Capitolo 11

TOCCARE IL FONDO

Duecentosei pagine, tre caffè e due ore di sonno dopo, sono la paladina dei diritti delle donne abbandonate.

Ho imparato come si avvicina un uomo sconosciuto senza fare in modo che si accorga delle tue intenzioni di conquista, come si comprende quello che un uomo pensa dai gesti inconsci che fa e quali sono le fasi, dettagliatamente illustrate e spiegate, per costruire una strategia di riconquista dell’uomo che ti ha abbandonata.
Richard Frost, lo devo ammettere, mi ha totalmente rapita.
 
«Sono contenta che ti piaccia! Dovevi solo iniziare a leggerlo…» dice Amira, dall’altro capo del telefono.
«Mi dispiace di non essermi fidata subito di te», ammetto mestamente, «sai, questo libro mi sta facendo sentire un po’ meglio...»
«Aspetta, fammi un po’ vedere…» sento Amira digitare qualcosa sulla tastiera del suo PC. «Ecco qua: il dott. Richard Frost tiene le sue lezioni in un bar che si chiama “London’s Eye”, a poche miglia da qui.»

«Lezioni?» ripeto confusa.
«Sì sì, la prossima è venerdì» dice lei.
«Venerdì… cioè domani?»
«No, la prossima settimana.»
«Ah…» mugugno, con una punta di delusione.
«Non preoccuparti, ci andremo», mi rassicura, «la faremo pagare a questo Chester…» afferma convinta, mentre io mi copro gli occhi con le mani.




Mi pettino svogliatamente i capelli. È domenica sera e Amira e Dawson mi stanno trascinando di nuovo da qualche parte per farmi distrarre. Mi piace che si prendano cura di me. Da quando Chester è sparito, si assicurano che io non salti i pasti − Amira viene anche a portarmi le sue prelibatezze culinarie, dopo il lavoro −, organizzano uscite alle quali mi costringono a partecipare e cercano di evitare in mille abilissimi modi diversi di prendere l’argomento “Alexander” con me, per non farmici pensare.

“Preparati, alle sette e mezza io e Dawson passiamo a prenderti. Stasera andiamo in un posto che ti piacerà. Non voglio anticiparti nulla, è una sorpresa. A più tardi”, è stato questo il messaggio di Amira, archittetato in modo tale che non potessi proprio dire di no.

Indosso la giacca e mi guardo allo specchio della mia camera. In un istante, mi torna in mente l’immagine di Alex qui, proprio davanti a questo stesso specchio, che si riabbottona la camicia.

Nell’aria posso avvertire il suo profumo speziato, legnoso, avvolgente, che è rimasto tra le mura della mia stanza per ore, quell’ultima volta che ci siamo visti.
Che cosa spinge un uomo ad allontanarsi, così, all’improvviso? C’è un’altra? Che cosa ho sbagliato?
Tante domande, mai una risposta.




«Come mai stiamo andando in questo posto?» chiedo, guardando fuori dal finestrino le luci del traffico scorrere veloci.
È già più di un’ora che viaggiamo in direzione di Penninghton e non ne conosco ancora la ragione.
«Mia zia ha inaugurato da poco un nuovo ristorante, stiamo andando a provarlo» dice Dawson soddisfatto.
«Abbiamo pensato che ti facesse bene uscire anche stasera...» aggiunge Amira.
Poco più tardi, giungiamo in un luogo davvero incantevole. 

Grandi sculture di pietra moderna, una raffigurante un uomo e l’altra una donna, sorreggono un portico, su cui è affissa l’insegna “Othello – follow you love”. Tante candele, elegantemente allineate su una distesa di prato inglese, indicano la strada da seguire fino all’ingresso.
È tutto così romantico qui… E per un attimo immagino questo posto come la location ideale per la cena che non ho mai più fatto con Chester. Una fitta di nostalgia mi contorce lo stomaco.

Un elegante cameriere ci accoglie e ci fa accomodare ad un tavolo al lato della sala. Il ristorante è ispirato all’Otello, la famosa tragedia di William Shakespeare. È arredato in uno stile seicentesco, sontuoso ed elegante. All’interno ci sono altre due statue, e solo adesso capisco che tutte raffigurano i personaggi chiave dell’opera: fuori Desdemona e Cassio, all’interno Iago che parla con Otello.
«Stai sorridendo, buon segno...» dice Dawson.
«Sì, lo stile di questo ristorante mi ha totalmente rapita... Un’idea davvero originale.»
«Mia zia è una grande appassionata di teatro, c’era da aspettarselo...».




Dopo che la zia Rachel ci ha deliziato con tutte le sue specialità e dopo essere riuscite a strappare a Dawson il nome della sua nuova fiamma, tra tante risate, prendiamo i cappotti e ci dirigiamo verso l’uscita.
Per un paio d’ore ho rimosso totalmente il pensiero di Chester. Sono stata davvero bene.

Camminando verso la macchina, il mio cuore manca un battito.
Mi fermo di scatto.
Dietro una delle colonne nel cortile del ristorante, da lontano, scorgo una figura familiare.
Strabuzzo gli occhi.
No, non è possibile. Siamo a Penninghton, a molte miglia di distanza da Brightintown e ancora di più da Mellport.
Non può essere lui…

La figura si muove nella nostra direzione e accanto a lui sbuca una giovane donna, longilinea, dai capelli scuri. Più si fanno vicini, più riesco a mettere a fuoco.
L’uomo le sussurra qualcosa all’orecchio e lei ride e gli accarezza ripetutamente il braccio. Lui si gira, come per guardarsi attorno, ed è in questo movimento che riesco a scorgere chiaramente il suo viso.

Sento un nodo alla gola, il cuore battere all’impazzata nel petto, mentre l’immagine diventa sempre più sfocata, finché le lacrime mi scendono senza che io riesca a trattenerle.
Chester è qui con un’altra donna…

Una fitta di gelosia si impossessa di me. In questo posto da sogno, lui è con un’altra donna. E non è neanche Meghan.
Provo ad asciugarmi le lacrime, per vedere meglio, e li scorgo sempre più vicini.
Non posso sopportare di vedere di più. Alzo il passo e raggiungo i miei amici.

«Eve, che ti prende?» chiede Amira, rendendosi conto che sto piangendo.
Senza dire una parola, punto il dito nella direzione di Chester.
Quando lo riconosce: «Vieni, andiamo via da qui, torniamo a casa…» dice.
«Lascia perdere, Eve. Stai meglio senza di lui…» aggiunge Dawson, asciugandomi una lacrima con una carezza.
Entro in auto e sprofondo nel sedile.
Basta, adesso mi è chiaro cosa devo fare.




Un’altra notte insonne, un altro mal di testa assordante, un’altra volta lo stesso, orribile finale.

Non ho parole per quello che ho visto.
Senza dirmi una parola, senza un perché, senza neanche una scusa, Chester mi ha abbandonata e subito rimpiazzata con un’altra donna.
Cosa ho fatto di male? Cosa ho sbagliato con lui?
E che cosa ci faceva a Penninghton?

Un pensiero prende forma nella mia mente, sovrastando tutti gli altri: Meghan sarà ormai tornata a Capetown e lui, adesso, è finalmente libero di divertirsi con tutte le donne che vuole.

Prima, magari, trovava comodo avere me sul posto di lavoro… ma ora non ha più bisogno di nascondersi o di rubare momenti.
Può uscire allo scoperto, portare donne in ristoranti di lusso, stordirle con la sua malsana ostentazione dei soldi che possiede, le auto, le moto, quella sua tana di ghiaccio, con vista sul Pacifico...

E mentre gli occhi mi si chiudono da soli, l’immagine di quella donna bruna accanto a Chester continua a tormentarmi.
Lei, però, a cena l’ha portata, sussurra la mia coscienza, prima di cadere in un sonno profondo.




“Buongiorno Chester, come stai?”, digito e invio.
Lo so, è contro ogni logica cercarlo dopo quello che ho visto ieri sera, ma ho bisogno di sapere come stanno esattamente le cose.

“Ehi, ciao… Bene, molto preso dal lavoro. Tu?” risponde lui, in meno di un minuto.
Come una che è stata appena investita dal camion dell’immondizia. Chi era quella stronza di ieri sera a Penninghton?
Mmmh, no. Forse è meglio fare finta di niente e vedere che cosa mi dice.

“Molto bene, sto scrivendo la tesi del Master, ma sono bella carica!”, invento e invio.
“Appena possibile ci prendiamo un caffè”, scrive, senza che io gli abbia chiesto niente.
Allora vuole vedermi… Bene.
E una piccola parte di me è già pronta a rimuovere ogni ricordo della bruna languida nel cortile del ristorante.

“Che ne dici di oggi pomeriggio?” gli chiedo senza pensarci due volte. Meglio saltare altre snervanti attese.
Nessuna risposta.

Qualche ora dopo, in preda alla rabbia, vorrei scrivergli un lungo papiro pieno zeppo di insulti e parolacce ma, su consiglio di Amira, digito solo: “?”, e invio.

“Scusa Eve, mi è proprio impossibile. Ho degli appuntamenti. Dovremo rimandare ad un altro giorno”, risponde quasi istantaneamente.
Non l’avrebbe mai fatto in passato, penso mentre la rabbia mi acceca.

“Se ne avrò ancora voglia…”, digito nervosamente e invio.
Lancio il telefono sul divano.
Basta, non ne voglio più sapere di Alexander Chester e delle sue menzogne!

Più tardi, uscendo dalla doccia, trovo un nuovo messaggio non letto: “Se non ne avrai, farò tutto quello che posso per farla tornare”.
Non rispondo.

Sono esausta.
Bugie su bugie su bugie.
Tante parole e i fatti a zero.

Io mi fermo qui, il mio test l’ho fatto: Chester ha tempo di portare a cena una tizia a Penninghton ma non ha una mezz’ora da dedicare a me.
Dopo tutto quello che abbiamo condiviso,  questo è davvero troppo.
Fanculo Chester (questa volta per davvero).

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top