molte cose. Anche se, perdonami, biondo e luminoso come sei, difficilmente avresti la meglio su un vero nemico. Dovresti prendere in considerazione l'idea di camuffarti in qualche modo.»
«Mi vesto di nero durante le missioni ufficiali», le garantì lui, senza bisogno di mentire. Avrebbe voluto precisare che, al posto del cappuccio, in realtà indossava due graziose orecchie da gatto sulla sommità della testa, ma cercò di limitare gli scherzi e virò il discorso su ciò che gli importava davvero sapere. «Ho visto ciò che hai scritto a proposito della nostra foto», fu diretto, spiazzando Marinette che pure, per quanto avesse sperato non accadesse, si era ugualmente aspettata che lui andasse a cercarla per avere spiegazioni in proposito. «Credevo non ti importasse.»
Avrebbe dovuto dirgli la verità? Cioè che le importava eccome? Che era felice di sapere che, in fin dei conti, lui la riteneva alla sua altezza? Che il resto del mondo li considerava una coppia?
Abbassò lo sguardo. «A me non importa», disse allora, cercando di mantenere la calma e di ignorare il furioso battere del suo cuore. «Però... potrebbe non essere così per qualcun altro.»
«Non importa neanche a me», rispose Adrien, ingoiando un anzi che gli era salito alle labbra proprio un attimo prima di pronunciarlo. «Non ne avevamo già discusso?»
Sì, si disse Marinette. Ma sei scorretto a tenermi così sulle spine. «Perché hai smentito ciò che ha scritto Chloé riguardo a voi due?» le venne spontaneo domandare, tornando a fissarlo negli occhi, questa volta con fare deciso. Se dovevano affrontare la questione... ebbene, lo avrebbero fatto a carte scoperte – o per lo meno ci avrebbero provato.
Domanda legittima, ammise con se stesso l'altro, dovendole dare ragione. «Sarebbe stato poco lusinghiero per la mia immagine, dare l'impressione di essere un dongiovanni, non trovi?» le fece notare, decidendo di porre la faccenda su quel piano. «Oltretutto io e Chloé siamo due personaggi pubblici, che ci piaccia o meno.»
«D'accordo», gliela diede buona la ragazza, pur non del tutto convinta che fosse solo quello, il motivo. «Ad ogni modo, ci ho riflettuto a lungo e, proprio perché sei un personaggio famoso, è meglio che la gente non si faccia strane idee su di noi.» Vide Adrien corrucciare le sopracciglia bionde, manifestando in quel modo tutto il suo dissenso. «Specialmente in vista del nostro servizio fotografico», puntualizzò allora lei, determinata a farlo ragionare. «Se qualcuno pensasse che stiamo insieme...»
«Non. Mi. Importa», la interruppe il giovane, con voce forte e chiara. Occhi negli occhi, sembrava più che mai ostinato a lasciare che tutti credessero a quel pettegolezzo.
Marinette lo ritenne scorretto ancora una volta, e non soltanto perché non le aveva neanche chiesto se davvero le andasse bene continuare con quella farsa. Un conto era il gossip del momento, un conto era doverlo sopportare a lungo termine – cosa che sarebbe accaduta di certo quando il servizio fotografico fosse diventato di dominio pubblico. «Importa almeno alla ragazza di cui sei innamorato?» sputò a quel punto, non riuscendo più a tenere per sé quella dannata domanda. Le bruciava... eccome, se le bruciava. Aveva però bisogno di metterci una pietra sopra il prima possibile, di dare un colpo di spugna alle sue vane speranze di poter essere davvero la ragazza di Adrien, altrimenti avrebbe finito per impazzire del tutto.
Lui sgranò gli occhi e la fissò incredulo, la bocca leggermente aperta in un'espressione di puro stupore. Marinette si era infine decisa a parlare chiaro e in quel suo atteggiamento era stata più che mai la Ladybug dei suoi sogni. Si umettò le labbra con la punta della lingua, pregustando infine il momento in cui lei gli avrebbe dato quell'unica conferma che avrebbe messo a tacere ogni suo dubbio riguardo alla sua identità segreta. «Come lo sai?» Lei tentennò. «L'avevo confidato soltanto a due persone. Di certo non a te.»
Strinse i pugni e serrò le mascelle. Era arrivata la resa dei conti? Sì, così sembrava. «Ti ho sentito mentre lo dicevi a Ladybug.» Le costò confessarlo, ma che altro poteva fare se non continuare a mantenere la testa alta e ostentare una sicurezza che non possedeva affatto? «Eravate a due passi da casa mia e tu hai parlato a voce molto alta.»
Adrien tornò a schiudere le labbra, avvertendo un vago senso di confusione. Quel giorno, mentre parlava con Ladybug dei propri sentimenti, era stato talmente preso dalla situazione che ora non ricordava più se quelle cose gliele avesse dette con calma o con fare agitato, magari davvero alzando troppo il tono della voce. Ed era vero, casa di Marinette era proprio a due passi e la zona era deserta a causa della battaglia contro l'ultimo akumizzato di Papillon, perciò le sue parole potevano esser rimbombate per qualche metro. La versione della sua amica stava perfettamente in piedi. O, forse, era soltanto un modo per nascondere la verità, per preservare la sua identità segreta. Di una cosa, tuttavia, Adrien era certo: che Marinette fosse o meno Ladybug, rimaneva il fatto che era davvero innamorata di lui. Altrimenti perché piangere a dirotto, subito dopo aver sentito quella sua dichiarazione?
«Lei... non mi ama», disse dopo qualche istante, cercando di mantenere una certa lucidità mentale. Non era facile, a ben guardare, perché la gioia e il dubbio sgomitavano non poco con l'intento di mandarlo ancora più in confusione. Il viso di Marinette abbandonò la tensione e lasciò il posto all'incredulità, come se davvero non si fosse aspettata quella risposta. «Sia chiaro», aggiunse lui, mettendo le mani avanti prima che potesse essere frainteso per l'ennesima volta. «Non ho mai avuto l'intenzione di usare quella foto di noi per suscitare la sua gelosia.»
«Non ne saresti capace», lo tranquillizzò subito la ragazza, continuando a fissarlo sconvolta. Quale adolescente avrebbe rifiutato uno splendore come Adrien Agreste? Era forse matta?! Com'era quel proverbio? Chi ha i denti non ha il pane e chi ha il pane non ha i denti. «Glielo hai mai detto? Che la ami, intendo...»
«Sì, ma non è servito a nulla», le garantì il giovane, lieto almeno che lei non si fosse fatta una cattiva opinione di lui. Le sorrise con affetto. «Ti ringrazio per la tua premura, ma, come vedi, non c'era alcun motivo per cui dovessi davvero smentire quel pettegolezzo su di noi. A meno che non ti desse fastidio, si intende.»
«E come potrebbe...?» mormorò Marinette, troppo presa dal dispiacere di saperlo infelice per pensare alle conseguenze delle sue parole. «C'è qualcosa che posso fare per te?» si affrettò a chiedere, spiazzandolo con quella domanda del tutto inattesa.
Adrien quasi rise, provando per lei un ulteriore moto di tenerezza. E un'infinità di amore. «Sì, una», rispose dopo un solo attimo. «Vorrei che, qualunque cosa accada in futuro, il bene che ci vogliamo non cambi mai.» La vide arrossire lievemente e non poté fare a meno di darle la stoccata finale, deliziandosi del meraviglioso spettacolo che aveva davanti agli occhi. «A meno che non evolva in qualcosa di più prezioso.»
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Respirate. E siate fiduciosi: non so quando, ma prima o poi sentiremo qualcosa del genere anche nella serie. Siamo sulla strada giusta, ormai i nostri prosciuttini sono ad un punto tale che è impossibile (a meno che non accada qualcosa di significativo che li allontani) che qualcun altro si metta in mezzo. Non dopo aver visto anche i primi due episodi della terza stagione.
Or dunque, aggiorno in anticipo (contavo di farlo sabato) perché non so se fra due giorni potrò. Tanto sono ormai alla fine della storia, alle prese con l'ultimissima scena che mi sta facendo dannare perché non vuole saperne di essere scritta. Ispirazione, ti scongiuro, torna da me! ç_ç
Intanto vi ringrazio come sempre per essere ancora qui a seguire questa fanfiction, nonché per tutto l'affetto e l'appoggio che mi date continuamente. Siete fantastici, grazie di vero cuore! ♥
Buona giornata,
Shainareth
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