1.Alla festa dove ti ho incontrato
Roma, luglio 2017
Sulla schiena bianca, serpentine di capelli rosso fuoco si inoltravano lungo le forme modellate, creando un contrasto passionale. Lo sguardo profondo e ancora oscurato dal nero del trucco incuteva il potere attrattivo. Sorrise, togliendosi piano l'intimo rimasto addosso e già umido dei desideri.
Durante la noiosa conferenza del mattino, il corpo le inviò segnali inequivocabili. Aveva stretto le cosce più volte, sfiorandosi senza farsi notare e ogni superficie dura e adatta, si era incastrata sotto la gonna durante tutto il tragitto di ritorno a casa, anticipandole un piacere che finalmente poteva soddisfare.
Aprì il getto caldo, infilandosi subito nella cabina e iniziando una lenta danza di sensi che fremeva di essere esaudita. Uscì pochi istanti dopo e attraverso il vapore, apparve come una venere appena concepita dalla spuma delle acque. Sicura della propria bellezza, sorrise verso lo specchio, restando nuda a farsi baciare da un'insolita aria fresca.
Quella presenza invisibile sembrò adorare le curve piene, accompagnando le poche gocce rimaste verso il basso; alcune evaporarono sul pavimento, mentre altre seguirono le onde sensuali dello stomaco, infilandosi nell'inguine: furono quelle a farla trasalire. Socchiuse gli occhi e morse le labbra, emettendo un piccolo lamento di piacere. Una volta riaperti, afferrò un unguento idratante e lo spruzzò sui polpastrelli, passandolo poi su tutto il corpo ancora caldo.
Le dita scivolavano bramose sui seni sodi, accarezzando i capezzoli con delicatezza e poi scesero lungo le cosce voluttuose, soffermandosi nei punti più sensibili, in modo da alimentare piano il desiderio. Si schiacciò le natiche, aprendole per sfiorare l'ano sentendolo pulsare.
Amava torturarsi per non spegnere subito l'ardore e la stanza da bagno si trasformò presto in una dimensione irreale. Alcuni pensieri iniziati sotto la doccia si stavano materializzando, premendo sui muscoli della vagina ancora umidi che si contraevano esausti di attendere.
Lanciò un bacio verso se stessa e si osservò piegarsi in avanti, calando la mano sempre più all'interno. Presto il clitoride fu invaso dalla durezza dell'arto e si offrì per essere stimolato, come il fiore che sboccia nella primavera di una nuova vita. Strinse gli occhi e si immaginò avvolta da corpi virili...
I due uomini erano lisci e aitanti, uno biondo e l'altro moro. I fisici atletici dai sederi sodi si stagliavano come statue, dalle sfumature argentee. Si avvicinarono alle sue labbra, sfiorandole con le loro, poi scesero sul collo, sussurrando i nomi alle orecchie. Lei sorrise, sentendo solo dei lunghi respiri senza valore. Che importanza potevano avere in quel tempio dei sensi?
Desiderava solo rispondere all'istinto. I maschi l'accarezzarono con tutti gli onori, donandole con bocca e dita sensazioni graduali, capaci di inebriarla fino all'estrema delizia. Gemiti e sospiri riempirono le sue orecchie, finché si unirono per proteggerla completamente tra le loro braccia, mentre i peni in erezione scendevano nei suoi antri stimolati e pronti.
Era così calda e morbida che si immersero piano, assaporando ogni minima contrazione. Poi spinsero decisi, consci della loro forza e dedicando a ogni contatto un alone di tenero gioco, atto a far crescere il suo godimento. Mentre una mano accarezzava il seno destro, rubandole scosse di delizia, una bocca succhiava il capezzolo sinistro, rendendolo sempre più turgido.
Lei si sentiva avvolta da quel doppio abbraccio di torpore ed elettricità, mentre piano si espandevano le vibrazioni del piacere che dalla sua vagina umida e riempita si espandeva nello stomaco, rilassando i muscoli verso una nuova energia. Crebbe così quell'insolito turbamento, nato dalla sua illusione e...
Urlò d'orgasmo, ma non fu abbastanza.
Le fantasie erano stupende, tuttavia Ginevra desiderava la realtà e poteva permettersela, se solo avesse voluto cercarla. Sollevò di nuovo le dita, annusandole e sorrise d'ebrezza, tornando a guardare la sua immagine. Era una ragazza bella, dai tratti nordici e spigliata.
Portava con disinvoltura i suoi venticinque anni compiuti solo un mese prima, mostrando al mondo una forte determinazione.
In quel momento si stava preparando a una delle sue serate speciali. Il passare del tempo le aveva fatto capire quanto la vita potesse essere imprevedibile e lei non smetteva mai di anticiparla, gustandosi ogni aspetto; talvolta dimenticandosi un po' del pudore, ma anche questo faceva parte della sfida. Si asciugò in fretta, mostrando ogni parte di sé e donò altra cura al suo corpo con qualche goccia di profumo, regalandosi un dolce tocco attrattivo.
Doveva essere perfetta per quell'occasione e far valere tutta la sua forza erotica; anelava a sfogare con insistenza di sfogare ogni voglia, senza nessuna pretesa e pensando solo al suo tornaconto. Mantenendo l'umore allegro, corse in camera per gli ultimi preparativi, scegliendo i vestiti dall'armadio che distendeva con occhio critico sul letto.
Mentre accostava gli abbinamenti, ragionò su come si sarebbe svolta una serata simile, conoscendo le premesse a dir poco particolari.
Era stata invitata, da un ex compagna delle scuole superiori, a un evento organizzato nella sua grande villa, per ricordare gli anni spensierati dell'adolescenza.
In un primo momento non gli diede troppa importanza, eppure quelle poche righe scritte sul foglietto patinato le suscitarono una strana nostalgia. Storse il naso, sorridendo: era forse diventata una sentimentale? Chi avrebbe potuto incontrare a una rimpatriata di ex liceali, qualcuno di scopabile?
Provò a immaginare una piccola lista: ragazzi all'epoca emarginati che avevano raggiunto traguardi importanti nella vita e li volevano ostentare come una rivincita. Donne o uomini che erano già allora i più affascinanti della classe e magari con il passare degli anni avevano perso i capelli o erano diventati degli esseri mostruosi.
Infine, si chiese: di quale categoria faceva parte lei? Scoppiò in una fragorosa risata, confermando che nessuno l'avrebbe mai riconosciuta: al tempo della scuola superiore era piena di ciccia, con i capelli crespi e tanti brufoli sul viso. Eppure, non si era lasciata scappare nessun divertimento, il suo carattere non glielo aveva permesso.
Erano stati gli anni delle prime volte, quelli più elettrizzanti! Sesso, droghe, discoteca fino al mattino, corse spericolate, sbronze e spinelli, viaggi e amori fugaci. Scosse il capo, ridendo ancora e convincendosi: sarebbe stato bello rivedere quei vecchi amici o conoscerne di nuovi.
Circa un'ora più tardi era pronta. La chioma, divenuta gonfia e perfetta con l'asciugatura, si espandeva su spalle e schiena in dolci onde, sfiorandole il seno sodo e stretto in un vestito leggero che esprimeva la fantasia del vedo non vedo, attraverso le trasparenze di pizzo color celeste.
Un paio di sandali aperti con il tacco a spillo si arrampicavano dai piedi fino alle caviglie e con un'occhiata complessiva si arrivava alla vita, dove una cintura scura le stringeva i fianchi, delineandone la femminilità.
Lo sguardo dorato, stavolta aveva un semplice ombretto pastello e un po' di rimmel, in modo da esprimere sensualità.
«Sei una bonazza. Vai e spacca» gridò nello specchio e presa la sua borsetta si infilò in macchina, diretta verso i Castelli Romani.
***
La villa si trovava in una zona rialzata e a quell'ora della sera era difficile definirne esattamente i contorni, ma dava l'impressione di essere immensa.
Suddivisa su diversi piani e attorniata da un ampio cortile, ricordava le dimore nobili europee.
Luci soffuse di lampadine a collana e lampioni opachi la illuminavano a tratti, definendo molte zone d'ombra dove sarebbe stato possibile nascondersi.
Si morse le labbra nell'assaporare ancora il dolce nettare dell'ardore con cui si era inebriata da sola e iniziò la caccia, sperando di trovare le giuste prede.
Le prime due ore passarono in modo ordinario, tra buona musica, compagnia generica e qualche drink. Non riconobbe nessuno dei vecchi compagni o forse non li ricordava molto bene, rimanendo in gran parte delusa dalla fauna locale.
La padrona di casa aveva allestito tutto alla perfezione, suddividendo gli spazi in temi che offrivano intrattenimenti per ogni gusto.
Le luci interne cambiavano nei vari ambienti, alla pari del tipo di buffet che poteva contenere alcolici, oltre che buoni manicaretti.
C'era anche la possibilità di appartarsi in diversi gazebo nel giardino esterno, posti vicino ad altri tavoli imbanditi e fontanelle d'acqua simili a ninfei.
Ginevra si lasciò prendere dallo spirito della compagnia, ma a un tratto, tra i tanti sguardi che si erano posati su di lei, uno la distrasse più degli altri.
Appoggiò il calice sulle labbra e nel sorseggiare rivolse il viso verso quel divanetto poco lontano, incrociando un altro sguardo molto affascinante.
Gli occhi si strinsero, allargando un sorriso malizioso. Un uomo misterioso la fissò a sua volta, seduto in posa fiera con gambe e braccia tatticamente divaricate.
I capelli neri e tagliati ordinati, gli occhi profondi e grigi come magneti.
Era vestito con un completo scuro dalle maniche lunghe, ma di stoffa leggera. La camicia bianca stringeva i muscoli compatti, pronti per farsi accarezzare da un istante all'altro.
Mentre lui continuava ad ammiccare, lei scese verso il basso, esaminando tra le sue gambe, dove un volume era appena accennato dalle pieghe dei pantaloni e le cosce tornite tendevano il tessuto tra i riflessi della penombra.
Quello sconosciuto tanto invitante sembrava essere rimasto da solo apposta per lei.
Con un paio di saluti veloci si alzò in piedi e uscendo dalla porta a vetro gli andò incontro inscenando una camminata molto eccitante.
L'altro, incredulo nel vedere tanta bellezza dirigersi così sicura verso di lui, si sollevò leggermente, aspettando che arrivasse davanti ai suoi occhi.
L'energia emanata gli entrò dentro, arpionandogli l'anima come se l'avesse appena venduta al peggiore di tutti i diavoli.
«Sezione C, anno 2001-2006. Ci siamo già visti?» disse lei, con un tono leggero.
«Ero nella F, secondo piano, stessi anni. Forse sì... mi chiamo...» provò a biascicare, ma la donna gli prese la testa con un gesto diretto, portandosela dritta tra le gambe.
Il viso sfiorò il pizzo ruvido del perizoma, nascondendosi in gran parte sotto la gonna corta.
L'odore attrattivo del suo sesso quasi nudo entrò nelle narici dell'uomo come una lama, esaltandolo subito. Mosse un po' la bocca, ma lei lo levò con un'azione fulminea.
«Sì?»
«Valerio Borghesini» disse riprendendo fiato e sentì l'eccitazione salire lungo la schiena e perdersi nei genitali.
«Il tuo nome mi è completamente nuovo, ma non ha importanza. Piacere, sono Ginevra Tolomei e quel posticino appartato potrebbe fare al caso nostro, non trovi?»
Lei tolse la mano tirando i suoi ciuffi e poi si allontanò; Valerio la seguì con il sorriso, assaporando sulle labbra il gusto di ciò che aveva solo assaggiato.
S'inoltrarono tra alcune piante tropicali, arrivando a un terrazzino naturale dove le luci della città eterna coloravano lo sfondo, mentre il buio copriva i loro corpi già in cerca di contatti più intimi.
«Valerio...» sussurrò Ginevra baciandolo sulla bocca e poi gli prese il mento, piegando lo sguardo per ipnotizzarlo. Le sue labbra lucide bollirono al tocco delle altre, cercando un intreccio di gusti.
Intanto lui l'accarezzava, inoltrandosi sotto la veste aderente e gli sollevò di nuovo la gonna, premendo le dita sui glutei morbidi con potenza virile.
«Lo adoro questo culetto che vuole tanto godere. Hai fatto la brava bimba questa sera? Sono il primo?» asserì strusciandosi e con la lingua torturò il suo collo, scendendo verso la spallina del vestito per spingerla da un lato.
La pelle nuda si rivelò un frutto da mordere e leccare, poi la baciò ripetutamente con dolcezza.
«Non è il momento di toccare adesso, prima si assaggia» comandò Ginevra quando sentì i suoi polpastrelli forti inoltrarsi da dietro. Usando modi decisi, lei gli impose di inginocchiarsi sull'erba e l'altro obbedì, senza fiatare. Poi alzò una gamba, puntando il tacco sulla sua schiena e lo incoraggiò a servirsi.
Non vi fu nessuna titubanza da parte del ragazzo che prima si appoggiò all'intimo di stoffa nera, rendendolo umido in pochi istanti e poi la scostò di lato, affondando la lingua tra le grandi labbra.
Il cuore di Valerio batté più forte ed egli si lamentò con insistenza, volendo nutrirsi di quel dolce succo fino a esaurirlo.
Più lui colpiva, più la fonte pareva sgorgare infinita. Graffiò i suoi fianchi e premette le natiche, affondando all'interno con voracità, tanto da renderla schiava della sua bocca e sentendola schiacciare verso il basso, insistette più forte.
Mulinate potenti sul clitoride si alternavano a baci profondi e poi la penetrò di punta, facendola diventare più gonfia e dilatata.
Dei brividi salirono sul corpo di Ginevra che ansimò, piegando il ventre in forti spasmi. Guidava la sua testa, in modo da trarne un elevato piacere ed emise un acuto prolungato quando raggiunse l'orgasmo, togliendosi da lui con un'energica spinta.
Valerio si alzò di scatto, cercando con la mano la fica che trovò umida e continuò a stimolarla, invece con l'altra aveva fatto uscire il cazzo turgido dalla patta dei pantaloni, senza neppure spogliarsi.
Si baciarono ancora: il sapore agrodolce riempì le gole di entrambi e un simile contatto compiva anche il glande che accarezzava la sua dolce apertura, ormai aderente e pronta per essere colmata.
Era entrato di pochi centimetri quando lei si ritrasse, girandosi di schiena.
«Anche dietro» ordinò senza lasciargli tregua e al povero amante improvvisato toccò piegarsi di nuovo, affondando il viso tra le natiche per leccarle il forellino più stretto.
La lingua eseguì il lavoro richiesto con dimestichezza e vi unì anche una stimolazione vaginale, capace di farla godere ancora.
A quel punto, Valerio si convinse che lei fosse abbastanza soddisfatta da ricambiare il favore; la girò con fermezza e appoggiandola al tronco di un albero poco distante, le sollevò una coscia, pronto per infilarsi all'interno, spinto dall'impulso naturale. Ma venne rifiutato un'altra volta.
«Ehi, come sarebbe a dire? Mi lasci così, Ginevra Tolomei della sezione C?» la sgridò, a braccia larghe e sentendosi offeso.
«Il tuo tempo è concluso, ma potremmo rivederci» annuì la donna dandogli le spalle e Valerio l'afferrò da dietro, strizzandole uno dei seni attraverso il vestito. I denti stretti sibilarono solo pretese.
«Dove? Quando?»
«Questo è il mio numero, fammi sapere» terminò Ginevra provocante come se fosse un'azione abituale lasciare insoddisfatte le sue conquiste e gli pose tra le mani un fogliettino, allontanandosi con la stessa camminata precedente.
Dondolava il sedere ondulato in maniera così passionale da rendere il malcapitato schiavo dei suoi lineamenti, senza più ragione.
Valerio rimase fermo così, con il pene eretto in una mano e quel pezzo di carta nell'altra, esprimendosi in una delle seghe più dolci della sua vita e deglutì saliva in abbondanza, innamorandosi del sapore unico che lei gli aveva lasciato, tanto da renderlo la sua ossessione
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