Prologo
Nessuno al Ministero dell'istruzione avrebbe mai immaginato che il Liceo Classico Leonardo Da Vinci riaprisse i battenti per l'anno scolastico 2017-2018, per via del rischio di chiusura che aveva avuto per tutto l'anno precedente: aule che cadevano a pezzi, macchinette che non funzionavano, bagni perennemente intasati ad ogni piano, professori abbastanza demotivati, personale sfaticato e conseguente crollo delle iscrizioni facevano intendere che la fine dell'istituto fosse prossima.
E invece, per qualche favorevole e inaspettata congiunzione astrale, il livello dei bocciati era stato sì consistente, ma non così tanto da decretare il canto del cigno del liceo.
Tutto questo era stato merito di un gruppo di professori volenterosi che ancora credevano nelle potenzialità dei ragazzi: il gruppo era capeggiato da Laura Castelli, docente di Letteratura Italiana, coordinatrice dell'ormai III A e madre di Alberto Baldi, alunno non esattamente brillante della classe di fronte; forte e caparbia, la donna aveva seguito quei venti ragazzi per due anni, riuscendo a non far bocciare mai nessuno e salvandoli con qualche debito.
Dello stesso avviso era la collega Emma Di Nardo di Letteratura e Grammatica Inglese, che col suo sorriso e un irriducibile ottimismo - nient'affatto scalfito dalla sua proverbiale sfortuna in amore - era riuscita a far entrare un po' di cultura d'oltremanica in quelle teste tutte libertà e spensieratezza; completavano il quadro l'insegnante di Educazione Fisica Vito Lojacono, bello e giovanile, benvoluto dai ragazzi; Ottavio Cristaldi di Chimica e Biologia, entusiasta delle materie che insegnava; e Lorenzo Di Cataldo, insegnante di Religione che non demordeva neanche davanti alla marea di gente che saltava le sue ore.
Dopo di loro veniva la categoria intermedia, ossia il gruppo dei professori che non riponeva molta fiducia negli alunni, ma nemmeno li considerava irrecuperabili: ne erano un esempio Caterina Locascio, la professoressa di Storia dell'Arte, preparata ma sicura di insegnare la materia che meno interessava agli studenti insieme alla Religione; Andrea Delpino, docente delle materie d'indirizzo Latino e Greco, in cui sembrava eccellere solo un alunno su cento; Viviana Caruso, detta la Vecchia, che, prossima alla pensione, quasi se ne fregava di insegnare la Storia e la Filosofia, proiettata ormai solo verso il suo meritato riposo; e Cristina Guarnieri, che insegnava la stessa materia della collega Castelli ma nessuno aveva ben capito che lavorasse a fare, visti i soldi del padre.
E poi c'era lui, il più temuto e odiato dalle generazioni che si erano susseguite al Leonardo Da Vinci: Pietro Martini detto Ugolino, come il conte della Divina Commedia noto per aver divorato i propri figli; non c'era soprannome più azzeccato, visto che il tasso di bocciati in Matematica e Fisica, ogni anno, era sempre vertiginoso: era per questo che, al vedere la sua testa calva e il suo sguardo arcigno, i ragazzi tremavano dalle quarte ginnasio alle terze liceo.
E se i docenti erano alquanto pittoreschi, nemmeno il resto del personale era da meno: il corridoio, infatti, era il regno di Aldo Marioni, bidello sarcastico e svogliato, dedito più a leggere il giornale e a fare battutacce piuttosto che a svolgere le sue effettive mansioni; ma il pezzo forte dell'universo davinciano era Ettore Calvani detto Aforisma, il tecnico delle macchinette che, mentre era al lavoro, sapeva elargire perle di saggezza che nessuno si sarebbe mai aspettato da lui.
Ma in quel venturo settembre del 2017, il Liceo Da Vinci avrebbe accolto un nuovo preside, tale Achille Ventoni, che già chiamavano il Temerario: ci voleva un bel coraggio per prendere in mano le sorti di un luogo che aveva sfiorato la chiusura e a guidare quel manipolo di disgraziati.
Ma ad ogni modo ne apprezzavano il coraggio, e si preparavano ad affrontare quella nuova fase del liceo.
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