½. 𝐌𝐎𝐋𝐓𝐎 𝐁𝐋𝐎𝐎𝐃, 𝐏𝐎𝐂𝐎 𝐋𝐔𝐒𝐓
𝐌𝐎𝐋𝐓𝐎 𝐁𝐋𝐎𝐎𝐃, 𝐏𝐎𝐂𝐎 𝐋𝐔𝐒𝐓
𝐒𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐚 𝐏𝐚𝐫𝐭𝐞
"Raven!", la ragazza si voltò verso sua madre. Gwendolyn ignorò un paio di poliziotti che la fissarono male e sorpassò il nastro giallo con la raccapricciante scritta 'Crime Scene'.
"Dio mio!", Raven si sentì stretta tra le braccia di sua madre. Il primo contatto umano da ore. Tranne quello di Yuri. Anche se lui non era umano. E di certo Raven non era la sua persona preferita.
"Ho visto il telegiornale. E un attimo dopo Yuri mi ha chiamata.", la strinse più forte. Solo allora Raven ricambiò l'abbraccio. "Credevo fossi morta, Raven. Pensavo che loro ti avessero fatto di nuovo del male. Grazie a Dio stai bene."
Grazie a Marvin, pensò a malincuore Raven.
Gwen sciolse l'abbraccio. Ritrovandosi una di fronte all'altra, Raven pensò che sarebbe stata simile a lei quando sarebbe cresciuta. Certo, con qualche caratteristica di suo padre, tipo gli occhi verde scuro e il carattere risoluto. Ma Raven per il resto somigliava alla famiglia di sua madre. Le vennero le lacrime agli occhi. Marvin non l'avrebbe mai vista una volta cresciuta. Aveva perso l'unica figura paterna che le fosse rimasta.
"Tesoro,", la madre le accarezzò i capelli accorgendosi che fossero sporchi di sangue, "andiamo a casa. La mamma ti prepara un bel bagno caldo come quando eri piccola. Non mi frega nulla che siamo in Florida e che l'umidità qui è al novanta per cento."
Raven non potè fare altro che un debole sorriso. Si appoggiò alla madre per camminare, troppo stanca per farlo da sé, e fu allora che il telefono incastrato nella tasca posteriore dei jeans, squillò. Si era persino dimenticata di possederne uno. Nel mondo incantato del BloodLust non c'era spazio per i telefoni.
Raven aggrottò le sopracciglia e si chiese chi mai la chiamasse a quell'ora del mattino, dato che sua madre era con lei ed erano appena le sei del mattino.
Un numero con un prefisso diverso da quello di Miami.
"Pronto?"
"Raven.", voce ferma.
"Sì? Chi parla?"
Se fosse stata lucida e se non fosse successo quello che era successo, Raven non avrebbe mai risposto al telefono.
Lo avrebbe avvertito già dal prefisso sbagliato, che non si trattava del solito call center.
"Raven sono tua nonna. Rosalie McNair.", disse il suo nome come se fosse la professoressa di una Università prestigiosa. O una regina.
"Oh.", fu ciò che riuscì a dire. Si ridestò. "Scusa ma questo non è un buon momento."
La madre le chiese chi fosse. Raven la fissò senza vederla realmente.
"Immagino, certo. Ma hai compiuto diciassette anni da più di un mese. E vorrei ricordarti che hai fatto una promessa.", disse con voce fredda, nonostante le parole.
Raven si passò una mano tra i capelli incrostati di sangue. Aveva assolutamente bisogno di quel bagno caldo.
"Io... lo so. Ma questo non è un buon momento, credimi. Ti richiamo io più tardi, davvero. La chiamata sarà a mio carico. A risentirci." Raven chiuse la telefonata prima di cambiare idea, o prima che sua nonna la convincesse a prendere il primo volo per la Scozia, seduta stante, così vestita e sporca.
"Chi era?"
"Un altro problema. Ma al momento voglio solo quel bagno bollente."
Gwendolyn fece un sorriso materno. "Torniamo a casa."
Tre ore dopo Raven cadde stanca sul letto. Tolse l'asciugamano che avvolgeva i capelli bagnati e lasciò che si spargessero intorno a lei come un ventaglio.
Prese il cellulare dal comodino e lo accese. Lo aveva spento quella mattina per il terrore che sua nonna la richiamasse.
La promessa.
"Vorrei ricordarti che hai fatto una promessa Raven."
"D'accordo. Tu e tua madre potete andare. Ma devi promettermi che tornerai quando avrai compiuto diciassette anni, Raven. Prometti."
Lo schermo del cellulare si illuminò. Le arrivarono una sfilza di messaggi da vecchi compagni di classe e conoscenti. Entrambe le categorie non si facevano mai sentire. Persino qualche ragazzo che era uscito con lei quell'estate, le chiese come stava e se fosse tutto a posto.
"Se hai bisogno di qualcosa io ci sono", recitavano vari messaggi, tutti uguali.
"Nel caso in cui tu abbia bisogno di aiuto o di qualcuno con cui parlare, non esitare a chiamarmi."
Raven si chiese cosa sarebbe successo se avesse chiamato davvero qualcuno di loro.
Avrebbero risposto vedendo il suo numero comparire sulle schermo? O avrebbero riso alle spalle della povera Raven, che aveva assistito ad un massacro mentre lavorava al BloodLust?
O forse avrebbero solo provato pietà nei suoi confronti, parlando con i propri genitori di quanto fosse sfortunata e che magari le serviva uno psicologo per elaborare la cosa.
Ma Raven aveva solo bisogno di una spiegazione.
Perché i Vampiri si erano avventati sugli umani lì presenti? Ne conosceva una buona parte di vista o per averci parlato un paio di volte, o magari perché Marvin e Yuri ne parlavano. Ma nessuno si era mai comportato così, senza controllo. Capitava che qualcuno fosse più violento, ma buona parte di loro sapeva controllare le proprie inclinazioni.
I Protettori della Notte non permettevano che qualcuno di loro venisse ammesso nella società umana, prima che fosse in grado di controllarsi in presenza degli esseri umani. Con l'avvento di internet le probabilità che qualcuno li scoprisse erano più alte che mai, perciò erano sempre attenti.
Almeno questo era ciò che Raven aveva saputo fino ad allora.
Ma quello non era stato un impulso incontrollato. Era stato un attacco di massa. Magari premeditato.
Che ci fosse una guerra tra i Vampiri? Magari qualcuno ce l'aveva con Yuri o...
"Raven?"
Le ci vollero un paio di secondi per riprendersi dai pensieri.
Sua madre entrò in camera sua e si sedette sul letto. "Smettila di rimuginarci su. Credo che tu ora abbia solo bisogno di dormire. Il BloodLust rimarrà chiuso per un po' a causa delle indagini. Non so per quanto tempo. Credo che chiuderà, comunque. Per quanto i Vampiri possano essere... ammalianti, nessuno entrerebbe più in un luogo testimone di una strage di quella portata."
Non sapeva se esserne contenta o meno. Che rimanesse fino alla fine dei tempi o che chiudesse per sempre, Raven era certa che non sarebbe mai più entrata al BloodLust. E poi tra pochi giorni sarebbe cominciata la scuola. Non avrebbe avuto né il tempo né la forza di lavorare di notte in quel locale.
Che senso aveva poi, senza Marvin?
Per non tralasciare il fatto che non sarebbe mai più riuscita a prendere in mano uno strumento. O a cantare.
Rabbrividì sotto l'asciugamano.
"Raven.", Gwendolyn le posò una mano sul ginocchio. "Perché non mi dici chi era al telefono?"
Raven sospirò e si mise seduta sul letto.
"Nonna Rosalie.", fu quasi costretta a dire. Per quanto avrebbe potuto tenerglielo nascosto? "Mi ha chiamata e mi ha ricordato della promessa che le ho fatto prima di partire, tre anni fa."
Se si fossero trovati in un cartone animato, a sua madre sarebbero usciti gli occhi dalle orbite e le sarebbe caduta la mascella al suolo.
Raven scosse la testa. "Bella merda. Non sono dell'umore per affrontarla."
"Potresti prendere questa scheda telefonica e buttarla via. Così non riuscirebbe più a trovarti.", sorrise.
"Ce la farebbe invece. Come credi che abbia avuto questo numero? Non gliel'ho di certo dato io, e nessuno dei miei cugini in Scozia lo ha, così che a nessuno di loro sarebbe venuta la brillante idea di darglielo", sbuffò. "È inutile: quella donna mi troverà ovunque andrò."
@/Silver_Grant_
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