Capitolo 5.

Capitolo 5.


Un messaggio irrompe nei miei pensieri. Non si può mai stare in santa pace, in silenzio, in camera, neanche quando decido di aprire quel fottuto libro di letteratura. E boom, ecco la suoneria di un messaggio. Sbuffo ed alzo gli occhi al cielo, sperando che non sia Candi o ancora peggio il suo Ken, Brian.

Allungo la mano verso il comodino affianco ed acchiappo il telefono. Mi accorgo così del numero sconosciuto.

Ciao sono Julian... mi chiedevo se ti andava di prendere un caffè insieme, domattina... prima che tu vada a scuola.

Rimango senza parole, esattamente di stucco. E ce ne vuole...
Julian? Quel Julian? Come diavolo ha avuto il mio numero?
Oh bè, certo... Ken.

Prima di rispondere, mi prendo la briga di chiamare Brian ed urlargli per telefono quanto stronzo sia stato. Così senza pensarci più di una volta lo faccio.

«Razza di deficiente! Come ti salta in mente di dare il mio numero alla gente?»
Probabilmente dormiva. Si prende un po' di secondi prima di rispondere, lo sento ghignare.
«Uhm... buonasera» mugugna. «Non ti arrabbiare Liz. E' solo un numero.» Ridacchia.
«Io ti spacco la faccia!» Sbotto balzando giù dal letto. Mi avvicino alla porta del balcone e rimango in piedi ad osservare il cielo che sta quasi per imbrunire.
«Non fare la dura... lo sappiamo entrambi che ti ha fatto piacere.» Stavolta dal suo tono di voce, afferro la sua serietà.
«Non mi ha fatto piac....» mi blocco. Forse la smetterà di fare il coglione se gli dico che in realtà sono contenta per ciò. «Bè, si... forse un po'» roteo gli occhi.
Lui sta in silenzio per tre secondi. «Apposto. Vedi? Abbiamo trovato il tuo principe azzurro.»
«Peccato che io non abbia mai cercato il principe azzurro. Preferisco il cavaliere oscuro.» Ammetto sincera, con un pizzico di sarcasmo.
«Mi dispiace bimba, Brady mi ucciderebbe se ti facessi conoscere un certo tipo di gente» scoppia a ridere.
«Oh, ma tranquillo... io non ho bisogno proprio di nessuno.» Faccio la dura.
«E va bene, come vuoi... » fa una lunga pausa «comunque accetterai l'invito di Julian?»
«Che te ne frega?»
«Così... per sapere» dice vago. «Posso continuare a dormire?»
«Marcisci pure nel letto, stronzo» riattacco.

Gironzolo per la stanza pensierosa. Non che sia nervosa o altro, solo che nessuno mi aveva mai chiesto di prendere un caffè. Di solito, i cretini a scuola, le uniche cose che riescono a domandare sono le sigarette. Oppure trovano la scusa e vengono a stuzzicarti in corridoio. Insomma, roba da ragazzini. Julian è adulto. Non so neanche quanti anni ha, eppure qualcosa mi incuriosisce. Se mi confidassi con mia sorella sicuramente mi ammanetterebbe e mi rinchiuderebbe in casa fino alla mia morte. Se lo dicessi a Brady, probabilmente scoppierebbe una guerra.
Okay, risponderò senza troppi giri di parole. In fondo un caffè non ha mai ucciso nessuno. Una conoscenza non può recare chi sa quali danni.

Ciao Julian, uhm.. sì va bene. Ci vediamo al negozio.

Invio ed attendo una sua risposta.

Perfetto. Lascerò il primo appuntamento a Brian domattina...
A domani


Quando sento sbraitare mia madre per le scale capisco che è l'ora di cena, così lascio il telefono sul letto e corro di sotto scalza.

«Grace, quante volte ti ho detto che devi aiutare tua madre?» Mio padre è appena rientrato da lavoro. Ci fosse un giorno durante il quale entra sorridente e non rompe le palle!
«Ciao anche a te papà» mi servo l'insalata di carote nel piatto e la carne.
«Tesoro hai studiato?» Mia madre chiede osservandomi.
La guardo di sottecchi e deglutisco. «Sì, adesso finisco.»
«Ti prego, portaci almeno una B...» borbotta mio padre.
«Potresti farti aiutare da Emily... quando ha un attimo di tempo a disposizione» continua lei.
«Mamma, Emily ha due figli, un quasi marito e la sua vita. Non ha tempo per darmi ripetizioni.» Sbuffo spaparanzandomi sulla sedia.
Nessuno dei due fiata. Ovviamente ho ragione.

Dopo mezz'ora di silenzio mi alzo da tavola. Decido di trascorrere la serata sul dondolo che mia madre ha appena acquistato, insomma... nuovo di zecca. Mi siedo avvolta da un plaid e rimango lì quasi tutta la notte, con il libro di letteratura fra le mani. A volte leggo e ripeto, altre volte mi zittisco ed ascolto il silenzio. Quello che adoro più di tutte le altre cose.
Solo pensandoci mi rendo conto che avrei voluto avere diciassette anni quando li aveva anche Emily, per avere una figura femminile come lei al mio fianco, che mi assecondasse quando era giusto e rimproverasse quando ne avevo di bisogno. Avrei voluto avere Emily come migliore amica, oltre che come sorella. Esatto. Per capire cosa voglia dire essere il giorno e la notte, ma allo stesso tempo esser uniti da un legame indissolubile. Come sicuramente lo avevano Brady e Thomas. Invidio la sua vita, perché da ragazzina, come lo sono anche io, lei, nella buona o nella cattiva sorte, è stata bene. I miei genitori se la vantavano, aveva un fratello poco più grande che la sorvegliava ogni qualvolta metteva piede fuori casa, che interveniva anche quando non doveva...
Aveva delle migliori amiche con cui trascorreva gran parte della sua giornata. Poteva confidarsi, piangere, urlare, ridere e scherzare come se non ci fosse un domani. A volte la invidio proprio per questo: per quello che era e che io non sono.
Forse ho solo un dannato bisogno di sentirmi importante per qualcuno, per un'amica. Ho il bisogno di raccontare i miei pensieri, anche quelli più intimi a qualcuno che mi sappia comprendere. Insomma... sarebbe stato più semplice vivere questi anni accanto a mia sorella.
Dicono tutti che l'adolescenza è la fase più complicata di tutta la vita. Dicono che non si sa cosa si vuole realmente, che si è incazzati con il mondo, che si vorrebbe fare tanto e non si riesce a far nulla alla fine. Dicono sia la fase del primo amore, quello che ti porti dentro per sempre. Dicono sia la fase delle grandi cazzate che, con il tempo, imparerai a ricordarle con chiave ironica. Dicono sia il periodo più bello ed allo stesso tempo il peggiore, ma io sento di viverlo sempre diversamente dagli altri.
Ho solo un'amica, non sono mai stata innamorata e le uniche cazzate che faccio sono la maggior parte insensate.
Forse devo solo rassegnarmi all'idea che trascorrerò la mia adolescenza così, senza aver stravolto del tutto la mia vita, rimanendo dentro la mia corazza fin quando ne avrò bisogno.


La mattina dopo bevo una lunga tazza di caffè bollente per svegliarmi del tutto. Ho solo due ore di sonno, se così si può chiamare.
Prima di andare indosso il parka beige, con altrettanta sciarpona di lana ed acchiappo la borsa portandola su di una spalla. Saluto mia madre ed esco di casa, per raggiungere il negozio di Julian.

Al mio arrivo lui ancora non c'è. Brian è seduto su una poltrona ed osserva il cellulare.
Mi fermo un attimo ad osservarlo e quando lui si accorge di una presenza alle sue spalle, sussulta voltandosi.

«Liz» saluta, «Julian tarderà ad arrivare. Mi ha detto di dirtelo.» Continua ad osservare il suo cellulare.
«Bè, io non aspetto proprio nessuno... ho già bevuto il mio caffè, vado a scuola.» Faccio per uscire, ma lui mi raggiunge in un nano secondo.
Si posiziona di fronte a me guardandomi dritto negli occhi, poi incrocia le braccia al petto e accenna un sorriso sghembo.
«Hai già osservato la Nikon?» Scandisce bene ogni parola.
Scuoto il capo. «Ho avuto da fare.» Boccheggio.
«Bè, dovresti...» sorride.
«Cosa c'è? Tue foto? Che novità...» sbuffo, «ti avverto che se trovo foto del tuo pene, ti denuncio.» Sorrido beffarda. «Anzi vado a mostrarlo subito a Brandon» annuisco.
Lui abbassa lo sguardo e si avvicina al mio orecchio. Sussulto. «Non ho bisogno di una macchina fotografica per mostrarti il mio pene.» Sussurra.
Rimango immobile e quando si distanzia gli lancio uno schiaffo. «Vedi di ricordartelo perché sei proprio un maniaco schifoso!» Esclamo puntandogli l'indice contro.
Lui lo abbassa velocemente, «forse dovrei informarti che neanche mia madre, da bambino, mi puntava il dito... quindi tu non dovresti.» Mi avverte.
«Forse dovrei informarti che questo tuo faccino non mi intimorisce proprio... anzi mi fai ridere, sei proprio un idiota.» Borbotto disgustata.
«Ho uno scambio stasera...» mormora fissandosi da una parte all'altra. «Mi fai compagnia?» Domanda alla stessa maniera, per poi tornare a guardarmi.
Sospiro e provo a non guardarlo negli occhi. «Non lo so» rispondo.
«Qui alle undici...» ordina.
«Non comandi nessuno tu.» Lo spintono e mi volto per andarmene.
«A stasera Liz.» Scoppia a ridere.
Ringhio ed impreco a sottovoce. «Dio. Smettila di chiamarmi così!» Finalmente sono fuori dal negozio e mi incammino verso scuola.

Al mio arrivo Candi mi attende al mio armadietto.
«Buongiorno» dice entusiasta. «Mi ha detto Brian che stamattina sei uscita con Julian» aggiunge sorridente. «Quindi è lui l'artefice del succhiotto» ride.
Deposito i miei libri e la fisso, «sì, è lui.» Rispondo esausta di questa storia.
«Sarebbe bella un'uscita a quattro... che dici?» Mi segue mentre io percorro il corridoio fino all'aula.
No, non sarebbe bella affatto! Escici anche da sola con Ken.
«Lo sai che non sono il tipo» mormoro.
Lei sbuffa di risposta. «Mollati un po' Liz.... Cavolo è la prima volta che conosciamo gente diversa che ci piace.»
«Non so se mi piace, okay?» Sbotto.
«E' assurdo. Non può non piacerti nessuno e poi l'hai visto Julian? Come diavolo fa a non piacerti?» Domanda incredula. Non potrebbe semplicemente parlare di altro in mia presenza?
Mi blocco. «Allora Candi. Sono stufa okay? A Brian non piaci, non gli interessi. Io e Julian non siamo usciti e lui non mi ha mai fatto un succhiotto. Un'uscita a quattro è un'idea pessima, dal momento in cui le coppie non sono davvero corrisposte.» Rispondo cauta e decisa. «Ci vogliamo prendere per il culo per caso?»
La sua espressione è indecifrabile. E' accigliata e confusa. Spero abbia afferrato, stavolta.
«Che ne sai che non gli piaccio? Continui a fare l'invidiosa del cazzo?» Aumenta il tono di voce.
E come al solito lei ha sentito solo quello che vuole sentire.
«Candi credi che perché gli hai fatto una sega lui adesso ti voglia? Oppure credi che quello stronzo perché ti rivolge la parola... ci stia provando con te?» Sarò pure una stronza ma mi ha stancata, lei e il suo filmino mentale da quattro soldi.
Quasi scoppia in lacrime. «Non è possibile che non gli piaccia. Tu sei solo gelosa. Perché io ho finalmente qualcuno...»
«Ed io no... sì, sì, come no...» l'anticipo. «Lo vuoi capire che io non ho bisogno di un ragazzo per stare bene? Lo capisci che non me ne frega assolutamente nulla?» Sbotto nervosa ed incazzata. E' una stupida. «Credi che io non sarei felice se trovassi qualcuno che ti vuole bene sul serio? Perché dovrei esserne gelosa?» Aggiungo.
Mi fissa in cagnesco e non parla subito. «Grace sei proprio una stronza. Vedremo quanto mi sta prendendo per il culo... vedremo. Sarai la prima a cui mostrerò che ti sbagli.» Continua nella sua convinzione.
Vabbè, ci ho provato. E' inutile. E' ignorante. E' troppo offuscata da questa cotta passeggera per capire che quello non è un Dio greco, ma bensì un ragazzo come tutti gli altri, che, però, non fa al caso suo. Come si può essere talmente ottusi da non riuscire a capire che tra di loro non potrà mai esserci nulla?
Insomma, non mi sarò mai innamorata, questo sicuro, ma riesco a riconoscere gli sguardi di due persone che si vogliono sul serio. Sono inconfondibili.

Vado a lezione e cerco, in un modo o nell'altro, di stare attenta alla spiegazione. Quando, però, ricevo un messaggio da Brian, mi distraggo subito.

Hai detto a Candi che non mi piace?

La osservo da lontano e noto che anche lei sta manovrando il telefono.

Sì.


Ti adoro.

Sbuffo e rispondo cercando di stare attenta all'insegnante.

Tentativo fallito. Non mi crede.


Ha creduto a me, tranquilla.

Mi si blocca il respiro per qualche istante e ritorno a fissare Candi. Si volta a guardarmi anche lei e sembra nera di rabbia. Adesso s'inventerà che a me piace Brian.

Le ho detto che sono stato io l'artefice del succhiotto.

Sgrano gli occhi e pronuncio un "cazzo" non proprio sottovoce. L'insegnante mi da un'occhiata e poi torna a spiegare, fortunatamente.

Che motivo c'era??? Ma sei stupido??

Nascondo il viso con entrambe le mani e mi rendo conto di avere gli occhi di Candi puntati addosso. Quel coglione ha scatenato la terza guerra mondiale.
Ritorno a fissare il display dell' iPhone.

Preferisco che pensi che io voglia te, okay? Mi ha rotto il cazzo.

Rispondo deglutendo rumorosamente.

Io no! Non lo preferisco! Primo, perché non mi piaci. Secondo, perché ti odio. Terzo, perché devi andare dritto all'inferno!

Alzo la mano sorreggendomi lo stomaco e la professoressa si blocca e mi fissa.
«Scusi non mi sento molto bene... potrei andare al bagno?» Chiedo fingendo un semplice malore.
Lei annuisce ed io esco dall'aula. Solo in quel momento riprendo a respirare, lontana dalle occhiate omicide di Candi.
Mi rifugio in bagno ed intravedo il display illuminarsi. Apro il messaggio.

Primo, neanche tu mi piaci. Secondo, sei una ragazzina. Terzo, se vado all'inferno, tu vieni con me!

Bastardo! Lo odio.

MUORI.

Concludo così la conversazione con Brian e cerco, invano, una scusa che mi tolga dal guaio da lui creato. Al suono della campana il mio cuore cessa di battere. Rimango chiusa in bagno, ma so già che da lì a breve, lei piomberà ed urlerà come una forsennata.
Ed ecco che la porta si spalanca.

«Dove diavolo sei? Ti tiro tutti i capelli! Stronza.» Sbraita e sbatte una mano contro la porta.
Okay Grace, non fare la codarda ed esci di lì.
Spalanco la porta e me la ritrovo davanti, ma prima ancora che lei si getti addosso per strapparmi capelli e vestiti, la fermo.
«Tirarmi i capelli non risolverà nulla» dico cauta.
«Cosa?» Continua ad urlare. «Lo capisci che sei proprio una stronza? Perché non me lo dicevi prima ah?» Gli occhi le escono quasi dalle orbite. Non ci vede proprio dalla rabbia e giuro su Dio che farò lo stesso con Brian.
«Perché non è importante. Non l'ha fatto perché gli interesso o chi sa cosa... okay?» Cerco di giustificarmi, ma so già che non mi rivolgerà più la parola. E così, dopo aver perso l'unica amica che ho sempre avuto, rimarrò completamente sola.
«Ah si? E in che cazzo di situazione vi trovavate eh?» Ringhia.
Bagno le labbra con la lingua e sospiro. «Non ti mento quando ti dico che tra di noi non c'è assolutamente nulla, se vuoi credermi bene... sennò ciao.» La scanso per farmi spazio e le passo affianco, ma improvvisamente mi ritrovo la sua mano fra i capelli e lei che li strappa con tutta la forza che possiede. Reagisco lasciandole uno schiaffo in faccia e la spintono via, ma lei riprende a fare la stessa cosa e così mi ritrovo a tirarle i capelli.
Quando qualcuno piomba in bagno io cerco di togliermela di dosso, ma la voce della ragazza che urla, mi fa solo capire che fra poco saremmo entrambe dal preside.
Candi, intanto, ne approfitta per lanciarmi un pugno in un occhio ed io rimango sorpresa dal gesto e soprattutto avverto un dolore lancinante.

«Oh mio Dio! Smettetela!» La ragazza si mette in mezzo, ma anche lei le prende. Candi reagisce come una pazza. Mi verrebbe voglia di sbattergliela contro un muro quella faccia.
Un'insegnante seguita da altri studenti fanno la loro entrata trionfante e finalmente, grazie a due ragazzi, ci troviamo separate. Io ansimante socchiudo le palpebre, mentre lei si dimena per attaccarmi di nuovo.

«E poi la stronza sarei io» le sbraito contro, mentre mi accompagnano fuori.
«Dal preside immediatamente!» L'insegnante ci prende entrambe da un braccio e ci trascina lì dentro.
Candi continua a fissarmi di sottecchi, mentre io vorrei prenderla a pugni e farle diventare quel faccino pulito tutto nero, come sicuramente lo sarà il mio occhio.
«Ma cosa succede qui?» La preside ci osserva. «Due ragazzine che si prendono a botte? Ma stiamo delirando?» Continua.
«Ha cominciato lei» mormoro a denti stretti.
«Se parli ancora ti faccio diventare l'altro occhio viola» aggiunge Candi.
Cerco di evitarla, prima di scatenare un'altra rissa. E' assurdo. Mi sono presa a botte con l'amica di una vita. Per cosa? Per un ragazzo!
«Ehi ehi! Ma che modi sono? Le signorine non si comportano così.» Ci rimprovera la preside. E' decisamente sbalordita. Io so che non l'avrei mai fatto, se non mi avesse dato lei motivo. «Ma dove sono finite le buone maniere? Posso tollerare un litigio tra ragazzi, ne capitano a centinaia qui dentro... da anni, ma voi..» sospira. «Ve la lascio passare, per questa volta... perché onestamente spero che questo litigio sia stato dovuto a qualcosa di intimo che si possa risolvere» spiega. «Se dovesse succedere un'altra volta, finisce davvero male» ci fissa entrambe. «Stewart per favore metti del ghiaccio... in ogni caso dovrò informare le vostre famiglie di ciò. Andate.» Fa cenno di uscire. Mi metto in piedi, saluto la preside ed esco, seguita dall'insegnante e Candi dietro di lei.
«State buone adesso» ci raccomanda.
Prendo la mia borsa e percorro incazzata il corridoio, sempre a testa alta, con i paraocchi.
La maggior parte degli studenti ci fissa, la voce si è sparsa la voce velocemente. Ci mancava solo questa.

Esco da scuola non curante delle occhiate e mi precipito in negozio, consapevole che ci sia Brian. Entro e getto la borsa a terra.
Julian mi fissa sconvolto e si avvicina per chiedermi subito cos'è successo. Brian, invece, sbianca in viso. La sua espressione è terrorizzata. Boccheggia e sospira.
«Ch-che cazzo hai fatto?» Chiede sconcertato.
«Oh bè... secondo te?» Domando con un nodo alla gola. Ebbene sì. Capita anche a me di voler piangere e sfogarmi.
Lui avanza, mentre io indietreggio. «Ti avverto. Cancellami dalla faccia della Terra.» Dico con voce tremante. «Non voglio più sentire parlare di te.» Aggiungo tirando su con il naso. «E ringrazia Dio che non ti stia prendendo a ceffoni, perché ti meriti solo questo.» Riprendo la mia roba che avevo gettato a terra l'istante prima e corro fuori, mentre mi lascio andare in un pianto liberatorio.
Devono sempre prendersela tutti con me. Per ogni cosa. Ogni volta. Anche quando io non c'entro nulla.
«Grace mi dispiace... non pensavo» Brian è alle mie spalle.
Non mi volto.
«Posso fare qualcosa?» Domanda schiarendosi la voce.
«Scompari» respiro profondamente ed asciugo le lacrime, per poi riprendere a camminare.

Quando rientro in casa, mia madre sa già tutto e non ho intenzione di assorbirmi un rimprovero per qualcosa che non ho fatto.

«Mamma ti prego» una lacrima mi percorre la guancia, mentre con una mano la blocco prima ancora che parli, «ho bisogno di essere capita una volta tanto.» Concludo.
Mia madre sospira e mi abbraccia. Per la prima volta non mi sento la figlia non compresa e continuamente criticata. Mi sento finalmente tra le braccia di mamma, come quando ero bambina ed un brutto sogno non mi permetteva di dormire. E così lei veniva a farmi compagnia a letto, mi stringeva forte nel suo petto e mi accarezzava il capo, canticchiando una canzoncina rilassante.
Le spiego solo dopo che cosa è realmente accaduto e lei mi sta a sentire. Mi da consigli. Mi consola. Per una volta mi sento una vera e propria adolescente e nonostante tutto, non c'è niente di più vero.

Angolo autrice.
Ciaao belli! Sono stata veloce, stavolta. Ringrazio, come sempre, chi ha letto fin qui e vi aspetto nei commenti. Un bacio.


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