Capitolo 4
GRANDI TENTAZIONI E PICCOLI SEGRETI
“Che ne dici se ti porto a vedere la mia nuova casa a Mellport, stasera?”.
“Chester, mi deludi… Gli uomini che vogliono portarti subito a casa non hanno mai delle buone intenzioni”, digito in risposta al suo messaggio e invio.
“Ti dimostrerò che ti sbagli, Valentine. Io saprò controllarmi, tu, piuttosto, sei sicura di saperlo fare?”.
“Non sfidarmi, perderesti...”, premo il tasto invio soddisfatta.
Sulla scia dell’appuntamento e dei caldi baci della notte scorsa, Chester è deciso a portarmi a casa sua. Dopo avergli accennato della mia passione per l’Italia, tra le mille chiacchiere all’Old Theater, si sta dando da fare per recuperare una bottiglia di Chicca, un vino italiano dal sapore corposo e dolce, che mi piace tanto.
Io, invece, sono letteralmente terrorizzata. Mi spaventa la chimica, la ricchezza spropositata e ostentata, quasi fosse un’arma di seduzione, e la minaccia alla mia vita tranquilla e banale. L’attentato alla mia libertà e stabilità mentale. Lui mi piace… tanto. Ma il mio sesto senso continua a fremere e a gridarmi di non fidarmi. Perché?
Se mi concedo, solo per un attimo, di ripensare alla scorsa notte, ho i brividi alla fine della schiena.
È senza dubbio il mio tipo: il suo modo di fare, di parlare, di toccarmi, di baciarmi… Con lui è esattamente come era con Francisco, un desiderio travolgente e lancinante.
Col tempo, però, ho scoperto che vivere una notte di fuoco non serve mai, soprattutto quando pensi che l’altra persona abbia due caratteristiche: incarna il tuo ideale ed è indisponibile emotivamente. Il sesso mi metterebbe solo KO, e non posso permettermelo. Non di nuovo, non stavolta. Non con Chester.
Parcheggiamo la Tesla fiammante di Alex ai piedi di una enorme villa, sul litorale di Mellport. Di fronte a noi una spiaggia libera di sabbia sottile è illuminata dalla luce della luna alta nel cielo. L’oceano è una tavola nonostante sia pieno inverno.
Chester apre un cancello automatico ed entriamo in un giardino curato nel quale troneggia una grande jacuzzi coperta per via della stagione fredda. Alle spalle, attraversiamo un portico e lui apre la porta ed accende le luci.
La casa prende vita e si mostra ai miei occhi. Sembra letteralmente una scatola di ghiaccio. Ha i muri bianchi, il soffitto è costellato di piccoli faretti di luce fredda e il perimetro è quasi interamente a vetri. L’immagine del Pacifico regna sovrana, come fosse un dipinto naturale e in movimento.
Cerco di non avere nessuna reazione.
«Ti piace?» mi chiede con gli occhi che gli brillano, cercando la mia approvazione.
«E’ molto bella», mi limito a dire, accennando appena un sorriso e fingendo totale assenza di stupore.
Beh, io vengo da una famiglia che non mi ha fatto mancare mai nulla, per carità. Ma una tale ricchezza non ha mai fatto parte della mia vita. In realtà, non sono mai stata interessata a queste cose. Per me una bella casa è una casa che trasmetta il calore di cui una persona come me può aver bisogno. Piccola, luminosa, accogliente. Tutto questo è sicuramente molto bello, ma Chester ha quel suo modo di ostentarlo, che mi fa venire voglia di dirgli: “Oh, beh, sai… sono la figlia di Jeff Bezos, se hai fatto di recente qualche ordine da Amazon, dirò a papino di occuparsene personalmente”. Questo pensiero mi fa alzare gli occhi al cielo, fortuna che Alex è tutto preso ad avviare il suo mega impianto Dolby Surround e non può vedermi.
«Accomodati, Eve...» dice, indicandomi l’enorme divano di pelle bianca – questi ricchi sono ossessionati dai divani di pelle? – posizionato lateralmente alla grande vetrata.
Le note di “We don’t talk anymore” invadono l’intero appartamento, lui mi sorride e prende una bottiglia di vino da una busta.
Ho una fitta allo stomaco. Una delle nostre canzoni… mia e di Francisco.
«Benvenuta in Italia, signorina!» dice strizzandomi l’occhio, mostrandomi la targhetta della bottiglia.
Le sue parole e il suo fare ammaliante dissolvono istantaneamente i miei ricordi.
È il mio vino italiano preferito, l’ha trovato davvero… che carino però…
Un paio d’ore più tardi ho collezionato un giro della mega villa – con Chester nei panni di uno spietato agente immobiliare, intento a mostrarmi, camera per camera, tutte le più assurde stregonerie di elettronica di cui sono dotate, tra cui quella che ha suscitato la mia simpatia è stata un televisore che si spegne da solo se gli dai le spalle, noi donne dovremmo imparare molto da questo aggeggio -, due calici del mio vino preferito e il goffo racconto della volta più strana della vita di Chester. In un’isola greca, nell’androne di un’abitazione. Avrà anche molti soldi, ma la fantasia devono avergliela tolta per compensazione.
Lui ha bevuto poco più di me e, complice il vino rosso, si è poco alla volta avvicinato sempre di più.
«Non sei per niente affettuosa, Valentine...» mi ammonisce con fare suadente, spostandomi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. «Morbidi, lisci e color cioccolato con le sfumature color… miele. Mi piacciono...» dice, accarezzando i miei capelli.
«Non cercare di sedurmi, Chester. Dov’è finito il tuo tanto decantato autocontrollo?»
«Deve essere colpa del vino. Ti ho già detto che il vino non lo reggo bene…» sussurra, accoccolandosi accanto a me.
Le mie braccia restano incrociate sul petto, in segno di chiusura.
Voglio proprio vedere che cosa farà. Che voglia di baciare ancora quelle labbra…
«Non vuoi che mi avvicini a te? Bene, allora non lo faccio...» dice prendendo le distanze da me.
No, non allontanarti!
«Non è questo», sussurro con gli occhi bassi, mentre bevo l’ultimo sorso di Chicca dal mio calice, «è che più mi sei vicino… più diventa difficile…» dico, alzando gli occhi su di lui.
«Più difficile? Cosa?» chiede languido, senza togliermi lo sguardo di dosso e avvicinandosi pericolosamente a me.
Prima che possa accennare alla benché minima risposta, le sue labbra sono di nuovo sulle mie. Le sue mani si perdono nei miei capelli e io abbandono le braccia intorno al suo collo in segno di resa, chiudendo gli occhi e lasciandomi rapire totalmente dal sapore di vino e dalle note speziate del suo disarmante profumo.
Quando torno in me, mi accorgo di essere seduta a cavalcioni su di lui, mentre le sue mani cercano di sbottonare la mia camicetta.
No, no, no. Eve, ragiona! Aspetta! Vuoi veramente quest’uomo, Eve? Tirati indietro, ORA!
«Alex», dico tra un bacio e l’altro, «…tu hai dimostrato di non avere autocontrollo, ma io sì…» sussurro sorridendo e stampandogli un bacetto sulle labbra. «Si è fatto tardi, è meglio che mi riporti a Brightintown, domani si lavora…».
Lui continua a baciarmi.
«Va bene... ti riporto a casa», sussurra tra un bacio e l’altro.
Prima di andare faccio un salto in bagno, mi do una sistemata veloce ai capelli e passo le dita sotto gli occhi per togliere l’alone nero del mascara un po’ colato.
Mi guardo allo specchio.
Brava, è giusto così, mi dico.
Non voglio finire anche io, in men che non si dica, come chissà quante altre prima di me, nuda nel lettone tondo con il materasso ad acqua di Chester. Gli renderei le cose troppo facili. Il suo lusso e il suo fare da timido ubriaco non riusciranno a sedurmi più di quanto non abbiano già fatto, rischiando, che una volta ottenuto ciò che vuole, Chester, come chi lo ha preceduto, scompaia dalla mia vita.
Mentre mi aggiusto la camicetta, rimettendola nei jeans, un bottoncino si impiglia e cede tintinnando per terra.
Maledizione. È la mia camicetta portafortuna, devo ritrovarlo.
Mi piego e tasto il pavimento finché non lo raccolgo. Nel rialzarmi, noto una strana cesta sotto il lavandino. La osservo e rimango immobile per qualche istante. Spalanco gli occhi: un grande phon per capelli, un astuccio trasparente con il bordo rosa e una confezione di assorbenti.
Ma… ma che diavolo ci fa una cosa del genere nel suo bagno?!
Ho sempre odiato il lunedì mattina, e, oggi, lo odio ancor di più. Fisso con fare inebetito il manoscritto che dovrei finire di valutare oggi, ma non riesco a leggere neanche una riga.
Ho passato tutta la notte a cercare una spiegazione razionale che collocasse quella cesta semi-nascosta e piena di accessori femminili nel bagno di un trentenne single.
È per le sue ospiti occasionali?
È della madre?
Lui e Big Chester hanno una sorella di cui non mi ha parlato?
Alex era una donna e aveva le sue cose?
No, quest’ultima ipotesi non è razionalmente sostenibile.
Il mio istinto di donna grida una sola cosa: Chester ha una ragazza, mia piccola ingenua.
Non è possibile, ha detto di essere single!
E se fosse vecchia roba della tipa di Capetown? No, bambolina, la casa è nuova.
È vero, diavolo, mi ha detto di essersi trasferito lì da qualche settimana.
Uscendo dal bagno avrei potuto chiedergli: “Ehi, campione! Di chi sono gli assorbenti nella cesta?”, ma, beh, chiaramente ho preferito non farlo. Mi sono limitata a sembrare naturale e a farmi chiamare un taxi che mi riportasse a casa, usando la scusa che non volevo che guidasse, considerando che era un po’ alticcio. Così, mi ha messa su un taxi, mi ha dato un veloce bacio sulle labbra, accompagnato da un “Buonanotte, Eve”, ed è rientrato nella sua tana di ghiaccio.
«Eveline, buongiorno!»
Big Chester si materializza sulla porta del mio ufficio, facendomi tornare con un balzo nel presente.
«Come va con il manoscritto?» mi chiede.
«Buongiorno a lei, Mr. Chester», saluto fingendo di non aver bisogno degli stuzzicadenti per tenere su le palpebre, «bene, mi ci vuole solo un’oretta e ho finito» aggiungo.
«Ottimo, potrai lasciare i tuoi preziosi appunti sulla mia scrivania» dice soddisfatto e fa per uscire dalla mia stanza.
«Ah, Eveline», continua, «mercoledì sera abbiamo la presentazione di un romanzo, qui, nella sala rossa al piano terra. Se ti fa piacere, puoi fare un salto. È bello vedere la fine di un lavoro, la prima lettura.»
«Certo, ne sarei felice!» dico veramente contenta dell’invito di Big Chester.
Lui sorride e mi lascia al mio lavoro.
“Vi va una pizza a casa mia, stasera? C’è un mistero di cui dobbiamo occuparci”, digito nella chat con Dawson e Amira.
Devo assolutamente parlare con i miei amici.
«Una cesta con gli assorbenti! Dai, Eve, è chiaro come il sole che in quella casa c’è una donna!» esclama Dawson, versandosi un bicchiere di birra.
Lo guardo per un attimo prima di far sprofondare il mio viso tra le mani.
«Menomale che ti sei tirata indietro…» aggiunge poi.
«Ma scusate, se davvero ci fosse una donna, dov’era ieri? Non è possibile!» obietto io.
«Mmmh, non so che pensare, Eve», dice Amira perplessa, «certo che, se fosse impegnato, avrebbe dovuto dirtelo, soprattutto perché lavori nella sua casa editrice. Voglio dire, mi sembra un po’ rischioso mentirti, no?»
«Scusa, ma oggi cosa vi siete detti?» chiede Dawson.
«Non l’ho visto né sentito. È sparito…» ammetto guardandomi le mani.
«Questa non è una bella cosa, in effetti» dice con disappunto Amira. «Eve, hai già frequentato ragazzi sfuggenti, indecisi, impegnati… La verità è che non vorrei vederti soffrire ancora per un tipo del genere. Tutto qui...» lei ha sempre un atteggiamento materno e dolce.
«Cosa dovrei fare, secondo voi?»
«Lasciare perdere Eve, o almeno aspettare la sua prossima mossa…» sentenzia Dawson.
«Eh si, sono d’accordo con lui, Eve. Aspetta che sia lui a cercarti» conclude Amira.
Mordo un pezzo di pizza per reprimere tutta la mia frustrazione.
Maledetto Chester.
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Per oggi è tutto gente, spero di aver suscitato la vostra curiosità e che vi siate divertiti con Alex ed Eve!
Cosa succederà? Eve parlerà a Chester della sua scoperta?
Lo saprete presto!
Intanto, se il capitolo vi è piaciuto lasciate una ⭐ grazie🙏🏻!
Baci, Claudia 💕
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