Capitolo 10
Capitolo 10.
Sono le sei del mattino. Stamane mi sono svegliata presto, sono andata a correre e come ciliegina sulla torta ho deciso di prendere dei cornetti caldi e del caffè per far colazione con Brian.
Prendo l'ascensore di casa sua e quando mi trovo davanti la sua porta di casa busso più volte, senza ottenere risposta. Rimango per cinque lunghi minuti seduta sullo scalino affianco, fin quando mi passa per la mente il ricordo di qualche mattina fa. Esce di casa e nasconde una chiave, dietro il vaso affianco l'entrata. Sarà un doppione. Mi affretto a guardare e quando la noto, l'acchiappo e delicatamente la infilo nella fessura, aprendo.
Ci sono le finestre chiuse, le tende creano buio nell'intera casa, così sgattaiolo nella sua stanza. Mi blocco davanti l'uscio della porta. E' socchiusa. Sono immobile.
Ho paura di trovare una spiacevole sorpresa. Non che sia spiacevole per me, insomma, che me ne frega se c'è qualcuna a letto... però non è neanche il massimo delle situazioni.
Sbircio dalla fessura e sembra sia tutto okay. Così entro cauta, lui è sdraiato con i soli boxer a letto, una gamba esce dal piumone blu, le lenzuola sono gettate alla rinfusa. Ha la faccia spiaccicata sul cuscino e la bocca schiusa. Smorzo una risata ed avanzo in punta di piedi. Poggio i sacchetti sul comodino e mi accomodo ai piedi del materasso, pensando ad un modo non troppo carino per svegliarlo. Eppure sembra così dolce.
«Brian» sussurro mentre mi spoglio del cappotto e degli stivali, per stare più comoda.
Lui emette un suono simile ad un lamento e si volta dall'altro lato.
«Brian» continuo incrociando le gambe.
Nasconde poi la testa sotto il cuscino.
«Brian... sono Grace» mormoro con voce rauca.
«Facciamo l'amore» biascica a voce bassa.
Mi pietrifico. Schiudo la bocca e sospiro. Gli scuoto la gamba richiamandola per la terza volta.
«Sì... io voglio» sussurra lui.
«Io voglio che ti svegli!» Esclamo a voce più elevata, mettendomi in piedi e strappandogli il cuscino da sopra il capo.
Agita le mani per riprenderlo ed ancora in preda al suo sogno, continua a dormire.
Sbuffo e gli do uno schiaffetto sul volto. Lui si lamenta e lasciando un occhio chiuso, apre l'altro. Sussulta alla mia vista e spalanca anche l'altra palpebra.
«Liz, Cristo santo!» Esclama sbadigliante.
Rido, «buongiorno anche a te» commento sarcastica.
Si mette a sedere, passando una mano sul volto e mi guarda sorridente e rilassato.
«Volevi farmi prendere un collasso?» Ridacchia.
«Bè» mi siedo al suo fianco, «mi sembravi molto tranquillo nel tuo sogno.» Mi mordo il labbro.
Scoppia a ridere scuotendo il capo, «mi hai contagiato con la storia del tuo sogno...io non ho bisogno di sognarle la notte queste cose» dice con aria di superiorità.
«Giusto, le vivi» mi correggo.
«Esatto piccola» i suoi occhi si spostano sul comodino. «Colazione?» Il suo volto sembra brillare.
Annuisco. «Sono andata a correre stamattina, così... ho pensato di passare... so che è prestissimo, scusa» scrollo le spalle porgendogli il pacchetto.
Lo poggia sulle gambe e mi da una lunga occhiata. «Sai anche dove si trova la chiave di riserva... e se ho voluto che lo sapessi, significa che il fatto che tu sia qui così presto, non mi dispiace per niente» mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, accarezzandomi allo stesso momento la guancia.
«Non prendertela a vizio... non verrò più zombie.» Ironizzo.
«Dormo con la bocca schiusa ed a volte parlo nel sonno... non sono il massimo della sensualità, lo so» ride mordendo il cornetto.
«Perché non hai visto me» commento scoppiando a ridere.
«Potrei anche venire un giorno» mi guarda di sottecchi malizioso.
Scuoto il capo, «è escluso» decreto.
Sorride.
Intanto mi guardo intorno. La sua stanza è un casino. C'è roba ovunque e non c'è nulla che richiami l'atmosfera natalizia.
«Sei nella tana del lupo... e tra l'altro e tutt'altro che sistemata» dice lui.
«Tana del lupo, un corno!» Lo penalizzo con lo sguardo.
Alza le mani in segno di resa e si mette in piedi, uscendo dalle coperte. Mette in evidenza il suo fondoschiena. Per un attimo accantono il pensiero del Natale e mi concentro su tutto il suo corpo. E' mozzafiato.
Indossa una tuta e lascia il busto scoperto, avanzando verso di me.
«Che poi più che tana del lupo è la tana dello scimpanzé» dico con tono sarcastico.
Lui sgrana gli occhi sorpreso ed abbozza un sorriso sghembo. «Ah sì?»
Annuisco con suono gutturale, ma in quel preciso istante, mi salta addosso e me lo ritrovo a cavalcioni su di me, mentre mi tiene bloccati i polsi. Sono immersa nelle lenzuola e nel piumone che profumano più di Calvin Klein, anziché bucato.
«Quindi tu puoi insultarmi come meglio credi ed io no» commenta.
«Se trovi un insulto che fa per me, puoi farlo anche tu» rido. «Ma siccome sono una regina e non ho nessun difetto, non potrai trovare mai un animale che mi somigli... tu invece sei uno scimpanzè.» Decreto con tono convincente.
Lui trattiene una risata e mi guarda dall'alto.
«Una regina?» Domanda curioso.
«Hai qualcosa in contrario?» Chiedo fulminandolo con gli occhi.
«Ovvio che sì.» Fa una smorfia mostrandomi i canini e poi scattante nasconde il capo nell'incavo del mio collo e la spalla, lasciandomi un morso, mentre la sua mano lascia la presa e si sposta sul mio ventre.
Il mio respiro accelera in maniera smisurata.
«Stavo pensando che casa tua potrebbe essere anche un po' addobbata» dico balbettante.
Lui è qui, sopra di me, mi guarda come se volesse mangiarmi, mi sfiora come se sapesse già dove mettere le mani, mi manda in fibrillazione ed io non ho mai provato situazioni del genere e non voglio.
«Aha» annuisce continuando a fissarmi.
«Puoi anche smetterla di farti i film mentali» lo ammonisco.
Lui ride. «Vuoi sapere cosa stavo pensando?»
No. Sì. No. Sì. Non lo so. Meglio di no. O forse sì. Cazzo. Non dirmi che sono bellissima.
«Hai della crema sul mento» mormora togliendola via con il pollice e leccandola subito dopo.
Lo sposto via, gettandolo dall'altro lato, mentre mi ricompongo.
«Solo nel tuo sogno puoi fare la regina e stare di sopra» mi provoca.
Mi volto a guardarlo minacciosa. Acchiappo il bicchiere con il caffè e mi posiziono a cavalcioni su di lui, sentendo il suo pacco duro premere contro di me. Tralascio questa sensazione concentrandomi sul mio obiettivo. Lo guardo sorseggiando il caffè, mentre lui mi fissa confuso. Improvvisamente, però, glielo verso addosso. Spalanca la bocca e strizza gli occhi, mentre io scattante mi dileguo scoppiando in una risata contagiosa.
Ride anche lui e si mette in piedi di fronte a me.
«Ti sei messa nei guai» mormora scuotendo il capo. Corre prendendomi come fossi un sacco e portandomi su una spalla.
Non smetto di ridere. «Brian, dai... mettimi giù! Per favore!» Sbraito come una forsennata.
«Desiderio esaudito» mi infila nella doccia aprendo l'acqua ghiacciata.
Mi chiudo a riccio continuando ad urlare, «la pagherai, sto gelando» tremo e balbetto.
Poi si mette giù anche lui e mi abbraccia, avvolgendomi con le sue possenti braccia e poggiandomi la testa sul suo petto. L'acqua diventa bollente subito dopo.
Quando mi rilascia e mi guarda, sento una fitta allo stomaco.
«Dammi qualcosa da mettermi» abbasso lo sguardo strizzandomi i capelli inzuppati.
Lui esce di lì e di spalle sfila i boxer e la tuta, acchiappando un' asciugamano a portata di mano. Poi si volta a fissarmi. Sono immobile.
«Ti porto un accappatoio » dice tranquillo.
Torna dopo qualche minuto e me lo porge, «togli tutto e metti solo questo» mi consiglia.
Devo proprio?
«Non sbirciare!» Lo avverto minacciosa.
Lui ghigna. «Vado a vestirmi, tranquilla» parla rilassato.
Mi spoglio di tutto ciò che indosso e quando sono completamente nuda, avvolgo il mio corpo umido nell'accappatoio. Esco a piedi scalzi e sgattaiolo fino in camera sua.
«Sto cercando qualcosa per te» mormora.
«Brian mi servono degli slip, un reggiseno... come pensi di procurarmeli?» Sbuffo irritata.
Mi guarda e scoppia a ridere. «Questo è un guaio» commenta.
«Questo è il momento in cui mi servirebbe un'amica» mi lamento.
«Praticamente sei incatenata in casa mia oggi...?» Domanda lui.
«Ma anche no!» Sbotto.
Scrolla le spalle, «hai qualche idea?»
«Fattela venire tu genio» incrocio le braccia al petto.
Lui accenna un sorriso malizioso ed abbassa lo sguardo avanzando verso di me.
«Ho tante di quelle idee che tu neanche immagini, fidati» sussurra a pochi centimetri dalle mie labbra.
«Bè, non mi interessa» dico acida indietreggiando. «Adesso esci e mi compri il necessario. Slip e reggiseno.» Decreto con tono severo.
Lui mi fissa. «Scusa? Ma sei pazza?» Sgrana gli occhi.
«Forza, rimedia!» Lo spingo verso l'uscita.
«Tu sei completamente pazza» dice sarcastico.
«Brian, esci subito» lo comando sbraitando.
«Ma io senza una donna a casa stavo così bene... adesso arriva questa e comanda» sbuffa indossando il cappotto e la sciarpa.
Gli rispondo con uno schiaffetto dietro il capo, «ti muovi?»
Serra la mascella e stringe i pugni. Afferra le chiavi ed apre la porta. «Mi prenderanno per un pervertito» mormora prima di uscire.
POV BRIAN
Mi dirigo al centro, i negozi stanno appena aprendo. Tra le vetrine vedo solo intimo sexy in tema natalizio. Sbadigliando metto piede nel primo negozio che scorgo.
La commessa è molto carina, sicuramente mi sbrigherò presto.
«Buongiorno...prego» dice sorridente.
«Mi servirebbero uno slip e un reggiseno...» balbetto imbarazzato.
Lei alza le sopracciglia e sorride, «deve fare un regalo?»
«No... non proprio» gratto il capo.
«Ho capito... le faccio vedere qualcosa... » si dilegua per poi tornare qualche minuto dopo.
Mi mostra dei perizomi rossi di pizzo e dei reggiseni abbinati. Per un attimo mi diventa duro immaginando Liz con quelli addosso.
«Qualcosa di più semplice?» Domando.
«Vedo che non se ne intende molto... prenda questo, piacerà sicuramente alla sua fidanzata! E poi pensi che deve piacere anche a lei.» Dice la commessa tranquillamente indicandone uno in particolare.
Sospiro, «vabbè come dice lei» scrollo le spalle, mentre lei mette in busta il tutto. Nel momento del pagamento rimango sbalordito dall'eccessivo prezzo.
«Non faccia il poveretto. E' la sua donna!» Esclama ancora.
«Senta vada a fanculo» acchiappo il pacco ed esco di lì imprecando.
Quando ritorno a casa, lei è posizionata sul divano, con le gambe incrociate intenta a guardare un film di Natale.
I suoi occhi si spostano sulla busta, «cosa? Victoria's Secret?»
«Che significa?» Chiedo seccato.
«Ma dove diavolo sei andato? Ti ho chiesto uno slip e un reggiseno!» Sobbalza dal divano, acchiappando la busta. Quando sfila ciò che c'è dentro rimane sbigottita.
«Io non lo indosso» me lo riporge.
«Senti Liz adesso lo metti e non fai storie!» Aumento il tono di voce.
«Ma quanto diavolo ti è costato?»
«Non importa.» Mi sdraio sul divano socchiudendo le palpebre. «Non hai mai indossato un perizoma?» Chiedo poi alzando il capo per fissarla.
«Uso la brasiliana io.» Decreta.
«Ed io che cazzo ne sapevo? Preferisci rimanere nuda tutto il giorno a casa mia? Nessun problema!» Sbuffo.
Si dilegua e sta via dal salotto mezz'ora.
Fin quando raggiungo la mia camera e ciò che vedo e molto più che sexy.
Lei è di fronte allo specchio con solo quell'intimo addosso. Non si accorge di me.
I miei occhi si concentrano sulle sue natiche, completamente scoperte, separate da una flebile striscia rossa.
Cosa ti farei Liz, neanche immagini!
Asciugo la fronte sudaticcia e sospiro.
«Liz» la richiamo, poggiato sullo stipite, lei sussulta ed in preda al panico cerca qualcosa per coprirsi.
«Ma che modi!» Esclama nervosa, nascondendosi dietro il piumone.
Sogghigno, «ti vesti? Usciamo?» Chiedo con tono tranquillo o almeno cerco di esserlo. L'unica cosa che in realtà farei è quella di gettarla persino a terra e penetrarla esattamente come nel mio sogno e come nel suo. Voglio sentire il suo calore sulla mia pelle, il suo corpo nudo sul mio, la sua intimità contro la mia.
Devo, però, tornare alla vita reale.
«Se mi dai qualcosa da indossare magari» sbuffa.
Cerco nell'armadio e ricordo di aver conservato i vestiti di una ragazza che era stata con me una notte, tempo fa. Per fortuna li avevo lavati, pensando di poterli restituire. Che gentiluomo.
«Sono puliti, giuro» le porgo una minigonna di maglia grigia ed un golfino nero.
«Ti conservi i residui?» Dice irritata. «Li metto solo perché sono in preda al panico» sbuffa rifugiandosi in bagno.
Quando esce di lì è perfetta. Indossa il suo cappotto ed i suoi stivali, raggiungendomi.
«Ti stavo dicendo prima che tu combinassi un casino... che una sistemata in questa casa non sarebbe male» sorride. Sembra esser tornata serena.
«Del tipo?» Domando corrucciato.
Mi acchiappa la mano, spingendomi fuori casa. Scende le scale veloce, poi si blocca.
«Dai andiamo» mi fa cenno di seguirla.
Una volta arrivati fuori, mi costringe a farla a piedi. Le piace ammirare la città intorno a noi, innevata da giorni. Le piace il Natale. Le piacciono le piccole cose. Anche se non lo ammetterà mai. Sembra così dura all'apparenza ed è così tenera dentro.
Mi trascina chilometri e chilometri più avanti di casa mia. Sono nuovamente al centro, in un negozio di alberi di Natale, veri.
C'è gente ovunque.
«Non ho mai fatto l'albero di Natale a casa mia... non lo faccio da quando sono andato via di casa» ammetto.
«E' arrivato il momento di farlo» mi prende per mano, accompagnandomi di fronte ad un albero alto minimo due metri e venti.
«Non entra in salotto» dico.
«Ma che dici...» sogghigna.
Mi imbatto in un altro ancora, leggermente più basso e più grosso. «Questo è meglio» sospiro incrociando le braccia al petto.
Lei lo scruta interessata, «potrebbe andare» mugugna.
«Scusi... prendiamo questo» il signore a cui mi rivolgo annuisce e mi invita a seguirlo, lo pago, terminando gli ultimi soldi che tenevo nel portafoglio e sospiro.
L'uomo ci avverte che lo porteranno loro stessi a casa così lascio l'indirizzo e il mio numero di telefono.
«Adesso andiamo a casa mia e prendiamo gli addobbi che mi sono rimasti in soffitta.» Decreta Grace.
«Non voglio che diventi la casa di Babbo Natale» borbotto.
«Non fare il palloso» cammina svelta.
Quando entriamo, casa sua è vuota. Non c'è un'anima viva. Sua madre ha lasciato sul frigo un post-it :
Io e papà siamo andati a fare compere natalizie. Pranza da Emily, lei lo sa già.
Baci tesoro
Lo legge sottovoce e poi sfila dalla tasca il telefono portandolo pochi secondi dopo all'orecchio.
«Sorella...a che ora dovrei venire?» Mi da una lunga occhiata. «Sono con Brian.... Sì... oh, va bene.... Okay, okay. A più tardi.» Riattacca.
La fisso interrogativo.
«Ha invitato anche te» dice poi correndo su per le scale.
«Oh...io? Perché?» La raggiungo svelto. Lei è già in soffitta. Salgo dalla scala in legno e la scorgo che fruga in uno scatolone.
«Dobbiamo prendere questo» dice affannata mentre cerca di prenderlo.
«Ehi ehi... fai attenzione... porgimelo» allungo le braccia e lo acchiappo. Pesa così tanto che potrei fare la capriola e arrivare con il culo a terra.
«Ci sei?» Chiede lei dall'alto.
«Sì, con l'ernia... ma ci sono.» Piagnucolo dolorante.
«Ma che uomo sei...» scende lei velocemente saltando giù. «Sai che devi portarlo fino a casa tua no?»
«No, no, no e poi no» dico cantilenante.
«Dai usciamo... serve tutto ciò che c'è lì dentro.» Sgattaiola al piano di sotto, mentre io vorrei ucciderla. Scendo anche io le scale lentamente, facendo attenzione a non cadere, mentre lei mi aspetta già fuori. «Questa cosa che tu comandi ed io obbedisco, deve finire» sbotto.
«Sì, dai macho» mi sfotte sogghignando.
Un'ora dopo sono a casa nuovamente. Sono distrutto. Non mi sento neanche più i muscoli delle braccia. Non ho mai faticato così tanto, neanche quando facevamo il carico della merce al pub. Piuttosto, stasera devo lavorare, mi era persino passato di mente a furia di andar dietro a questa bisbetica.
«Oh, sono arrivati» Grace osserva dalla finestra la strada di sotto e corre subito giù per accogliere il suo prestigioso e maestoso albero di Natale. Mi farà rincoglionire questa ragazza.
Finalmente spunta dalla porta con due uomini e dopo aver lasciato l'immenso albero in mezzo alla stanza, escono salutando cordialmente.
«Allora...cominciamo dalle luci» alza i capelli in una coda e si spoglia del giubbotto.
«Cominciamo da dove dovrei metterlo...» mi gratto il capo guardandomi attorno.
«Lì» indica con l'indice tra la finestra e il divano.
Lo prendo senza alcun aiuto da parte sua e lo posiziono esattamente in quel punto.
Mi comanda a bacchetta. Metti le luci. Più sopra. Più sotto. Più in qua. Più in là.
Sembro un coglione su di una scala in preda ad attacchi ira post-albero di Natale.
«Puoi scendere» dice finalmente.
«Oh grazie mille eh» sbuffo sfinito. Mi stiro le braccia e sbadiglio, mentre lei sta già addobbando con palle, oggettini, fiori, pupazzetti di neve, fiocchi di neve e trecento cianfrusaglie che trova nella scatola. L'aiuto e finalmente sembra andar d'accordo con me. Non si lamenta e canticchia canzoni di Natale.
Quasi potrei innamorarmi alla vista di lei che, sulle punte, cerca di appendere un angioletto color argento e non riuscendoci impreca come un maschiaccio. Potrei innamorarmi dei suoi capelli completamente fuori posto e della sua espressione stanca in volto o di come si muove da una parte all'altra, dei suoi atteggiamenti, delle sue smorfie se una cosa non sta sull'albero come vuole lei o di come arricci il naso contemplando il suo lavoro, quasi finito. Potrei innamorarmi di certe scene. Potrei eccome.
«E' finito» sospira poggiando le mani sui fianchi. Lo osserva e persino io rimango incantato dal gioco di luci.
«Bel lavoro Liz» applaudo.
Lei si volta e sorride come una bimba. Vorrei baciarlo quel sorriso.
«Adesso ti lascio un po' di oggetti qua e là...» cammina con lo scatolone mezzo vuoto per casa, poggiando la qualunque su mobili e comodini. Appende due calze davanti al camino, che non accendo mai. Addobba persino la mia stanza, ma il mio sogno svanisce quando la sento urlare.
«Un ragno gigante!»
Mi precipito e osservo ,tra la roba da lavare, che tengo in una cesta, l'animale.
Non è piccolo per niente, in realtà.
«Uccidilo Liz. Supera le tue paure.» Ghigno sfottendola.
«Quello che non sai è che ho la fobia per i ragni» dice tappandosi gli occhi e tremando come una foglia. «Ti prego uccidilo» mi supplica piagnucolando.
«E così anche la cara Grace Elizabeth Stewart ha una debolezza» mi avvicino alla cesta e metto un piede sopra la maglia in cui è comodamente "alloggiato" il ragno. «La bestia feroce è morta mia regina» rido.
Lei scosta le dita osservando e tira un sospiro di sollievo. «Dai una sistemata qui dentro... io sono ancora terrificata » si sta per accomodare sulla poltrona e decido di scherzarci ancora su.
«Attenta! Un altro ragno!» Grido indicandola.
Lei urla insieme a me e mi salta addosso stile koala. L'afferro e non smetto di ridere, mentre lei mi strappa i capelli, per farmela pagare. Poi scende giù nuovamente.
«Sei uno stronzo» mi insulta. «Se collassassi mi avresti sulla coscienza, per il resto della tua insulsa esistenza.» Ironizza con tono altolocato.
«Non credo proprio» abbozzo un sorriso e mi bagno le labbra con la lingua, mentre lei osserva una vetrina, su di essa c'è poggiato un bigliettino. Cazzo. No.
Glielo strappo di mano, «non è importante» lo accartoccio mettendolo in tasca.
Lei boccheggia per qualche istante, assottiglia lo sguardo e mi scruta. «Cos'era?»
«Nulla.» Faccio con tono severo.
Lei si schiarisce la voce e mi evita. «Come vuoi» continua ciò che stava facendo qualche minuto prima.
Un'ora dopo percorriamo la strada centrale per dirigerci verso casa Felton.
Una volta arrivati, affianco la mia auto a quella di Brady e Grace scende veloce, sbattendo la portiera.
«Più forte, la prossima volta!» Ringhio.
Scendo anch'io, mentre lei bussa alla porta ed il cognato le apre. L'abbraccia, le scompiglia i capelli e poi scruta anche me, più distante.
«Dottor Felton» salgo gli scalini sorridente, mentre lui mi accoglie con una pacca sulla spalla, «non ci sono novità che potrebbero non piacermi, giusto?» Fa allusivo.
Sgrano gli occhi e scuoto il capo.
«Perfetto, entra» m'invita.
Ed ecco un'altra casa super addobbata. Albero chilometrico, luci dappertutto, insomma molto caratteristico. Emily sta cucinando e sta parlottando con la sorella che è corsa in suo aiuto.
«Oh Brian...ciao» sorride.
Ricambio, «buongiorno anche a te» annuisco.
«Tutto bene?» Chiede asciugando le mani su di una tovaglietta da tavola, a tema anch'essa.
«Abbastanza» sorrido, «voi? I piccoli?»
«Nic ha avuto un po' di febbre stanotte... Thomas invece un po' di tosse. Sono influenzati i miei piccoli.» Dice avanzando verso di me, poi acchiappa dal forno una taglia, ponendola sul tavolo.
«Si è svegliato!» Brady appare con uno dei bimbi fra le braccia. Mi fissa curioso, mentre agita i piedini e le manine. Grace corre da lui e lo prende delicatamente.
«Il mio amore... è Thomas!» Lo riconosce.
Brady annuisce con suono gutturale. «Per favore non mi rincoglionire mio figlio. Ci basta la madre, nonché tua sorella.» Arriccia il naso, beccandosi un'occhiataccia da Emily. «Tua sorella sta facendo la dieta per entrare nell'abito da sposa» sorride sfottendola.
«Brady... quanto ci scommettiamo che tu non l'assaggi più per il resto della tua vita?» Lo minaccia ironica. Scoppio a ridere anch'io.
Quest'ultimo avanza verso la fidanzata, avvolgendole la vita con le braccia e lasciandole una serie di baci sul collo, mentre Emily si addolcisce ed ammutolisce.
«Vedi come diventa subito mansueta!?» Scoppia a ridere Brady.
Emily risponde con uno schiaffo. Io, intanto, mi godo lo spettacolo di Liz che fa ridere il piccolo. Gli massaggia il pancino e gli fa delle smorfie.
Più passano i giorni, più mi rendo conto di quanto male mi stia facendo. Stare accanto a Grace e come affiancarsi ad una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere. Grace è una bomba in tutti i sensi. Non sai mai cosa potrebbe fare o dire. Ti coglie sempre alla sprovvista. Riesce a confondere persino me.
Mi scotterò e rimarrò fregato.
Angolo autrice.
Salve! Come state? Spero bene. Stavolta sono stata più veloce del solito. Aspetto, come al solito, i vosti pareri. Un bacione!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top