Capitolo 11

Capitolo 11.


POV BRIAN

La cravatta mi serra il respiro, il pantalone mi stringe il pacco e questo Champagne fa decisamente schifo. Grace è poco più distante assieme ai genitori, indossa un tubino rosso e dei tacchi neri. Sembra un'altra persona.
Ed eccola che si avvicina.

«Mi dispiace averti trascinato in questa festa da quattro soldi, ma mio padre ci teneva troppo che io ed Emily venissimo» sospira sorseggiando dal calice che tiene fra le mani.
Socchiudo le palpebre ed allento la cravatta, «ti basta sapere che mi sta per esplodere il pene per quanto sono stretti questi pantaloni. Per il resto... non lasciarmi da solo.» Borbotto.
Lei scoppia a ridere nascondendo la bocca con una mano. «Oh è arrivata Emi» corre delicatamente dalla sorella, vestita elegantemente e quando scruto da lontano Brady con un passaggio biposto scoppio a ridere, ma mi risollevo il morale.
E' vestito allo stesso modo mio, ma è come se avesse un tocco di classe in più. Noto come le donne alla sua destra e alla sua sinistra stiano per sbavare e di come una tra di loro sventoli un fazzoletto. Se se ne accorgesse Emily, temo finirebbe a rissa.

«Milf che avete da guardare?» Grace sbotta come se fosse un maschiaccio. Sgrana gli occhi e le fissa imperterrita. Non voglio crederci. Quella ragazza non smette mai di stupirmi.
Le donne non fiatano e riprendono i loro discorsi insulsi.
«Se non ci fossi tu» mormora la sorella accarezzandole il capo.
Brady sorride malizioso, «sono o non sono un uomo affascinante?»
Grace lo squadra da capo a piedi accennando una smorfia con le labbra, «pensa a fare il papà, troglodita.» Lo ammonisce.
«Oh guarda chi c'è» Brady mi osserva con curiosità e si avvicina dandomi una pacca sulla spalla, «tutto bene? Novità?»
«Diciamo sì... ho avuto una proposta di lavoro da mio zio che si è appena trasferito qui, sto pensando di accettare.» Annuisco deciso.
«Mi fa piacere, sono contento» fa compiaciuto, «mia cognata che dice?» Dice a denti stretti guardandosi intorno innocentemente.
Sogghigno, «single» faccio ammiccante.
«Questo significa che anche tu devi tenere le tue manine a bada» mi da uno schiaffetto in volto e sorride. «Prendiamoci delle tartine, dai sù» sospira accompagnandomi ad un tavolo enorme a buffet.
«Brady quando hai conosciuto Emily... come hai capito di essere innamorato di lei?» Afferro uno stecchino con un oliva bianca e la metto in bocca masticando.
Lui mi guarda di sottecchi, «mi sono innamorato di Emily la prima volta che la vidi... l'ho capito dopo un po', perché non ero mai stato talmente preso da qualcuna... e me ne sono reso conto quando avvertivo un senso di vuoto nel momento in cui lei non c'era.» Parla tranquillamente. «Mi mancava persino litigarci.»
Annuisco senza fiatare.
«Grace non è Emily, Brian.» Mi avverte. «Ed è troppo piccola per te» continua.
«Ho domandato per curiosità» scrollo le spalle, «tranquillo.»
Curiosità un paio di palle!
«Voglio darti un consiglio» mi guarda dritto negli occhi, «non voglio dirti chi frequentare o meno, ma non mettere le mani su qualcosa che pensi di non riuscire a gestire.» Fa una breve pausa. «L'amore non è affatto una cosa semplice.» Le sue parole mi lasciano perplesso e mi invitano a riflettere.
Non so cosa mi prende di quella ragazzina, ma so che quando ce l'ho attorno, il mondo gira al contrario.
«Qui dentro fa caldo, vado a fumare fuori... a dopo» avanzo verso l'uscita e sfilo dalla tasca il pacco di sigarette. Ne prendo una con le labbra e l'accendo. Cazzo, che gelo.
Inspiro e poi getto fuori il fumo, mentre sento la porta alle mie spalle aprirsi con un cigolio.
«Che fai fumi senza di me?» Liz mi si affianca dandomi una piccola spinta. Sta tremando di freddo.
Le porgo la mia sigaretta e lei inspira.
«Cambierebbe qualcosa se ti dicessi che non mi piaci se fumi?» Chiedo con un filo di voce.
Scuote il capo. «Non devo piacere a nessuno io.» Sorride.
«Bè, ci ho provato» scrollo le spalle.
Improvvisamente un auto si posteggia di fronte a noi. Quando riconosco chi c'è dentro avanzo con il fiato sospeso.
«Ehilà... adesso fai il riccone?» Il bastardo mi fissa dal finestrino.
Serro la mascella e deglutisco rumorosamente. «Che volete?»
«Ho un affare da proporti...» mi fa cenno con un dito di avvicinarmi. Così faccio, mantenendo però le distanze. «C'è un gran bastardo che non ha ancora saldato un conto... e dobbiamo fargliela pagare. Devi entrare nel suo lussuoso hotel e spaventarlo un po'.» Parlotta sogghignando. «Non te lo sto chiedendo. Sai come finisce se non lo farai.» Mi schiaccia un occhio. «Ehi bella bambolina» urla a Grace poco più distante.
Lei alza il dito medio. La adoro. Ma quando si avvicina e mi si affianca, vorrei sbraitarle che ha fatto una cazzata.
«Sai quel dito potremmo trasformarlo in un bel pene e potrei sbatterti da stasera fino a domattina senza fermarmi... che dici bambola?»
Socchiudo le palpebre e ringhio. «Andate via.» Dico a denti stretti.
«Lo sai dove devi ficcartelo quel dito pezzo di merda?» Grace continua a dargli corda e non capisce che peggiora solo le cose. Le faccio cenno con lo sguardo di svignarsela, ma lei rimani al mio fianco. Stupida.
«Ehi Brian, potevi dircelo che avevi una piccoletta tra le mani con questo caratterino» commenta lui.
Indietreggio e la prendo per mano stringendola.
«Ti chiamo per darti l'indirizzo. A presto.» Riparte velocemente.

Rimango silenzioso con lo sguardo perso nel vuoto. Boccheggio per un istante e non riesco a fiatare. Liz mi si para davanti e mi costringe a fissarla, prendendomi il volto con entrambe le mani.
«Che devi fare con questa gente?» Domanda nervosa.
«Niente» le abbasso le mani violentemente.
«Mi hai rotto i coglioni!» Esclama piena di rabbia. «Mi hai preso per una stupida o cosa?» Squittisce.
«Mi hai rotto tu i coglioni» sbotto, «devi starne fuori da questa storia, da tutta questa situazione» continuo sbraitando.
«Non ho paura di niente. Lo vuoi capire?» Ringhia.
«Non mi importa! Tu ne starai fuori.» Decreto serrando la mascella.
«Quando fai così sembri più tu il ragazzino» sbuffa e rientra dentro.
Aspetto una manciata di minuti, poi, sentendomi inadeguato, chiedo che mi sia dato il mio cappotto e dopo aver salutato Emily e Brady, mi dirigo verso l'uscita nuovamente.
Grace mi corre dietro, la vedo con la coda dell'occhio.
«Dove diavolo stai andando?»
«Lontano da un mondo che non mi appartiene» sentenzio e senza voltarmi percorro la mia strada.

La mia auto ha il suo profumo ancora. Mi manda completamente in tilt il cervello. Vado indietro con la testa e la poggio sul sedile, socchiudendo le palpebre. Metto poi in moto e parto. Mi dirigo al pub. Avevo chiesto una sera libera. Avrei preferito lavorare anziché stare lì.

Quando entro nel locale avanzo verso il bancone ed ordino un bicchiere di Bourbon.
Lo butto giù strizzando gli occhi e lascio i soldi sul bancone.
«Ehi Brian... tutto apposto?» Chiede la mia collega.
«Sì, vado a riposare... ci vediamo domani» rispondo uscendo.

Al mio ritorno sono accolto dalle luci dell'albero. Rimango per un secondo ipnotizzato. Poi mi distendo sul divano affianco, addormentandomi.

La luce del sole mi penetra sugli occhi. Il giorno prima Grace aveva scostato le tende per far vedere a tutti fuori l'albero. Ed ecco come si finisce di dormire. Mi metto in piedi ancora vestito come la sera prima. Sfilo la camicia e rimango solo con il pantalone nero. Mi dirigo in cucina e mi preparo delle uova con il bacon. Sto morendo di fame.
Ingerisco neanche fossi un abitante del continente africano.
Faccio poi una doccia calda e mi sistemo.

Esco di casa un'ora dopo e percorro con calma la strada centrale, dirigendomi verso la palestra di mio zio. Lui è lì fuori, sta ordinando a degli uomini che entrino delle macchine.
Esco dall'auto e lo raggiungo.
«Figliolo» mi da una pacca sulla spalla, «sì sì tutto dentro, dai» continua. Poi mi osserva. «Allora? Ci hai pensato?» Chiede. «Sarebbe perfetto Brian. Avresti un lavoro tuo...» cerca di convincermi.
«Devo parlare con Julian, devo dirgli che lascerò il negozio di tatuaggi» dico abbassando lo sguardo.
«So quanto ci tenessi... potresti andarci quando vuoi...per quanto riguarda il pub in cui lavori potresti scegliere delle sere» annuisce lui.
«Non ho altro da fare in questa vita che lavorare, quindi proverò a convincere il capo a ridurmi i giorni lavorativi» sospiro.
«Tuo padre ne sarebbe orgoglioso» accenna un sorriso, «perché non li chiami Brian? Ti ho dato il numero di casa... sistema le cose» deglutisce rumorosamente.
«Zio per favore» faccio denti stretti.
«Dico solo che sarebbe un'occasione per chiarirsi... io andrò da loro per Natale, vieni con me» propone entusiasta.
Lo guardo di sottecchi, «non credo sia il caso» boccheggio.
«Sei sempre il solito testone, come da bambino» scuote il capo, «dai entra con me, dimmi che te ne pare della nuova insegnante di fitness» ridacchia il furbacchione. Sorrido e lo seguo.
La donna è sulla trentina. Ha dei lunghi capelli neri che gli ricadono sulle spalle. E' impegnata con delle carte.
«Bella donna» ammetto.
«Lo so bene...credo che potrei piacerle» fa sistemandosi il colletto del maglioncino.
Mio zio è ancora un giovincello. Ha trentacinque anni e tremila donne dietro. Tutti dicono che ci somigliamo, che siamo due gocce d'acqua. Rimane sempre un belloccio insomma.
«Io sarò sempre un testone, ma tu non ti deciderai mai a trovare una donna stabile» ghigno.
«C'è tempo» mi sorride. «Vado a fare il birbante con l'insegnante, tu passa solo quando sarai deciso del tuo nuovo lavoro qui.» Mi strizza un occhio e corre dalla donna.
Rido solo ad osservarlo.


Ancora assonnato, decido di fermarmi in un bar per bere un caffè e poi mi dirigo verso il negozio di tatuaggi. Julian sta appena aprendo.
«Amico» dico.
Lui sussulta e si volta. «Guarda chi si rivede... mi hai abbandonato» accenna una smorfia.
Scrollo le spalle, «ti devo parlare» lo guardo entrare e lo seguo.
«Mi stai lasciando vero?»
«Mio zio è in città, ha una sua attività... vado a lavorare con lui» dico deciso.
Lui sorride, «sono felice per te. Puoi venire qui quando vuoi, ho in serbo per te un nuovo tatuaggio» dice malizioso.
Scoppio a ridere, «quando sarà pronto ti basta chiamarmi» decreto con tono rilassato.
«Quella ragazzina ti ha conquistato. Ti ho visto nei dintorni con lei.» Mi da una breve occhiata.
«Io e Liz siamo solo amici» mi giustifico.
Lui sogghigna, «certo» non mi guarda, sta sistemando delle cose al computer.
«Quindi ci vediamo presto» gli porgo la mano e lui me la stringe amichevolmente.
«Fatti vedere però...» conclude, prima che io esca del tutto.


POV GRACE

Passeggio infreddolita per le vie di New York e non casualmente finisco nella palestra dello zio di Brian. E' aperta, così decido di entrare. Lenta avanzo guardandomi da una parte all'altra.

«Cercavi qualcuno?» Una voce maschile mi coglie di spalle.
Mi volto scattante, «pensavo di poter trovare Brian. So che lei è lo zio.» Balbetto.
Lui annuisce, «Brian è passato stamattina. Adesso non so dove sia.»
«Va bene, grazie» sto per andare via, ma la sua voce mi interrompe.
«Sei una sua amica?» Chiede.
Mi volto ed annuisco.
«Credi di poter fare qualcosa per lui?» Domanda nuovamente.
Corrugo la fronte e continuo a fissarlo curiosa di ciò che ha da dire.
«Brian ha bisogno della sua famiglia... non mi ascolta se gli dico di chiamarli, ma se lo facesse qualcuno a cui lui tiene, sarebbe più semplice.» Incrocia le braccia al petto ed assottiglia lo sguardo.
«Lei vuole che io...» spalanco la bocca.
«Che chiami mio fratello, suo padre... o mia cognata» parla come se nulla fosse, quando a me già manca il fiato.
«Che dovrei dirgli? Insomma io non so nulla, dovrebbe farlo lui...» dico confusa portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Voglio portarlo con me, da loro per Natale... voglio solo che loro lo chiamino, ma non lo faranno mai se qualcun altro non li sprona. Tu potresti farlo.» Sospira infine.
«Se prendessi un autobus e ci andassi di persona?» Improvvisamente il mio coraggio fuoriesce come un fulmine.
Lui sgrana gli occhi. «Sarebbe perfetto» sorride. «Ti scrivo l'indirizzo su un pezzo di carta» cerca fra le tasche e sfila una penna ed foglietto accartocciato e strappato.
Scrive veloce e me lo porge. Ricordo abitino in Virginia.
«Incroci le dita» alzo le sopracciglia.
«Dì che ti ho mandato io...» dice.
«Comunque io sono Grace» gli porgo la mano.
La stringe, «Ethan» inclina il capo a sinistra, «sarei felice se mio nipote frequentasse una così bella ragazzina.»
Divento paonazza inconsapevolmente. «Non credo capiterà mai. Ci frequentiamo solo in amicizia.» Lo metto in guardia.
«Va bene» alza le mani in segno di resa e poi le ricongiunge.
«A presto signor Ethan» saluto uscendo.

Tramite internet mi informo sugli orari del bus e dopo aver acquistato un biglietto di andata e ritorno, cerco una scusa plausibile da invitare ai miei.
Subito dopo decido di informare prima Emily, che, chiaramente mi sbraiterà per telefono.
Cerco il suo nome in rubrica e chiamo.

«Grace dimmi» dice con tono tranquillo.
«Emily senti mi devi aiutare» esordisco.
«Dipende, spara» sospira.
«Devo fare un viaggetto in autobus domattina e non so che scusa inventarmi con mamma e papà, aiutami» so già che mi dirà di no.
«Grace non se ne parla, non mettermi in mezzo!» Aumenta il tono di voce, mentre avverto la parlantina di mio cognato in sottofondo. «Dove devi andare?»
«Dì a quel rompi coglioni di stare zitto cortesemente» borbotto.
«Marmocchia» urla lui di ricambio.
«Devo andare in Virginia» mi sdraio sul letto giocherellando con un cuscino.
«Virg...cosa?»
«E' importante Emily» la supplico.
«Ma non se ne parla» continua.
«Ti prego, fidati di me... devo solo parlare con delle persone importanti. Ti spiegherò al mio ritorno. Promesso.»
Si zittisce per qualche minuto. «C'entra Brian» capisce subito. «Dirò alla mamma che trascorrerai il giorno da noi e che mi aiuterai a preparare qualcosa per la vigilia di Natale» parla lei.
«Ma la vigilia è fra due giorni ed io sono indietro con i regali» sbotto.
«E allora sbrigati, io voglio la borsa Armani» mi avverte sogghignando.
«Il tuo fidanzato ha un buon lavoro e un buon stipendio, chiedi a lui!» Esclamo con sarcasmo.
«A proposito amore hai pensato al mio regalo di Natale vero?» Odio quando mi evitano per telefono, però questo mi fa ridere, so già che Brady non ha comprato nulla. Sicuramente a breve riceverò una sua chiamata per chiedermi consigli.
«Senti io domani vado lì, ai regali ci penso dopo domani...» respiro profondamente.
«Sì sì, con 'sta storia che passi più tempo a casa di Brian e non a casa tua, mi sembra che tu stia perdendo le staffe» mugugna.
«Ti spezzo le gambe» Brady continua a rompere.
«Vi saluto. Mi raccomando Emi.»
Ghigna. «Mi raccomando a te, torna in serata o giuro che ti gonfio. A domani.» Riattacca.

Missione compiuta!
Emily è un tipo difficile da convincere, ma con le buone ci riesco sempre.
Adesso non mi resta che un doccia calda rilassante. Ho un dolore lancinante alle tempie, sono stanca.
Mi spoglio dei miei vestiti e mi reco in bagno con l'asciugamano avvolta intorno al corpo. Sfilo anche quella e mi infilo nel getto d'acqua bollente. Avvampo e boccheggio per qualche istante, poi inclino la testa e mi godo il calore del vapore acqueo. Quel bagno assomiglia quasi ad una sauna. Se mia madre entrasse, le prenderebbe un collasso all'istante. Insapono il corpo e poi i capelli, lisciandoli poi con il pettine. Nel frattempo avverto dei rumori dalla stanza. Esco la testa dalla tendina ed udisco con maggiore attenzione. Sarà mia madre. Ritorno al mio relax chiudendo persino gli occhi. Mi massaggio il capo e le tempie, poggiandomi sulle piastrelle umidicce.
Chiudo l'acqua e fuoriesco un braccio per cercare l'asciugamano, ma quando sento un'altra mano porgermela, sgrano gli occhi e l'acchiappo scattante scostando la tendina.
Brian è poggiato sul lavandino, con gli occhi bassi, le gambe incrociate e le braccia conserte. Non sbraito per poco.


«Dico ma ti sembra il caso? Vuoi che ti prenda a calci nelle palle?» Dico avvolgendo il corpo con il telo da bagno.
Lui rimane serio e mi fissa, «sei incazzata per l'altra sera?» Domanda con voce flebile.
«Sì» rispondo secca. Sono ancora dietro la tendina, seppur coperta.
«Tu non capisci» scuote il capo, «quella gente» indica a destra con l'indice, «è pericolosa» decreta.
«E per questo devi starne fuori!» Sbotto.
Accenna una risata amara, «quando sei nel giro... sei nel giro.»
«Non ti permetterò di fare cazzate» sospiro.
Mi guarda fisso negli occhi e non parla per una manciata di secondi. «Vorrei poterti ascoltare» mormora con voce rauca, «ma devo andare» dice staccandosi dal lavandino. Sfrega i palmi delle mani, si avvicina e posandomi una mano sul collo umido, mi avvicina a sé, posandomi un bacio in fronte.
«Non avercela con me» dice infine uscendo dal bagno.
Lo rincorro scalza, non curante che potrei finire con il culo a terra. Lui si sta già arrampicando per scendere giù.
Farà una cavolata. Lo so già.

                                                                         Angolo autrice.


Buonasera! Approfitto per farvi tantissimi auguri di Buon Natale! Spero lo stiate passando nel migliore dei modi. Aspetto i vostri pareri riguardo il nuovo capitolo. So che probabilmente vi ho lasciato con l'amaro in bocca e volevate di più per Brian e Grace, ma non c'è fretta.
Spero di riuscire a pubblicare a giorni anche il capitolo 12. In ogni caso, non disperate ahah!

                                                                         Baci, auguri ancora!


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top