Capitolo 17
IL VIAGGIATORE DELLA NOTTE
Il cuore mi martella nel petto. Sono seduta sul divano del mio appartamento, illuminata dalla debole luce dei faretti della cucina, e continuo a fissare il display.
“Ehi tu, come stai?”.
Dopo tutto questo tempo, lui sa dire solo uno stupido: “Ehi tu, come stai?”.
Un messaggio banale, diretto, come quello che si scrive all’amico che non hai sentito per un giorno intero e ti chiedi dove sia finito.
Però mi ha cercata di nuovo…
Oddio, non so che fare.
La tentazione di rispondergli adesso, in questo preciso momento, a mezzanotte inoltrata, è fortissima. Ma non posso farlo.
Mi tornano in mente le parole del libro di Frost e quelle della sua lezione. Richard Frost aveva ragione su tutto, aveva previsto che sarebbe andata così. E aveva semplicemente vietato di rispondere al primo messaggio ricevuto, perché ciò avrebbe significato solo una cosa: soddisfare il suo desiderio di capire se sono ancora nelle sue mani e può fare di me quello che vuole.
Frost sostiene che, quando vuoi veramente qualcosa, non devi avere paura di perderla, anzi… devi perderla, per averla davvero.
Quando l’ho sentito per la prima volta, il suo mi sembrava solo uno strano bisticcio di parole senza senso ma, riflettendoci, non lo è.
Se voglio davvero avere qualche possibilità che Chester mi prenda sul serio, non devo cadere di nuovo, immediatamente e rovinosamente ai suoi piedi – e, peggio ancora, nel suo letto – ma allontanarmi, quel tanto che basta a fargli capire che non ha il controllo su di me e a fargli sentire la mia mancanza, rischiando d’altra parte, però, che lui, solito insensibile, lasci perdere e se ne trovi un’altra.
È una bella matassa da sbrogliare… e per certo so soltanto che non posso farlo in una sola notte. Domattina Amira sarà qui per la colazione, potrò parlarne con lei.
Mi trascino nel letto, appoggio il telefono sul comodino e sorrido, mentre la lucina che segnala un messaggio non letto, continua a brillare a intermittenza nel buio pesto della stanza.
«Non hai ancora letto il suo messaggio?» chiede Amira, strabuzzando gli occhi, mentre le passo una tazza di caffè.
«No, ma che differenza fa? Io non ho le conferme di lettura» rispondo, addentando un biscotto.
«Quindi, significa che lui non saprà mai se l’hai letto o no, giusto?».
Annuisco con la testa.
«Beh, Eve… pensi davvero di non rispondergli?»
«Ho altre alternative? Sono passate tre settimane. Tre settimane in cui lui è sparito in chissà quale buco nero e io dovrei fingere che vada tutto bene?»
«Ehm…» mugugna lei.
«No, che non va tutto bene!» urlo sbattendo le mani sul tavolo ed alzandomi in uno scatto «“Come stai?” mi chiede. Vuoi sapere come sto, Alex? Una merda perché sei sparito senza nessuna spiegazione!»
«Calmati Eve…» interviene lei, toccandomi un braccio, come per invitarmi a risedermi.
Casco sulla sedia: «Mi è mancato tanto», ammetto sommessamente, «ho fatto mille cose per distrarmi, sono uscita con altri, ma lui… solo lui sa accendermi in quel modo, capisci?»
«Lo so, ti conosco da tanti anni ormai. Mi è bastato guardarti quando lo frequentavi per rivedere i tuoi occhi brillare. Ti ho vista così solo con il professor Ruiz…»
«Ecco, Alex è stato l’unico che mi ha fatta sentire come mi faceva sentire Francisco», confesso, «quello che provo per lui ha a che fare anche con il modo in cui mi fa sentire… sempre così in bilico, instabile, non so mai cosa aspettarmi da lui: un momento prima fa la cosa più bella che tu possa immaginare e un momento dopo la peggiore…» continuo di getto. «Però poi lui non prova nulla, e questa cosa mi lascia senza parole…».
Amira resta in silenzio per un po’.
«Eve, è chiaro che la tua testa e il tuo cuore dicono due cose completamente opposte…» dichiara pensierosa.
Amira ha ragione: il cuore mi dice “rispondi”, mentre la testa… beh, la testa scuote la testa e mima “no”. È questa la domanda più odiata di sempre: quale devo seguire?
«Quale devo seguire?» le chiedo.
«Questa risposta non posso dartela io, puoi trovarla solo dentro di te. Prendi il tuo tempo, e quando avrai chiaro cosa fare… agisci!» dice alzandosi. «Ora devo andare, ho il turno al ristorante. Se hai bisogno, chiama» conclude.
La accompagno alla porta e la saluto con un abbraccio.
Mentre finisco di asciugare le tazze della colazione, squilla il telefono.
«Ehi, Eve… sono Chad!» sento un’allegra voce dall’altro lato. «Scusa se vado dritto al punto ma ho un po’ di fretta. Il responsabile della radio sta cercando una ragazza per un nuovo programma serale e ho pensato a te…» dice tutto d’un fiato.
«Chad, vedi… io…»
«Ti ho fissato un appuntamento, bellezza. Alle quattro ti aspetto in radio, metto giù prima che tu possa dire di no. Ciao!» e riaggancia.
«Ciao…» dico da sola.
Io? Un programma radiofonico? Ma scherziamo? Certo, ora come ora, ho finito il master e non ho un lavoro… e poi già un appuntamento…
Oh, Chad, e va bene, hai vinto. Verrò.
«Rullo di tamburi… facciamo un brindisi alla nuova conduttrice de “I viaggiatori della notte”!» dice Chad, mentre i nostri boccali di birra si scontrano.
«Non ci credo ancora!» urlo felice, coprendomi gli occhi con le mani.
Ebbene sì, ho un nuovo lavoro: conduttrice radiofonica!
A quanto pare la ragazza, che inizialmente doveva condurre il programma, ha avuto una borsa di studio per una scuola di arti sceniche in Spagna ed è partita all’improvviso, in un paio di giorni, così serviva una sostituta immediata.
Il capo di Chad, un tale Roland Raynolds, mi ha fatto leggere qualche riga, mi ha spiegato come mandare in onda le canzoni e come prendere le telefonate e in poco più di quattro ore ha fatto di me la voce di questo nuovo programma, che andrà in onda due volte a settimana in fascia notturna. Il format è pensato per tenere compagnia a chi viaggia di notte ed è alla guida, magari da solo.
La prima messa in onda è oggi alle dieci.
«Stai tranquilla, io ti affiancherò nelle prime puntate» mi rassicura.
«Sono così emozionata! Sono contenta di non essere sola, almeno all’inizio…» gli sorrido.
«Vedrai, sarai bravissima! Ora però è meglio andare a casa a darci una rinfrescata e a mangiare qualcosa. Ci rivediamo in radio alle nove e mezza» conclude, posando una banconota sul tavolo.
«Oh no…» dico, rimettendogliela nel taschino della camicia e sostituendola con una mia. «È il minimo che possa fare, dopo quello che hai fatto per me» gli strizzo l’occhio e chiamo un taxi.
Lui mi sorride languido.
«A più tardi!» dico, salendo in auto.
Sono in taxi, diretta verso la radio e sono a dir poco eccitatissima. Se solo qualcuno stamattina mi avesse detto che mi sarei ritrovata a condurre un programma radiofonico, avrei pensato di essere in uno di quei programmi trash in cui fanno scherzi improbabili.
Il messaggio di Chester è rimasto senza alcuna risposta. E non perché io abbia risolto il mio dilemma mente-cuore, sia chiaro, ma perché ho deciso di seguire il consiglio di Amira e di prendermi “il mio tempo”, come, del resto, Chester si è preso il suo.
Il programma radiofonico ha letteralmente monopolizzato tutti i miei pensieri. Chad mi ha regalato un’opportunità affascinante ed inaspettata ed intendo godermi a pieno il momento e fare il possibile per esserne all’altezza.
Scendo dal taxi e l’insegna luminosa della radio per poco non mi acceca: “Beat-HouseFM”. Posso sentire i miei occhi brillare.
Varco l’ingresso e sento qualcuno chiamarmi: «Ehi, Eve!». Chad è dietro di me.
«Carica?» mi chiede, cingendomi le spalle con un braccio, mentre continuiamo a camminare.
Entriamo nella sala dai mille tasti e PC e prendiamo posto su due sedie girevoli di pelle nera e imbottita. Sopra la mia testa c’è un grande schermo con su indicato l’orario esatto in rosso, come un’enorme sveglia da comodino.
«Ecco, indossa queste» mi ordina Chad, porgendomi delle cuffie argentate più grandi della mia testa.
Mancano solo quindici minuti all’inizio del programma. Ripassiamo insieme tutti i tasti che dovrò utilizzare, facciamo un’ultima prova di come si mandano in onda le chiamate degli ascoltatori e conveniamo un gesto con cui io possa chiedergli aiuto. Se voglio che Chad prenda il controllo dei comandi al posto mio, non devo far altro che il numero “tre” con la mano.
«Ah Eve… silenzia il tuo cellulare»
«Sì, lo faccio subito» dico, prendendolo dalla borsa.
Mentre tolgo la suoneria sullo schermo appare la notifica di un nuovo messaggio.
«Eve, ci siamo… due minuti!» urla Chad.
“Tutto bene, Eve?”, un altro messaggio di Chester.
No! Non ci posso credere, non è possibile.
«Eve, togli quel telefono!» grida Chad, strappandomelo dalle mani. «Sei in onda tra cinque, quattro, tre, due, uno… ora!».
«“I viaggiatori della notte” torna tra pochissimo, dopo questa breve pausa pubblicitaria, restate in ascolto» e premo il tasto off-line.
«Eve, stai andando alla grande!» mi abbraccia Chad. «Hai solo tre minuti di pausa» mi comunica.
Il mio cellulare è di fronte a me e la notifica del messaggio di Chester continua a fissarmi.
Preparo il prossimo brano e sono pronta per tornare on-line.
«Ci siamo, Eve… tre, due, uno, ora!»
«Ben trovati, cari ascoltatori de “I viaggiatori della notte”, ho preparato per voi una bellissima canzone ma prima… diamo spazio alle vostre telefonate e alle vostre dediche».
Premo il pulsante della linea uno: «Ciao, sono Eveline, chi c’è in linea?» chiedo.
«Ciao Eveline, sono Sharon» sento nelle cuffie.
«Da dove ci chiami e dove sei diretta, Sharon?» domando alla nostra ospite in linea.
«Chiamo da Rhodesville e sono diretta a Boston, sto andando a fare una sorpresa al mio ragazzo Josh… lui studia lì», dice, «volevo chiederti una dedica per lui, la nostra canzone “I’m calling you” dei Bagdad Cafè».
Chad preme tasti alla velocità della luce e mi mima “ok” con la mano.
«Eccola, arriva… Josh, questa canzone è per te, dalla tua ragazza Sharon» dico e premo il pulsante per mandare il brano.
«Ed eccoci, di nuovo qui… siete in compagnia di Eveline e questo è “I viaggiatori della notte”. Vediamo chi c’è in linea…» recito nel microfono e premo il tasto della linea due.
«Ciao, sono Eveline, chi c’è in linea?» chiedo.
«Ciao Eveline, sono Alexander».
Oddio.
Ho un capogiro.
Quella voce, nelle cuffie…
«Ehm, ciao Alexander… da dove chiami e dove sei diretto?»
«Chiamo da Brightintown e sono diretto a Mellport».
Afferro al volo il foglio davanti a me.
«Stai andando a trovare una persona speciale?» recito poco convinta: è questa la prima frase prevista sul copione per chi risponde solo alla mia domanda, senza aggiungere altro.
Accidenti!
Vorrei mettermi le mani nei capelli, ma ho già le cuffie.
«No, in realtà la persona speciale che vorrei vedere non risponde ai miei messaggi…» dice.
Bum bum, bum bum, bum bum. Il mio cuore batte all’impazzata.
«Ah sì? E come mai?» improvviso, il copione scrive: “fare conversazione”.
«Non lo so, Eveline. Magari puoi aiutarmi a capirlo…»
«Oh, beh… certo. Da donna, ti direi che se una ragazza non risponde ai tuoi messaggi, significa che hai fatto qualcosa che non ha gradito…»
«Mmmh… e che cosa mi consigli di fare?» chiede.
Il copione continua a tacere.
Maledizione.
«Penso che tu possa iniziare con il chiederle scusa…»
«Bene, lo farò. Grazie del consiglio. Ah, la dedica per la mia persona speciale è “Stitches” di Shawn Mendes»
«La sentiamo subito, eccola qui: questa è Stitches» dico tutto d’un fiato.
Premo il tasto off-line e ricomincio a respirare, mentre la voce di Shawn mi risuona nelle cuffie e il mio telefono si illumina di nuovo.
È lui: “Mi dispiace, ti chiedo scusa… potremmo parlare di nuovo al telefono quando finisci? P.s. hai una voce davvero dolce alla radio”.
I miei occhi si fanno lucidi e un brivido mi percorre la schiena.
Chester…
Ciao a tutti, come va la lettura? Contenti del ritorno di Chester? Cosa succederà adesso?
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciatemi una ⭐ e se avete idee su come proseguirà la storia... scrivete nei commenti! 💬
Baci, Claudia 💋
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