Capitolo decimo


«È da prima che ti vedo assorta e quasi imbronciata», esordì Tikki quando salì con lei in camera per posare lo zaino al termine delle lezioni. «Non sei felice per questo appuntamento?»

   Marinette sospirò. «Non è un appuntamento», chiarì anzitutto, con l'intento di non illudere inutilmente se stessa. «E sì, certo che sono felice.»

   «A guardarti non si direbbe», constatò il kwami, seguendo le sue mosse mentre prendeva alcuni biscotti e li infilava nella borsetta in caso di emergenza. «Hai forse deciso di rinunciare a lui?» In tutta onestà, la ragazza non aveva deciso un bel niente. Pur con tutta la buona volontà, non ci riusciva, era troppo presto. L'unica cosa che poteva fare, giunti a quel punto, era aspettare e vedere cosa sarebbe successo, sperando di poter almeno fare chiarezza con se stessa. Comprendendo quella sua confusione, Tikki le si fece vicina e le sorrise con affetto. «Il tempo è la cura a tutto», riprese in tono dolce. «Forse porterà nuove risposte o magari delle novità inattese.» Marinette accennò un sorriso pieno di gratitudine. «Ora pensa solo a goderti questo pomeriggio con il tuo amico Adrien.»

   Confortata ancora una volta da quell'amica insostituibile, la ragazza si affacciò al balcone, in attesa che Adrien tornasse a prenderla con l'auto di famiglia. Avevano preferito non recarsi al parco subito dopo le lezioni per non attirare l'attenzione degli altri: dal momento che il loro rapporto risultava fraintendibile, ad occhi estranei, era bene evitare di alimentare sospetti al riguardo o avrebbero entrambi finito per non potersi frequentare in piena libertà e in modo spensierato. C'era, in realtà, anche un'altra ragione per cui avevano optato per quella soluzione, benché l'uno non ne avesse fatto parola con l'altra: al di là degli strepiti di Chloé, Adrien non voleva sentirsi sotto pressione nel caso Nino li avesse visti, e Marinette voleva evitare la medesima cosa sfuggendo all'occhio vigile di Alya. Erano i loro migliori amici e di sicuro l'indomani, se non quella sera stessa, avrebbero raccontato loro ogni cosa; ma in quel momento volevano che quello rimanesse un loro segreto. Avevano bisogno di far chiarezza con loro stessi e, affinché ciò avvenisse, dovevano confrontarsi l'uno con l'altra, senza filtri e senza interventi esterni – per quanto discreti e a fin di bene potessero essere.

   Alzando gli occhi al cielo, Marinette storse il naso: all'orizzonte, oltre l'imponente Notre-Dame, si scorgevano dei nuvoloni scuri e minacciosi. Sperò che il vento che si era alzato non aumentasse, correndo il rischio di spingerli fin lì e magari rovesciare acqua sulla città. Anche se non era un appuntamento, quello che si erano dati lei e Adrien, voleva comunque passare un pomeriggio senza inconvenienti e, se ci fosse riuscita in barba ai suoi sentimenti contrastanti, cercare di rilassarsi in qualche modo. Vide l'auto della famiglia Agreste svoltare l'angolo e avvicinarsi alla sua abitazione e, senza perdere tempo ed ignorando lo specchio ad ulteriore conferma che non voleva vedere in quell'uscita un secondo fine, si affrettò giù per le scale.


«Rieccoci, finalmente», esordì Adrien attraversando con lei l'ingresso del parco, mentre alle loro spalle l'auto ripartiva e li lasciava soli in quella loro avventura introspettiva. Perché altro non era che quello, il loro incontro: riflettere insieme, ascoltare il proprio cuore e cercare di capire come comportarsi in futuro. Non se l'erano detti, però, tanto che Adrien aveva come fine primario quello di risollevare il morale della sua amica, mentre Marinette quello di assecondare l'innocente desiderio di lui di tornare in quel posto insieme. «Potremo goderci il parco in santa pace, oggi.»

   «Peccato non sia la migliore delle giornate», osservò la ragazza, scrutando il cielo sempre più ombroso.

   «Cerchiamo comunque di renderla tale», fu l'ottimistica risposta che ricevette. «Soprattutto, meno noiosa, visto che questa volta non dovremo posare per monsieur Vincent. A proposito, appena mi faranno sapere una data per il servizio vero e proprio, te la comunicherò. Nel frattempo, è assai probabile che Nathalie contatti i tuoi genitori per avere il permesso per lasciarti partecipare al lavoro. Semplici scartoffie burocratiche per non avere problemi legali, visto che siamo entrambi minorenni.»

   Marinette attese che il giovane finisse di parlare per farlo a sua volta. «Adrien», iniziò esitante. Lui le rivolse la propria attenzione, posando sui suoi quei grandi occhi verdi che tanto amava. Subendo tutto il fascino di quello sguardo, la ragazza lo rifuggì, fingendo di interessarsi a ciò che accadeva intorno a loro, dai bambini che correvano spensierati in mezzo al verde ai cani che passeggiavano con i loro padroni, dagli amanti dello jogging alle coppiette abbracciate e intente a scambiarsi tenerezze. «Sai, ci ho pensato e... non so se sia una buona idea. Che io faccia coppia con te per questo servizio fotografico, intendo.»

   Adrien arrestò il passo, inducendola a fare altrettanto. «Perché?» domandò, rendendosi conto di esserci rimasto male. Sapeva che Marinette amava la moda, senza contare che, oltre ad essere una sua fan, si era anche mostrata interessata all'intera faccenda. Perché, dunque, tirarsi indietro proprio adesso? «Pensi ancora che potresti combinare qualche guaio? Non accadrà, ne sono certo.»

   «No, non è solo questo...» tentennò lei, non trovando ancora il coraggio per dirgli la verità.

   «Allora è perché ti sei convinta di non essere alla mia altezza?» la incalzò il giovane, che proprio non riusciva a capacitarsi di quella rinuncia da parte sua. «Ti assicuro che sei molto più carina di tante altre presunte modelle», le fece sapere, trafiggendola al cuore e provocandole una lieve palpitazione.

   «G-Grazie...» balbettò Marinette, cercando di mantenere il sangue freddo, benché avvertisse il calore salire al viso. Doveva essere arrossita e questo la mise sul chi va là: doveva smetterla di mostrarsi così fragile davanti a lui. Non certo per una mera questione d'orgoglio, quanto perché doveva togliersi dalla testa – e soprattutto dal cuore – che Adrien le parlasse in quel modo per un secondo fine. Serrò i pugni, prese un bel respiro e ci provò: «È solo che... temo che alimenteremmo ancora i pettegolezzi circa il nostro rapporto.»

   «Oh», commentò lui, che non aveva ancora riflettuto sulla questione. «Quindi è questo che ti preoccupa?» La vide annuire e sorrise. «Marinette, a me non importa», le assicurò, stringendosi nelle spalle per sottolineare che ciò che aveva appena detto corrispondeva alla verità. «Gli altri possono pensare di noi ciò che vogliono, per quel che mi riguarda», ribadì per essere più chiaro. «Facendo il modello, mi trovo spesso sulla bocca della gente e la fantasia dei fan è piuttosto bizzarra e scatenata, il più delle volte.» Senza contare ciò che sentiva e leggeva riguardo al suo alter ego mascherato. «Certo, se per te è un problema che il tuo nome sia associato al mio... è un'altra storia.»

   Marinette alzò il capo quasi di scatto, fissandolo con occhi sgranati. «Stai scherzando?!» esclamò d'istinto. «Adrien, per me è un onore!» aggiunse senza vergogna, lasciandolo di stucco. Quando si rese conto, dall'espressione di lui, di aver parlato troppo, tornò ad arrossire e ad abbassare la testa, senza tuttavia interrompere il contatto visivo. «Il punto è che non vorrei che sorgessero problemi... sai, come quello di ieri.»

   «Ti riferisci a Joël?» domandò allora il giovane, iniziando a capire dove lei volesse arrivare. Marinette annuì di nuovo, tacendo tuttavia sull'altro reale motivo che l'aveva spinta a pensare di rinunciare a quella bella opportunità: non volersi illudere. Adrien le si fece più vicino, facendola irrigidire. «Stamattina si è scusato con me per quanto è successo.»

   «Mi aveva anticipato che lo avrebbe fatto», spiegò la ragazza. «Ho parlato con lui, prima dell'inizio delle lezioni, e si è scusato anche con me. Sembra un bravo ragazzo.»

   «Lo è, difatti», le assicurò l'altro. Nella confusione del momento, Marinette ebbe il terrore che Adrien parlasse per Joël, magari cercando di farla interessare a lui. «Come più o meno tutte le vittime di Papillon, se ci pensi», aggiunse però il giovane, scacciando immediatamente quel pensiero dalla mente di lei. «Fortuna che a noi due non è ancora capitato.»

   «E speriamo non capiti mai», rispose subito la ragazza, che solo in quel momento si rese conto che, nella loro classe, erano gli unici due ad essere stati graziati dalle akuma.

   «Quindi? Farai il servizio fotografico con me?» volle sapere il giovane, gli occhi che brillavano di speranza. Marinette sentì le ginocchia tremare, ma si impose di resistere e di avere la forza per dirgli di sì. Vide un'ombra attraversare lo sguardo di Adrien, come se fosse stato improvvisamente colto da un dubbio o, a sua volta, da un ripensamento. «Certo... a meno che tu non abbia paura che a fraintendere sia qualcun altro», lo sentì aggiungere, quasi in un balbettio confuso.

   Aggrottò le sopracciglia, credendo di non aver ben capito. «In che senso?»

   Adrien si portò una mano dietro alla nuca, segno evidente che si trovava a disagio. «Un... eventuale innamorato o qualcosa di simile.»

   Marinette lo fissò a bocca aperta, senza tuttavia vederlo realmente. Cos'aveva appena detto, quello sciocco? Quasi indispettita, s'imbronciò. Poi si ricordò che Adrien non poteva sapere quanto stesse male per lui e si lasciò andare ad un sospiro stanco e rassegnato. «No, nessun innamorato», gli fece sapere infine.

   In tutta onestà, Adrien non si era aspettato quella risposta. Aveva piuttosto immaginato che Marinette nicchiasse la sua domanda, non che gli mentisse. Non poteva contraddirla, chiaramente, perché in teoria lui non avrebbe dovuto sapere delle sue sofferenze sentimentali, perciò fece buon viso a cattivo gioco, immaginando che la ragazza avesse infine deciso di mettersi il cuore in pace per quell'amore non corrisposto o, più semplicemente, provasse vergogna a confidarsi con lui.

   «Se non ci sono altri ostacoli...»

   La vide abbozzare un sorriso, fissandolo di sottinsù con aria timida ma felice. «D'accordo, hai vinto. Sarò la tua partner nel servizio fotografico.»

   «Non te ne pentirai!» fu il commento allegro del giovane, che subito riprese a camminare nel verde di quel posto incantevole. «Sarà un po' stancante e a tratti noioso, è inutile nasconderlo», le spiegò per amor di onestà, «ma con te sarà anche più interessante e divertente.» Nel preciso istante in cui lo disse, Adrien seppe che era vero. Ogni volta che si trovava in compagnia di Marinette, gli sembrava che le giornate avessero una svolta positiva, come se lei portasse un piccolo, genuino raggio di sole nella sua vita. Occhieggiò nella sua direzione quando la vide affiancarsi a lui e, notando il suo sorriso, si sentì felice e orgoglioso di essere riuscito a dissipare quelle incertezze che erano state sul punto da indurla a rinunciare all'opportunità di addentrarsi un po' di più nel mondo della moda, che tanto le interessava, e soprattutto di trascorrere altro tempo insieme a lui.

   «Come va la tua spalla?» le chiese poi, ricordando del loro incontro dal maestro Fu. Marinette parve cascare dalle nuvole e lui fu costretto ad essere più preciso. «Non dicevi di averla battuta qui al parco, per via di una caduta?»

   «Oh! Oh, sì! Giusto!» tartagliò la ragazza, che si era del tutto dimenticata di quella storia. «È a posto, grazie! Il... Il mio... fisioterapista... è davvero in gamba», spiegò nella speranza di essere convincente. «E tu... Cioè, non sapevo che fosse anche un insegnante di cinese... Quindi... hai risolto il tuo dubbio?»

   «Sì, certo. Lui... Il maestro Chan è molto bravo nel suo lavoro, sa spiegarsi molto bene.»

   «Sono felice di saperlo. È una persona straordinaria.»

   «Straordinaria, sì. Sono d'accordo.»

   Calò il silenzio, fra loro, mentre procedevano lungo uno dei viali del parco. Sebbene il tempo non fosse dei migliori, il posto era comunque affollato. Il vento si era alzato ancora, portando sulla città le nubi che prima erano soltanto visibili all'orizzonte, e l'aria si era rinfrescata. Forse in serata avrebbe piovuto. Adrien vide Marinette incrociare le braccia al petto, stringendosi nelle spalle. «Se hai freddo, possiamo tornare indietro», le disse, dispiaciuto per quel repentino annuvolarsi.

   «E rimandare ancora la nostra avventura fino al belvedere?» rispose la ragazza, che non voleva saperne di tornare a chiudersi in camera sua ad arrovellarsi sui suoi contrastanti sentimenti per lui e sul loro rapporto in generale. «Se non ti spiace, vorrei rimanere.»

   Felice di sentirla parlare in quel modo, Adrien le fece dono di un sorriso sghembo, lo stesso tipo di espressione che assumeva di solito quando indossava la maschera e stava per dire qualcuna delle sue spacconate. «Vuoi dunque sfidare le intemperie insieme a me? Non ti facevo così temeraria.»

   Marinette rise, benché si sentisse vagamente confusa da un'improvvisa sensazione di déjà-vu. «Sono ancora molte, le cose che non sai di me», gli rivelò con aria cospiratoria.

   «Potrei dire lo stesso», le assicurò lui, gonfiando il petto ed ostentando una boria che non possedeva affatto. «Sarà una buona occasione per conoscerci meglio», aggiunse poi, sinceramente contento di avere l'opportunità di mostrarsi a Marinette per ciò che era davvero. Con il passare del tempo si era reso conto che lei era l'unica con cui gli riuscisse di essere più spigliato e sfacciato di quanto apparisse agli occhi dei più. Adrien cominciava a credere che Marinette fosse la sola con cui si sentisse davvero a suo agio, e se avesse avuto l'opportunità di parlarle con il cuore in mano, se avesse potuto rivelarle anche il suo più intimo segreto, era certo che lei lo avrebbe custodito a sua volta nel cuore, proprio come faceva lui.

   «Te la senti di passare di nuovo sul ponte dell'altra volta?» le domandò quando furono ad una biforcazione. «In alternativa, potremmo prendere quello più lungo, che attraversa il lago. Sempre che tu non soffra troppo di vertigini.»

   «Fidati», cominciò la ragazza con un sorriso divertito sulle labbra, «con tutte le volte che Chat Noir mi ha portata a spasso sui tetti...»

   «Non sapevo lo frequentassi abitualmente», la prese in giro il giovane, assumendo di nuovo un'espressione indisponente.

   Marinette arrestò il passo e arrossì, un cipiglio scandalizzato dipinto in viso. «N-No!» esclamò con un tono forse troppo alto, tanto da indurre qualcuno a voltarsi nella loro direzione. «Intendevo solo dire che mi ha salvata in più di un'occasione e...» Tacque quando si rese conto che Adrien stava sghignazzando sotto ai baffi per quella reazione esagerata: sul serio l'aveva provocata apposta per farle saltare la mosca al naso? Che disgraziato... Tornò in sé e alzò il capo con fare deciso. «Potrei comunque vantarmi della sua amicizia, sai?»

   Stupito da quella confidenza insperata, l'altro si fece tutto orecchi: Marinette lo considerava suo amico anche quando portava la maschera? Era a dir poco fantastico! Felice come un bimbo, volle saperne di più. «Ti cacci volontariamente nei guai per farti salvare da lui o cosa?»

   «Quanto sei dispettoso...» borbottò lei, non riuscendo tuttavia a nascondere il divertimento per quell'insolita, accattivante piega che aveva preso il discorso.

   Adrien scosse il capo, continuando nel suo nuovo gioco. «Te l'ho detto, ci sono lati di me che ancora non conosci.»

   «Chissà se, quando tornerò a casa, sarò ancora una delle tue fan...» ribatté la ragazza in tono meditabondo. In verità si chiedeva tutt'altro, e cioè se i suoi batticuori, se lo stato confusionale in cui precipitava tutte le volte che Adrien faceva o diceva qualcosa, sarebbero passati nel momento esatto in cui si sarebbe resa conto che colui con cui aveva a che fare era tutt'altro che quel perfetto compagno di classe di cui giurava di essere innamorata. Da tempo aveva capito che, sotto quella patina di galanteria e quel faccino da bravo ragazzo, Adrien nascondeva molto di più. Lo aveva sospettato in diverse occasioni, ma il dubbio più grande l'aveva assalita quando lui le aveva praticamente teso un agguato all'indomani dello show televisivo in cui tutta Parigi aveva scoperto la sua enorme e preoccupante collezione di foto del figlio di Gabriel Agreste.

   «Esagerata...» rise lui, decidendo per lei il tragitto che avrebbero fatto da quel punto in poi. Marinette lo seguì senza ribattere, sentendosi stranamente più a suo agio. Ormai non balbettava più da tempo, quando gli parlava, e riusciva a reggere un'intera conversazione con lui senza troppi sgambetti emotivi. Si domandò se non fosse il caso di andare più a fondo alla questione prima di decidere se rinunciare o meno al suo amore per Adrien, e si rispose di sì: aveva bisogno di conoscere quel ragazzo, di conoscerlo per davvero. E, a quel punto, capire se era innamorata di lui sinceramente o soltanto per metà – quella più superficiale.

   Rallentarono l'andatura quando arrivarono al pont des Suicidés e si scambiarono uno sguardo per farsi coraggio ed un sorriso, quasi volessero esorcizzare il timore che potesse nuovamente accadere qualcosa di brutto. Era stato lì che, appena due giorni prima, qualcuno aveva tentato di emulare quegli antichi abitanti di Parigi che volevano accomiatarsi dalla vita, e loro non erano riusciti ad intervenire in tempo in qualità di supereroi – era però stata una grande fortuna che le forze dell'ordine presenti nel parco avessero scongiurato il peggio.

   Come sempre, a dispetto dei nuvoloni e del vento e dell'odore di pioggia presente nell'aria, la strada che conduceva al tempietto della Sibilla sul belvedere era piena di gente, e l'ultima volta che ci erano stati avevano finito col perdersi di vista. Fu questa la ragione che spinse Adrien a porgere la mano alla sua amica, che dopo un momento di esitazione, la strinse nella propria. Provava ancora le solite, forti emozioni di sempre, Marinette, eppure adesso si sentiva più calma, forse perché sapeva che i gesti e le parole del giovane erano privi di malizia e, dunque, rivolti a lei unicamente per gentilezza e senso di protezione. Quel pensiero le provocò un brivido: era questo che stava avvertendo, ora? Era la mano di Adrien, adesso, a comunicarle quella sicurezza che fino a quel momento lei aveva provato solo con Chat Noir? Era dunque Adrien, il ragazzo giusto per lei?

   Lo sarebbe, se non fosse innamorato di un'altra... Sospirando davanti a quella dannata verità, Marinette decise di scacciare via quei pensieri inutili e nocivi, rinsaldando la presa sulla mano di quello che avrebbe dovuto considerare soltanto un buon amico. Ecco, si disse allora, doveva pensare a lui come se fosse stata in compagnia di Chat Noir: qualcuno che le scaldava il cuore, ma con il quale non avrebbe mai potuto condividere la gioia dell'amore. Era una mera illusione, lo sapeva bene, poiché i suoi sentimenti smentivano tutti quei buoni propositi; tuttavia, era anche l'unico modo in cui lei avrebbe potuto affrontare la faccenda fino a che, come aveva detto Tikki, il tempo non avesse aggiustato ogni cosa.

   Procedettero sul ponte in silenzio, mano nella mano, ognuno perso nei propri pensieri. Se da un lato Marinette continuava a farsi forza, dall'altro Adrien era tornato a chiedersi quale sfumatura avesse in realtà quel profondo affetto che lo spingeva verso di lei. Appena ventiquattr'ore prima era stato sul punto di dichiararsi a Ladybug, mentre ora era lì con un'altra ragazza. In tutta onestà, seppur rammaricato di non aver potuto rivelare alla sua partner i propri sentimenti, era in parte contento di non averlo fatto: sarebbe stato giocare sporco, nascondendo Chat Noir dietro un viso senza maschera. Era a dir poco assurdo, ma le cose stavano proprio così. Più ci rifletteva, più Adrien cominciava a capire che ciò a cui anelava era pura utopia: sebbene la parte più indomita e romantica del suo essere continuasse a sperare in un lieto fine, in lui stava infine facendosi strada la consapevolezza che si trattava di un amore impossibile, e non soltanto perché Ladybug non era in grado di ricambiare i suoi sentimenti, quanto perché sarebbe stata una relazione a metà. Per quanto volesse convincersi che la maschera che lei portava in volto non rappresentasse un ostacolo, la verità era che lui stesso non conosceva che quella. Adrien sapeva che non era possibile abbattere quello scoglio, ne valeva il bene comune: se Papillon, o chi per lui, avesse messo in difficoltà uno dei due e lo avesse costretto a rivelare l'identità del proprio partner, sarebbe stata la fine. Avrebbe fatto meglio a rinunciare?

   Avvertì le dita di Marinette stringersi attorno alle sue e si volse nella sua direzione, incrociando quei grandi occhi azzurri che tanto gli piacevano. Sarebbe stato davvero così grave rinunciare a Ladybug per lei? Quel pensiero lo turbò, e lui non seppe capirne la ragione. Alla mente gli tornò che proprio lì, due giorni addietro, Ladybug era stata ad un passo da lui, in incognita, e che magari lo aveva visto insieme a Marinette. Aveva frainteso, forse; o forse no. Adrien le aveva comunque giurato di non provare altro che amicizia per quella sua straordinaria compagna di classe, che tuttavia, appena pochi minuti dopo, lo aveva stregato e imbrigliato con la forza del proprio amore, disperato quanto il suo.

   Le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere giù dal cielo, sporadiche ma pesanti. «Vieni», disse il giovane, tirandola verso di sé ed incitandola a proseguire per l'ultimo tratto di strada che li separava dal belvedere. «Mettiamoci al riparo nel tempio.»

   Marinette lo seguì senza esitazione, incurante della gente che aveva iniziato a correre in cerca di un riparo o nella direzione opposta, forse con l'intento di lasciare il parco prima che si scatenasse il diluvio. Si affrettarono su per la scalinata che portava al tempio e lì si strinsero insieme agli altri visitatori che, come loro, avevano scelto di rifugiarsi sotto al tetto circolare della piccola costruzione. Senza che potesse evitarlo, Adrien spinse gentilmente Marinette addosso ad una delle alte colonne del tempietto e si pose davanti a lei, quasi a volerle fare da scudo contro la piccola folla che si era asserragliata lassù. «Confesso che non era proprio questo, che immaginavo...» scherzò, tentando di smorzare la tensione. Lei ridacchiò, il cuore che le batteva forte per quella vicinanza insperata. A tratti riusciva persino a sentire il respiro caldo di lui sul viso e ogni sua difesa venne prepotentemente abbattuta quando qualcuno spintonò Adrien e i loro corpi finirono per entrare del tutto in contatto. Lo sentì biascicare delle scuse impacciate, ma tutto ciò che lei fu in grado di fare fu nascondere il viso contro la sua spalla e aggrapparsi con entrambe le mani ai lembi della sua giacca, aperta sul davanti. I gomiti poggiati contro la colonna dietro di lei per far leva e non schiacciarla del tutto, il giovane si crogiolò di quel goffo e involontario abbraccio, senza rendersi minimamente conto che ormai Ladybug era del tutto sparita dalla sua mente. Non riusciva a pensare più a nulla, avvertiva solo il calore di Marinette e la tenerezza dei suoi gesti, che accrescevano in lui quel senso di protezione che aveva sempre avuto nei suoi confronti. «Marinette...» chiamò con voce roca, non sapendo bene neanche lui cosa volesse dirle. I loro sguardi si sfiorarono ancora una volta ed un tuono sconquassò il cielo.



*****************************************************

Ve lo aspettavate? No, eh? Ve l'ho detto che ora riesco almeno a respirare! Tanto più che ho iniziato anche il capitolo diciassette, benché sia ancora in alto mare. Credo che saranno in tutto diciotto (massimo diciannove), più l'epilogo, quindi direi che ci siamo quasi.
Altra cosa che nessuno di noi si aspettava è il primo episodio della terza stagione, che andrà in onda questo sabato in Spagna. Si ricomincia. E persino col botto, a quanto sembra. Mi chiedo solo se non fosse stato meglio aspettare la primavera per avere una cadenza degli episodi più regolare rispetto a quanto fatto con la seconda stagione.
Non mi dilungo oltre, perdonate come sempre i miei ritardi, se potete, e grazie di cuore per tutto. ♥
Shainareth




Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top