Capitolo 16
QUANDO MENO TE LO ASPETTI
È ormai sera inoltrata e io sono ancora intenta a digitare all’impazzata parole su un foglio Word. Nell’ultima settimana ho scritto come un fiume in piena e il mio romanzo ha iniziato a prendere forma.
Sono nel mio appartamento, seduta al tavolo di legno bianco del salotto, il Mac davanti a me e delle scaglie di cioccolato fondente accanto, che rubo di tanto in tanto dalla ciotola trasparente.
Squilla il cellulare. Guardo il display, non conosco il numero. Rispondo perplessa.
«Pronto?»
«Ciao principessa, ti ricordi di me?» sento una voce pastosa dall’altro capo.
Rido: «Jonathan, certo che ricordo!»
«So che ci ho messo un po’ per chiamarti, ma ho avuto dei problemi al bar», spiega, «volevo proporti una tranquilla cenetta domani sera» continua lui.
«Domani sera?» gli faccio eco.
«Sì, alle otto. Mangiare qualcosa insieme, fare due chiacchiere… tutto molto amichevole» lo sento sorridere.
«Va bene» accetto.
Mi piace il modo di fare di Jonathan, riesce sempre a mettermi a mio agio.
«Bene Eve, passo a prenderti domani alle otto.»
«154, Roosevelt Street» rispondo, dandogli il mio indirizzo.
«Perfetto! Buona serata allora, a domani».
Sorrido e metto giù.
Accendo la televisione per sentire cosa succede nel mondo.
“Bene, e ora passiamo alla prossima notizia. È stata oggi conclusa la nuova acquisizione da parte della Chester Publishing. Al tavolo delle trattative, il Presidente William Chester e il suo braccio destro, suo fratello Alexander», legge la giornalista, mentre sullo schermo si susseguono diversi fotogrammi in movimento: la grande insegna affissa sul palazzo della casa editrice, Big Chester che stringe la mano ad un uomo, Big Chester, due uomini e Alex seduti ad un grande tavolo rotondo di cristallo, che appongono firme qua e là.
Il cuore inizia a tamburellarmi nel petto.
Oddio, quanto è bello…
Con un balzo felino afferro il telecomando e spengo la TV.
La testa mi cade tra le mani.
Erano passati talmente tanti giorni senza vederlo… e dovevo vederlo proprio adesso, in televisione?
Maledizione, Chester.
Una moto sportiva arriva sfrecciando e si ferma proprio davanti a me.
Jonathan si toglie il casco e mi saluta con due bacetti sulle guance: «Eveline...»
«Buonasera Jonathan» ricambio, mentre mi passa un casco rosso fiammante.
Lo indosso subito.
«Non hai problemi con le moto, vero?» chiede aiutandomi ad abbottonarlo.
«Nessuno, anzi, mi piacciono molto» sorrido balzando in sella.
«Bene, sapevo che eri una dura… si parte!» annuncia ridendo e dà gas.
Sfrecciamo veloci per le strade di Brightintown. Il vento mi scompiglia i capelli da sotto al casco ed io mi stringo forte a Jonathan per tenere meglio l’equilibrio.
Ci fermiamo dinanzi ad un posto con su affissa un’insegna al luminosa che recita “Sing sing pub”.
Slaccio il casco e scendo dalla moto.
«Come te la cavi con il karaoke, ragazza?» chiede Jonathan guardandomi, mentre mette il cavalletto.
Non dovrò mica cantare?!
«Allora, come stai?» domanda Jonathan sorseggiando la sua birra rossa.
«Ehm… tutto sommato bene», rispondo alzando un po’ le spalle, «e tu?»
«Insomma… abbiamo avuto dei problemi al bar. Si è rotto un tubo di scarico e siamo stati senza acqua e senza clienti per tre giorni… un vero disastro», dice, «ma ora è tutto risolto!»
«Bene, per fortuna! Sai, mi piacerebbe vederlo, il tuo bar…» dico, sorseggiando la mia birra.
«Non è mio, ci lavoro soltanto», sorride, «ma ti ci porterò…».
Ricambio il suo sorriso.
«E quel Chester? È tornato?»
Scuoto la testa socchiudendo appena gli occhi: «No…»
«Ah, Eve… lo farà, stanne certa», afferma prontamente, «solo che questo non sarà di certo un bene…» aggiunge poi.
«Perché dici che lo farà? Come fai ad esserne così sicuro?» domando perplessa.
«Beh, Eve, è semplice: lo farà perché non accetterà l’idea che una donna, bella e giovane come te, con cui prima aveva una relazione, anche solo sessuale, sfugga dalle sue mani, scomparendo nel nulla», spiega sicuro di quello che sta dicendo, «e… come faccio ad esserne così sicuro? Perché sono un uomo anch’io» conclude, strizzandomi l’occhio.
«Vede altre…» dico tristemente, non senza una punta di gelosia.
«Questo sì, può essere, ma non significa niente» risponde posando il suo bicchiere di birra sul tavolo. «Vedi, Eve… uno ricco, come lui, e che ostenta i suoi soldi, come mi hai raccontato l’altro giorno sullo yatch, sarà sicuramente circondato da molte belle donne… ma… quante di queste sono davvero interessate a lui, per il suo carattere o il suo aspetto, e non solo al suo conto in banca?».
La domanda di Jonathan mi coglie un po’ alla sprovvista.
«Oh, beh…» blatero, giocherellando con le punte delle dita.
«Nessuna», risponde al mio posto, «nessuna… a parte te, che non so proprio cosa ci trovi di così affascinante e interessante in lui» conclude ridendo e guardandomi teneramente con quei suoi occhi verde bottiglia.
Ci penso su per un momento, poi rispondo: «E’ stato letteralmente un colpo di fulmine… e poi lui somiglia inspiegabilmente al mio primo amore...»
«Questa non è una giustificazione valida» dichiara lui.
«Sì, lo so. Questo è stato quello che mi ha attratto di lui all’inizio... poi penso di essere stata conquistata dal suo modo di fare, da quel suo essere sempre sfuggente, algido, controllato», dico con aria un po’ sognante, «lui è tutto quello che vorrei essere io, che invece sono una persona emotiva ed istintiva…» concludo poi.
«Penso che tu sia una bella persona, Eve… molto più “umana” di lui».
«Ti ringrazio, è un bel pensiero...» sorrido. «Ma meglio cambiare argomento, parlami un po’ di te, Jonathan, sei di Brightintown o hai fatto qui l’università?»
«No, quale università? Lo studio non ha mai fatto per me», dice, «ho fatto il marinaio sulle barche da quando mi sono diplomato alle superiori per il rotto della cuffia.»
«E’ così che hai messo da parte i soldi per quello yatch?» gli chiedo.
«Oh no, lo yatch l’ho ereditato da Mr. Scott, un facoltoso uomo per cui ho avuto il piacere di lavorare per cinque anni…»
«Wow», dico sorpresa, «ma, quindi, quanti anni hai?» chiedo, cercando di fare un rapido calcolo a mente.
«Ventisei, Eve. Siamo coetanei» risponde con un sorriso.
«Cosa cantate ragazzi?» chiede un’allegra tipetta del pub con un tablet in mano avvicinandosi al nostro tavolo e sfoderando un sorriso a trentadue denti.
«Cantare? Oh… Io…» cerco di dire.
Jonathan mi interrompe: «Noi cantiamo Señorita, Shawn Mendes e Camila Cabello, segna pure!».
La ragazza ci passa i microfoni. Io rido.
«E’ un colpo basso, ti avevo detto che era la canzone dell’appuntamento con Chester» dico, divertita.
«Oh, lo so, mia cara… farò io il tuo Chester stasera…» ride, prendendomi la mano e alzandosi.
Mi alzo, ingurgito velocemente la birra rimasta sul fondo del mio bicchiere, mentre Jonathan mi sta già trascinando al centro della sala e nelle casse risuonano le prime note della base.
«Et voilà…» dice Jonathan con il suo solito fare galante aprendomi la porta e lasciandomi entrare per prima.
Una musica ambient fa da sottofondo a tante persone che chiacchierano tra loro e sorseggiano drinks, sedute ad alti tavoli in wenge.
Ci avviciniamo ad un lungo bancone, mentre un ragazzo e una ragazza preparano cocktails, facendo saltare in aria, con abile maestria, bottiglie di vodka e gin.
«Jonathan qui… nella sua serata libera e in compagnia!» urla la ragazza ridendo e attirando l’attenzione del suo collega.
«Vacci piano, Ross!» grida Jonathan, dando un cinque alla ragazza.
«Allora, bourbon per te» dice il ragazzo dai capelli color caramello, versando un bicchiere e posandolo dinanzi a Jonathan «e a questa bella ragazza cosa posso servire?» chiede poi nella mia direzione.
«Sheridan’s, grazie» rispondo sorridendo.
Lui versa abilmente e mi porge il bicchiere.
«Non fare tanto lo splendido, Austin… questa ragazza è sotto la mia protezione» ribatte Jonathan posandomi un braccio attorno alle spalle.
Austin alza le mani: «Lungi da me…» dice con sguardo furbetto.
«Austin ci prova con tutte, non credergli» interviene la ragazza accanto a lui, passando un Mojito ad un cliente. E io rido divertita.
«E quindi tu lavori qui… mi piace, non ci ero mai stata» commento, in direzione di Jonathan.
«Adesso potrai venirmi a trovare quando vuoi…» risponde, facendo tintinnare il suo bicchiere contro il mio.
«O a trovare me, quando lui non c’è» continua Austin nella mia direzione, strizzandomi l’occhio.
«Non ti arrendi, eh?» risponde Jonathan ridendo. «Vieni, andiamo a sederci a quel tavolo, prima che Austin ti convinca ad uscire con lui…» continua, poi, accompagnandomi ad uno dei tavoli alti.
«Ah, ma poi sei uscita con quel dj della festa? Un altro sciupafemmine alla Austin…» mi chiede, sorseggiando il suo Bourbon.
«Sì, ho scoperto che è il front man di una cover band di Michael Jackson» gli racconto «canta da favola…».
«Quindi sei stata bene con lui?»
«Sì, mi sono divertita. Ma lui voleva subito salire a casa mia…» dico un po’ imbarazzata, sorseggiando il mio Sheridan’s.
«Su questo non avevo dubbi, si intuiva già da quella sera» ribatte con aria saccente.
Lo guardo per un attimo.
«Che c’è?» mi chiede.
«Niente…» scuoto la testa «è che tu non ci stai provando con me».
«E vorresti che lo facessi?»
«No, non intendevo questo... è che non mi capita spesso che qualcuno sia più interessato ad ascoltarmi e a farmi divertire, che a portarmi a letto» spiego, tirando di lato le labbra alla fine della frase.
Lui alza le spalle: «Beh, per me è così» dice sorridendo.
Scendo dalla moto, passo a Jonathan il casco e prendo le chiavi di casa.
«Grazie della bella serata...»
«E’ stato un piacere… quando vuoi, sai dove trovarmi» e sorride.
«Sì… come potrei dimenticarlo, vivi su uno yatch!»
«Ah, Eve… se stasera non ci ho provato con te, è perché so che hai già i tuoi drammi e ti rispetto…» dice. «Ma non credere neanche per un attimo che io non abbia lottato contro una gran voglia di baciarti per tutto il tempo…» conclude, dando gas al motore. «Sei affascinante, intelligente e divertente… apri gli occhi, quando tornerà…» continua poi.
Sorrido e annuisco.
«Buonanotte» dico, mentre lui alza una mano e parte a tutta velocità.
Entro in casa e mi trascino fino al divano.
Ho passato davvero una bella serata. Abbiamo cantato, bevuto, ballato, viaggiato in moto e parlato tanto. E sono contenta che Jonathan non ci abbia provato con me, anche se non nego che sia davvero un bel ragazzo.
La segreteria telefonica di casa lampeggia: un messaggio non ascoltato.
Pigio il pulsante: “C’è un nuovo messaggio: Eve ciao, ti ho chiamato anche sul cellulare, ma dove sei finita? Volevo ricordarti che domattina passo da te per la colazione, ok? Buonanotte amica bella”, è la voce di Amira.
Cavolo mi sono così lasciata prendere dalla serata che non ho mai preso il cellulare dalla borsa.
Lo tiro fuori e il mio cuore all’improvviso sembra fermarsi.
“Amira: 9 chiamate senza risposta”.
Un nuovo messaggio: “Ehi tu, come stai?”.
Oddio, è lui.
Jonathan aveva ragione. Quando meno te lo aspetti...
Chester è tornato davvero.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top