Capitolo 19
Capitolo 19.
POV DYLAN
Mi guardo intorno ed osservo Brian sgattaiolare fuori come un ladro. Grace non è con lui.
Mi reco negli spogliatoi, dove l'avevo precedentemente lasciata, come un coglione.
«Ehi sei qui?» Esito.
Nessuno risponde. Giro su me stesso e mi accorgo di una fioca luce che proviene dalla fine della stanza. Corro, arrivando di fronte all'uscita secondaria. Fuori sta letteralmente diluviando. Assottiglio lo sguardo e mi accorgo di Grace che avanza svelta verso il parcheggio, sotto la pioggia, scalza.
Ringhio e non preoccupante del temporale, mi affretto a raggiungerla. Ed eccomi tutto inzuppato.
«Grace» la chiamo squillante. Si immobilizza e si volta. Strizza gli occhi e boccheggia.
«Cosa fai? Prenderai una bronchite.» Dico gesticolando.
Passo un braccio intorno al suo collo, accoccolandola sul mio petto. «Vieni» mormoro dirigendomi verso la mia auto.
Apro la portiera e l'aiuto cautamente a farla sedere. Poi faccio lo stesso anch'io.
«Vuoi parlarne?» Domando.
Mi fissa. Dai capelli mi ricadono delle goccioline, che scendono lente lungo la fronte e sulle guance. Ansimo, sospiro e sfrego le mani per il terribile freddo che avverto sulla pelle.
Lei sta tremando, si morde le labbra e respira affannatamente.
«Aspetta» sussurro. Mi sporgo dietro ed acchiappo una coperta che tengo sempre sul sedile posteriore. L'allargo e gliela stendo addosso. «Va meglio?» Balbetto, cercando di bloccare il fastidioso tremolio del mio labbro inferiore.
Bagno le labbra con la lingua e la osservo.
«Perché l'hai fatto?» Si rannicchia sul sedile, avvicinando al petto le ginocchia.
Distolgo lo sguardo da lei e deglutisco rumorosamente. «Perché ne avevi bisogno» decreto.
«Nessuno ha mai fatto qualcosa per me» stringe le spalle.
Le sorrido innocentemente. «Ha funzionato almeno?»
«E' servito forse per dirgli che nella mia vita non ho bisogno di lui e di nessun altro.» Sussurra con voce rauca. Guarda poi fuori dal finestrino. «Ho rovinato il vestito» scoppia a ridere.
Ghigno divertito, «se vuoi nel cofano ho due cambi che mi porto quando vado all'allenamento» poggio il braccio sullo sterzo, portando la testa su di esso.
«E la coperta come la spieghi?» Mi fissa con malizia.
Rido. «Può sempre servire... mi è capitato di dormire in auto...» spiego sorvolando l'argomento, ma lei mi fissa incuriosita e vorrebbe sapere di più. «Quando mia madre viveva con il suo compagno a casa e li sentivo litigare, non sopportavo l'idea di doverlo avere fra i piedi, così uscivo e trascorrevo la notte in auto, con gli U2 alla radio.» Abbasso il capo.
«E adesso come va a casa?» Chiede indiscreta.
Alzo la testa per incrociare i suoi occhi, «bene, fortunatamente ha capito che quel tipo era un gran cazzone» annuisco.
Posa una mano sulla mia coscia, accarezzandola. Mi guarda e non fiata.
«Comunque se mi prestassi il tuo cambio...» dice fissandomi di sottecchi.
Sogghigno ed esco fuori nuovamente. Veloce prendo dal cofano il mio borsone e rientro in auto. Mi sono nuovamente inzuppato, ma vabbè.
Sfilo dalla borsa un pantalone di tuta ed una felpa con lo stemma della scuola.
Lei ride e scuote il capo. «Come faccio? Non posso spogliarmi qui» sbotta ironica.
Mi tappo gli occhi con entrambe le mani, «passa dietro e sistemati... giuro che non sbircio» sogghigno.
«Ehi ti tengo d'occhio» dice aggressiva.
Non osservo nulla, anche se ammetto di aver voglia di farlo. Rimango così per una manciata di minuti. Sbuffo e poggio la testa sullo sterzo.
«Non guardare» mi ordina.
«Tranquilla, l'unica cosa che potrà succedere sarà una febbre di cavallo ed uno svenimento improvviso» dico infreddolito. A quel punto mi sento lanciato addosso qualcosa di caldo. Sussulto e mi volto scattante.
Lei sta infilando la felpa e sbraita, «Dylan!» Esclama imbronciata ed impacciata.
«Ma che diavolo!» Dico ridendo. «Mi hai lanciato la coperta addosso» commento sarcastico.
Lei incrocia le braccia al petto e mi guarda. «Avevi freddo!» Si giustifica.
Distende poi le gambe sul sedile posteriore e socchiude le palpebre.
«Oh fai pure» bofonchio.
Improvvisamente sento vibrare il telefono dalla tasca. Lo sfilo ed osservo il nome di mia sorella sul display.
Scorro per rispondere e metto in vivavoce.
«Ehi Beth» dico.
«Ecco sono qui Pippi Calzelunghe così mi chiamo credo proprio che una come me non c'è stata maaaai!» Canta stonata. Grace spalanca gli occhi e si tappa la bocca per non ridere. Io sono già pronto per uscire a riprenderla.
«Beth dove sei?» Domando con tono aggressivo.
«Ogni volta che devo far qualcosa combino guai, ma alla fine poi... vedo che son tutti amici miei» continua ridendo come una matta.
Porto le mani ai capelli umidi e sbuffo. «Guarda, hai scelto la canzone adatta» cerco di trattenere un riso, mentre Grace non regge più e si sorregge la pancia dalle risate.
La fulmino con gli occhi, ma non riesce neanche a spiaccicare una parola.
«Respira» le consiglio.
Ha una risata contagiosa Grace. Si potrebbe sentire anche a distanza di chilometri e la potrei riconoscere ovunque.
«Scimmia» la derido.
E' inutile, non la smette.
«Beth? Beth dove sei?» Domando nuovamente.
«Tutto il giorno sto con una scimmietta e un cavallo bianco» stona alla grande.
«Grazie per avermi dato del cavallo bianco, Grace è la scimmia» rido scansandomi dal calcio che sto per ricevere da quest'ultima.
«Pippi è sotto un albero e si è fatta la pipì addosso» finalmente la smette di cantare.
Aggrotto la fronte e fisso Grace accigliato. «Sarà qui intorno» guardo fuori ed apro la portiera uscendo.
«Vengo con te?» Sbraita Grace ansimando ancora per le risate.
Non le rispondo. Corro avanti ed indietro osservando ogni angolo del parcheggio. Fin quando mi imbatto in una sagoma seduta a terra, sul prato, sotto un albero. Ha la bottiglia di tequila vuota affianco. Guarda il cielo e sorride come un ebete.
Le vado incontro.
«Beth! Santo Dio!» La prendo in braccio, mentre lei parlotta.
«Sai che tu e Grace sareste carini insieme?» Mi scompiglia i capelli nuovamente bagnati.
Sbuffo e non rispondo.
«E' scritto nelle stelle» fantastica, mentre io cammino verso la mia auto. «Forse ti innamorerai» aggiunge. «Sai sarei felice... sempre triste, sempre con il broncio a casa... sempre preoccupato per mamma» quello che dice mi arriva dritto al cuore. Cerco di rimanere impassibile, anche se mi viene difficile. «Qualcuno ti vorrà bene caro fratellone... non rimarrai solo per sempre» annuisce e getta il capo all'indietro.
Quando siamo di fronte la macchina, Grace apre la portiera dietro. Siedo delicatamente Beth, mentre l'altra la copre con il plaid. Mi risiedo avanti, poggio il capo sul sedile afflitto.
«Oh Grace» sospira mia sorella. «Non ti innamorare mai di nessuno» dice.
Osservo Grace dallo specchietto di fronte a me. Lei si volta e mi guarda. Socchiude le palpebre e si avvicina a Beth. Le accarezza la fronte.
«Passerà Beth» sussurra dolcemente.
Vedo sempre la mia famiglia soffrire. Prima mia madre per mio padre, ora lei.
Ero piccolo, ma ricordo benissimo la sofferenza che provò quando rimase sola in quella casa con me e mia sorella. E poi la disperazione quando quell'uomo la maltrattava, con calci, pugni, schiaffi... e quante volte avrei voluto fermarlo, denunciarlo, cacciarlo fuori dalle nostre vite per sempre, prima che fosse troppo tardi. Provavo in tutti i modi a far capire a mia madre cosa significasse per noi avere tra i piedi un elemento del genere, ma lei niente. Quell'uomo l'aiutava con i soldi, l'aiutava a comprarci da mangiare e la sera la costringeva a comportarsi come meglio voleva lui. La notte non dormivo mai. Beth veniva nel mio letto e si rannicchiava contro il mio petto, quando sentiva mia madre opporsi a quel mostro.
Ho saltato anche un anno di scuola per tirare su la mia famiglia. Lavoravo ogni giorno, di mattina in un ristorante, come cameriere. Non sopportavo di dover vivere con i soldi di quella merda. Dovevo farcela da solo. Papà non era andato via per far entrare un altro uomo nelle nostre vite, bensì per farmi capire che dovevo essere io l'uomo di casa. Quello che avrebbe protetto sempre mamma e Beth.
E adesso lei sta male. Non riesco a vederla piangere, mentre fa cazzate.
E adesso piange come una bambina, come quando aveva paura delle urla, come quando è morto papà ed è rimasta senza il suo eroe.
«Andiamo a prendere un caffè» metto in moto e mi dirigo verso un bar.
Posteggio l'auto e scendo. Prendo Beth in braccio e la ripongo a terra, costringendola a stare in piedi. Grace mi raggiunge e si avvicina cercando di aiutare mia sorella. Entriamo nel locale che è vuoto e prendiamo posto in un tavolo affianco al finestrone che affaccia fuori. Mia sorella sembra devastata.
«Cosa vi porto?» Chiede un ragazzo.
«Tre caffè concentrati» decreto severo.
Strofino gli occhi e sbadiglio. Mi massaggio le tempie e mi fermo a guardare Grace, che sta facendo la stessa cosa.
«Ricorderò questi balli a scuola senza dubbio» cerco di riderci su.
«Beth starà bene...» sussurra lei annuendo, «tu sei proprio uno straccio, mio nonno sarebbe più bello a confronto» mi sfotte.
«Grazie miss onestà» dico ammiccando.
«Meglio una verità che fa male» mi punta l'indice contro.
«Di una bugia che illude» ghigno.
Annuisce con suono gutturale.
Arrivano i caffè e subito cerco di farlo bere a mia sorella. Lo sorseggia e poi stanca si accascia sul tavolo.
«Fortuna che non ha ancora vomitato» sogghigna Grace.
«Non lo dire, ti prego» la imploro.
Trascorriamo un'ora intera lì dentro, aspettando che Beth smaltisca la sbornia.
Quando usciamo di lì non piove più, ma in compenso c'è un vento che sarebbe capace di farci volare. Svelti entriamo in auto e nel momento in cui metto in moto per ripartire, Beth sgancia una bomba ad orologeria, capace di far crepare sia me che Grace. Il suo vomito ricopre tutto il sedile posteriore e la puzza di alcol, mischiato a non so qualche cibo è micidiale. Sarebbe capace di avvelenare chiunque.
Impreco sottovoce, a denti stretti, mentre sia io che Grace siamo costretti a spalancare i finestrini. Entrambi tremiamo dal freddo e sicuramente domattina ci sveglieremo con qualche patologia d'influenza cronica, che ci costringerà a rimanere a letto per circa una settimana, se non più.
Arrivati di fronte casa, acchiappo Beth e la guido fino a dentro. Mia madre sicuramente starà dormendo. Grace è dietro di me, cammina sulle punte per non far rumore.
«Mi sa che dovrai rimanere qui stanotte» le dico mentre sistemo Beth sul suo letto, dopo averla spogliata dell'abito.
«Ma dove dormo?» Dice nervosa a denti stretti.
Le faccio cenno di seguirmi, mentre socchiudo la porta. Avanzo verso la mia camera e la faccio entrare.
«Il letto è grande... giuro che puoi stare serena» le dico sotto il suo occhio vigile ed esitante.
«Va bene... ad una condizione» indulge mi fissa come una pantera, «che io dorma a sinistra» dice subito dopo.
Roteo gli occhi e sorrido, «accettato» mi spoglio dei capi fradici. Lei si stende sul mio letto, raggomitolata su se stessa. Si avvolge con il piumone, fino al naso e mi fissa.
Indosso una maglia ed il pantalone del pigiama, affiancandomi poi a lei.
Rimango supino ad osservare il soffitto. Lei è nella mia stessa posizione.
«Cosa dirà tua madre quando domattina mi troverà qua?» Nella sua domanda avverto un risolino.
«Non ti vedrà, domattina andrà a lavoro» le rispondo tranquillo.
Sospira. «A volte penso che rimarrò sola a vita» esordisce.
«Ti fa paura la solitudine?» Giro il capo per osservare il suo profilo.
Scuote il capo. «No, ma non so cosa vuol dire il contrario però» si volta anche lei.
«Lo scoprirai» dico convinto.
«Credi alla teoria dell'altra metà della mela?»
Mi prendo un attimo per rispondere. «Non lo so... forse da qualche parte c'è la persona che rappresenta la nostra metà perfetta o forse non esiste e viviamo convincendoci che sia così e ci consoliamo con il fatto che il destino farà la sua parte» spiego.
«I discorsi delle tre del mattino» ridacchia. «Forse dovremmo tutti smetterla di struggerci pensando all'amore, al destino, all' uomo giusto, alla mela...» sussurra.
«O forse dovremmo semplicemente dormire» sorrido osservandola.
Ricambia e chiude gli occhi.
«Quindi ci pensi all'amore qualche volta» parlo improvviso.
Sgrana gli occhi, «credo sia normale, ma questo non significa che ripongo tutto il mio mondo sull'amore» spiega.
«L'amor che move il sole e l'altre stelle» recito con voce soave.
«Buonanotte Dylan» bisbiglia.
«Buonanotte Grace» sospiro e rimango con gli occhi sbarrati.
Il mattino seguente, avverto un peso sulla pancia. Strizzo gli occhi e stiro le braccia all'indietro. Sollevo il capo leggermente e mi accorgo di Grace, è distesa di sbieco, ha scambiato il mio addome per un cuscino. Mi lamento sbadigliando, ma lei non ne vuole sapere di svegliarsi. Le sposto lentamente il capo sul materasso e mi metto in piedi. Esco dalla stanza e scendo al piano di sotto. Avverto un profumino gradevole e quando mi accorgo di mia madre in cucina sussulto.
«Mamma» dico confuso.
«Amore» mi sorride ponendo su quattro piatti dei pancake caldi.
«Che ci fai a casa?» Avanzo accigliato.
«E' tutto okay, ho chiesto un cambio con la mia collega, farò la notte» risponde serenamente, «stamattina possiamo fare quello che volete» aggiunge. «A che ora siete tornati stanotte?»
Prendo un lungo respiro e mi siedo a tavola. Rubo dalla ciotola un pugnetto di cereali e li porto in bocca.
«Hm non so che ora fosse» biascico.
Mi guarda di sottecchi mentre cucina delle omelette. «Ehi Superman che ci fa una ragazza nel tuo letto?» Le scappa un riso divertito.
Getto il capo all'indietro. «Sei entrata in camera mia!» Sbotto. «Quante volte devo dirti che...»
«E dai non fare l'imbarazzato... almeno eravate vestiti» scuote il capo.
«Mamma non farmi fare figuracce, è un'amica di Beth...» mi giustifico.
Accenna una smorfia con il naso, «un'amica di Beth che dorme con te» mi schernisce.
«Buongiorno» mia sorella avanza con passo felpato, sembra che un carro armato le sia passato addosso. Si siede di fronte a me e sbadiglia. «Amica di Beth cosa?»
«Tuo fratello stanotte non ha dormito solo» dice cantilenante mia madre.
«Mamma» l'ammonisco con lo sguardo.
«Dylan?» Chiede mia sorella corrucciata.
Roteo gli occhi, «Grace ha dormito con me... era tardi per portarla a casa» mi discolpo. «Ha dormito però. Stop.» Sottolineo onesto.
«Mamma puoi scommetterci» annuisce Beth, «Grace non farebbe mai nulla con Dylan» aggiunge pacata.
In quel momento vediamo quest'ultima spuntare dalle scale. E' mezza addormentata, ma quando nota una figura ai suoi occhi ancora sconosciuta le viene quasi un colpo. Si pietrifica e boccheggia. Mi massaggio la barbetta ancora corta e curioso osservo la scena. Beth alza le sopracciglia e fa un rumore con la bocca. Mia madre sorride.
«Vieni, prego... siediti» la invita ad accomodarsi al mio fianco.
Mi sta uccidendo con lo sguardo. Vorrebbe pugnalarmi.
Rido sotto i baffi ed abbasso il capo.
«Mi scusi signora» balbetta.
«Oh chiamami Dana» dice mia madre.
Ci nutriamo di tutto il cibo che ha preparato mia madre e Grace rimane in silenzio per la maggior parte del tempo.
Poi, dopo colazione, ritorniamo al piano di sopra. Beth si getta sul mio letto accendendo la televisione. Grace fa lo stesso. Io faccio una doccia.
POV GRACE
«Mia madre per telefono mi ha detto che mi ammazzerà» osservo il messaggio di mamma. «Dovrei rientrare a casa» sospiro.
«Ti accompagniamo io e Dylan» risponde Beth cambiando canale. «Senti sono stata penosa stanotte vero?» Piagnucola.
Scoppio a ridere, «ti prego non parlarmene» la supplico.
«Come l'accompagniamo se tu mi hai vomitato tutto il sedile?» Dylan esce dal bagno con l'asciugamano avvolto poco più sotto del ventre.
Distolgo lo sguardo ed osservo la televisione.
«Davvero?» Dice Beth con voce stridula.
«Adesso prendi detersivo e pompa e lavi!» Si asciuga i capelli con una tovaglia, lasciandoli alla rinfusa. Poi si avvicina ad un cassettone e prende un paio di boxer e dei calzini.
Ritorna in bagno e li indossa, ma nuovamente si fa trovare mezzo nudo davanti ai nostri occhi. Rovista nell'armadio ed indossa un maglioncino color talpa ed un pantalone di tuta aderente contro le sue gambe muscolose. Ed eccolo che come un pesce si getta sul suo letto, in mezzo a noi, a pancia in giù.
Affonda la faccia sul cuscino e dopo qualche secondo si risolleva rivolgendomi uno sguardo.
«Ho inalato il tuo profumo» dice arricciando il naso. «E' forte» chiude le narici con due dita e poi le riapre.
«E' Chanel» rispondo, «me l'ha regalato Emily per Natale» scrollo le spalle.
«Mi toccherà pensarti anche durante la notte» ritorna con la testa sul cuscino.
«Anche?» Chiedo corrucciata.
«Non mi basta vederti di giorno...» commenta antipatico.
Non fiato, lo fulmino con gli occhi, mentre Beth ci sta scrutando.
«Donzelle che dite se mi aiutate a lavare l'auto...?» Sobbalza dal letto.
«Io dovrei»
Non mi lascia finire, «ti accompagneremo noi dopo aver finito» mi schiaccia lui un occhio.
«Dai corriamo in garage» Beth corre giù, mentre io aspetto Dylan ed entrambi ci incamminiamo al piano di sotto.
Il garage non è molto grande, giusto per due posti auto, quella di Dylan e della madre.
Lui accende la luce, si toglie la maglia, rimanendo a torso nudo. Poi spalanca le portiere dell'auto e riempie dei secchi con dell'acqua bollente, gli versa il detersivo adatto e ci lancia delle spugne. Accende la radio dell'auto e parte una canzone degli U2 "One".
«Is it getting better or do you feel the same...will it make it easier on you now you got someone to blame you say... » comincia a cantare a ritmo di musica Beth.
«One love, one life» segue Dylan portando la spugna di fronte alle labbra a mo' di microfono.
Rido osservandoli. Adoro anch'io questa canzone.
«Come ai vecchi tempi... con papà» Beth avanza verso il fratello, «noi che cantavamo gli U2 e lui che lavava la sua auto.»
«E tu che facevi danno ovunque» scherza lui schernendola.
Beth lo spintona mostrandogli una smorfia e torna a pulire il suo vomito.
Le do una mano, anche se con fatica. Improvvisamente, mentre entrambe usciamo per prendere aria e non inalare la puzza di vomito, Dylan ci prende alle spalle con una secchiata d'acqua bollente. Almeno non è ghiacciata e non è sporca.
Ci voltiamo bagnate fradice. Non basta tutta l'acqua che ho preso addosso stanotte, ci si mette anche lui. Così ringhio come una bestia ed osservo il secchio a terra, nel quale abbiamo sciacquato le spugne unte di vomito. Lo acchiappo con ferocia e glielo scaravento addosso, mentre lui, invano, cerca di non farsi prendere. Col cazzo che ci riesce.
«Chi sta peggio Murphy?» Domando con le mani sui fianchi.
Beth applaude e sorride soddisfatta. Ci godiamo la scena, insomma.
Lui socchiude le palpebre, boccheggia in preda al panico ed abbozza un sorriso amaro, accompagnato da un ghigno malvagio.
«Dylan stai buono» gli ordina la sorella.
«Ma che cazzo, mi avete preso per un cane?» Chiede poi alzando le braccia interrogativo.
Smorzo una risata, posando una mano sulla bocca, soprattutto quando mi accorgo di un pezzo di non so cosa sulla fronte di Dylan. Probabilmente qualche residuo di cibo che Beth ha mangiato, prima di rigurgitare.
«Ehi Dylan pulisciti la fronte» lo indico trattenendo una risata.
Beth al solito non riesce a farne a meno e gli ride in faccia come se non ci fosse un domani.
«La rovina di ogni uomo» si pulisce senza fare smancerie, riempie un secchio di acqua calda e se lo getta addosso di proposito. E' pazzo. Probabilmente crede di pulirsi.
«Cosa?» Chiede la sorella.
«LE DONNE» sbotta lui in presa ad una crisi esistenziale.
Ritorniamo nuovamente a pulire, mentre lo stereo suona ancora gli U2 con "I Still Haven't Found What I'm Looking For". Dylan si muove a ritmo di musica, canticchia sottovoce ed io mi rilasso.
«Ragazzi vi ho preparato una spremuta» sua madre entra quando stiamo per finire, con un vassoio tra le mani. Lo sistema su un tavolinetto in legno e ci osserva. «Ancora dovete spiegarmi come mai questa pulizia repentina.» Incrocia le braccia al petto.
Dylan e la sorella si fissano complici, poi si rivolgono a me.
«Ieri per sbaglio ho rovesciato sul sedile dietro del caffè, mi dispiace signora» dico svelta, prima che i due si freghino da soli.
Lei sorride, «oh ma figurati, non c'è problema... solo che mi sembrava strano» annuisce, «di solito Dylan si scoccia a fare queste cose» spiega.
«Mamma la spremuta è dolciastra» strizza gli occhi Dylan sorseggiando la bevanda.
«Buona!» Esclama Beth.
L'assaggio anch'io e la butto giù quasi in un sorso. Che sete!
Dylan e Beth mi accompagnano a casa nel pomeriggio, dopo aver pranzato da loro e aver fatto una doccia. Beth mi ha prestato dei suoi vestiti, visto che quelli che indossavo precedentemente Dylan ha ben pensato di inzupparli.
La signora Murphy è davvero una gran donna. Nonostante il lavoro e gli sforzi per tirare su la sua famiglia, non le manca il sorriso.
Prima di entrare in casa ricordo che mamma mi aveva chiesto di passare al supermercato per prendere un paio di cartoni di latte. Così mi incammino e dopo una mezz'ora sono dentro. Metto nel carrello della spesa anche qualcosa che piace a me ed infine mi reco alla cassa. I miei occhi sono attirati però da Brian e la sua ex, che gironzolano fra gli scompartimenti. Acchiappano da mangiare ed allegri lo mettono nel carrello.
Osservo la scena e perdo persino il mio turno per pagare. Mi imbambolo e non la smetto di fissarli. Lei lo accarezza, gli sorride, mentre lui le parla tranquillo. Quando, però, i suoi occhi incrociano i miei rimaniamo immobili. Ci scrutiamo senza muoverci di mezzo centimetro. Anche lei si accorge di me, ma io non mi curo dei suoi sguardi malvagi.
Brian lascia il carrello alla ex, avanza svelto verso di me, mentre io mi paro il culo rivolgendo i miei occhi alla cassiera, per pagare.
Mi si affianca, sento il suo respiro dietro il mio orecchio. «Ti aspetto fuori» mi intima e poi esce.
Mi volto ad osservare la sua ex. Ha la bocca spalancata di fronte alla scena.
Vorrei assumere un atteggiamento di soddisfazione, ma proprio non ci riesco. Non credo ci sia qualcosa di bello in tutto ciò.
Così pago ed esco di lì. Brian mi aspetta poco più là e lo raggiungo.
«Che vuoi?» Dico distaccata. Non lo fisso.
«Guardami» mi ordina.
Non lo faccio. «Devo ricordarti che non mi darai mai ordini?» Osservo altrove.
«Però non ti dispiace affatto guardare quel tipo vero?» Chiede con tono aspro.
«Ma fammi il piacere, non ti sprecare» lo fisso schifata, «cos'hai contro Dylan? Pensi che ti venga a dire che lui è meglio di te?» Ghigno amaramente. «Non te lo dico... perché non me ne frega di fare paragoni inutili. Tu sei una persona e lui un'altra, quindi per cortesia tienilo fuori da questa faccenda» sentenzio severa.
Brian incrocia le braccia al petto e si bagna le labbra con la lingua. «Non puoi fare la bambina ogni volta» sbotta, «ti ho detto che ho bisogno di capire e tu scappi come se non te ne fregasse un cazzo» dice irritato.
Ghigno, «ma tu credi che il mondo giri intorno a te?»
«E' possibile che ogni volta che proviamo a parlare dobbiamo per forza litigare?» Domanda sbuffando.
Scrollo le spalle, «la bambina fa i capricci» gli pizzico una guancia antipatica, «magari con la donna che ti aspetta dentro puoi conversare per bene» gli schiaccio un occhio e me ne vado.
«Continua pure!» Mi sbraita contro attirando l'attenzione dei passanti. Ad un certo punto mi sento acchiappare dal braccio, mi volto e lo ritrovo di fronte a me. Mi attanaglia il viso con entrambe le mani e prova a baciarmi. Lo scanso violenta.
«Ma che ti fa dire il cervello!» Sbotto. «Non ci provare mai più» gli punto il dito contro il petto.
«Ci riproverò eccome. Parla quanto ti pare.» Alza gli occhi al cielo.
«Vai all'inferno» dico andando via.
«E tu vieni con me» urla.
Per tutto il tragitto ripenso a quel gesto. Avrei voluto schiaffeggiarlo. Stronzo.
Crede che tutto giri intorno a lui e che esista solo e soltanto lui. Crede che io sia la sua marionetta, da manovrare come meglio gli pare. Non ha capito proprio niente.
I miei pensieri vengono interrotti da un messaggio. Sfilo il telefono dalla tasca e mi accorgo che è Beth.
Ehilà stasera io e Dylan andiamo al cinema... ci onori della tua presenza?
Prometto di non vomitare. Aahaha Dai, dì di sì.
Alle sette passiamo a prenderti. A dopo bisbetica!
Angolo autrice.
Buon pomeriggio! Che dite? Non sono stata veloce?
A voi i pareri sul capitolo... Bacioni, alla prossima!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top