Capitolo 14.
Capitolo 14.
Non sono mai stata così tanto piena e sazia in vita mia. Sono giorni che in casa mia non si fa altro che mangiare, mangiare e ancora mangiare. Persino Emily che finalmente non sembrava più una vacca, adesso ha preso qualche chilo in più.
No, vabbè scherzo. La stronza è sempre perfetta, nonostante abbia partortito due gemelli, è rimasta la solita bellezza di sempre. Mi rode ammetterlo.
Scendo giù in forma sbadigliante, ancora in pigiama. Non c'è nessuno. Mamma e papà stamane sono andati dai nonni. Io sono rimasta qui, a poltrire, in solitudine per tre interi giorni. Quindi trascorrerò queste giornate a guardare telefilm, film, programmi tv, ingozzandomi di patatine, salatini, caramelle gommose e succhi di frutta. Come da bambina. E' bello il silenzio. Osservare le lucette di Natale che si illuminano, assaporare la quiete.
Mi dirigo in cucina e noto un biglietto sul tavolo.
Mi raccomando Elizabeth! Non combinare casini. Staremo via solo tre giorni, non farmeli sembrare un'eternità e soprattutto PULISCI quando sporchi.
Per favore, tesoro....non rendermi la casa un porcile.
Con affetto, la mamma.
"Con il cazzo, la mamma." Sbuffo e accartoccio il foglio per poi gettarlo nel cestino.
Apro lo sportello ed afferro dei biscotti, mangiucchiandone a quantità.
Poi mi deposito sul divano, accendo il camino, mi nascondo sotto il piumone ed osservo i canali che faccio scorrere in tv con il telecomando. Fin quando mi imbatto in un film. Osservo il titolo "La verità è che non gli piaci abbastanza".
E' appena iniziato, così mi metto comoda e rimango un'ora abbondante con gli occhi sbarrati.
Fin quando il telefono vibra, sfilo il braccio dal piumone ed afferro l'iPhone dal tavolinetto. E' Emily.
«Stress» rispondo.
«Grace vieni a pranzo qui?»
«No no, mi arrangio con qualcosa a casa... sento troppo freddo per muovermi.»
«Ma sei una scansafatiche!» Brontola.
«E dai Emily, non rompere le palle...» ghigno.
«Va bene, se hai bisogno chiama... se vuoi più tardi passo» dice.
«Emily. Non c'è bisogno.» Sbotto.
«Ti voglio bene anche io, bacio» riattacca. Finalmente.
Torno a vedere il film, ma qualcuno bussa alla porta di casa. La prima volta, la seconda, fin quando alla terza incazzata, nervosa ed imprecando mi avvio verso l'entrata, non curante del mio aspetto. Apro il portone e quando i miei occhi riconoscono la figura di Brian, mi si blocca il respiro. Lui mi fissa corrucciato. Si massaggia il mento e scoppia a ridere, poggiando una mano sullo stipite.
«Liz» mormora ghignando.
«Br-ian» balbetto.
«Sono riuscito a lasciarti senza parole» commenta curioso.
Gli faccio spazio per farlo entrare e prendo un lungo respiro prima di parlare e prima che il mio cuore batta nuovamente regolarmente.
Lui fa due passi ed è dentro, chiude la porta alle sue spalle, mentre io mi gratto il capo indietreggiando.
«Diciamo che non me l'aspettavo» accenno un mezzo sorriso.
«Speravo di trovare una Grace trasandata» incrocia le braccia al petto abbozzando un sorriso.
Accenno una smorfia, «bè, non mi piacciono le sorprese caro Brian» cammino verso il divano e mi ci siedo con le gambe incrociate. Lui si mette al mio fianco.
«Non sei molto entusiasta di vedermi» borbotta lui deluso.
«No... è che non me l'aspettavo sul serio» ammetto annuendo.
Lui deglutisce, «senti... se è per quel fottuto bacio, fai finta di nulla» sbotta mettendosi in piedi.
Sospiro e lo guardo dal basso. «Avrei dovuto immaginarlo» accenno un riso amaro e mi metto in piedi anche io. «In fondo l'hai sempre detto che sono una ragazzina, bambina viziata... bisbetica. Cosa puoi voler mai da una ragazzina?» Continuo con tono arrogante.
Lui si volta scattante con le mani poggiate sui fianchi. Sembra aggressivo.
«Tutto.» Dice a denti stretti. «Voglio tutto.» Prende un lungo respiro e mi fissa. «E non chiedermi perché voglia te. Perché sono stato giorni a chiedermelo.» Continua. «Voglio te, come non ho mai voluto nessun'altra.»
Sono senza parole. Nuovamente. Abbasso lo sguardo e poi lo rialzo.
«Bè, ti sei chiesto cosa voglia io?»
Corruga la fronte, «cosa vuoi?» Ha quasi paura a chiedermelo.
Avanzo verso di lui. Lo acchiappo dal collo e congiungo le mie labbra alle sue, mentre lui mi abbraccia. Mi posa le mani sui glutei, poi scende più in basso per aiutarmi ad avvinghiarmi a lui con le gambe. Si inginocchia sul divano e mi lascia cadere lentamente continuando a baciarmi con foga. Mi scompiglia i capelli, mentre con le labbra scende sul collo, lasciandomi un succhiotto. Ritorna a baciarmi giocando con la mia lingua e mordendomi le labbra.
«Se non mi respingi in fretta, potrei non rispondere delle mie azioni» sussurra sogghignando ed ansimando.
Rispondo alzandogli la maglia. Lui accenna un riso di approvazione e si lascia spogliare.
Poi si china verso di me, ma prima di sfilarmi il pigiama mi guarda dritto negli occhi.
«Piccola solo se sei convinta» sussurra depositandomi un bacio sulla punta del naso. Accarezzo la sua schiena calda e lo guardo. Annuisco e riprendo a baciarlo. Così delicatamente mi spoglia del pigiama e rimango in intimo. Mi accarezza il viso, spostandomi i capelli dalla fronte, mentre con una mano mi sfiora il ventre, fino a scendere nella mia intimità. Mi stuzzica il clitoride e mi osserva. Socchiudo le palpebre e raddrizzo la schiena per il piacere. Quando infila due dita dentro di me mi lamento, prendo un lungo respiro e gli stringo il braccio. Così lui le sfila ed esce dal portafoglio un preservativo.
Mi fissa e tentenna ancora indeciso.
«Ho paura» sussurra.
«Di cosa?» Chiedo sottovoce.
Alza le spalle e mi posa un bacio sulle labbra, «se ti faccio male dimmelo. Ti prego.»
Si spoglia dei jeans e dei boxer, lasciandoli cadere sul pavimento. Indossa il preservativo e si posiziona su di me, sorreggendosi con una mano dal divano, dietro la mia testa. Mi abbassa lo slip, mentre io lo spingo giù fino a toglierlo con i piedi. Poi slaccia il reggiseno e scende a baciarmi il seno. Ansimo sotto di lui e spingo il suo bacino contro il mio, vogliosa.
Mi guarda dritto negli occhi e facendosi spazio tra le mie gambe, attorcigliate poi intorno alla sua vita, penetra lentamente dentro di me e spinge. Inizialmente avverto del dolore, che man mano diminuisce oltrepassato dal piacere inesorabile.
Ci guardiamo per una manciata di secondi, per poi riprendere a baciarci come se non esistesse un domani. Le spinte sono molto lente, ma quando anche io, gemendo, mi spingo più verso di lui, aumenta. Mi lascia dei baci sul seno, sul collo e sul mento. Ansima ed emette dei lamenti. Quando entrambi arriviamo all'orgasmo, cerco di trattenere un lamento, ma diviene impossibile. Inarco la schiena e boccheggio per qualche istante, per poi sentire la sua lingua a contatto con la mia. Esce da me e mi da un bacio in fronte. Si allontana e ritorna qualche secondo dopo, completamente nudo. Si sdraia al mio fianco, sotto la coperta ed avvolge anche me, fino a metà seno. Mi abbraccia e mi stringe a sé. Siamo entrambi sudati.
«Tutto questo... non è possibile» ghigno.
«Non riesci proprio ad addolcirti» commenta lui.
Scocco la lingua sul palato ed osservo il soffitto sopra di noi. «Com'è andata in Virginia?»
Sospira. «Mia madre è stata distante per tutti i giorni, mia sorella sapeva che io fossi partito per lavoro due anni fa e quindi ho trascorso la maggior parte del tempo con lei» sussurra, «è cresciuta così tanto» aggiunge.
«E come mai sei tornato?» Chiedo prendendo un lungo respiro.
«Perché mi mancavi» scrolla le spalle senza guardarmi però.
Lo spintono muovendomi e rido, «non ci credo» sogghigno.
«Giuro» posa una mano sul petto.
Lo fisso di sottecchi, mentre lui si avvicina strappandomi un bacio. «Devo andare da mio zio in palestra...» sobbalza dal divano. Indossa i boxer, i jeans e subito dopo la maglia. Mi sorreggo con la coperta e mi metto seduta osservandolo.
Si volta a guardarmi mentre indossa il giubbotto e mi sorride. «Passo più tardi se non hai da fare» sistema i capelli, portandoli indietro.
Annuisco. Mi saluta con un bacio in fronte ed esce.
Mi ricompongo e rimango per mezz'ora su quel divano a chiedermi se sia successo sul serio. La mia prima volta, che io immaginavo diversa. La prima volta che tutte le ragazzine immaginano meravigliosa, insomma perfetta. E invece è stato tutto così veloce, tutto così scontato che lui è persino scappato via. Tutto ciò mi lascia dubbiosa, confusa, insoddisfatta e dentro di me albeggia quel senso di pentimento. In questo momento avrei solo bisogno di un'amica a cui raccontare tutto, con cui confidarmi e spiegare i miei timori, le mie paranoie. Un'amica con cui scherzarci sopra magari. E invece sono qui. Sono sola. Sono paranoica. Sono solo Grace.
Trascorro la mattina cucinandomi qualcosa e dopo aver pranzato chiamo Emily.
«Grace dimmi! E' successo qualcosa?» Sembra agitata.
«No, tu piuttosto tutto bene?» Corrugo la fronte.
«Sì, sto riprovando l'abito ed ho paura che non entri perfettamente» sbuffa.
«Bè, tu non fare la vacca e mangia di meno» ghigno.
«Perché non fai un salto a casa? Brady è a lavoro, sono da sola con i bimbi e la sarta.»
Ci penso su. Osservo l'orario sull'orologio appeso alla parete del salotto ed accetto.
«Va bene, arrivo» riattacco.
Esco di casa ed imbocco la strada a sinistra velocemente. Il vento soffia forte, quasi volo.
Avvolgo il collo ed il mento nella sciarpona di lana ed indosso un berretto nero.
Cammino svelta ed in poco tempo sono di fronte casa.
Salgo gli scalini e busso alla porta. Attendo qualche istante, fin quando una donna non molto giovane mi accoglie. E' la sarta.
Emily è poco più in là, sopra un piedistallo, bellissima.
«Sai mi è venuto in mente quando tu provavi l'abito per sposare quel frocio di Noah e Brady voleva bestemmiare. Perché... sì... aveva quasi l'uccello che gli volava fuori dalle mutande» scoppio a ridere.
La signora nasconde la bocca con una mano, trattenendo una risata, Emily, invece, mi fulmina con gli occhi.
«Possiamo evitare di ricordare questi elementi poco significanti?» Domanda gesticolando. «E soprattutto la smetti di assomigliare ad uno scaricatore di porto?»
Abbasso la testa ed annuisco. «Comunque è tornato» parlo con voce rauca.
Lei mi fissa. «E' venuto a casa?» Chiede osservandomi di sottecchi.
Io annuisco con suono gutturale.
«E' invece lui non l'ha fatto volare fuori, spero!» Fa allusiva.
Trattengo una risata per il mondo in cui mi ha rivolto la domanda.
«NO» rispondo secca.
«Oh grazie a Dio» guarda in alto, congiungendo le mani in preghiera.
Se solo sapesse...
«Bè...allora?» Chiede poco dopo.
«Nulla, abbiamo parlato... mi ha raccontato com'è andata in Virginia.» Passeggio per il salotto, cercando di non incrociare il suo sguardo. Capirebbe subito che mento. E' una bastarda.
«Okay, l'abito è perfetto... sistemo questo punto qui e va benissimo» la signora aiuta mia sorella a sfilarsi l'abito, mentre quest'ultima si ricompone.
«Allora lo proviamo quando sarà pronto, ormai siamo agli sgoccioli» sorride Emily.
La sarta prende tutto l'occorrente e salutandoci esce, finalmente.
«Allora tu, Kris, Hanna e Samantha dovete provare l'abito delle damigelle.» Esordisce osservando un foglio. «Hanna e Nate verranno la prossima settimana qui... e Samantha dovrebbe farsi vedere a giorni.»
«Da quanto tempo non la vedi?» Chiedo curiosa.
«Molto, ma ci sentiamo sempre... è sempre stata una mia amica.« Spiega tranquilla. «Invece tu e Kris potete benissimo provarlo domani mattina» sorride osservandomi. «Spero vi piaccia, è molto semplice...» annuisce.
«Va bene, va bene» annuisco incrociando le braccia al petto, «se dovesse essere rosa confetto te lo getto in un cassonetto dell'immondizia!» L'avverto mostrando un sorrisetto soddisfatto.
«Non è rosa!» Mi ammonisce lei con voce stridula. «Comunque ho scelto le mie testimoni, anche se è tardi... ci ho riflettuto a lungo» mostra una smorfia.
«Kris ed Hanna» borbotto con voce cantilenante.
«Kris e Grace» risponde lei super sorridente.
Sgrano gli occhi. «IO?» Domando incredula.
«Sì. Grace, tu e Kris... ci siete sempre state nella buona e nella cattiva sorte. Mai nessuna mi ha voltato le spalle, quando io e Brady non stavamo insieme e quando le cose andavano male» dice con voce tremante. «Tu hai sempre creduto in noi... e lei anche, in modo più razionale.» Si emoziona e delle lacrime le ricadono lungo il volto. Vorrei abbracciarla, perché per un attimo ho ripercorso le situazioni precedenti a tutto ciò e mi rendo conto che il loro percorso, fino ad oggi, ha avuto talmente tanti alti e bassi, che meritano proprio tanta felicità.
«Sono onorata sorellina» l'abbraccio contenta e sospiro.
«Sono felice.» Singhiozza per poi ridere.
Le asciugo le lacrime, «spero sia il giorno più bello della tua vita, dopo la nascita di Thomas e Nicholas e spero che tu possa realizzare tutto ciò che ancora sogni nella vita.» Balbetto con un nodo alla gola. Sono emozionata anch'io. Non me l'aspettavo.
«Comunque è proprio da te scegliere come data di nozze il 14 Febbraio» ridacchio, «solita romanticona» commento.
«Se avessi dovuto scegliere una data più significativa avremmo dovuto sposarci più avanti... ma va bene così» annuisce compiaciuta.
«Ho fatto sesso con Brian» sgancio la bomba, mentre lei sta osservando i bimbi in culla. Si aggrappa ad essa, di spalle, e non si volta.
Deglutisco rumorosamente e vorrei darmela a gambe, ma poi mi ricordo che in fondo, anche lei ha avuto la mia età e Brady non era per niente uno stinco di santo, quindi dovrebbe perlomeno comprendermi.
E invece lei, stile Satana, si volta. Mi guarda dritta negli occhi. Vorrebbe trucidarmi.
«Grace Elizabeth Stewart» esordisce.
«Scap-pa» balbetto indietreggiando.
«Ma sei pazza?» Sbraita. Nasconde il volto con entrambe le mani e sbuffa. «Lo sapevo io, lo sapevo» mormora scuotendo il capo.
«Ehi mica ti ho detto che sono incinta» sbotto.
Mi fulmina con gli occhi, «bè e che ne sai?»
Sgrano gli occhi. «Senti Emily non mettermi queste fissazioni addosso okay?» Gesticolo e parlotto velocemente, mentre lei fa avanti e indietro nervosa. «E' successo. Doveva succedere prima o poi.» Mi giustifico.
«Sei innamorata?» Chiede.
«Non lo so. Non lo so. » Scrollo le spalle.
Rimane in silenzio. Non parla più.
«Comunque lui poi è andato via, poco dopo» sussurro.
Mi osserva e sospira. «Io l'uccello glielo stacco» incrocia le braccia al petto.
Improvvisamente qualcuno bussa alla porta. Emily, ancora demoniaca, mi fissa e va ad aprire.
Brian è sul ciglio della porta, immobile.
«Buonasera...ehm...sono passato da casa ma non c'eri » si gratta il capo accorgendosi di me, alle spalle di Emily.
«Sì, sono venuta qui...» dico tranquilla.
«Ci facciamo un giro? Devo parlarti.» Sembra in difficoltà, dal momento in cui mia sorella, lo guarda come se l'unica cosa che vorrebbe fare, sia quella di strangolarlo. E' piuttosto terrificante la sua espressione.
«Emily, ci vediamo più tardi» avanzo verso l'uscita.
«Tu ceni qua.» Lo dice ordinandomelo e scandendo bene ogni sillaba.
Annuisco ed esco, affianco a Brian.
«Passeggiata a piedi?» Chiede lui sfregandosi i palmi delle mani.
Scrollo le spalle, «cerca di essere veloce e conciso perché non ho tempo da perdere se è qualcosa che riguarda noi due.» Come sempre metto le mani avanti, prima di esser ferita. Suppongo, dalla sua espressione, che non è qualcosa che mi renderà felice, anzi il contrario.
«In Virginia, la sera di Natale mi sono trovato a cena con la mia famiglia , con amici e parenti. A casa mia eravamo soliti invitare tutti, anche in passato... solo che non pensavo di trovarmi di fronte tutta quella gente.» Fa una pausa e nasconde le mani nelle tasche del giubbotto. «Prima di venire qui... ero fidanzato. Stavo con una ragazza che ti somiglia molto» accenna un riso, «ha sempre cercato di tirarmi fuori dai brutti giri che frequentavo, fin quando sono stato sbattuto fuori di casa e ho deciso di abbandonare quel posto e le persone che conoscevo...» sospira. «Non pensavo che mia madre invitasse la sua famiglia a cena, eppure c'erano tutti... e c'era anche lei.» Continua.
«Non fiatare più, non voglio sentire più.» Sbotto bloccandomi. Lui si ferma e mi guarda.
Sta per sfiorarmi una mano, ma io glielo impedisco bruscamente, «tu non mi tocchi più.»
«Ero andato avanti capisci? E lei era lì.» Gesticola nervoso.
«E quindi hai ben pensato di andartene da lì nuovamente e di scopare con me per vedere se ti scordassi di lei.» Sbraito con voce tremante ed un terribile nodo alla gola. Il cuore mi sbalza nel petto e vorrei scoppiare a piangere con tutta me stessa per la rabbia, ma io sono forte, lo sono sempre stata e non mostrerò nuovamente le mie fragilità, né a lui né a nessun'altro. «Mi fai schifo!» Esclamo spingendolo con entrambe le mani, mentre svelta vado avanti.
«No, non è vero... Liz... aspetta» mi corre dietro, acchiappandomi per un braccio.
Lo respingo violentemente, «non ti voglio più vedere. Scompari.» Gli ringhio contro. «Sei una merda.» Lo insulto pesantemente, forse per ferirlo, quanto lui ha ferito me. Forse per sentirmi meglio.
«Lasciami spiegare, porca puttana» sbotta imprecando.
Gli punto un dito contro, «non ti azzardare a farti vedere più.»
«Fai sempre così. Non lasci mai parlare nessuno. Vuoi sempre avere quella cazzo di ultima parola. Hai sempre ragione tu e non ascolti nessuno!» Urla come un forsennato in mezzo alla strada. «Sei solo una bambina viziata del cazzo che vuole sempre avere tutto.»
Gli mollo uno schiaffo ed uno sputo in uno occhio, «comprati la dignità, pezzo di merda» detto ciò mi dileguo con passo svelto. Non mi volto e cammino dritta, con un'estrema voglia di piangere ed urlare.
Non mi sono mai sbagliata. Gli uomini, i ragazzi portano solo guai. Non mi sono mai sbagliata, nello stargli lontana a tutti i costi.
E poi è arrivato lui, con quell'aria da spaccone. Ha messo in repentaglio la mia vita, strappandomi via quel filo di orgoglio che mi tenevo stretta a me.
Angolo autrice.
Scusatemi, scusatemi e ancora scusatemi. Mi dispiace davvero riuscire ad aggiornare solo adesso, ma i tempi al momento sono questi. Comunque sono curiosa di sapere cosa ne pensate del capitolo e della svolta che ha preso, anche se, sicuramente, non ne sarete entusiasti per niente.
Spero di leggervi presto.
Alla prossima! Baci
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