Capitolo quinto


«C-Che... Che diamine...?!» cominciò Marinette, sconvolta, gli occhi sgranati e le mani tremanti. Quello davanti a sé era sì un kwami, ma di certo non Tikki!

   «Sì, lo so... è un po' uno shock anche per me», convenne Plagg, levandosi a mezz'aria per paura che quella ragazzina esagitata lo facesse cadere. «Almeno non sono finito travolto dalla folla e per questo ti ringrazio», disse poi, benché, se avesse voluto, avrebbe potuto far ricorso ai propri poteri per attraversare la materia e sfuggire ad eventuali pericoli. Se non lo aveva fatto, lì per lì, era stato perché, nella confusione, aveva scambiato la manina bianca e morbida di Marinette per un pezzo di formaggio, tanto che, quando lei lo aveva toccato, le si era avvinghiato attorno alle dita con l'intento di assaggiarla. «Quel ragazzaccio mi sentirà...» borbottò poco dopo, stizzito nei confronti di Adrien che lo aveva perso tra la folla. «Dovrebbe tenermi stretto a sé come un tesoro prezioso, anziché...»

   «Chat Noir è qui?!» esclamò a quel punto Marinette, che sembrò essersi vagamente ripresa dallo shock di aver smarrito Tikki e di aver trovato invece il kwami del Gatto Nero.

   Quest'ultimo le lanciò un'occhiata eloquente. «Tu che dici, mh?»

   Sorvolando sul suo tono sarcastico, la ragazza tornò alla carica. «Ho perso Tikki! Non so dov'è!»

   «Questo potrebbe essere un bel guaio», ammise Plagg, tamburellandosi il musetto con la zampina con fare riflessivo. «Senza di lei, non puoi trasformarti in Ladybug e, senza di me, quel ragazzaccio non può trasformarsi in Chat Noir.»

   «Non chiamarlo in quel modo...» bofonchiò Marinette, risentita per quella mancanza di rispetto nei confronti del collega.

   Il kwami sorrise sornione. «Ci tieni a lui, allora...»

   «Poche ciance e dimmi cosa possiamo fare per risolvere la situazione», lo rimbrottò lei, decisa a fare orecchie da mercante a qualsiasi tipo di insinuazione. Calmandosi via via che i minuti passavano, e ragionando con maggior lucidità, Marinette diede per scontato che quella creaturina conoscesse la sua identità per via di quanto accaduto nel container in cui lei, Chat Noir e i loro kwami erano stati rinchiusi tempo addietro dal preside Damocles, che in quell'occasione era stato akumizzato da Papillon.

   Plagg non fu in grado di risponderle, non subito per lo meno, perché il cellulare di Marinette iniziò a suonare e lei, sobbalzando, s'affrettò a nascondere la creaturina nella borsetta per paura che qualcuno, attirato dalla musica del suo smartphone, potesse guardare nella loro direzione. Recuperò il telefonino e vide sul display la foto di Adrien, accompagnata dal nome di quest'ultimo. «Adrien!» rispose subito, sentendosi in colpa per essersi dimenticata di lui per qualche minuto. «Sì, sì, sto bene... Non sono lontana dal ponte... Sì, d'accordo, ci vediamo lì.»

   Chiusa la telefonata, la ragazza tirò un sospiro di sollievo: almeno lui stava bene. Abbassò di nuovo lo sguardo su Plagg, che la fissava con occhietti curiosi attraverso l'apertura della tracollina, come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione. «Devo raggiungere il mio amico, ora», spiegò Marinette, non sapendo davvero che pesci prendere. «Penseremo più tardi ad un modo per restituirti a Chat Noir.»

   Niente di più facile, rifletté fra sé il kwami, mentre lei si alzava e si dirigeva a passo spedito verso il punto d'incontro concordato poco prima con Adrien. A Plagg sarebbe bastato saltare nel taschino della giacca del giovane non appena gli fosse stato a portata di tiro, così da liberare Marinette del suo peso e convincere poi Adrien a mettersi alla ricerca di Tikki, restituendola magari a Fu – che a sua volta avrebbe potuto farla di nuovo arrivare alla ragazzina senza troppe complicazioni.

   Le cose, tuttavia, non andarono esattamente come lui aveva previsto. Questo perché, temendo di perdere anche il kwami di Chat Noir, Marinette tenne la borsetta stretta a sé per tutto il tempo, impedendogli quasi di muoversi.

   Quando lei e Adrien si ritrovarono, si avviarono insieme per tornare nel posto in cui avevano scattato le foto con monsieur Vincent, abbandonando l'idea di arrivare fino al belvedere e al tempietto della Sibilla. Entrambi avevano in effetti qualcosa di molto più importante a cui pensare e, troppo concentrati sul proprio problema immediato, non ebbero la perspicacia di accorgersi dell'atteggiamento insolito della persona che avevano accanto. Se da un lato, infatti, Marinette era turbata per l'aver perso Tikki ed essere inavvertitamente entrata in possesso del kwami di Chat Noir, dall'altro Adrien lo era per aver perso Plagg – e non solo.

   Ho combinato un bel casino, fu tutto ciò che ronzava nella loro testa, ignari della verità e della semplicità con cui si sarebbe potuta risolvere la situazione se solo si fossero decisi a smettere di torturare l'una la borsetta e l'altro il taschino interno della giacca.

   Fu dunque con un vago imbarazzo e tanti silenzi che proseguirono il cammino e, una volta riunitisi a monsieur Vincent e alla guardia del corpo di Adrien, decisero che si era fatto tardi e che era meglio per tutti tornare a casa. Dopotutto, dissero, non aveva senso continuare a scattare altre foto se prima monsieur Agreste non approvava il progetto e l'idea di avere Marinette come modella da affiancare a suo figlio.

   «S'anna appiccecate...» concluse il fotografo, vedendoli giù di corda. L'umore dei ragazzini della loro età era davvero volubile, soprattutto riguardo alle questioni sentimentali. Era però certo che prima di sera quei due avrebbero fatto pace e che tutto il lavoro fatto quella mattina non sarebbe stato inutile.

   Una volta riaccompagnata Marinette a casa, Adrien si sentì libero di tirare un parziale sospiro di sollievo. Rilassandosi contro il sedile posteriore dell'automobile, guardò l'uomo che era al volante per accertarsi che non lo fissasse attraverso lo specchietto retrovisore; quindi, con la massima discrezione, scostò un lembo della giacca e sbirciò dentro al taschino, dal quale spuntava una testolina rotonda di un rosso molto acceso. Due occhioni azzurri si levarono su di lui, facendolo sorridere nonostante tutto. L'incontro con Tikki era stato davvero fortuito e in parte lo inorgogliva poiché le aveva, di fatto, salvato la vita.

   Quando lui e Marinette si erano accidentalmente separati sul ponte, durante la corsa che lo avrebbe condotto in un luogo sicuro in cui ricorrere ai poteri del suo miraculous, Adrien aveva sentito Plagg scivolargli via dalla tasca. A quel punto, anche lui era stato costretto a fermarsi, ma il kwami era scomparso subito alla sua vista. Quando però aveva creduto di scorgerlo di nuovo in mezzo alla confusione provocata dalla marmaglia di persone che gli stavano intorno, subito aveva allungato la mano per assicurarsi non tanto che nessuno lo vedesse, quanto perché aveva temuto per la sua incolumità. E invece, quando era stato libero di guardare ciò che teneva stretto nel palmo, Adrien era rimasto letteralmente a bocca aperta. A differenza di Marinette, tuttavia, non si era lasciato prendere troppo dal panico e si era mostrato molto più entusiasta di lei per quell'incontro inatteso.

   Certo rimaneva in sospeso la sorte di Plagg, ma Adrien preferiva non allarmarsi più del necessario: si trattava pur sempre di un kwami, un essere dotato di poteri magici, e se era sopravvissuto per millenni a guerre, carestie e altri disastri di varia natura, era assai probabile che avrebbe trovato il modo per trarsi d'impaccio ancora una volta, dimostrando di non essere affatto indolente come invece amava far credere.


Adrien non aveva torto, perché quando si trattava di dare fastidio o di mangiare formaggio, Plagg era imbattibile.

   «Cos'è, questa roba?» volle sapere difatti, quando, chiusi finalmente in camera di lei, Marinette gli mise sotto al naso un piattino colmo di biscotti con gocce di cioccolato.

   «Non hai fame?»

   «Io ho sempre fame», ci tenne a puntualizzare il kwami, con una punta d'orgoglio nel tono della voce. «È che non sono abituato a mangiare cibi così poco gustosi.»

   «Guarda che sono buonissimi», sospirò la ragazza, sedendo stancamente alla scrivania per scrutare da vicino quella creaturina dall'aspetto adorabile e dalla personalità eccentrica. «Tikki ne va ghiotta.»

   «Lei non ha il mio palato delicato.»

   Non sapendo se ridere o meno, la ragazza si limitò ad inarcare un sopracciglio. «Sentiamo, cos'è che mangi, di solito?»

   «Camembert», rispose con voce deliziata Plagg, leccandosi già il musetto all'idea di poter gustare presto il suo cibo preferito.

   «Cam... Camembert?» stentò a crederci Marinette, fissandolo con evidente stupore. «Dove si è mai visto un gatto che mangia formaggio?»

   «Sono un kwami, non un gatto», la corresse l'altro, quasi offeso. «E poi, perché tutti vi lamentate per questa cosa del camembert? Non avete il minimo buon gusto!»

   Stavolta la ragazza si lasciò davvero scappare un sorriso, a metà tra il divertito e il rassegnato. «Povero Chat Noir...» non si trattenne dal sospirare, posando i palmi delle mani sul ripiano della scrivania per darsi la spinta e alzarsi di nuovo in piedi. «Vado a vedere se ne abbiamo un po' da qualche parte, ma non ti assicuro niente», disse a quel punto, avviandosi verso la botola che l'avrebbe condotta in cucina. «Non combinare guai, nel frattempo.»

   «Non sei affatto gentile», rimbeccò il kwami, piccato per quella mancanza di fiducia. Anche Adrien gli faceva sempre raccomandazioni del genere e solo perché una volta o due – o forse dieci o quindici – si era effettivamente cacciato nei pasticci. Ma che colpa aveva, lui, se possedeva uno spirito avventuroso ed uno stomaco grosso quanto quello di un pachiderma?

   Non appena Marinette sparì di sotto a caccia di formaggio, Plagg si librò a mezz'aria e cominciò a guardarsi attorno. Era già stato in quella camera, più di una volta, e quasi sempre mentre era legato alla trasformazione di Chat Noir, perciò non era stato libero di osservare attentamente l'ambiente, perché vincolato alla volontà di Adrien. Adesso però era lì senza di lui e questo gli consentiva non soltanto di guardare le foto del giovane appese in ogni angolo della stanza, ma anche di far caso a quei particolari che, se solo Adrien fosse stato più attento e soprattutto non pressato dall'urgenza dei momenti in cui era capitato lì sotto le sembianze dell'eroe parigino, avrebbero svelato molto di Marinette – persino la sua doppia identità.

   Tanto per cominciare, constatò Plagg arricciando il nasino, quella strana ragazza aveva recuperato dalla spazzatura un foglio di carta che Adrien aveva appallottolato e cestinato a scuola il giorno di San Valentino, lo stesso su cui il giovane aveva scribacchiato una poesia d'amore per Ladybug. Significava forse che Marinette era a conoscenza dei sentimenti di lui nei suoi confronti? No, dubitò Plagg, altrimenti quella sciocca non avrebbe perso tutto quel tempo a balbettare e ad arrossire davanti a lui e si sarebbe data da fare per conquistarlo con maggiore sicurezza. A quel punto, poi, non gli fu difficile fare due più due e capire che l'autrice del biglietto che conteneva la risposta a quella poesia, e che Adrien conservava gelosamente come un tesoro prezioso, era davvero Ladybug – sia pure senza la sua bella mascherina a pois.

   La cosa che però colpì più di tutte il kwami, fu il piccolo vaso di vetro chiaro posato su una delle mensole che si trovavano dietro al letto e nel quale la ragazza aveva disposto una rosa ed una margherita, gli stessi fiori che Chat Noir aveva regalato a Ladybug. Marinette li aveva immersi nella cera affinché non si rovinassero e questo, unito al fatto che li aveva voluti vicino a sé durante le ore notturne, stava a significare che doveva tenerci davvero tanto al suo collega dalle orecchie a punta. Se solo Adrien lo avesse saputo, sarebbe andato in brodo di giuggiole e sarebbe diventato ancora più melenso di quanto già non fosse normalmente. Fu questa la convinzione di Plagg, quando si rese conto che forse, a dispetto delle sue sembianze feline, a furia di tampinarla come un segugio Chat Noir era davvero riuscito a far breccia nel cuore dell'amata.

   Il rumore della botola che si schiudeva indusse il kwami a tornare in fretta lì dove Marinette lo aveva lasciato. «Ho trovato questo», disse lei, raggiungendolo e mostrandogli un piccolo involucro che aveva recuperato dal frigorifero. «Non sarà il tuo amato camembert, ma è pur sempre un formaggio.»

   Plagg lo scrutò, lo annusò e infine lo assaggiò. «Mi accontenterò di questo brie», le concesse, avventandosi sul resto del pasto che lei gli aveva procurato.

   «Non mi hai ancora detto come ti chiami», gli fece notare la ragazza, accomodandosi di nuovo davanti a lui.

   «Plagg», ruttò l'altro.

   «La mia stima per Chat Noir continua a crescere.»

   «Dovrebbe ringraziarmi, gli faccio pubblicità gratuita.»

   Stavolta Marinette gli concesse la soddisfazione di strapparle una risata. «Non gli hai detto di me, vero?»

   «Se Tikki non ti ha detto di lui, perché io avrei dovuto comportarmi diversamente?» ragionò Plagg, non capacitandosi di quella domanda inutile. «Noi kwami abbiamo degli obblighi e li rispettiamo sempre.» E questo gli rendeva onore, considerò la ragazza, continuando a studiare la creaturina intenta a leccarsi le zampine sporche di formaggio. «O preferisci che gli dica che tieni a lui più di quanto tu sia disposta a fargli credere?»

   Fu un colpo basso, perché subito Marinette scattò come una molla. «Hai curiosato fra le mie cose!» esclamò, battendo una mano sulla scrivania e facendolo sobbalzare per il contraccolpo.

   «Mi avevi raccomandato di non combinare guai, non di non guardare», replicò serafico Plagg, fissandola di sottinsù con un sorrisino da schiaffi.

   «Era implicito!»

   «Perché non glielo dici? Lo renderesti felice.»

   Quell'osservazione indusse la ragazza ad abbassare lo sguardo, svuotandola di quello spirito battagliero che l'aveva animata fino ad un attimo prima. «È che...» Esitò, ma poi si fece coraggio e confessò: «Sono innamorata di un altro ragazzo.»

   «Ne sei sicura?» La domanda di Plagg non voleva affatto essere polemica, bensì rivelatoria: Adrien era Chat Noir, dopotutto, pertanto se Marinette amava l'uno amava automaticamente anche l'altro.

   Dal momento che però lei non era a conoscenza di quella verità, interpretò le parole del kwami in modo del tutto differente, come se lui avesse voluto insinuare in lei il tarlo del dubbio circa i suoi reali sentimenti: e se, a dispetto delle sue convinzioni, Marinette fosse stata innamorata di Chat Noir anziché di Adrien?

   «Impossibile», borbottò con rabbia, serrando i pugni e piegando la linea delle labbra all'ingiù. «Sono innamorata di Adrien e di lui solamente.»

   «E allora perché non glielo dici?»

   «Fosse facile...» soffiò, rilassandosi contro il piano della scrivania e nascondendo il viso fra le braccia. Ancora intento a masticare con gusto, Plagg la scrutò con rassegnazione: quei due tonti erano davvero fatti l'uno per l'altra, pieni di sciocche insicurezze ed inutili paure. Se solo avessero saputo di avere la felicità a portata di mano...! L'amore era una faccenda troppo complicata e stupida, dal suo punto di vista. Meglio pensare a mangiare, considerò infine, tornando a dare un morso al suo pranzo.


«Sul serio ti accontenti di un paio di biscotti?»

   «A volte anche di uno solo», rispose Tikki, quasi ridendo per la reazione esagerata di Adrien a quella scoperta. La stava fissando a bocca aperta ed occhi sgranati, come se gli avesse appena rivelato la vera identità di Ladybug. «Immagino che Plagg ti faccia spendere un patrimonio in formaggio.»

   «I soldi non sono un problema», ammise il ragazzo senza apparire borioso, vista anche l'espressione ancora meravigliata che aveva in volto. «Lo è la puzza!»

   «Per lo meno, è un bravo kwami», affermò lei, cercando di spezzare una lancia in favore dell'amico.

   Vide Adrien intrecciare le braccia al petto ed assumere un'aria dubbiosa e scherzosa al contempo. «Da che punto di vista, esattamente?»

   Tikki ridacchiò allegra. «So che non è sempre facile averci a che fare, ma sa essere molto affettuoso.»

   L'altro sorrise, dandole tacitamente ragione. «Vado a prenderti quei biscotti, aspetta», disse poi, alzandosi dal divano della sua camera con l'intento di recarsi in cucina.

   «Adrien, aspetta!» esclamò il kwami, levandosi in volo e parandosi davanti a lui prima che arrivasse alla porta. «Ladybug sarà preoccupata per me, sarebbe più prudente se mi portassi subito dal Maestro Fu.»

   «Ma io non so dove trovarlo», le fece notare il giovane, mortificato. «L'unica volta che l'ho incontrato, è stato lui a venire qui da me, correndo persino il rischio di essere scoperto da mio padre.»

   «Non è un problema», lo rassicurò Tikki, sorridente come sempre. Più lo guardava da vicino, più si convinceva che non soltanto il Maestro Fu, ma persino Marinette ci aveva visto giusto: quel ragazzo era adorabile da qualunque parte lo si guardasse. E no, non soltanto per una mera questione estetica, quanto per la purezza che si poteva scorgere nel profondo dei suoi occhi verdi e per la vivacità che sembrava sprizzare da tutti i pori. «Ti spiegherò io come arrivarci, proprio come ho fatto con Ladybug.»

   Adrien allungò le mani nella sua direzione, invitandola gentilmente a posarsi su di esse. «In tal caso, lascia che prima ti offra qualcosa da mangiare per ringraziarti dell'aiuto che le dài sempre.»

   «Oh», balbettò Tikki, sentendo il cuoricino sciogliersi per la tenerezza. «Dovresti dirgliele più spesso, queste cose, sai?»

   «Non so a quanto gioverebbe...» sospirò l'altro, facendola poi accomodare in un taschino ed uscendo insieme a lei dalla propria camera. «È talmente presa dal tipo che le piace...» mugugnò perdendo il sorriso. «Tu di certo sai chi è. Dimmi, cos'ha che io non ho?»

   «Non dovresti farmi domande tanto scomode», lo redarguì con dolcezza Tikki, non riuscendo ad arrabbiarsi sul serio con lui.

   «Non ti ho mica chiesto come si chiama...» si difese Adrien, scendendo al piano di sotto. «Voglio solo sapere cos'ha più di me.»

   La voce gli vibrava al punto da lasciar ben intuire quanto la cosa gli lacerasse l'anima. Il kwami strinse le piccole labbra, conscia di non poter fare nulla per aiutare lui e Marinette a risolvere quella situazione paradossale che li vedeva innamorati l'uno dell'altra e, al contempo, rivali di se stessi. «Beh... a dire il vero, nulla», si arrese comunque a rispondere, inducendo il giovane ad arrestare il passo a metà della scalinata.

   «Intendi dire che non è più bello di me?»

   «Non lo è, no.»

   «Più alto?»

   «Nemmeno.»

   «Più forte?»

   «No.»

   «Più atletico?»

   «No.»

   «Più intelligente?»

   «No.»

   «Più sveglio, almeno?»

   «Vorrei lo fosse, ma no, neanche quello.»

   Aggrottando le sopracciglia bionde ed inarcando le labbra verso il basso, Adrien riprese a scendere i gradini. «Allora perché preferisce lui a me?!»

   Sospirando intenerita, Tikki fece spallucce. «Forse dovresti semplicemente considerare l'idea di rinunciare e di spostare la tua attenzione su qualcun'altra.»

   Di nuovo lui arrestò il passo, questa volta di colpo. «Mai!» esclamò deciso. «Nessuna può competere con Ladybug!»

   «Neanche la ragazza che ti ha regalato il portafortuna che tieni sempre in tasca come pegno d'affetto?» fu l'insinuazione del kwami che lo scosse nel profondo.

   Adrien chinò lo sguardo su di lei, fissandola con sospetto. «Come sai di Marinette?»

   «Ho notato la rivista di musica che hai in bella vista in camera tua», spiegò spiccia Tikki, senza temere di esser scoperta. «C'è la sua faccia in copertina, dietro Jagged Stone, e di recente è anche apparsa in televisione. So che ha molte foto di te in camera.»

   «D'accordo», le concesse il ragazzo, non abbassando la guardia, «ma come fai a sapere che è stata lei a regalarmi il portafortuna?»

   «Io e Ladybug ti abbiamo visto alla festa del suo compleanno, al parco, mentre gliene regalavi uno simile realizzato da te.»

   Adrien sgranò gli occhi: dopo lo scontro con Befana, Ladybug era rimasta in zona a vigilare su di loro, assistendo così alla scena? «Non avrà frainteso la situazione, spero!»

   «No, non direi», lo rassicurò Tikki, sorridendogli ancora con affetto. «Ciò non toglie che tu tenga molto a quella ragazza.»

   «Certo che sì», ammise il giovane senza indugio. «Marinette è fantastica.»

   «E, dimmi, porti sempre con te anche i regali degli altri tuoi amici?»

   Fece per parlare di nuovo, ma questa volta si trovò in difficoltà. Chiuse la mascella, si mordicchiò l'interno della bocca, e infine sospirò. «Hai mai considerato l'idea di metterti in politica?» s'interessò di sapere, facendola ridere di nuovo e riprendendo a scendere le scale, mentre dentro di sé avvertiva un non meglio definito rimescolio. Appena pochi giorni prima, anche Plagg aveva insinuato che lui avesse una cotta per Marinette, ma Adrien era certo che le cose non stessero così: per quanto meravigliosa potesse essere lei, nel suo cuore non poteva esserci che Ladybug.


Marinette non vedeva l'ora di riconsegnare Plagg al suo legittimo proprietario. Non perché lo trovasse davvero fastidioso, quanto perché sulla strada che li stava conducendo dal Maestro Fu, quell'ingordo aveva preteso che lei si fermasse in un negozio di generi alimentari per poter finalmente avere un po' di camembert. Certo non sarebbe stato comunque di ottima qualità come quello che gli forniva sempre Chat Noir, si preoccupò di farle sapere, ma per quella volta avrebbe potuto soprassedere.

   «Grazie per la concessione», rispose Marinette, uscendo dal minimarket e tappandosi il naso mentre infilava il pezzo di formaggio nella borsetta. «Povera Tikki...» osservò poi, seriamente dispiaciuta. «Spero non la prenderà a male quando scoprirà che il suo rifugio segreto è diventato puzzolente quanto un caseificio. Laverò la borsa non appena tornerò a casa.»

   «Avresti dovuto farlo comunque», replicò Plagg, la bocca piena di morbida pasta salata. «Qui ci sono ancora briciole di biscotti.»

   «Erano quelli che le avevo dato stamattina, mentre eravamo al parco», spiegò la ragazza, sperando che nessuno facesse troppo caso a lei, intenta com'era a parlare apparentemente con se stessa. «Con te che mi sei capitato fra i piedi all'improvviso, non ho avuto il tempo di fare niente.»

   «Ti ricordo che sei stata tu a rapirmi», le rinfacciò l'altro.

   «Cosa?!» gracchiò Marinette, fermandosi nel bel mezzo del marciapiede e agguantando la borsetta per fissare negli occhi quella piccola peste. «Ripetilo, se ne hai il coraggio!»

   Plagg mandò giù il boccone. «Non credo tu stia facendo una bella figura, in questo momento.»

   Costretta a dargli ragione, sia pur di malavoglia, lei ingoiò la rabbia e si fece ricadere la tracollina sul fianco, riprendendo a camminare ed ignorando gli sguardi dei passanti che sicuramente l'avevano presa per matta. «Meno male che siamo praticamente arrivati, se no...» Lasciò volutamente la frase in sospeso e fu una fortuna, perché dalla direzione opposta alla sua stava sopraggiungendo qualcuno che lei conosceva fin troppo bene.

   «È quel portone lì», stava dicendo Tikki al suo nuovo amico, proprio un attimo prima che i suoi occhioni azzurri si posassero su Marinette. Corse a nascondersi dentro il taschino della giacca di Adrien, inducendo quest'ultimo a chiedersi cosa fosse mai successo. Il giovane alzò lo sguardo sulla strada e si fermò di scatto, imitato subito dalla compagna di classe, proprio davanti all'abitazione del Maestro Fu.

   «A-Adrien... che sorpresa...» balbettò la ragazza, felice e preoccupata al tempo stesso per quell'incontro fortuito. Nessuno doveva sapere dei suoi legami con l'anziano guardiano dei miraculous, benché lui vivesse sotto mentite spoglie.

   «Già...» ridacchiò Adrien, nervoso per quell'inconveniente – per quanto piacevole potesse essere in realtà. «Anche tu qui per una passeggiata?»

   Marinette avrebbe potuto – e voluto – dirgli di sì, approfittando della cosa per affiancarsi a lui e fare un giro insieme, così da recuperare il tempo perso quella mattina per colpa dell'incidente avvenuto al parco. Le sue responsabilità, però, la richiamavano al presente, strappandola alle solite fantasie romantiche che sgomitavano per prendere il sopravvento come al solito. Abbozzò un sorriso. «Eh... no, in realtà... ehm... Sono qui per un massaggio», buttò lì, ricordandosi quale fosse la copertura del Maestro Fu. Vide Adrien spaesato per quella sua affermazione e si affrettò ad aggiungere, perdendo, com'è ovvio, la lucidità mentale: «Non perché io sia una vecchia piena di reumatismi, in realtà sto più che bene! Una fanciulla nel fiore degli anni! È solo che... sai, stamattina, nella calca, sono caduta e ho battuto la spalla destra a terra e ora mi fa male.» Nel dirlo, mise la mano sulla spalla sinistra ed iniziò a ruotare il braccio.

   Pur perplesso per quell'incongruenza fra parole e azioni, il giovane fece buon viso a cattivo gioco: dopotutto, il suo obiettivo era quello di dribblare la presenza dell'amica per raggiungere il Maestro Fu senza ulteriori intoppi. «Mi dispiace per la tua spalla... spero guarisca presto» iniziò, comunque dispiaciuto sul serio per lei. «In realtà io passavo per caso da queste parti e mi sono ricordato che qui abita monsieur Chan, uno dei miei insegnanti di cinese», spiegò con fare sicuro, forte del fatto che non fosse del tutto una bugia. «Così ho pensato di passare da lui per chiedergli una cosa che non ho capito bene durante l'ultima lezione.»

   «Oh, capisco», disse la ragazza, non dubitando neanche per un secondo delle sue parole. «Non ti trattengo, allora.»

   «Né io trattengo te», replicò l'altro. «La tua spalla è senza dubbio più urgente.»

   «Allora... ci vediamo domani a scuola.»

   «Certo, buona serata.»

   «Grazie, anche a te.»

   In barba a quello scambio di saluti, nessuno dei due si spostò di un centimetro. Imbarazzati, ridacchiarono nervosamente rifuggendo l'uno lo sguardo dell'altra. Infine, decisi a trarsi d'impaccio, si mossero nello stesso istante, bussando insieme al citofono del Maestro Fu. Stupiti e allarmati, tornarono a guardarsi, la punta delle dita ancora pressate l'una sull'altra, almeno fino a che la voce dell'uomo non irruppe fra loro, invitandoli ad entrare.

   «Non... sapevo che monsieur Chan facesse anche i massaggi...» cercò di capirci qualcosa Adrien, mentre saliva con Marinette verso l'appartamento del guardiano.

   «Ah, davvero?» farfugliò la ragazza, spaesata almeno quanto lui. «Io invece non sapevo che desse anche lezioni di cinese...» Quante coperture aveva, il Maestro Fu? Soprattutto, come avrebbe fatto ad esporgli il proprio problema in presenza di Adrien?

   Quei dubbi più che legittimi li accompagnarono fino alla soglia d'ingresso, dove trovarono ad accogliergli il padrone di casa. I suoi piccoli occhi a mandorla brillavano per la curiosità, mentre sulle sue labbra spiccava un sorriso sornione. «Adrien... Marinette... Qual buon vento?» domandò, guardandoli dal basso della propria statura e lisciandosi la barbetta grigia. Era chiaro come il sole che quella situazione lo divertisse parecchio.

   «Ho bisogno di un massaggio», rispose telegrafica la ragazza, sperando che lui cogliesse il vero significato di quella frase.

   «Ed io di una spiegazione extra sull'ultima lezione di cinese», disse invece il giovane, mostrandosi per una volta più insicuro della propria amica, molto più avvezza di lui ad avere a che fare con l'anziano guardiano dei miraculous.

   Ridendosela sotto ai baffi per quella situazione delicata e al limite del ridicolo, l'uomo annuì e fece loro cenno di entrare in casa. «Vi preparo un po' di tè.»

   «Cosa...?» si lasciò scappare Marinette, presa alla sprovvista. «No, aspetti! È... È urgente!»

   «Lo è anche la mia domanda!» le diede man forte Adrien, benché gli paresse brutto mettersi davanti persino alla spalla sofferente dell'amica.

   Agitati com'erano, nessuno dei due si accorse del guizzo magico che comparve attorno a loro e che indusse il Maestro Fu ad aprire le labbra in un sorriso più marcato. «Sono certo che i vostri affanni non sono poi così urgenti», commentò con fare sibillino, voltando loro le spalle e dirigendosi verso la cucina. «Accomodatevi, si risolverà tutto senza problemi.»

   Cosa stavano a significare, quelle parole? Fu questo che si domandarono i ragazzi, vedendolo sparire alla loro vista. Il guardiano aveva già capito quale fosse il loro vero problema? Se sì, come aveva fatto? Il kwami che avevano perso si era forse già recato da lui in attesa di essere riconsegnato al legittimo proprietario? In tal caso, dovevano affrettarsi a lasciare lì quello del proprio collega.

   Scambiandosi uno sguardo furtivo e dandosi timidamente la schiena a vicenda, Marinette schiuse la borsetta, mentre Adrien aprì appena il lembo della tasca in cui si era rifugiata Tikki. Con sua enorme sorpresa, però, al posto della creaturina rossa vi trovò il suo amico dalle orecchie a punta che ancora smozzicava il camembert appena comprato. Meravigliato e felice come un bambino, tirò finalmente un sospiro di sollievo. Anche Marinette riacquistò il sorriso non appena si accorse che l'eccentrico Plagg aveva lasciato il suo posto alla piccola Tikki, alla quale la ragazza subito riservò un'affettuosa carezza con la punta di un dito.

   Tutto era tornato alla normalità, per fortuna, ed entrambi i ragazzi furono liberi di rilassarsi. Al punto che, quando il Maestro tornò da loro, si accomodarono tutti e tre attorno al tavolo senza più muovere alcuna protesta, l'umore decisamente risollevato.




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Non vi si può davvero nascondere nulla. Ammetto comunque che era abbastanza prevedibile che Adrien avesse trovato Tikki al posto di Plagg. Credo che fosse un confronto necessario, fra i quattro, perché questo potrebbe aiutare i nostri due prosciuttini a riflettere su determinate cose. Spero di cuore che prima o poi avvenga anche nella serie. ç_ç
A parte questo, mi scuso se non ho ancora risposto ai vostri messaggi, correrò a farlo ora! Il punto è che al lavoro ho ripreso col botto e con le sostituzioni, quindi ho ancora meno tempo di prima, sigh. E temo che a partire da settembre ne avrò ancora meno! @_@ Non mi arrendo, comunque, ormai è una sfida che voglio portare a termine. Le idee ci sono, la voglia anche. È il tempo che manca e, quando c'è, ci si mettono di mezzo gli imprevisti. Sospetto che ci sia un complotto.
Ad ogni modo, vi ringrazio di cuore per essere ancora qui a leggere, con la speranza che sia questo che i prossimi capitoli continuino ad entusiasmarvi ancora.
Buona domenica! ♥
Shainareth



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