Capitolo 7.
Capitolo 7.
Ho obbligato Brian a farmi compagnia al centro commerciale. E' il periodo di Natale ed io non so ancora che regali fare ai miei, ad Emily, Brady, i miei nipoti... per non scordare Nathan, Hanna e il piccolo. Così mi sono trascinata dietro lui, costretto a seguirmi in ogni negozio. Sbuffa continuamente, sbadiglia e guarda l'orario. E' buffo vederlo alle prese con una donna.
«Che ne dici?» Gli mostro una tutina per i bimbi.
Lui si guarda intorno ed osserva la commessa che ha gli occhi fissi su di noi. «Dico che qualcuno si è fatto una strana idea su di noi...» si gratta il capo, mentre io evito la ragazza, continuando ad osservare vestiti per neonati.
«Posso aiutarvi? Sapete... non è la prima volta che una giovane coppia viene qui, non preoccupatevi.» Quando la ragazza parla, Brian nasconde un occhio con una mano lasciando a me la possibilità di spiegare il malinteso.
«No guardi... si sbaglia» dico cauta.
Lei sorride, «dai, mica potrai nascondere all'infinito la pancia.» Detto ciò si allontana.
Rimango immobile, poi alzo la felpa e mi controllo il ventre. «Oh, ma è matta?» Faccio infastidita. «Più piatta di così si muore!» Sbotto. «Stronza» dico a denti stretti, mentre Brian se la ride nascondendosi tra i reparti.
Quando lo scovo, però, ho la possibilità di menarlo per bene.
«Ehi, ehi... calma. Lei ti ha dato della cicciona, mica io» ride a crepapelle, quasi gli escono le lacrime.
«Ti faccio piangere» lo avverto, senza guardarlo. «Oddio che carine, mi piacciono un sacco.» Prendo fra le mani un paio di scarpette.
«Ti do cinque minuti per sbrigare questa situazione, perché mi sto imbarazzando» alza gli occhi al cielo e sbuffa.
«Oh si, Brian.... Certo che voglio sposarti!» Sbraito. Tutti si voltano, mentre io gli salto al collo, quasi strozzandolo. «Adesso se non la smetti e chiudi quella bocca da serpente velenoso faccio di peggio» gli intimo in un orecchio.
Lui mi pizzica un fianco e si allontana, mimandomi con le labbra un "fanculo".
Nel frattempo una signora con il pancione si avvicina. «Siete così giovani... » sussurra, «quanti mesi? Suppongo uno o due...» sorride dolcemente.
Vorrei ridere ma mi trattengo. «Bè... sì, due.» Fingo.
Brian, poco più distante, avverte la conversazione e nota anche la mia risata che per poco interrompe il clima di maternità che si è appena creato. Finalmente la donna si dilegua ed io posso ridermela in santa pace.
«Ti stai divertendo?» Bisbiglia.
Annuisco. «Giuro di sì» smorzo un risolino. Acchiappo finalmente ciò che ho scelto e avanzo verso la cassa, seguita da lui.
La commessa ci guarda con gli occhi a cuoricino. «Un maschietto... auguri.» Commenta compiaciuta.
Mi mordo la lingua, per non fiatare, mentre noto di sottecchi che Brian si sta toccando le palle per scaramanzia.
Voglio uscire di lì. Mi viene troppo da ridere.
Pago con la carta di credito e dopo aver fatto prendere la busta a Brian, usciamo di lì.
«Tu sei completamente pazza!» Dal suo tono si risente quel tocco di ironia, mentre io non la smetto di ridere, sorreggendomi dal suo gomito.
La sua espressione è perplessa e questo mi fa ridere ancor di più. «E' stato spassoso lì dentro» riprendo fiato.
«Certo... certo, fingendo una gravidanza ed un matrimonio imminente.» Borbotta.
«Chi ti sposerebbe mai, baby!» Alzo le mani in segno di resa, mentre lui cammina avanti.
«Sai che la cosa è reciproca!» Esclama alzando il dito medio, senza voltarsi.
Lo raggiungo e mi affianco a lui.
«Prossima tappa regalo per Jonathan» sfrego i palmi delle mani e sistemo la sciarpa di lana intorno al collo, mentre i miei occhi sono attirati dalle lucine dell'albero di Natale, posto in mezzo ad una grande piazzola, con intorno i Babbi Natale che ondeggiano. E' divertente.
«Ti avverto, entri da sola» mi mette in guardia. «Abbiamo detto "amici" non "schiavi".» Brontola roteando gli occhi.
Non lo sto a sentire, come al solito e mi precipito in un negozio per bambini. Sbircio nei reparti e scovo un jeans minuscolo. Osservo la taglia, ma non capendone nulla, chiedo informazioni alla commessa.
«Scusi mio nipote ha 2 anni... mi potrebbe cercare lei la taglia esatta di questi?»
Lei annuisce e canticchiando la canzone che passa in radio, cerca l'indumento. «Ecco qui» me lo porge sorridendo e si allontana.
Pago anche questo e raggiungo Brian fuori. E' intento ad osservare dei bimbi seduti sulle gambe di un anziano signore che finge di essere Babbo Natale. Ha le braccia incrociate al petto, lo sguardo assottigliato e pensieroso.
Mi affianco a lui ed osservo la scena. «Ti sei imbambolato?»
«Da bambino mia madre mi portava al centro commerciale solo per quello... adoravo il periodo natalizio perché si sentiva un'atmosfera magnifica. Così...mi portava da Babbo Natale, mi sedevo sulle sue gambe, gli stritolavo la barba» ride, «credevo davvero che fosse quello reale» scuote il capo divertito, «era un periodo magico quello di dicembre.» Ricorda.
«Io nutrivo una forte antipatia per quegli anziani che si travestivano...» metto il broncio al solo pensiero, «Nate mi aveva detto fin da bambina che Babbo Natale non esisteva. Insomma, inizialmente ci credevo alla storiella... poi un giorno ho visto mia mamma e mio papà mettere i regali sotto l'albero. Quella notte non volevo dormire, volevo vedere come scendeva dal camino» scoppio a ridere. «La mia delusione è stata unica, ma ho finto di crederci per ancora qualche anno, fin quando ho svelato di aver inteso tutto... ma sì, era magico.» Sorrido.
«Che bambina presuntuosa!» Esclama lui. «La notte di Natale non si sbircia» ghigna.
Rido e non rispondo. «Cosa potrei regalare ad Emily?» Rifletto ad alta voce.
«Dovresti saperlo tu cosa le piace di più» dice.
Sospiro. «Mi sa che ritornerò la prossima settimana, ancora ho un po' di tempo.»
«Bè, io non ti accompagnerò» mugugna.
«Che bell'amico» commento sarcastica.
«Nah nah, non mi convinci.» Scuote il capo continuando a camminare.
Faccio lo stesso.
Improvvisamente il suo cellulare squilla dalla tasca dei jeans. Lo sfila velocemente e risponde.
«Sì...lo so» dice a denti stretti allontanandosi di qualche metro da me, ma io lo seguo curiosa. «Ho bisogno di tempo.Non li ho.... Dannazione. » Bisbiglia. «Per favore la prossima settimana» è l'ultima cosa che dice, dopo di che sospira e riposa il telefono. Quando si volta e si accorge delle mie mani sui fianchi e della mia espressione corrucciata, rotea gli occhi. Si avvicina come se nulla fosse ed abbozza un sorriso.
«Dove dobbiamo andare?» Chiede poi.
Penso per un nano secondo se farmi gli affari miei o chiedere cosa ci sia sotto. «Mi accompagni a casa...» dico tranquilla.
Lui annuisce e si avvia verso l'uscita. Non è il solito Brian, insomma.
Lo seguo svelta e arrivati al parcheggio, monto in auto dopo di lui.
Sgrana la voce, mette in moto, fa retromarcia ed usciamo di lì.
Accende la musica e per venti minuti esatti non parla.
«Con Candi?» Chiede osservando attento la strada.
Respiro profondamente. «Non ci parliamo» dico.
Lui socchiude le palpebre e sbadiglia.
«Lavori tanto Brian» commento.
«Sì, ho bisogno di soldi al momento» risponde vago.
Rimango ammutolita.
Credo che lui si sia cacciato in qualche guaio ed io non saprò mai di cosa si tratti.
Arrivati davanti casa, mia madre è fuori con mio padre. Stanno dialogando con i vicini. La vecchia casa dei Felton adesso è in affitto. Sembrano affidabili e carini, se non fosse per i bambini piccoli che hanno, sarebbero dei perfetti vicini.
Mia madre quando mi nota assottiglia lo sguardo.
«Tua madre ci ha visti.... Anzi mi ha visto» sottolinea con tono nervoso. «E... si sta avvicinando!» Esclama nascondendosi il volto con una mano.
«Ciao tesoro» mi saluta ed io rispondo con un sorriso, «questo giovanotto è l'amico di Brandon, giusto?» Lo scruta curiosa, facendo attenzione ad ogni minimo particolare.
Lui annuisce, «Salve signora, sì sono un suo amico. Brandon mi lascia l'incarico di far gironzolare questa bimba» si para il culo ed io lo fulmino con lo sguardo. Sa quanto mi infastidisce questa sua superiorità.
Mi gratto il capo e sbuffo.
«Allora permettimi di ringraziarti con un Thè caldo.» Gli fa cenno di scendere dall'auto e lui, dopo vari sguardi, sospira ed accetta.
Sistema i jeans, infila la maglia a V color borgogna di dentro e, di nascosto dai miei, osserva la sua espressione nello specchietto dell'auto, mettendo apposto i capelli arruffati. Si da un'ultima occhiata, mentre io lo fisso confusa cercando di rimanere il più possibile seria.
Ci raggiunge e finalmente entra in casa. Si guarda intorno. Nota il gigantesco albero di Natale posto nel centro del salone, osserva le calze appese al camino e tutti gli addobbi che mia madre ha posto in giro per casa. Insomma "Benvenuti al polo nord, sede di Babbo Natale e degli elfi".
«Mi sembra di tornare bambino» sussurra.
Gli do una gomitata, «torna alla realtà Peter Pan» ridacchio. «E non provare più a chiamarmi bimba» gli intimo a denti stretti.
«Accomodati» mia madre si dirige in cucina, mentre mio padre allenta la cravatta e avanza verso di noi, seduti sul divano.
«Piacere, sono il padre di Emily e Grace» gli porge la mano e Brian la stringe. «Brandon ci ha parlato di te, dice che tieni d'occhio nostra figlia.» Sogghigna. A mio padre, stranamente, va a genio.
Lui sfrega i palmi delle mani e mi da un'occhiata, «bè, diciamo che non è proprio uno zuccherino» approfitta.
Gli calpesto violentemente un piede e lui cerca di mantenersi impassibile agli occhi di mio padre.
«E' decisamente un peperino viziato, anche se non vuole ammetterlo» quest'ultimo mi scompiglia i capelli e si accomoda accanto a me, massaggiandomi una coscia.
Sembra che io sia invisibile! Parlano come se io non ci fossi.
«Ehi, io non sono viziata» borbotto.
Brian mi mostra un'espressione soddisfatta e se la ride sotto i baffi.
«Quindi ragazzo... di cosa ti occupi?» Mio padre incalza, mentre io mi metto comoda a sentire la loro meravigliosa conversazione.
«Al momento ho un posto di lavoro in un locale in città e... sto seguendo un tatuatore perché vorrei diventare come lui, anche migliore» annuisce convinto.
Gli faccio la smorfia e lui mi evita.
Mia madre, nel frattempo arriva con un vassoio mai visto prima e delle tazze nuove di zecca, accompagnando dei biscottini con forme natalizie.
Serve prima Brian, poi me ed infine mio padre.
Sorseggio il mio Thè e socchiudo le palpebre rilassata. E' da sempre stato così. Mia madre quando provava a farmi calmare da bambina, mi preparava questa bevanda ed io rimanevo buona per una manciata di ore. Altro che camomilla.
«Ma dove siete stati?» Chiede mia madre dalla poltrona di fronte.
Deglutisco. «Al centro commerciale» rispondo impassibile.
Mio padre si lamenta, «Brian non portare mai una donna in giro per negozi... rischia di farti venire un esaurimento. » Mugugna. «Se penso che dovrò portare mia moglie in giro per i regali di Natale, entro in depressione» commenta divertito.
«Ronald» lo ammonisce con lo sguardo.
Brian ride, «credo che Liz non sia molto amante dello shopping» decreta.
Sorrido abbassando la testa. Come fa a conoscermi così in fretta?
«Bè...» esordisce mia madre, «diciamo che Emily trascorrerebbe un'intera giornata in un centro commerciale, Grace devo pregarla...» accenna una smorfia con il naso.
«Sai il suo secondo nome...» nota mio padre.
Alzo le sopracciglia e penso a quale scusa userà per pararsi il culo al solito suo.
«Sì» massaggia il mento con una mano e deposita la tazza sul tavolinetto di fronte.
«Le da molto fastidio quando la chiamano Elizabeth» mia madre inclina il capo da una parte e mi fissa come se fossi una bambina di tre anni. Però, la cosa non mi dispiace, ad esser sincera.
Anche Brian si prende la briga di fissarmi ed io per un nano secondo credo di esser diventata paonazza.
«Oh diamine!» Mi metto in piedi con le braccia conserte. «La smettete?» Li fulmino uno per uno, ma tutto viene interrotto dal campanello di casa.
Corrugo la fronte e mi avvio verso l'entrata, aprendo il portone.
Davanti ai miei occhi spuntano prima Brady con in braccio uno dei miei fidanzati ed Emily con il passeggino ed un altro dentro.
«Ma i miei amori!» Esclamo sorridente. Riconosco il bimbo in braccio a Brady, è Nicholas. Ha il braccialetto con la sua iniziale. Lo prendo fra le mani e gli lascio una manciata di baci sulle guance, mentre lui ride e strizza gli occhi. Bellezza rara.
Entro in casa, mentre mia madre si precipita per strapparmi di dosso Nic. Faccio forza per tenerlo con me e gli concedo solo dei baci.
Brian alla vista di Brady si mette in piedi. Quest'ultimo, che ancora non l'ha notato, fa come se fosse a casa. Si spoglia del cappotto nero e della sciarpa. Attorciglia le maniche della camicia nera fino ai gomiti e saluta i miei genitori. Emily, invece, l'ha riconosciuto subito. Fiuto da donna. Mi lancia un'occhiata e scuote il capo scoppiando a ridere.
Brady, accorgendosi di ciò, fissa la fidanzata interrogativo e la stronza gli fa cenno di dare un'occhiata verso il salotto.
Alla vista dell'amico rimane immobilizzato. Sgrana gli occhi e prende un lungo respiro.
«Amico» dice a denti stretti. Brian avanza e si salutano con una stretta di mano molto amichevole. «Che ci fai qui?» Dice sornione.
Brian, imbarazzato, si gratta il capo. «Ho accompagnato lei a casa e sono stato invitato ad entrare» spiega tranquillo.
Brady incrocia le braccia al petto, curioso lo fissa, poi lo prende sotto braccio e si allontanano.
«Brady mi parla di te e lui da giorni, non lo reggo.» Mi intima mia sorella dondolando Thomas fra le braccia, mentre gli accarezza il capo.
Ridacchio, «non c'è motivo, io e Brian siamo solo amici» ammetto sincera.
Mia sorella accenna una smorfia con le labbra, «vorrei crederti... vorrei» socchiude le palpebre, «ma proprio non ci riesco» strizza gli occhi scuotendo il capo divertita.
La odio quando fa la convinta del cazzo. «Andate a farvi fottere!»
Brian e Brady ritornano da noi, nel frattempo.
«Vabbè, io vado» dice il primo.
Brady nasconde le mani nelle tasche del pantalone beige, «meglio» decreta severo.
«Ma dove vai? Ma rimani a cena da noi, visto che c'è anche Brandon» mia madre, origliando dalla cucina, piomba in salotto come un fulmine, asciugando le mani su di una tovaglietta da cucina. «Sto preparando il burrito.» Mostra un sorrisone, grazie al quale le compaiono le fossette all'angolo delle labbra, facendomi ricordare quanto io odiassi le mie. Fortuna che per farmi ridere in quel modo ce ne vuole. Non che sia incazzata col mondo, ma quasi.
Brady si scambia delle occhiate con l'amico che declina l'offerta la prima volta, ma quando mio padre si mette in mezzo, quasi pregandolo, è costretto ad accettare, riporre nuovamente il giubbotto nell'attaccapanni e starsene buono ed ammutolito sul divano.
«Cos'è ? Stai simpatico ai miei suoceri?» Brady fa il modesto, ma noto sul suo viso un pizzico di ironia.
Emily, intanto che ha addormentato il piccolo, lo sdraia sul passeggino, prendendosi in braccio Nic.
Brian ride confuso a Brady, mentre io non fiato.
«Non te la vantare. Prima che tu stessi simpatico ai miei ce n'è voluto di tempo!» Lo ammonisce Emily. Colpito e affondato.
Brady nasconde il viso con le mani. «Solo perché ero il cattivo ragazzo che ti faceva la corte, baby» la provoca dandole una pacca sul sedere, «vi giuro che è una bomba sexy in questi ultimi tempi, dopo il parto» dice poi a denti stretti.
Quando mi accorgo che Brian mi sta guardando, mi volto per fare lo stesso, ma lui improvvisamente sposta lo sguardo su mia sorella e mio cognato che si stuzzicano come due ragazzini, non curanti di Nicholas.
«Ma ti sei accorta quanto questo birbantello mi somigli?» Domanda Brady ad Emily, massaggiando il pancino del bimbo. «Ma tu chi sei? Chi sei? L'amore di papà!» Si comporta come un cretino, ma è tutto troppo tenero. I miei sentimenti non reggono cotanta dolcezza.
«Thomas è uguale a te, Brady» Brian si è appena messo in piedi ed osserva il bimbo nel passeggino al mio fianco. Poi gli accarezza una manina.
Brady abbassa lo sguardo e deglutisce rumorosamente. «Sì, è uguale a me...e al mio angelo» mormora osservando il figlio come incantato.
«Bè, sono uguali a lui solo perché sono due gemelli...» ironizza Emily per spezzare il clima di tensione. Quando si parla del suo gemello, Brady diventa troppo vulnerabile. Ancora a distanza di anni, per lui, è come se non fosse mai andato via. Nei suoi occhi si legge quanta nostalgia e malinconia abbia. Non ho conosciuto Thomas, ma sono certa che era una persona stupenda, per come ne ho sentito parlare negli anni.
«Forza, chi aspettate per venire in cucina?» Mio padre entra in salotto ed io, sovrappensiero, sussulto. Poi mi avvio seguita dagli altri.
Mi accomodo al solito posto, che, molti anni prima era di Emily. Ogni volta che cena a casa da noi, facciamo la guerra per chi deve sedere lì. Ed è lì che adoro mia sorella. Ho sempre la meglio.
«Forza siediti tu ragazzina» dice lei con superiorità posizionandosi di fronte a me, dall'altra parte del tavolo.
La fulmino. «Sai che anche se mi insulti io questo posto non te lo cederò mai, no?» Le sorrido antipaticamente, mentre lei, mentre mia madre e mio padre non ci stanno guardando, mi alza il dito medio ed accompagna una linguaccia. Bambinona.
Mi metto a sedere, mentre Brian spaesato si mette al mio fianco.
«Io non ti accompagno più a casa, sappilo» mormora severo.
«Vedi che non fa piacere neanche a me averti sempre tra i piedi, anzi... mi stai qui» dico indicando le mie parti intime.
«Oh bè, non indugiare...» fa il malizioso.
Metto il broncio e gli calpesto un piede, mentre lui dolorante e sofferente impreca a bassa voce.
Nel frattempo gli arriva un messaggio e lui, prima che i miei si seggano, lo legge. Io, curiosa, sbircio.
Stasera passo da casa tua e ti riempio di calci in culo se non mi dai i miei soldi.
M'irrigidisco ed ansimo per una manciata di secondi. Poi, per non far notare la mia espressione, ritorno normale, facendo finta di nulla, come d'altronde fa anche Brian. Lo fisso per l'intera cena e lui è così sereno all'apparenza.
Parlotta con mio padre, scherza come se si conoscessero da sempre, persino Brady è passato sopra la sua morbosa inutile gelosia protettiva e per stasera sembra andargli a genio. Io, invece, non posso negare alla mia mente la mia immensa preoccupazione per questo idiota che ho affianco.
Dopo cena Emily e Brady tornano a casa per far riposare meglio i bimbi. Li salutiamo e ci sediamo sul dondolo fuori. Il freddo è gelido, temo che nevicherà stanotte, ma è l'unico momento durante il quale potrei fargli sputare il rospo. Se ne sta seduto scomodamente, con le gambe incrociate e le braccia conserte, lasciandosi cullare da quell'ondeggiare lento. Io tengo il plaid intorno al corpo e tremo dal freddo.
«Allora hai intenzione di dirmi cosa nascondi?» Batto i denti, ma riesco a parlare.
Lui sospira e mi da uno sguardo, «cosa?»
«Non fare il finto tonto. Devo ancora spiegarti che sei diventato amico di una furbacchiona impicciona?» Sgrano gli occhi.
Sbuffa. «Liz stanne fuori» mormora tirando su le spalle, per coprire meglio il corpo.
«Hai freddo?» Chiedo osservandolo. «Ci stiamo in due.» Indico la coperta.
Tentenna un po' e poi accetta. Sposta il sedere e lo affianca a me, mentre io allungo il plaid avvolgendo anche lui.
«Quindi?» Domando.
«Ti ho detto di starne fuori» decreta.
Scuoto il capo. «Quanto ti serve?»
Lui si volta a fissarmi. «Non mi serve niente, Liz» sospira.
«Hai bisogno di una mano, non fare il testardo mentecatto del cazzo» sbotto.
Continua a fissare il vuoto. «Me la cavo da solo... come ho sempre fatto.» Scrolla le spalle.
«Chiama i tuoi...fatti dare una mano da loro economicamente» esito.
Accenna un riso amaro. «I miei non vogliono vedermi da un po' ormai» abbassa la testa.
«Cosa..?» Sussurro.
«Ci sono tante cose che non sai di me» ghigna.
«Dimmi... » lo invito con tono calmo.
Si volta ed incrocia i miei occhi. «Due anni fa mentre uscivo di casa per incontrare il mio gruppo di...di amici» esordisce «mia sorella era a casa. Aveva solo 6 anni.» Ricorda vago. «Le piaceva aprire i miei cassetti e curiosare... ed io nascondevo sempre le cose che non doveva trovare, quella volta avevo dimenticato quelle pasticche colorate lì..» ansima socchiudendo le palpebre. «Lei pensava fossero caramelle e non so quante ne ha ingerite. Non è morta...per miracolo, ma io sono stato cacciato via di casa. I miei non mi hanno più voluto vedere, gli davo troppi problemi... ero uscito dal carcere da qualche mese e loro non ne potevano più.» Conclude.
Rimango senza parole.
«Non pensavo... ma l'importante è che adesso lei stia bene.»
«Non lo so, non ho più loro notizie. Vivono in Virginia.» Mormora deglutendo rumorosamente.
«Hai mai provato a chiamarli?»
Scuote il capo, poi guarda l'orario nell'orologio al polso.
«Se devo trovarti massacrato domattina, preferisco che tu dorma qui fuori.» Commento sarcastica.
Lui ride, «non sono un cane Liz» mi guarda.
Abbasso lo sguardo. «Avevo promesso l'anno scorso che in casa non avrei fatto entrare mai nessun ragazzo!» Dico con tono peperino.
Scoppia a ridere portandomi il capo all'indietro, «avevo promesso qualche anno fa che non sarei stato neanche amico più di una ragazzina.» Lo fa per provocarmi. E lo odio.
Non rispondo. Faccio l'offesa e lo evito.
«Non ci riesci ad evitarmi» mi pizzica il fianco ed io rimango immobile, «non rispondi più alle provocazioni?» Chiede. «Quant'è bello zittire una donna.» Mormora soddisfatto poggiando il capo indietro.
«Con me non l'avrai mai vinta» dico minacciosa, «comunque decidi... o donna o ragazzina» sbotto.
Alza la testa e mi da un lungo sguardo. «Lo scoprirò» si morde il labbro e sorride.
Gli lancio uno schiaffetto e scuoto il capo.
«E questo perché?» Boccheggia sconvolto.
«Non mi hai ancora detto cos'è successo e perché ti servono soldi» gli ricordo spingendolo delicatamente.
Non si muove neanche di un centimetro. «Devo saldare un conto arretrato. Punto.» Si limita a dire.
«E scommetto che troverai quei soldi da solo...» annuisco.
«Esatto» mi schiaccia un occhio.
«Non posso aiutarti, quindi» arriccio il naso che è freddo come un ghiacciolo.
«Giusto scricciolo» approva.
«E no! 'Sti cazzi. Ti aiuto e tu ti devi stare solo zitto. Te la faccio pagare per avermi ridotto un occhio nero.» Dico sbuffando.
Lui sogghigna, «tu non farai proprio nulla e poi mi sembra di averti chiesto scusa... lo sai che se avessi saputo...»
Lo blocco. «Shh» poggio il mio indice sulle sue labbra schiuse osservandomi intorno, «sta nevicando.» Dico entusiasta. Sbalzo giù e corro per le scale attraversando il piccolo vialetto. Stringo il plaid e alzo gli occhi al cielo mentre dei fiocchi mi ricadono sul viso.
«Liz ti verrà la febbre» ridacchia lui in piedi di fronte alle scale. Ha le braccia conserte e mi fissa.
«Non fare il tragico... vieni qui» grido girando intorno a me stessa, mentre lui mi alza il dito medio sorridendo.
Non avevo mai fatto così tanta euforia per la neve, ma questa sera c'è qualcosa di magico nell'aria e non riesco a capire di cosa si tratti.
Mi sento rilassata. Non ce l'ho con nessuno. Non riesco ad avere il broncio di sempre, ma sicuramente ho quelle dannatissime fossette sulle guance.
Stasera sono felice.
Angolo autrice.
Buonasera! Come state? Spero bene! Scusate per la piccola attesa, ma ecco il nuovo capitolo tutto per voi. Lasciatemi i vostri pareri, sarò felice di leggervi, anche se non riesco mai a rispondervi. Baci, alla prossima.
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