Capitolo 9
O EVOLVI O MUORI
Salgo sul treno di ritorno per Brightintown all'ultimo minuto, frastornata e piena di pacchi come un albero di Natale. Prendo posto nella mia carrozza e mentre sento il fischio del treno in partenza chiudo gli occhi e affondo nel sedile.
Chester...
Ed ecco che i miei pensieri tornano a tormentarmi.
Staccare la spina per le feste mi ha fatto davvero bene.
Nonna Eveline - la mia omonima - mi ha costretta a preparare così tanti biscotti con lei, mentre mi raccontava tutte le sue avventure con nonno James, da non lasciarmi un solo minuto per pensare a Chester. Non ho mai conosciuto nonno James, è morto prima che io nascessi, ed è per questo che mi piace così tanto ascoltare i racconti di nonna Eveline.
Adesso, però, che sfreccio a tutta velocità verso casa, sono costretta a fare quello che avrei dovuto fare in questi giorni a Bateson: capire come affrontare la mia relazione con Chester.
Ci siamo solo scambiati gli auguri di Natale per messaggio, ma niente di più.
L'ho immaginato seduto ad una grande, grandissima tavolata di famiglia a parlare di moto con Big Chester, mentre la dolce Meghan Meyer aiutava la futura suocera a preparare il tacchino al curry.
Solo ad immaginarlo, per poco non rimettevo tutta la cena di Natale.
Penso che Alex veda la nostra situazione come una semplice avventura, ma il fatto è che a me questa cosa proprio non va giù. Dovrei troncare, lo so, ma ho dimostrato già più di una volta che, quando Chester sfodera il suo sguardo suadente, la mia razionalità mi guarda con aria penosa, fa spallucce e se ne va, abbandonandomi in un vortice di cieca e travolgente passione, ripetendo tra sé e sé "questa è un caso perso".
Lavorerò ancora con Alex per i giorni che mancano alla fine del mio stage: ho due giorni a stretto contatto con lui per provare a capire meglio tante cose.
«Come mai non finirò la settimana nel settore commerciale?» chiedo sorpresa.
Appena atterrata alla casa editrice, stamattina, Big Chester mi ha chiamata a rapporto per comunicarmi che, in questi ultimi giorni prima della conclusione dello stage, devo restarmene nel mio ufficio a leggere un racconto breve.
«Il settore commerciale è noioso, Eveline. Volevo solo che gli dessi un'occhiata, ma il tuo contributo è più prezioso quando ti occupi di quello che ti piace fare: leggere» mi dice con un sorriso.
Sorrido a mia volta in segno di approvazione e me ne torno quatta quatta nel mio ufficio.
Chester sa che oggi non saremo insieme?
Forse potrei andare a fargli un saluto con il pretesto di avvisarlo...
Salgo al terzo piano, mi dirigo verso l'ufficio di Alex e vedo che la porta della sua stanza è chiusa. Era chiusa solo quando stava con me, non ricordo di averla mai vista chiusa in altre occasioni... Oddio, non ci sarà mica qualcun'altra al posto mio?
Busso.
«Alexander...?» provo a chiamarlo, ma niente.
Silenzio assoluto.
«Ehi, tu...» una voce alle mie spalle mi fa sussultare. «Mi cercavi?».
Mi giro e lo guardo, lui sorride.
«Sì... sai che oggi non lavoriamo insieme?» gli chiedo.
«Mio fratello avrà cambiato idea sul farti vedere questo settore», dice mentre apre la porta del suo ufficio con le chiavi, «però già che sei qui, ora... potresti restare solo per un po'...» sussurra tirandomi a sé e richiudendo la porta alle nostre spalle.
«No, aspetta, e se tuo fratello scopre che non sono nel mio ufficio?».
La mia domanda viene soffocata e dimenticata da una serie interminabile di baci.
«Ora torniamo a lavorare...» dice alzandosi in piedi, senza farmi una coccola e senza neanche aver scambiato due chiacchiere.
Socchiudo gli occhi, in segno di disappunto. Questo suo modo di fare non mi sta piacendo neanche un po'.
«Questa situazione tra noi ha preso proprio un brutto taglio...» penso a voce alta, mentre Alex si riabbottona la camicia.
Lui ci pensa un po' e poi: «Pensi che dovremmo dare un taglio a questo "taglio"?» chiede ironico.
«Beh, sì...» ribatto, abbottonandomi il corpetto. «Sai come si dice, in questo come in altri casi, "o evolvi... o muori". Capisci cosa intendo?»
«Sì... è la stessa cosa che accade nell'evoluzione della specie...» cerca di deviare o di sembrare acculturato, non riesco a comprendere fino in fondo questa sua risposta.
«Mi hai presa in giro sulla cena... non l'abbiamo mai fatta» preciso in un impeto di coraggio.
«La faremo... solo che questo non è il momento più appropriato», dice mettendomi elegantemente alla porta, «è meglio che tu vada, adesso, ho tante cose da fare qui e anche tu avrai sicuramente del lavoro da sbrigare. A presto Eve.»
«Aspetta, non mi hai neanche dato un bacio per salutarmi...» le parole mi sfuggono di bocca.
«Ah, non ti ho salutato prima?» e mi poggia un veloce bacio sulle labbra. «Ciao».
Esco dall'ufficio di Chester e mi sento uno straccio.
Non lo sopporto quando fa così, quando è freddo e controllato, per niente affettuoso. Nei nostri momenti di intimità è completamente diverso, sempre così dolce e tenero.
Proprio non capisco i suoi repentini cambi d'umore...
Mi sa che avrei fatto meglio a leggere quel maledetto racconto nel mio ufficio stamattina.
Il mio ultimo giorno alla Chester Publishing è volato in men che non si dica. Prima di andare via sono passata a salutare tutte le persone che ho affiancato durante il mio percorso.
L'ufficio di Alex era vuoto e una signora dalla chioma platino, che ho incontrato nei corridoi, è stata così gentile da dirmi: "Se cerchi Alexander, oggi non c'è, è in ferie".
Bene, io non ne sapevo nulla.
Ultima tappa è l'ufficio del grande capo.
Big Chester mi consegna l'attestato con la mia scheda di valutazione.
«Vieni qui», dice abbracciandomi, «ci mancherai bella brunetta!».
Ricambio l'abbraccio un po' imbarazzata.
«Hai dimostrato di essere molto preparata ed eclettica... non sparire, eh? Ci risentiamo alla fine del tuo Master, se ti andrà di tornare qui da noi...» mi dice.
«Grazie di tutto, Mr. Chester. Collaborare con voi è stata una bellissima esperienza» gli stringo la mano ed esco dal suo ufficio.
Prima di lasciare l'edificio, mi prendo del tempo per me e faccio un giro per tutte le sale della casa editrice che hanno fatto da sfondo alle tappe più belle di questa mia avventura.
Ognuna di loro ha ospitato un'emozione diversa e racchiude in sé un ricordo di questa esperienza indimenticabile. La sala rossa della presentazione, in cui Chester mi ha rapita all'improvviso, la vecchia stanza fumatori di Mr. Rogers, dimora di una stupenda notte di passione nei lontani anni '20, il salone della festa di Natale al primo piano dove stavo per avere un mancamento quando ho conosciuto Meghan, la macchinetta del caffè nella sala ristoro dove tutto ha avuto inizio, l'ufficio di Chester e... il terrazzo.
Sì, devo farlo. Prima di andare via, vorrei solo vedere quel panorama per un'ultima volta.
Torno a casa e mi tuffo sotto la doccia. Nello stereo scorre una playlist di Shawn Mendes: ogni canzone diventa la colonna sonora di una scena del mio film mentale, creato con un mix di ricordi dei momenti vissuti con Alex.
Uscita dalla doccia, mi accorgo di avere un messaggio non letto.
"Ancora al lavoro?", è Chester.
"No, sono a casa... Mr. Chester mi ha lasciato andare via prima. Oggi è stato il mio ultimo giorno...", digito e invio.
"Che stai facendo?", mi chiede.
"Appena uscita dalla doccia, e tu?".
"Se mi ricordi l'indirizzo, sto arrivando da te", scrive, con uno di quegli emoticon con l'occhiolino e la linguaccia.
A casa mia? Vuole venire qui a casa mia?
"154, Roosevelt Street", e invio, mentre cerco qualcosa di sexy da indossare.
Sento il cuore tamburellarmi nel petto.
È la prima volta che Chester entra a casa mia, vede dove o come vivo, tutte le mie cose. Penserà che non sono una donna alla sua altezza, io non navigo mica nel lusso come lui...
Tutte le mie preoccupazioni si dissolvono come una nube di vapore quando sento suonare il citofono.
Eccolo, è lui. E un brivido mi percorre la schiena.
«E come ti sei sentito in quel momento?» chiedo ad Alex, mentre chiacchieriamo stesi nel mio letto.
Lo guardo di lato, con la testa poggiata sul suo petto nudo.
«Mmmh...» mugugna cercando una risposta alla mia domanda.
«Mh, che domanda sciocca ti ho fatto», lo interrompo, «tu non hai sentimenti», dico, «ecco, aspetta... vediamo se riesco a dartene un po'...» scherzo, fingendo di prendere qualcosa dal mio cuore e di metterlo nel suo.
Lui ride e mi guarda di sbieco.
«E' vero che non ho sentimenti... ma non è una bella cosa» dice guardandosi intorno.
Sta scrutando la mia stanza, il posto dove vivo, che sicuramente non ha nulla a che vedere con i posti a cui è abituato lui, ma sembra esserne incuriosito.
Poi riprende: «Nel lavoro mi pongo sempre nuovi obiettivi e realizzarli mi dà molta soddisfazione... ma nelle relazioni, non so, non provo niente...» ammette.
Per un attimo quelle parole mi fanno stringere gli occhi.
Non provo niente.
«E allora perché sei qui?» gli chiedo.
«Perché tu...», ci pensa un po', «tu emani un'energia positiva che mi piace tanto» dice. «E poi perché con te è sempre tutto così naturale, divertente... sto bene» conclude poi.
Lo guardo e sorrido, proprio non ci riesco a non sciogliermi davanti a quei suoi occhi da orientale.
«Meghan ha trovato casa», mi rivela, «tornerà a Capetown a metà gennaio...».
Perché me lo dice? È un buon segno, no?
«Come mai è finita tra te e Meghan?» domando.
«Lei viveva la nostra storia orientata ad avere un futuro: il matrimonio, dei figli... io non sono pronto e ne abbiamo parlato. Voglio dire... già ora, vivendo con lei, mi sono reso conto che mi sento soffocare, mi mancano i miei spazi, il tempo da dedicare ai miei amici, alle mie passioni», mi racconta, «prima la nostra storia era diversa, vedersi solo una volta ogni tanto... e poi la convivenza deve essere frutto di una scelta condivisa e non dovuta al fatto che lei ha perso la sua casa...» prosegue come un fiume in piena.
«Eri innamorato di lei?»
«Mah, non lo so», risponde pensieroso, «forse all'inizio, ma adesso sicuramente no. E se già adesso non lo sono, ammesso che avessi deciso di sposarmi con lei, come sarebbe stato tra dieci anni? Non voglio ripetere gli errori di mio fratello...» confessa.
«Quindi Mr. Chester è sposato?»
«Lo è stato in passato, adesso è divorziato da ormai quattro anni...» dice e fa una pausa. Poi aggiunge: «Nonostante tutto, però, non nascondo che, a volte, penso che vorrei innamorarmi davvero...»
«Sei tu che chiudi la porta in faccia a questa possibilità», dico diretta, «prendi noi, ad esempio: sei tu che hai chiuso questa nostra situazione sempre e solo tra le quattro mura di una stanza, che sia questa in cui siamo adesso o una qualsiasi della tua casa editrice...»
«Lo so, ho tenuto queste porte chiuse di proposito», riponde, «sono porte che, se aperte, portano a delle conseguenze che, adesso, non posso, anzi... non voglio, gestire».
Dà una veloce occhiata al suo Rolex: «Si è fatto tardi», afferma, «devo andare» e mi schiocca un bacio sulle labbra.
Mentre si riveste, guardandosi nello specchio del mio armadio: «Anche oggi abbiamo parlato...» mi fa notare.
Io gli sorrido alzandomi dal letto, lo abbraccio alle sue spalle: «Un passetto alla volta... piccoli passi», gli sussurro posandogli un bacetto sulla guancia.
Ciao amiche e amici lettori e lettrici, oggi ho deciso di pubblicare un capitolo in mattinata e uno in serata. Quindi il prossimo è in uscita alle 19 😊
Se il capitolo vi è piaciuto, datemi un feedback lasciando una ⭐ e se qualcosa vi ha colpito potete lasciare un commento 💬
Nell'attesa del prossimo capitolo, colgo l'occasione per ringraziarvi della fiducia che riponete in me 💕 vi abbraccio forte forte, virtualmente 🤗
Claudia 🖋️
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