Capitolo sesto
«Quindi sei stata tutto il tempo con Chat Noir?»
Quando Tikki la tranquillizzò su quanto accaduto al parco, quando si erano perse di vista, Marinette se ne stupì non poco. Erano rimaste dal Maestro Fu per un po', almeno fino a che Adrien non aveva ricevuto una telefonata da suo padre che gli intimava di tornare subito a casa. A quel punto, dopo aver chiesto al suo insegnante quando avrebbero potuto rivedersi, si era rivolto a Marinette. «Ti offrirei un passaggio, ma so che devi ancora farti massaggiare la spalla.»
Un invito del genere avrebbe fatto gola a qualunque sua fan, pertanto la ragazza aveva esitato nella risposta da dargli, divisa fra la bugia detta per giustificare la sua presenza lì e la voglia matta di accettare la proposta di Adrien. Era stato dunque il Maestro Fu a decidere per lei, adoperandosi subito per farle un breve ma efficace massaggio in attesa che l'autista degli Agreste arrivasse in zona. Marinette era stata felice di quella soluzione, tuttavia sentiva ancora un lieve senso di disagio, come se avesse comunque preferito raccontare all'uomo quanto accaduto quel giorno. Solo adesso che era tornata a casa, nel segreto della sua camera, la ragazza aveva finalmente modo di parlarne in piena libertà con Tikki.
«È stata davvero una bella coincidenza», osservò, sfilandosi la maglietta per prepararsi per la notte. «Lui ha trovato te, io ho trovato il suo kwami. Significa che anche Chat Noir era al Parc des Buttes-Chaumont, questa mattina. Fortuna che non conosciamo le nostre rispettive identità, altrimenti, se mi avesse vista con Adrien, sarebbe stato alquanto imbarazzante.»
Seduta sulla scrivania con un sorrisetto divertito sulle labbra, Tikki seguiva ogni suo movimento. «Forse», convenne con lei, pur in tono vago. «Però devi ammettere che sarebbe stato un buon modo per far aprire gli occhi ad uno dei due.»
Marinette fermò a mezz'aria il braccio con cui si stava spazzolando i capelli e si volse a fissarla. «Sei matta?» annaspò, inorridita all'idea. «Non sarebbe servito a nulla comunque. Adrien non prova interesse per me», mormorò scoraggiata, abbassando lo sguardo. Benché ne fosse più che consapevole, ogni volta che doveva ammetterlo a voce alta le sembrava che le si spezzasse qualcosa dentro. «E poi... Chat Noir è arrabbiato con lui, credo. Lo conosci, quando si indispettisce diventa davvero intrattabile.»
«Puoi dargli torto per tutte le volte che si è arrabbiato?»
Tikki aveva omesso un con te, che tuttavia rimbombò forte e chiaro nella testa della ragazza. «Beh... in questo caso sì, perché non è colpa mia se sono innamorata di Adrien, anche se lui non prova nulla per me.»
«Hai ragione», ammise il piccolo kwami, concordando in realtà solo in parte. «Non sempre le cose vanno come vorremmo. Il più delle volte, però, la felicità è soltanto ad un passo da noi, anche se non riusciamo a capirlo.»
L'altra riprese a spazzolarsi i capelli lisci in silenzio, osservando allo specchio la propria immagine, senza tuttavia vederla realmente. Non sapeva dire se le parole della sua amica nascondessero o meno un significato recondito, ma dentro di sé suonarono davvero come tali, quasi come se Tikki le stesse consigliando di smetterla di sbattere la testa contro il muro e di cambiare strada, assicurandosi così meno lacrime e più sorrisi. Non era così semplice. Anzitutto perché l'amore non era un sentimento che poteva essere comandato; no, peggio, nessun sentimento avrebbe mai potuto obbedire alla ragione, e pertanto, per quanto si fosse sforzata, Marinette non sarebbe mai riuscita a mettere da parte ciò che provava per Adrien e voltare pagina, magari grazie anche all'aiuto di qualcun altro – che fosse Chat Noir o persino Luka non aveva poi davvero importanza. Non credeva nel detto chiodo schiaccia chiodo, perché riteneva che fosse solo un sporca bugia, un modo per negare a se stessi la cruda realtà, fingendo che il dolore non esistesse e consolandosi con una gioia effimera che probabilmente avrebbe portato soltanto ad altre lacrime – magari non sue, ma pur sempre lacrime.
Posò la spazzola accanto al lavandino e attraversò la stanza, misurandone con passi lenti la lunghezza fino alla scrivania. La sua attenzione si posò sul monitor del computer lasciato acceso prima di cena e i suoi occhi percorsero la figura di Adrien, ritratta sul salvaschermo. Ovunque, in quella camera, aleggiava il volto di lui: sulle pareti, sullo specchio, sull'armadio, persino sotto al letto. Adrien ormai lo sapeva e non vi aveva neanche dato troppo peso, reputando la cosa come il normale comportamento di una semplice fan. Lei, però, non era soltanto quello. Lo stesso giovane sapeva di poter trovare in lei anche un'amica fidata. Eppure Marinette era molto di più.
Si lasciò cadere stancamente sulla sedia e sbuffò. «Tikki, sii onesta...» La creaturina alzò il viso verso di lei. «Tu la pensi come Alya? Voglio dire... credi che ognuno di noi viva l'amore in modo diverso? O pensi piuttosto che...» Tentennò. Prese fiato. Parlò ancora. «...ciò che provo per Adrien sia semplice ossessione? Qualcosa di molto più simile a quello che una ragazzina della mia età prova solitamente per un divo del cinema o per un cantante famoso?»
Tikki si mosse nella sua direzione e si soffermò davanti al suo naso, frapponendosi fra lei e la figura del giovane che dominava il monitor del computer. «Solo tu puoi sapere esattamente ciò che provi», rispose con un sorriso colmo di tenerezza tutto per lei. «Di una cosa, però, sono più che certa: amore o non amore, tu e Adrien vi volete un bene dell'anima e vi fidate ciecamente l'uno dell'altra.» E questo era vero, pensò Marinette, schiudendo le labbra con aria stupita e curiosa al tempo stesso. «Il rapporto che hai con lui può forse essere paragonato a quello che hai con qualcun altro? Che so, con Nino?»
«Beh, no...» balbettò la ragazza, cercando di seguire il suo discorso. «Voglio bene a Nino, è mio amico, ma...»
«...manca l'attrazione fisica.»
«Esatto. E non solo quella.»
«Quindi... ciò che provi per Adrien può essere paragonato a ciò che provi per Luka?»
Marinette arrossì e abbassò lo sguardo. In tutta onestà, il fratello di Juleka le piaceva molto, al punto da averla mandata in confusione proprio nel momento in cui lei si era sentita più vulnerabile a causa dello sconforto provato per l'assenza di Adrien e la sfiducia nella possibilità di riuscire a costruire qualcosa di concreto con lui. «È... diverso», rispose dopo qualche attimo, pur con voce incerta.
«In cosa?» la incalzò Tikki, senza abbandonare il tono dolce.
Costretta a farsi l'ennesimo esame di coscienza e ad analizzare una situazione sentimentale tutt'altro che lineare, Marinette si arrese ad essere sincera fino in fondo. «Quando sono con Adrien, non penso mai a Luka.»
«E quando Adrien non c'è?»
Quasi le venne da ridere. «Tikki, guardati attorno... Vivo praticamente in una camera in cui Adrien è il re indiscusso.»
«Quindi la cosa non cambia: sei attratta da Luka, ma il tuo cuore resta fedele ad Adrien.» Non avrebbe saputo definirlo meglio, convenne Marinette, annuendo a quell'affermazione. «Mi spieghi, allora, dov'è il problema?»
Fu quella la domanda che riaprì la ferita aperta alcune sere prima da quella dannata quanto rivelatrice citazione letta online. «Ho... paura che non sia vero amore», si lasciò sfuggire ancora una volta. «Io... sto bene in compagnia di Adrien. Oggi ne ho avuta la conferma. Però... a volte non penso in modo lucido e...» Sospirò, passandosi stancamente una mano sul viso. «Forse Alya ha ragione a dire che dovrei passare più tempo con lui. Potrebbe servire a farmi abituare alla sua presenza e a fare maggiore chiarezza sui miei sentimenti.» Soprattutto alla luce di un'altra conferma che aveva avuto da poco e che la spinse ad alzare di nuovo lo sguardo sull'amica e a domandare con un filo di voce: «Cosa... Cosa ti ha detto, Chat Noir...?»
Tikki si lasciò andare ad un sospiro intenerito. «Quindi è lui, il vero rivale di Adrien?»
Avvampando più di prima, Marinette negò con forza, agitando il capo e le mani davanti a sé. «Vuoi scherzare?! Sono solo curiosa!»
«Ah-ah», le diede corda il kwami, ridacchiando divertita. «È comunque strano che tu lo abbia nominato proprio nel bel mezzo di un discorso riguardante i tuoi sentimenti più intimi.»
«Sai cosa?» si stizzì l'altra, non sentendosi affatto pronta ad affrontare quella verità fin troppo scomoda. «Non mi importa affatto. Mi basta sapere che ti ha trattata bene.»
«Molto di più», le assicurò Tikki, iniziando a svolazzarle incontro quando Marinette si adoperò per spegnere il computer e si mosse per raggiungere il letto. «Mi ha persino ringraziata per tutto ciò che faccio per te.» Quella rivelazione ridestò l'attenzione della ragazza, che rallentò i movimenti senza rendersene conto, ponendosi all'ascolto con maggior interesse. «È davvero un bravo ragazzo, dolce e corretto. Si preoccupa sinceramente per te.»
«Questo lo so già», bofonchiò, arrampicandosi sulla scala del soppalco e salendo ai piedi del letto per gattonarci sopra. Quando raggiunse il capezzale, il suo sguardo si soffermò inevitabilmente sui fiori che il giovane le aveva regalato. Tikki le aveva fatto notare che, al di là di tutto, lei e Adrien si volevano un bene dell'anima e si fidavano l'uno dell'altra. Su questo Marinette non poteva certo ribattere, però... Vale lo stesso per me e Chat Noir, concluse fra sé, prendendo coscienza di quanto il suo rapporto con il suo partner non differisse poi troppo da quello che aveva con il ragazzo che asseriva di amare. Con una differenza: se con Adrien c'era una grande attrazione fisica, con Chat Noir c'era una complicità che Marinette non era ancora riuscita a trovare altrove. Era forse quest'ultima a darle quella sicurezza che le riscaldava il cuore?
«Marinette...» La vocina di Tikki la riportò al presente. «È inutile pensarci ora, specie prima di dormire. Il tempo sistemerà ogni cosa, vedrai.»
Si concesse finalmente un sorriso. «Sì, hai ragione.»
«Dimenticati di lei», fu ciò che Plagg consigliò di cuore ad Adrien quando venne fuori l'argomento. Sebbene fossero ormai le dieci di sera, il giovane si era appena liberato dagli impegni di quella domenica, rimandati a causa del pomeriggio passato fuori. E ora i due erano lì, seduti sul letto, l'uno di fronte all'altro, a fare il punto della situazione.
Il sorriso che aveva abbellito il volto di Adrien nel sapere che Ladybug si era presa cura del suo kwami si spense di colpo e lui parve spaesato. «Cosa...?»
«In casa aveva solo del brie, e il camembert che mi ha comprato dopo era di qualità scadente», insistette la creaturina, seriamente frustrata per non essere riuscita a nutrirsi a dovere, quel giorno. «Nulla a che vedere con quello eccellente che mi dài sempre tu.»
«E che costa una barca di soldi», non si trattenne dal commentare Adrien, indispettito per quelle motivazioni tutt'altro che valide. «Come puoi giudicare una persona solo in base al formaggio che ti dà da mangiare?»
«Ha provato pietà per te», infierì ancora Plagg.
Il ragazzo s'irrigidì, non sapendo bene come prendere quella informazione. «Perché...?» domandò, la voce che tradiva una certa ansia.
«Si è lamentata di me», borbottò il kwami, stringendo al petto la fetta di camembert che aveva fra le zampine.
«Comprensibile», sbuffò seccato l'altro, tirando un sospiro di sollievo e reprimendo l'impulso di spingerlo all'indietro con una schicchera. «Spero tu non l'abbia infastidita troppo.»
«Ma se sono un angelo!»
«Non farmi più prendere certi spaventi.»
«C'è dell'altro, comunque.»
«Cosa?» lo provocò Adrien, incrociando le braccia al petto e fissandolo dall'alto con ostentato scetticismo. «Ha osato dire che hai dei pessimi gusti? Fattene una ragione, è un dato di fatto.»
Plagg schioccò la lingua sotto al palato con fare stizzito. «Non essere blasfemo», ribatté in tono asciutto. «Quella donna è pericolosa.»
«Seh, certo.»
«È matta, ti dico.»
«Ah-ah, ti credo, guarda.»
«È una stalker professionista.»
Quella notizia indusse Adrien ad inarcare un sopracciglio biondo. «Stalker?» non si trattenne dal ripetere. Plagg annuì, serio come non mai. Il suo portatore non poteva saperlo perché probabilmente non ci aveva fatto caso, ma oltre ad essere tappezzata di fotografie che lo ritraevano, in camera di Marinette c'erano il foglio con la poesia che lui le aveva inconsapevolmente dedicato a San Valentino, e che lei aveva recuperato dal cestino dei rifiuti a scuola, e persino un enorme tabellone su cui la ragazza si era preoccupata di annotare ogni singolo impegno di Adrien, così da sapere sempre cosa lui stesse o non stesse facendo. Quest'ultima cosa, in effetti, era alquanto preoccupante, e benché Plagg si fosse ripromesso di mantenere certi segreti, voleva almeno mettere in guardia il suo amico dai pericoli che rischiava di correre.
«Stai mentendo.»
«Giuro di no. Ha una vera e propria ossessione per il tipo che le piace.»
Adrien avvertì un rimescolio alla bocca dello stomaco. «Sul serio?»
«Molto più di quanto tu ce l'abbia per Ladybug. Credo che lo idolatri quasi come se fosse una divinità.»
«Non... Non è possibile», stabilì il giovane, sempre più nervoso. «Ladybug è una persona con la testa sulle spalle, non potrebbe mai cadere così in basso.»
«Cambia obiettivo, dài retta a me», gli consigliò ancora Plagg, sinceramente preoccupato per lui. «Sei un modello di fama mondiale, le ammiratrici non ti mancano. Puoi sempre uscire con una di loro. O anche due o tre.» Questa volta la schicchera fra gli occhi gli arrivò davvero e lui ricadde all'indietro, abbracciato alla sua forma di camembert. «Ahio!» esclamò piccato. «È così che mi ringrazi?!»
«Stai dicendo un mucchio di assurdità», rimbeccò Adrien, incapace di credere a ciò che aveva appena sentito. «Non potrei mai uscire con una ragazza, che neanche conosco, solo perché mi trova bello... figurarsi frequentarne più di una allo stesso tempo! Per chi mi hai preso?!»
«Dimenticavo che sei un romanticone...» soffiò il kwami, rialzandosi a sedere e arrendendosi all'idea che Adrien non avrebbe mai mollato l'osso. «Se una fan qualunque non ti va bene, puoi sempre spostare la tua attenzione su Marinette.» Che era Ladybug e quindi rimaneva pur sempre una stalker, ma almeno Adrien era appena stato messo sul chi va là riguardo alle stranezze delle donne, no? E poi, sì, stravaganze a parte, Marinette era comunque una brava ragazza, onesta e di buon cuore. L'ideale per lui.
«Di nuovo con questa storia?» si lamentò il giovane, lasciandosi cadere sul materasso, le gambe stese e le braccia larghe ai lati del corpo. Puntò gli occhi all'alto soffitto e perse ogni voglia di parlare, soprattutto perché, quando Tikki gli aveva fatto notare che Marinette aveva un posto speciale nel suo cuore, lui non era stato in grado di ribattere. Era davvero tanto strano avere una simpatia così marcata nei confronti di una persona del sesso opposto al suo? Al punto da essere necessariamente vista con malizia? L'amicizia che era riuscito infine ad intessere con Marinette era sacra e lui davvero non voleva sporcarla in alcun modo, neanche per sbaglio. E poco importava se quella volta, durante le prove del videoclip, si era lasciato prendere dalla situazione e dall'enorme somiglianza di lei con Ladybug; non poteva credere in alcun modo che fosse capace di tenere il piede in due scarpe: amava la sua partner e lei solamente. Il suo kwami però non lo capiva e a quanto pareva neanche Tikki, che oltretutto lo conosceva ancor meno di Plagg.
Di contro, cresciuto in quella gabbia dorata che era la villa di suo padre e per nulla avvezzo alle relazioni con i propri coetanei, Adrien doveva ammettere di avere ancora difficoltà a capire alcune cose, anche ora, a distanza di diversi mesi. L'amore, poi, era una questione complicata e delicata al tempo stesso, qualcosa che non aveva mai provato in vita sua se non quando Ladybug lo aveva abbagliato con la sua forza d'animo ed il suo ingegno.
Abbagliato...
Quel pensiero lo indusse a tirarsi su a sedere, la fronte corrucciata e lo sguardo ombroso. Doveva parlarne con qualcuno che non fosse Plagg. Qualcuno che provasse i suoi stessi sentimenti, qualcuno capace di capirlo per davvero.
Ricevere quel messaggio da parte di Adrien era stato il miglior buongiorno del mondo. Si era perciò preparata con cura, concedendosi una lunga doccia e la libertà di indossare un vestito grazioso, benché sapesse che, una volta arrivata sul set, avrebbe dovuto cambiarsi per sfilare con i modelli di Gabriel Agreste. Si sentiva bene, era felice, come se tutti i pensieri dei giorni passati fossero solo un brutto ricordo. Dopotutto, non stava forse facendo dei passi da gigante con Adrien?
Uscì di casa e si recò sul luogo dell'appuntamento, in una via a pochi isolati dal negozio dei suoi genitori. Si era domandata perché mai Adrien avesse voluto incontrarla lì anziché in un posto più pratico, come davanti la scuola o al parco lì vicino, che a conti fatti separava la sua abitazione da quella di lui. Quando Marinette giunse a destinazione si fermò all'incrocio, ma non vide nessuno. Proseguì per alcuni metri e, nel traffico e nel viavai di persone, continuò a cercare la figura di Adrien. Poi lui la chiamò e lei si volse, riempendosi gli occhi con la sua immagine e sentendosi scoppiare dalla gioia.
«Scusa se ti ho fatta venire fin qui», le disse, un sorriso adorabile tutto per lei. «Ma ci tenevo ad incontrarti nel luogo in cui ci siamo conosciuti.»
La ragazza, che aveva già aperto la bocca per rispondere, si rese conto solo dopo qualche istante di ciò che lui aveva appena affermato. «Noi... ci siamo conosciuti a scuola», lo corresse, la voce esitante. Si era forse persa qualche pezzo per strada? «Ricordi? La gomma da masticare... ed io che ero arrabbiata con te... A proposito, ancora scusa per averti giudicato male.»
«È una cosa che fai spesso», le rinfacciò il giovane, una leggera smorfia in volto. Lei s'irrigidì, avvertendo una stilettata al petto. Lo vide infilare le mani in tasca e volgere lo sguardo altrove. «Non ti soffermi granché a riflettere sul fatto che magari la gente si comporta in un determinato modo per dei motivi che non puoi sapere. O magari lo fa perché tende a nascondere qualcosa di sé, una ferita o un animo sensibile, timido, riservato.»
Facendosi un bell'esame di coscienza, Marinette abbassò le ciglia sul viso, il sorriso e il buon umore ormai svaniti. Non sapeva la ragione per cui Adrien le stesse rivolgendo quelle accuse, ma non poteva contraddirlo in alcun modo. Aveva spesso mal giudicato qualcuno, senza interrogarsi sul passato o senza interessarsi di conoscere davvero quella data persona. «Mi... dispiace», fu tutto ciò che riuscì a dire, sentendosi mortificata.
«Non ha importanza», rispose lui, inducendola ad alzare di nuovo il viso e lasciandola impietrita: quello che aveva di fronte non era Adrien, bensì Chat Noir. «Non per me», precisò l'eroe, muovendosi nella sua direzione e fissandola con due occhi che sembravano sondarle l'anima. «Ora che sai ciò che sento per te, so che non potrai più sottovalutare le mie parole», continuò, fermandosi ad un passo da lei. Marinette rimase immobile, subendo tutto il peso della sua presenza e dei sentimenti che lui le stava comunicando con il solo sguardo. Chat Noir sollevò il braccio e le sue dita artigliate le sfiorarono il viso con una carezza gentile, soffermandosi poi sulle labbra che di colpo presero a scottare come carboni ardenti sotto al suo tocco. «O i miei gesti», vi soffiò sopra il giovane, prima di chinarsi su di lei per ghermirle con le proprie, facendole dono di un bacio tenero e appassionato al tempo stesso, qualcosa capace di accenderle l'anima, di farle scoppiare letteralmente il cuore.
Marinette aprì gli occhi di scatto e fu investita dal buio che regnava nella camera, il battito cardiaco che pareva impazzito e una sensazione di calore diffuso in tutto il corpo, che sembrava volerle far ribollire le viscere. Un sogno. Era stato solo un sogno. Lo realizzò con qualche attimo di ritardo a causa dello stordimento che le aveva procurato quella maledetta, conturbante sensazione di piacere. Il suo cuore la condannava, il suo corpo ne era uscito meravigliosamente stravolto.
Se si fosse trovata davvero in una situazione simile, Chat Noir non si sarebbe mai azzardato a baciarla, né lei glielo avrebbe permesso. Eppure nel suo sogno era accaduto e Marinette aveva lasciato che lui la sconvolgesse con la sua passione e con il suo amore. Aveva giocato con i sentimenti di Chat Noir, in quel sogno? O aveva infine deciso di abbandonarsi a lui? Peggio ancora, che fine aveva fatto, Adrien? Perché era stato del tutto soppiantato dalla figura del giovane mascherato? Sarebbe andata davvero a finire così? Avvertendo le ciglia inumidirsi per il pianto imminente, affondò il viso nel cuscino nella speranza di soffocare quell'opprimente senso di vergogna che aveva iniziato a divorarla dall'interno, facendola sentire sporca e orribile. Sebbene fra le braccia di Chat Noir si sentisse davvero protetta e al sicuro, non poteva e non voleva credere che le sensazioni provate in quel sogno potessero divenire reali.
Non appena entrò in classe, Adrien si accorse che c'era qualcosa che non andava. Come una nota stonata, qualcosa che lo faceva sentire inquieto. Lo realizzò nel momento esatto in cui il suo sguardo si posò su Marinette. Seduta al suo posto con gli occhi fissi sul banco vuoto, la ragazza neanche si accorse del suo arrivo né pareva far caso all'allegra battaglia di palle di carta che si stava svolgendo alle sue spalle, fra gli altri loro amici, e che di tanto in tanto finiva per coinvolgerla senza che lei muovesse muscolo per rispondere a quegli attacchi innocenti. Non era certo quest'ultima cosa ad impensierire Adrien, bensì il fatto che Marinette non stesse sorridendo: eccola lì la nota stonata, quel qualcosa che lo spiazzava e lo rendeva irrequieto. Cosa le era capitato? Aveva litigato con i suoi genitori? Con Alya? Con il ragazzo che le piaceva? O si era semplicemente dimenticata di fare i compiti?
D'istinto, mosse un passo nella sua direzione e schiuse le labbra per chiamarla, ma si fermò quando Alya sedette accanto a lei e le circondò le spalle con un braccio, scuotendola con una battuta che finalmente riuscì a strapparle una reazione. Forse Marinette aveva solo bisogno della sua migliore amica, pensò Adrien con un pizzico di sana invidia, lieto per lo meno che la ragazza potesse contare sull'appoggio di qualcuno. Alya era in gamba e sicuramente l'avrebbe aiutata, concluse fra sé il giovane, sentendo di colpo la preoccupazione dimezzarsi.
«Tutto bene, amico?» Spostò la propria attenzione su Nino, che si era preso una pausa dalla battaglia di palle di carta e, tutto affannato, adesso appoggiava il peso del corpo sul banco. «Sei entrato in classe con un'espressione tetra. Di', per caso hai sognato di essere divorato da un croissant?»
Adrien stese la bocca in un sorriso sghembo, assumendo la tipica espressione del gradasso pronto a vantarsi delle proprie imprese. «L'avrei divorato per primo, credimi.»
«Sicuro che ti credo», affermò Nino, sedendo al suo posto. «Ho visto come ti accanisci sui dolci, fai paura.» L'altro rise e si accomodò accanto a lui, battendogli il pugno. «Sei libero nel pomeriggio?»
«No, ovviamente», sospirò, scuotendo il capo con aria rassegnata ma senza perdere il sorriso. «Però ho tempo prima della lezione di scherma, quindi se ti va possiamo fare un giro insieme.» Nino annuì, contento di poter passare del tempo con il proprio migliore amico, e Adrien fu ancora più entusiasta di lui al riguardo: sarebbe stata l'occasione perfetta per chiedergli un consiglio su ciò che lo aveva lasciato pensieroso fino a tarda ora, la sera addietro.
Occhieggiò alle proprie spalle e vide Marinette che, rossa in volto, cercava di glissare le domande che Alya le rivolgeva nel tentativo di capire cosa diamine le fosse successo per indurla a presentarsi a scuola con quell'espressione da cane bastonato. «È successo qualcosa al parco, ieri?»
«No, cioè... sì...» balbettò Marinette, ricordandosi del tentato suicidio di quel tipo che si era arrampicato sulla rete di protezione del pont des Suicidés e l'aveva scavalcata minacciando di buttarsi nel vuoto.
Alya spostò lo sguardo su Adrien, inchiodandolo sul posto. «Che le hai fatto?»
«Cos...?!» annaspò lui, sbiancando per quell'accusa del tutto inaspettata.
«No!» intervenne subito Marinette, agitandosi come se sotto al fondoschiena avesse avuto dei chiodi. «Adrien non c'entra!» E non appena vide Alya smettere il cipiglio corrucciato, si accorse di una cosa importante. Abbozzò un sorrisetto incerto e si riavviò una ciocca di capelli dietro all'orecchio, rifuggendo gli sguardi degli altri. «A proposito... Buongiorno, Adrien.»
Il giovane si rilassò e quasi rise. «Buongiorno a te», rispose con aria divertita, divorandola con gli occhi. Quanto sapeva essere buffa, quella ragazza? E poi si meravigliavano se lui l'adorava...
«Allora che è successo?»
«Al parco, dici?» tergiversò ancora Marinette, sviando il discorso sul suo malumore. «Ci siamo persi. No, cioè... mentre eravamo sul pont des Suicidés qualcuno ha cercato di buttarsi giù.»
«Diavolo, è terribile!» esclamò Nino, impressionato da quella notizia. «È vivo, spero.»
«Credo di sì...»
«Pare siano intervenuti in tempo per salvarlo», raccontò allora Adrien, benché non avesse visto di persona quanto accaduto dopo che lui e Marinette erano corsi via da lì.
«Meno male...» commentò Alya, lieta che quella giornata di gioia non fosse finita in tragedia per i suoi amici. «E il servizio fotografico? È andato bene?»
«Erano solo scatti di prova», spiegò il giovane, ricordandosi solo in quel momento di non aver ancora riferito a Marinette la buona notizia. Le rivolse un nuovo sorriso, capace di farle battere il cuore più forte. «A mio padre sono piaciuti e pensa che tu abbia il fisico adatto per mettere in risalto la nuova linea d'abbigliamento.»
Lei spalancò la mascella, incredula per quel colpo di fortuna. «Sul serio?!» Adrien annuì. «Non pensa che io sia troppo bassa?!»
«Tutt'altro», la rassicurò lui, incurante di nascondere l'entusiasmo per la questione – cosa che indusse Alya e Nino a scambiarsi uno sguardo silenzioso. «Si è ricordato che Clara Nightingale ti aveva già scelta per il video, vista la tua... beh, la tua vaga somiglianza con Ladybug», aggiunse Adrien, esitando appena sull'ultima affermazione. «Per questo pensa che tu sia la persona ideale per questo servizio fotografico: molte adolescenti si rispecchieranno in te anche per questa ragione. L'immagine è tutto nel mondo della moda.» Purtroppo, pensò fra sé, senza avere la forza per esprimere quell'opinione ad alta voce; anche perché un nuovo pensiero gli stava attraversando la mente: e se la sua simpatia per Marinette fosse dovuta inconsciamente alla somiglianza fra lei e Ladybug? Sarebbe stato orribile, si convinse Adrien, avvertendo un nodo alla bocca dello stomaco. Gli occhi azzurri dell'amica incrociarono i suoi e lui li rifuggì d'istinto, quasi si sentisse in colpa per qualcosa.
Una palla di carta lo colpì in testa in quel momento, strappandolo a quei pensieri che gli avevano via via spento il sorriso. «Colpa mia!» esclamò Kim, alzando la mano in fondo all'aula. «Ma non me ne pento affatto!» affermò con aria baldanzosa ed un'espressione da schiaffi dipinta in volto.
«Posso sempre farti cambiare idea», ribatté Adrien ridendo, rimettendosi in piedi e lanciandogli indietro la palla con forza. L'altro la schivò e quella prese in fronte il povero Nathaniel. Fu un attimo e la battaglia finì per coinvolgere l'intera classe, compresi quegli elementi che erano rimasti in disparte, e persino per far ridere allo stesso modo Chloé e Marinette, che per una volta si ritrovarono nello stesso schieramento, entrambe a difesa del loro Adrien.
La calma ritornò solo quando la professoressa Bustier urlò loro di smetterla, rendendo nota a tutti la sua presenza in aula. Come un nugolo di bravi soldatini, ogni studente tornò al proprio posto e finse di esserci sempre stato, anche quando l'ultima palla di carta volò sulla testa di Ivan. «Per questa volta non avviserò il preside del vostro comportamento tutt'altro che lodevole», si interessò di far sapere all'intera classe, guardando tutti e nessuno. «Non fatemene pentire.» Con quelle parole, la donna si conquistò per l'ennesima volta l'amore imperituro dei suoi allievi, che si mostrarono attenti e volenterosi per tutta la durata della lezione.
Quando la campanella risuonò nella scuola, annunciando la pausa pranzo, Adrien si rivolse a Nino. «Ho bisogno di parlarti, dopo le lezioni del pomeriggio.»
Notando la gravità della sua espressione, l'altro si permise di preoccuparsi. «È successo qualcosa?»
«Sì», rispose il primo. «Sono innamorato.»
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Ebbene, le cose cominciano a smuoversi e lo faranno ulteriormente nei prossimi capitoli. :3
Perdonatemi se aggiorno quando capita, ma davvero non riesco a trovare tempo per mettermi comodamente al PC per scrivere (e dal cellulare non riesco a farlo, a meno che non si tratti di una bozza e/o l'input di una scena). Non è solo per via del lavoro, ma anche di altri impedimenti e/o imprevisti. Tipo ieri che mi sono capitate due notizie molto importanti (e si spera positive) tra capo e collo e che ora assorbiranno ulteriormente parte del mio tempo. Di una delle due vi farò sapere col prossimo aggiornamento, magari.
Augurandovi un buon fine settimana, vi ringrazio di cuore per essere ancora qui a leggere ed eventualmente a recensire. Un abbraccio a tutti! ♥
Shainareth
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