Capitolo 20
Capitolo 20
Trascorro una serata in compagnia di Beth e Dylan al cinema. Ammetto di non aver visto il film perfettamente, avevo momenti di blocco in cui ripensavo a quel fottuto modo di fare di Brian. Non riesco a capacitarmi di come una persona si possa comportare così. Non riesco a trovare una spiegazione, però so per certa che se mi sforzassi di capirne qualcosa ne uscirei lesa. Così riprendo la conversazione con Dylan e Beth.
«Dovrei ripassare per il test di domani» si gratta il capo lui, poi si bagna le labbra con la lingua e guarda il cielo stellato.
Beth mangiucchia le restanti patatine, mentre cammina lenta. Io nascondo le mani nelle tasche del cappotto ed avanzo affianco di Dylan.
«Il film vi ha fatto venire sonno? Siete delle mummie» nota con disapprovazione.
Faccio una smorfia, «Dylan hai scelto un film davvero noioso» gli do una pacca sulla spalla.
«Mio fratello sceglie sempre film noiosi» sottolinea la sorella ghignando.
Dylan si volta per fulminarla con gli occhi, «Beth non rompere» l'ammonisce.
Sogghigno, «non ti offendere sù» gli do una spinta con la spalla, ma lui non si muove di mezzo centimetro.
Improvvisamente ci troviamo di fronte il Green. Osservo dalla vetrata e noto Brian. Sta pulendo un tavolo attentamente, mentre discute con un cliente.
«Ho voglia di una coca» esordisce Beth entrando, «tutte quelle patatine mi hanno messo sete» si volta a guardarci, cercando approvazione.
Sia io che Dylan ci scambiamo una lunga occhiata. Poi distoglie lo sguardo, caccia le mani dentro le tasche del jeans e segue la sorella. Io mi prendo qualche istante ed infine mi decido ad avanzare dentro il locale.
Brian non ci vede neanche. Beth, nel frattempo, prende posto in un tavolo rotondo, spogliandosi della sciarpa e del giubbotto. Dylan fa lo stesso, senza spogliarsi. Io tentenno, ma alla fine mi siedo di spalle, così da non poter vedere chi c'è al bancone. So già che mi riconoscerà, soprattutto se c'è Dylan.
Osservo quest'ultimo che ticchetta, a ritmo di musica, le dita sul tavolo. Morde, poi, le labbra nervosamente e sospira poggiando meglio la schiena sulla sedia.
Quando lo vedo roteare gli occhi, capisco subito che qualcuno sta per prendere un'ordinazione e quel qualcuno sarà Brian.
«Oh merda» bisbiglia Beth, «ma quello che sta venendo è quel Brian» borbotta.
Dylan rimane ammutolito, con un sguardo non molto rilassato.
«Buonasera» il vocione di Brian mi fa sussultare. Rimango esattamente com'ero, senza muovermi.
Beth sembra irritarsi, da come lo fissa. «Portami una coca» ordina arrogante.
Sento ghignare amaramente Brian. «Sono tuo fratello?» Domanda lui irritato.
«Oh fortunatamente no!» Esclama lei abbozzando un sorrisetto.
Dylan muove le labbra in una smorfia. «A me una birra per favore» fa educato.
Beth lo fulmina, dandogli una gomitata. E' proprio perfida. A volte sembra che mi somigli. Avrei fatto esattamente la stessa cosa se qualcuno avesse trattato male Emily. Anzi avrei fatto di peggio. Emily non si tocca. Non potrei dire lo stesso di Nathan, solo perché non ci vediamo spesso e diciamocela tutta, non abbiamo poi chi sa quale grande rapporto, purtroppo.
«Ragazzina forse è meglio se vai a casa» dice Brian rivolgendosi a Beth, «l'orario dei cartoni in tv è terminato» aggiunge pungente.
Beth si guarda intorno e accenna un risolino, poi si mette in piedi e gli si para di fronte con presunzione.
«Razza di pezzo di merda» sbotta, «credi che io abbia paura a tirarti un pugno?»
«Beth» la richiama suo fratello con occhi bassi.
«No Dylan» si volta lei per ammonire il fratello. «Tu» si rivolge nuovamente a Brian puntandogli un dito contro, «ti sei permesso di comportarti come ti pare solo perché mio fratello a differenza tua è un uomo, non un bambino del cazzo» sputa la sua sentenza fiera.
Mi sorreggo la fronte, evitando la situazione e sperando che si plachino gli animi o perlomeno spero che Brian non si metta a fare teatrini.
Fortuna che Dylan rimane ancora al suo posto!
«Siediti» gli ordina spassionatamente Brian.
Beth scocca la lingua contro il palato e scuote il capo, «pensi che io lo faccia perché me lo dici tu?»
«Senti io sono qui per fare il mio lavoro ed esigo rispetto, perché non stai parlando con chiunque... quindi richiedimi gentilmente quello che vuoi e te la porto.» Sbotta lui.
Beth assottiglia lo sguardo, «sentiamo, tu hai avuto rispetto quando hai fatto il macho e hai tirato un cazzotto a Dylan?» Risponde lei schietta.
Brian boccheggia. «Devi fare l'avvocato difensore? Non sa difendersi da solo il poverino?» Ridacchia acidamente.
«Beth, porca puttana siediti» Dylan socchiude le palpebre e parla a denti stretti.
Prevedo una rissa.
Mi metto in piedi scattante. Brian mi guarda quasi intimorito. «Adesso basta» sbotto. «Porta questa coca cola e questa birra del cazzo» dico furibonda.
«Se prima non mi viene chiesto gentilmente io non vi porto la bellezza di un cazzo» Brian posa il suo taccuino in tasca ed incrocia le braccia al petto. Beth rimane alzata con le mani sui fianchi.
Dylan sospira, si mette in piedi, ci osserva e poi sistema la sedia incamminandosi verso l'uscita.
«Sei un codardo» gli sbraita Brian. «Almeno dimostra alla ragazza che ti interessa che non sei un coglione liceale!» Gli dice andando qualche passo avanti. «Grace non ti guarderà mai. Guardati, non hai neanche il coraggio di voltarti per affrontarmi» ride scuotendo il capo.
Beth sta per intervenire, prima ancora che lo faccia io, ma Dylan sconvolge entrambe voltandosi. Avanza svelto verso Brian. Lo acchiappa dalla maglia scaraventandolo contro il nostro tavolo. Lo guarda fisso negli occhi, alza un braccio serrando il pugno.
«Forza, è il tuo momento ragazzino. Poi potrai vantarti in giro.» Lo schernisce Brian.
«Lo sai che ti dico?» Sussurra Dylan osservandolo dritto negli occhi. «Che mi fai pena» ride amaramente mollando la presa.
Brian però non si da pace. Lo spintona e gli serra il collo con entrambe la mani. Si spingono sempre più indietro, scagliandosi contro un tavolo di ragazzi. Questi si mettono in piedi ed intimano a Brian di smetterla.
«BRIAN» sbraito correndo verso di loro. Dylan è diventato tutto rosso in viso e si dimena cercando di resistere alla presa. I suoi occhi stanno per uscire dalle orbite.
«Ti ammazzo» dice quest'ultimo faticosamente con voce rauca.
«Lascialo subito» lo tiro dalla maglia, ma lui non ne vuole sentire.
«Pezzo di merda» Beth scalcia contro le gambe di Brian. Figuriamoci se la sente.
Improvvisamente, un suo collega gli attanaglia la vita forzandolo a togliersi. Fin quando ci riesce.
Dylan tossisce e cerca di riprendere fiato. «Ti giuro che ti cerco ovunque» lo minaccia con gli occhi vetrati.
«Quando vuoi» risponde l'altro.
Osservo entrambi sconvolta. Beth si avvicina al fratello, che la scansa violentemente e si dirige fuori ringhiando.
Lo seguo rapida senza pensarci.
Si accende una sigaretta e cammina a passo veloce. Corro e lo acchiappo dal braccio.
Lui si volta e mi fissa. Osservo i suoi occhi lucidi ed inconsapevolmente mi avvinghio a lui abbracciandolo. Inizialmente sembra che io stringa un tronco, poi si ammorbidisce e le sue braccia mi avvolgono la vita.
«Mi dispiace» sussurro sincera, nascondendo il capo tra l'incavo del suo collo e la spalla.
Non fiata.
«Dylan» osservo Beth venirci incontro, mentre noi ci distanziamo. I due si guardano.
«E' tutto okay» la tranquillizza.
«Andiamo a casa» le dice.
Dylan annuisce, così aspettiamo un bus per arrivare ognuno nelle nostre rispettive abitazioni. Io scendo una fermata prima di loro.
«A domani» dico, loro salutano con un cenno di capo.
Rientrando in casa mi rifugio in camera. Porto le cuffie alle orecchie e dal computer scelgo su Spotify la canzone "One" degli U2. Forse perché mi ricorda come tutti e tre eravamo tranquilli e spensierati quel giorno. Forse riuscirà a mettermi di buon umore.
Infine mi addormento ancora vestita, senza coperte addosso, rannicchiata da una parte, con il peluche che tenevo sempre con me da bambina.
La mattina dopo mia madre mi sbraita all'orecchio di mettermi in piedi.
«Sei andata a dormire così...» dice spalancando le tende. La luce mi arriva dritta sugli occhi ed io sono costretta a coprirmi con il pupazzo.
«Mamma non ti sopporto» biascico.
«Mi sopporterai» ghigna, «dai alzati, lavati e vestiti» continua scuotendomi. Alla fine, non soddisfatta, mi spinge giù dal letto ed io arrivo con la faccia spiaccicata a terra. Ringhio esasperata e mi metto in piedi. Come uno zombie mi reco in bagno ed apro l'acqua della doccia. Mi spoglio completamente e mi infilo sotto. L'acqua è ancora fredda, così sgrano gli occhi ed impreco a bassa voce, fin quando non diventa bollente.
Stringo le spalle e poggio la schiena sulle mattonelle umide dietro di me. Alzo il capo e lascio cadere l'acqua sul mio volto. Insapono il corpo e di seguito i capelli. Poi li pettino e chiudo l'acqua. Avvolgo il corpo intorno ad un 'asciugamano e mi guardo allo specchio appannato. Passo una mano su di esso ed osservo la mia immagine.
Dopo torno in camera e prendo il telefono fra le mani per inviare un messaggio all'unica persona che sarà sempre in grado di capirmi e consigliarmi. L'unica che conosce i miei punti deboli e sa come gestirli: mia sorella.
Sapevi che prima o poi avrei dovuto combattere con i demoni di Cupido?
Il mio messaggio dovrebbe risuonare quasi ironico. In realtà è così. Ho sempre fatto di tutto per starne alla larga da tutte queste cazzate e vivevo meglio.
Emily risponde mezz'ora dopo, quando sono già vestita e sistemata, pronta per correre a scuola.
Capita a tutti sai?
Non è strano... hai cercato di starne fuori Grace, ma piccola non puoi farlo per sempre.
Buona giornata
Sorrido e sospiro scrivendo un altro messaggio.
Ma io riesco a stare bene da sola! Non ho bisogno di qualcuno Emily. Tu eri innamorata di Brady, io non amo nessuno e non sopporto che due si prendano a botte per me.
Grazie balena, anche a te
Acchiappo la borsa ed infilo i libri. La porto alla spalla e scendo di sotto.
Mio padre è pronto per portarmi a scuola. Saluto mia madre, portando in bocca una ciambellina e seguo mio padre in auto.
Poco dopo ricevo la risposta di mia sorella.
Cerca che questo non accada. Metti le cose in chiaro. Vedrai che andrà bene...alla fine.
Ps: sei una stronza. Corri a scuola. Non rispondermi più.
Così ghigno e riposo il telefono in borsa.
«Con chi ridi?» Chiede mio padre osservando la strada.
«Emily» sorrido incrociando le braccia al petto, «dice che i bimbi non li fanno dormire» mento spudoratamente.
Mio padre sogghigna, «quante volte io e mamma non abbiamo dormito...» sospira.
«Papà non ti diremo mai che sei un eroe» gli dico pizzicandogli una guancia.
Sembra metter il broncio.
«Dovrei essere l'unico uomo della vostra vita... ed invece mia figlia è sposata e tu non so che combini» scuote il capo affranto.
Rido e non rispondo.
Mezz'ora dopo siamo nel parcheggio di scuola. Lui si volta e mi augura la buona giornata.
Mi avvicino per dargli un bacio, «papà amo solo te, giuro» gli mormoro.
Detto ciò esco.
«Poi mi spieghi come mai sei diventata così carina» mi dice accigliato.
«Papà non rompere» sbuffo e chiudo la portiera violentemente.
Mi dirigo verso l'entrata e scorgo Beth e Dylan sugli scalini. Li raggiungo.
«Buongiorno» saluto.
«A te» dicono all'unisono.
Beth sta fumando una sigaretta e me la porge. Faccio qualche tiro e poi gliela ritorno.
«Entriamo?» Chiedo infreddolita.
Dylan annuisce e sale le scale.
«Vi raggiungo» fa Beth annuendo.
Osservo la folla dei ragazzi di fronte a noi e mi accorgo del suo ex e Candi. Li sta fissando.
Prima o poi finirà. Le passerà. Così lascio che faccia, servirà a rassegnarsi. Tipi come lui è meglio perderli che trovarli.
Mi affianco a Dylan, che stamattina sembra più allegro rispetto alla sera prima.
Sorride e scherza con ogni studente. Si scambia pacche sulle spalle ed abbracci. Sembra che la gente gli voglia davvero bene.
Ci fermiamo davanti al mio armadietto. Lui mi osserva mentre faccio la combinazione e lo apro. E' poggiato con la spalla a quello accanto al mio, con le braccia incrociate al petto.
Nel momento in cui acchiappo il quadernetto di letteratura un foglio cade a terra. Lui si abbassa e gentilmente me lo porge. Non lo schiude, mentre io senza preoccuparmi lo faccio davanti a lui. Ciò che appare ai nostri occhi è un ritratto con una dedica sotto.
Sono io, che guardo altrove ed è perfetto. Osservo la frase di sotto e la leggo sottovoce.
«Quella ragazza che ha conosciuto i miei demoni e non ha avuto paura. Quella che è entrata nel mio mondo e non è scappata.»
Alzo gli occhi ed osservo Dylan. Scrolla le spalle e serra le labbra con un breve sorriso.
Infilo il disegno nella borsa e sospiro. «Vado a lezione» lo saluto, ma quando mi volto pochi minuti dopo lui è ancora lì, nella stessa posizione di prima, con gli occhi persi nel vuoto. Solo dopo si stacca dall'armadietto ed imbocca l'altro corridoio per la sua aula.
Trascorro le lezioni in totale silenzio. Solo quando vengo interpellata per l'interrogazione di biologia parlo. Poi esco dall'aula e mi rifugio in mensa, cercando con gli occhi quei due. Stanno distanti, in un tavolo stracolmo di gente. Beth è l'unica ragazza. Così li raggiungo sfrontata, attirando l'attenzione dei presenti. Mi osservano incuriositi e mi fanno spazio per sedermi. Beth mi porge il suo piatto di patatine, mentre frega quelle di suo fratello.
Dylan non mi sta guardando. Ride con i suoi compagni e smanetta con il telefono.
«Pomeriggio che fai?» Mi chiede Beth.
«Dovrei ripassare letteratura, vuoi venire a casa?» Biascico.
Accenna una smorfia e poi annuisce.
«Anzi usciamo di qui ed andiamo...» le dico.
Ripenso al disegno e non mi do pace. Dovrei strapparlo, accartocciarlo e gettarlo nella spazzatura.
Vorrei capire cosa spera di ottenere Brian così. Si sta comportando nel peggiore dei modi ed io dovrei addolcirmi con un ritratto?
Bellissimo, per carità, ma non basta e non so se ci sarà mai qualcosa che mi basterà. Sono già incasinata di mio, la mia testa è un cubo di Rubik. Voglio ritrovare me stessa, quella che ero prima di conoscere lui. Quella ragazzina piena di sé, che si preoccupava di poche cose ed i ragazzi erano l'ultimo pensiero. Quella ragazza sembra si stia perdendo passo dopo passo, giorno dopo giorno.
Quando usciamo da scuola Dylan sale in auto con i suoi amici, evitando entrambe. Noi, invece, aspettiamo un bus che ci porti dritte a casa mia.
Beth rimane colpita dalle mie foto nella macchina fotografica e quando scorge quelle di Brian, rimane sorpresa.
«Sì, me l'aveva rubata» dico osservandola da sdraiata sul letto.
«Lo odio» borbotta lei.
Non rispondo. Osservo il soffitto e sospiro, senza accorgermi che sta scattando una serie di foto ad entrambe, lei con facce buffe diverse. Alzo il capo e sorrido mentre ne scatta un'altra, poi le faccio la linguaccia.
«Se le sviluppi fammene avere una» sorride entusiasta. «Ne ho sempre voluta una» sussurra osservando la Nikon. «Perché Brian per provocare mio fratello ha usato te?» Chiede poi aggrottando la fronte.
La guardo. «Brian crede che ci sia qualcosa tra me e Dylan» ghigno accigliata.
«Tu cosa pensi invece?» Chiede mettendosi in piedi e sedendosi al mio fianco. Incrocia le gambe e mi osserva.
Mi siedo anch'io, «non credo che io interessi a Dylan e la cosa è reciproca» dico sincera.
Beth annuisce mordendosi le labbra. «Allora dovresti dirlo a Brian» decreta.
Prendo un lungo respiro. «Io non devo spiegare assolutamente niente a Brian. E' la mia vita, so io cosa succede all'interno di essa» sentenzio con tono severo.
«Me lo diresti se ci fosse qualcosa con Dylan, vero?» Domanda quasi intimorita dalla risposta.
Le sorrido, «puoi stare tranquilla, siamo buoni amici...» distolgo lo sguardo altrove.
«Non voglio che Dylan soffra... lui non è forte come fa credere» chiosa, «quella situazione con mia madre l'ha reso vulnerabile e cerca di apparire forte ai miei occhi. Cerca di proteggermi sempre, da qualunque cosa. Non sopporta che io stia male ed io non sopporto che lui stia male.» Dice accorata.
Le stringo la mano ed annuisco. «Sono felice di avervi conosciuto» ammetto.
Beth rimane fino a tardo pomeriggio, poi la madre passa a prenderla, finito il turno in ospedale. La saluto dal ciglio della porta di casa ed osservo l'auto andare via. Quando rientro mia madre non riesce a smettere di dirmi quanto simpatica le stia Beth.
«Sua madre è infermiera» spiego sedendomi sul divano.
«E' una brava ragazza» risponde mia madre indossando il cappotto ed i guanti. «Vado al
supermercato» dice.
Annuisco mentre lei esce di casa. Mi avvicino alla finestra ed osservo il cielo nuvoloso.
Quando mi accorgo dell'auto di Brian posteggiarsi di fronte casa sgrano gli occhi.
Attendo dietro la porta e quando lui bussa non apro. Lo fa più volte. Poi chiama al telefono, ma lo evito. Non mi va di vederlo.
«Grace se sei dentro voglio che tu sappia che mi dispiace per quello che è successo» esordisce, «sto impazzendo, non so più come comportarmi» aggiunge. «Non mi resta che farmi da parte.»
Deglutisco rumorosamente e poggio la mano sul pomello, ma attendo qualche istante prima di girarlo. Quando mi decido ed esco il naso fuori casa, lui non c'è più e la sua auto è appena ripartita. Sospiro e rientro.
Trascorro la serata sul divano davanti al camino, dopo cena i miei salgono di sopra ed io rimango lì, con gli occhi puntati sul fuoco, la fiamma che divampa ed i miei pensieri che mi rendono poco lucida. Quando accendo la tv, mi appare il canale della radio. Ed Sheeran sta cantando "Give me love". Si sono messi tutti d'accordo. Quasi impazzisco. Sobbalzo dal divano e corro in cucina. Esco dal frigo una birra, la stappo e la sorseggio rapidamente, cercando di finirla.
Give me love like never before
Cause lately I've been craving more
And It's been a while but I still feel the same
Maybe I should let you go
Ritorno in salotto e violentemente spengo la televisione. Respiro profondamente e serro la mascella, ma l'iPhone, con il suono di un messaggio, attira la mia attenzione.
Avanzo e leggo a bassa voce ciò che ha scritto Dylan.
Esci? Sono fuori casa tua...
Rimango in leggings e felpa, indosso delle Nike e una giacca di pelliccia nera sportiva. Apro la porta e quando esco lo trovo poggiato di fronte un pick up grigio, con le mani incrociate al petto. Scendo le scale e lo raggiungo.
«E' successo qualcosa?» Chiedo stringendo le spalle perplessa.
Scuote il capo. «Ti voglio portare in un posto» dice facendomi cenno di salire.
Curiosa, senza pensare alle conseguenze se mia madre lo scoprisse, salgo in auto. Lui mette in moto e guida per un'ora. Ci troviamo fuori New York, in una strada piena di campi alla nostra destra e sinistra. Posteggia l'auto e scendiamo. Osservo intorno a me che è pieno di lucciole.
Lui sorride e ne acchiappa una, poi si avvicina. «Apri la mano» mi ordina dolcemente.
Così faccio. Me la passa e poco dopo la lascio libera. Alzo gli occhi al cielo. Le nuvole sono passate ed è pieno di stelle.
Salta dietro il pick up e mi fa cenno di seguirlo. Così faccio. Stende due coperte di lana e ci corichiamo. Sento dei brividi percorrermi tutto il corpo.
«Quando eravamo piccoli io, mio padre e Beth venivamo qua.» Esordisce. «Mia madre lavorava la notte e lui ci portava qui. Ci facevamo un mare di film su astronavi, alieni...» chiosa ridacchiando, «giocavamo ad acchiappare le lucciole, poi ci stendevamo su questo pick up e guardavamo le stelle. Mio padre ci spiegava le costellazioni e noi fantasticavamo come pazzi.» Sorride. «Quella è la costellazione di Orione» indica.
Osservo il cielo e poi lui. Si volta a guardarmi e non parla subito.
«Non l'avrei mai preso a pugni» ammette sottovoce.
«Non voglio parlare di Brian adesso» lo zittisco.
Rimane piacevolmente sorpreso, così riprende a guardare il cielo.
«L'Orsa Maggiore» indica.
«La stella Polare» dico io puntando il dito da un'altra parte. «Ehi Dylan» lo richiamo.
Lui si volta a fissarmi. Sembra sia assonnato. Ha gli occhi piccoli e lucidi.
«Siamo amici vero?» Chiedo.
Rivolge gli occhi in alto, «certo» sospira.
Angolo autrice.
Buongiooorno!
Come state? Allora eccomi con un nuovo capitolo. So che può sembrarvi breve, però volevo che finisse esattamente così. Cercherò di rifarmi nel prossimo e di aggiornare il più presto possibile.
Intanto aspetto i vostri pareri. Baci!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top