Capitolo 14

DESIDERIO DI COMPLEANNO

«Chester…? Chester…?» sento la mia voce rimbombare tra le sottili pareti del corridoio. Continuo a camminare velocemente, indosso ancora l’abito dorato della festa e sento solo il ticchettio dei tacchi mentre calpesto un pavimento di marmo a scacchiera bianco e nero.

Avanzo a passo sempre più spedito e finalmente trovo una porta con su scritto, bianco su nero, “Alexander Chester”.

«Alex… Alex?» chiedo a voce alta, battendo le nocche ripetutamente sul legno ebano.

«Chi è lei?» una voce alle mie spalle mi fa sussultare.

Mi giro e davanti a me c’è una donna dai lunghi capelli ramati, con due enormi occhi truccati di viola, avvolta da uno strettissimo abito rosso con un lato più lungo dell’altro. Sembra la personificazione di Jessica Rabbit.

«E…Eve», balbetto con il cuore in gola, «cerco Mr. Chester…» le spiego.

Lei scoppia in un’inquietante risatina.

«Eve? Non ho mai sentito parlare di nessuna Eve…» dice, avvicinandosi a me con fare suadente e girando intorno a me per osservarmi. Mi prende il mento con la punta di due lunghe dita affusolate dalle unghie laccate rosso vermiglio, come se volesse guardarmi da vicino.

«Mi dispiace», sentenzia lasciandomi il volto, «non posso farla entrare nell’ufficio di Mr. Chester» conclude allontanandosi.

«Aspetti! Io, io… sono Eveline Valentine… io conosco bene Mr. Chester, voglio solo vederlo un attimo. Per favore!» urlo, ma lei sembra non riuscire a sentirmi.
Torno a bussare ripetutamente sulla porta, urlando il suo nome: «Chester! Chester!».

Poi una voce cupa invade lo stretto corridoio, come un eco, e si fa sempre più vicina: «Chester non sa chi tu sia… Vattene… Ti ha cancellato… Ti ha dimenticato! Va’ viaaaa!» e le pareti si restringono sempre più, stanno quasi per schiacciarmi…

«Aaaaahhh».



Apro gli occhi, ansimando.
Il sole entra da una finestra e mi acceca, li richiudo subito.
«Buongiorno bella addormentata».
Riapro lentamente gli occhi e mi trovo davanti il tizio dello yatch, come si chiamava? Ah sì, Jonathan.

«Si può sapere chi diavolo è questo Chester? Non hai fatto altro che gridare il suo nome» chiede con la sua voce pastosa, poco prima di accendere un frullatore.

Il rumore mi ronza nella testa come un elicottero.
«Puoi spegnerlo?» urlo, cercando di sovrastare il baccano. «Ho un mal di testa pazzesco».

Mi guardo intorno… Ma che diamine ci faccio ancora sullo yatch? E dove sono tutti gli altri?

«Ecco a te…» dice il ragazzo, porgendomi una centrifuga di uno strano colore rosaceo.
Prendo il bicchiere e lo rigiro con fare perplesso.
Mi sollevo un po’ dal divano e mi metto seduta per provare a bere.

«E’ un mio segretissimo elisir post-sbronza», mi spiega, «lo preparo sempre ai miei clienti quando faccio il turno di mattina al bar. Funziona, provare per credere!» dice, sedendosi al mio fianco.

Annuso. Sa di fragola e ha l’odore di qualche erba che devo aver già sentito da qualche parte ma che non riesco ad individuare. Assaggio. Mmmh, pensavo peggio.

«Come mai sono qui? Che è successo ieri sera?» gli chiedo confusa.
«Oh, beh… sul finire della festa, mi sei venuta vicino e mi hai chiesto se potessi dormire qui» risponde, toccando il divano dove siamo seduti, «ti ho detto di sì, eri piuttosto ubriaca per tornare a casa».
Mi metto una mano sulla fronte.
«Non preoccuparti, non ci siamo baciati», scherza lui, «ma… quel ragazzo, il dj che avete portato, ti ha invitata ad uscire e tu gli hai detto di sì, ho assistito personalmente alla scena, è stata piuttosto buffa».

Chiudo gli occhi e un ricordo mi torna in mente anche se un po’ sfocato.
Maledizione, Chad.

«C’è altro che devo sapere?» domando intontita.
«No, nessuna altra rivelazione da farti», risponde Jonathan con un sorriso, «però c’è una cosa che vorrei sapere io da te…»
«Chiedi pure…» dico, sorseggiando l’intruglio che ho tra le mani.

«Chi è questo Chester che abita i tuoi sogni?»
«I miei incubi…» borbotto tra i denti, mentre sento una fitta allo stomaco.

“Va’ via! Ti ha cancellato! Ti ha dimenticato!”

«E’ una storia lunga…» rispondo.
Jonathan guarda l’orologio: «Il mio turno al bar inizia tra cinque ore, pensi di metterci così tanto?» chiede sorridendo.
«Oh… beh, no…»
«E allora ti va di raccontarmela?».
Annuisco e inizio: «Quando ho saputo che sarei stata assegnata per uno stage alla Chester Publishing…».

E man mano che ne parlo, quel nodo allo stomaco sembra pian piano sciogliersi sempre più.



«Accidenti, è una storia complicata...» commenta Jonathan alla fine del mio racconto. «E quanti giorni sono che non vi sentite e non vi vedete?»
«Non lo so… te l’ho detto, Frost sostiene che non bisogna contarli.»
«Devo ammettere che questo Frost è una specie di genio inquietante», dice Jonathan accennando una risata, «ma il suo metodo lo trovo interessante.»
«Proprio così. Ora è meglio che vada…» affermo, mentre cerco un posto dove appoggiare il bicchiere, ormai vuoto, che ancora tengo tra le mani.
«Dai a me...» sorride lui.
«Grazie, mi sento molto meglio» ammetto, con un sorriso.
«Dovere…» dice, portandosi la mano laterale sulla fronte, come fanno i marinai. «Vieni, ti accompagno fuori da qui».

Salta sul molo e mi tende la mano: «Prego signorina...» mormora, aiutandomi a scendere dalla barca.

«Grazie per quella tua pozione magica. E grazie per avermi ascoltata…» gli sorrido, prendendo i lembi del mio lungo vestito da sotto il cappotto e iniziando a camminare.

«Ehi, Eveline...» mi raggiunge, mentre mi volto. «Quel tizio, Frost, ha detto che serve distrarsi e vedere altre persone, giusto? Penso che non ci sia dubbio che tu sei ancora molto presa da questo Chester, ma… mi piacerebbe portarti a cena, una sera di queste…» dice tutto d’un fiato con la sua voce pastosa, un po’ bizzarra ma tenera. «Giuro: non voglio provarci con te», aggiunge alzando le mani, «solo… passare una piacevole serata in tua compagnia» conclude con un sorriso.

«Una cena… come amici?» chiedo, piegando leggermente la testa di lato.
«Esattamente questo…»
«Ok, perché no? Certo» cedo con un sorriso.
«Vai pure, mi farò dare il tuo numero da Amira. Buona giornata, principessa» mi saluta, accennando un inchino e torna con un salto a bordo del suo yatch. 

«Ah, e buon compleanno!» aggiunge, gridando da lontano.

Continuando a camminare, mi giro un attimo sorridendo. Lui mi sta ancora guardando. È davvero un ragazzo carino, penso sia anche un mio coetaneo.

Cavolo, siamo arrivati al ventidue gennaio…
Oh, non posso crederci…

Se oggi è il mio compleanno significa che tre giorni fa è stato quello di Chester e che io… Diavolo, l’ho completamente dimenticato!



È ormai passata l’ora di cena e sono nel letto, al calduccio sotto le coperte. Ho appena finito di leggere il libro del dott. Frost, quando il citofono mi fa sobbalzare.

Chi può essere a quest’ora?
Nel giorno del mio compleanno?
Nella mia mente inizia a prendere forma un pensiero…

Mi alzo di scatto e vado a rispondere: «Chi è?»
«Siamo no-oo-iii!» gridano in coro le voci di Dawson e Amira.
«Oh…» sorrido, anche se non possono vedermi. «Venite su, ragazzi!» rispondo, pigiando il tasto di apertura del portone.

«Ti abbiamo portato questo…» dice Dawson, facendo oscillare davanti a me un grazioso pacchetto, con su scritto in un elegante corsivo color lilla, “Lindsay Bakery”.

«Ricordi che ieri hai dimenticato di portare le candeline, no?» ride Amira. «E un compleanno senza candeline e desiderio non può dirsi un vero compleanno» sentenzia, tirando fuori dal pacchetto un piccolo e appetitoso cupcake, con la base di pan di spagna al cioccolato fondente e una decorazione soffice rossa al di sopra, guarnita con una cascata di minuscoli cuoricini bianchi di zucchero. Sembra davvero delizioso.

«Oh, è vero, le candeline…» mormoro. «Eccole, sono qui» e gliele passo.
Amira conficca un’alta candelina color oro nel cupcake.
«Sei pronta?» chiede, con un accendino in mano.
«Sì…» sorrido.
«Bene, sto per accendere, eh? Pensa al tuo desiderio…» mi ordina.
«E sceglilo accuratamente…» le fa eco Dawson, facendo una smorfia con le labbra.

Amira accende la candelina, mentre Dawson spegne le luci del mio appartamento.
Mi siedo davanti al piccolo dolcetto illuminato sul tavolo e osservo ipnotizzata la piccola fiammella ondeggiare lentamente.

Nella mia mente si affollano una serie rapidissima di scene, ricordi, pensieri, sogni, desideri… E sulle ultime note del motivetto di buon compleanno che stanno intonando Amira e Dawson, ad un tratto, so esattamente quale desiderio prevale su tutti gli altri.

Voglio essere felice unicamente grazie a me stessa, voglio essere in grado di fare qualcosa di straordinario per me.
Voglio scrivere un romanzo.

Chiudo gli occhi. Soffio. Buio.

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