Per un pugno di voti
《Prof, ci vengo io volontario!》esclamò Pasquale quella mattina di fine gennaio, durante l'ora di Italiano.
La Castelli lo guardò interdetta: era già tanto se Patriarca non si alzava per andare arbitrariamente al bagno durante la chiamata per le interrogazioni, e quando veniva sorteggiato si presentava alla lavagna come se fosse stato messo alle strette.
《Pure io, prof!》si aggiunse Enrico, facendo rimanere la docente ancora più allibita.
《Però, vi vedo particolarmente motivati con Pascoli... Qualcun altro che si immola per la patria?》fece ironica. Due mani si levarono: Rachele e Carlo, le cui medie erano sufficienti, ma non brillanti.
I quattro interrogandi andarono alla lavagna distribuendo sorrisi al resto dei compagni, che ricambiarono, perfino Sara e Francesco, che s'erano addirittura scambiati di posto - lui vicino a Carlo, lei a Youssef - a causa di ciò che era successo tra loro: la Castelli capì che qualcosa bolliva in pentola, e quel qualcosa erano gli scrutini per la pagella di inizio febbraio; gli studenti volevano farsi belli agli occhi dei professori per migliorare le loro medie.
In altri tempi Laura avrebbe subito sgamato un simile tipo di manovra, ma i ragazzi erano pur sempre all'ultimo anno, per di più all'inizio della seconda parte del periodo scolastico, per cui scattava in loro un meccanismo di sopravvivenza più che comprensibile da parte di qualunque professore o quasi - anche i docenti erano stati diciottenni.
***
Tuttavia non era un fenomeno isolato solo nel III A: alla fine dell'ora Laura incontrò Emma in corridoio, che proveniva dalla classe di fronte.
《Non puoi capire che è successo stamattina... Patriarca, Michetti, Grandi e Neri, tutti volontari per l'interrogazione su Pascoli!》esordì la Castelli.
《Invece sì che capisco... In III B la Gherardi si è fatta sentire sul De Pronfundis di Wilde... La Gherardi, che è sempre andata avanti a suon di occhi dolci e gente che la fa copiare!》dichiarò la Di Nardo.
《Siamo alla fine di gennaio, Emma, e non ci dobbiamo stupire di niente. Tra pochi giorni escono i pagellini, e i ragazzi, per un pugno di voti, sono pronti a tutto》spiegò l'una.
《La trovassero tutto l'anno, questa voglia di studiare...》commentò l'altra.
《Piuttosto, cerchiamo di comprenderli. Sono all'ultimo anno, ci sta che si comportino così...》replicò la prima.
《Tu lo sai che lo sono, e così la maggior parte dei nostri colleghi, ma Pietro? Quello lì non ci cascherà mai》ribattè la seconda.
《Credi che non lo sappia? Quello è pazzo, ma almeno qualcuno nelle nostre classi si salva dalla sua furia...》sospirò la docente di Italiano, preoccupata per l'antipatia storica del collega per suo figlio Alberto.
《Già, lui praticamente dà voti oltre la sufficienza solo a Gracchi, Sofia Tindari e Sara Michetti》ricordò quella di Inglese.
《Ma tanto sono sicura che il resto dei professori si schiererà dalla parte dei ragazzi》la rassicurò la bionda.
《Ho un po' di dubbi su quel "resto", ma penso che comprenderà quasi tutti》concordò la castana.
***
Esattamente come avevano previsto la Castelli e la Di Nardo, Ugolino era tornato dopo le vacanze più perfido che mai, pronto a spiegare nuovi argomenti senza fermarsi a chiarire eventuali punti che i ragazzi non capivano e a troncare qualsiasi tentativo di miglioramento strategico delle medie.
Quella mattina alla seconda ora si trovava in III A e stava spiegando le derivate.
《La derivata è dal rapporto incrementale tra la variabile x aumentata o diminuita della quantità delta x detta incremento o decremento, e la quantità stessa. Vi vedo particolarmente interessati alle derivate, soprattutto tu, Michetti...》commentò Martini, notando l'aria assente di Sara, che pure era tra i primi della classe.
La ragazza si ridestò con noncuranza.
《Sì, prof?》chiese con voce afona.
《Il totale disinteresse della classe in generale per la Matematica non mi stupisce, ma almeno da te mi aspettavo un po' più di coinvolgimento...》osservò sarcastico il docente.
《Scusi, prof, ma in questo momento, delle derivate non me ne frega niente》dichiarò, alzandosi e uscendo dalla classe sotto gli occhi sbigottiti di Ugolino e dei compagni.
Corse per il corridoio, notata da Marioni, che come al solito leggeva il giornale.
《Problemi di cuore o di media, Michetti?》domandò, impiccione come sempre.
《Ma vaffanculo, va'!》ribattè stizzita la giovane, trattenendo le lacrime.
Ci aveva provato, a tornare a scuola e fare finta che fosse tutto normale; s'era seduta accanto a Youssef al posto di Carlo, che era tornato vicino a Francesco; solo che, ogni volta che incontrava le iridi azzurre di Altobelli, le tornava alla mente tutto il male che le aveva fatto, e si sentiva come se non riuscisse a respirare. E la cosa peggiore era che a lui, del suo tormento, non importava nulla.
Quello che non sapeva, però, era che anche Francesco era uscito dalla classe, ed era andato a cercarla.
《E dopo Giulietta, ecco anche Romeo! Ma che avete tutti e due, stamattina?》lo prese in giro Marioni.
《Aldo, hai visto Sara?》domandò allora il ragazzo.
《È andata di là, ma non credo che voglia parlarti... Ti conviene tornare in classe, che sento Ugolino particolarmente caricato a pallettoni...》lo consigliò il bidello.
Altobelli decise di fare come diceva quest'ultimo; se Sara non voleva essere trovata, aveva pienamente ragione: era stato un cretino, stronzo ed egoista, il solito dongiovanni senza palle, solo che per la prima volta di questa sua indolenza se ne vergognava.
***
Sara era andata nello studio del fratello, che si stupì nel vederla lì a quell'ora.
《Non eri quella che non perdeva una sillaba di ciò che dicevano i professori?》domandò infatti.
《Non ce la faccio, anche se ci ho provato. Cambiando di posto, snobbando Francesco in tutti i modi, ma è impossibile, ogni volta che lo vedo mi ricordo quello che mi ha fatto e perdo qualsiasi forma di ottimismo》confessò lei.
《Hai provato a guardarti attorno?》le chiese allora lui.
《Oddio, in realtà qualcuno c'è. Carlo Neri, un ragazzo della mia classe. Ed è anche il migliore amico di Francesco》confidò l'una.
《Ah, bel casino...》osservò l'altro.
《Già, bel casino. La verità è mi trovo tra Scilla e Cariddi, e sento di non avere alcuna via d'uscita...》sospirò la prima.
《Beh, c'è sempre lo Stretto di Messina in cui passare. Devi trovare anche tu il tuo stretto》consigliò il secondo.
《Cos'è questa, una tecnica psicologica o un modo per farmi ripassare?》scherzò la studentessa.
《Puoi guardarla dalla prospettiva che ti sembra più giusta...》sorrise lo psicologo.
《Non è male come idea. Almeno è qualcosa...》concesse la minore.
《Sono felice di averti dato uno stimolo, ma cerca di rientrare dopo che è uscito Ugolino. Potrebbe prendersela, visto che sei uscita all'improvviso durante la sua lezione...》ammiccò il maggiore, prima che la sorella uscisse dallo studio.
《Ciao, Sara!》esclamò Carlo Neri, comparendo davanti a lei e facendole prendere un colpo.
《Carlo! Ma cosa ci fai qui?》trasalì la Michetti.
《Ti ho vista scappare dalla classe di corsa, e subito dopo è scappato anche Francesco...》raccontò il giovane.
《Come Francesco?》fece la ragazza.
《Tranquillo, non sa che eri qui. È stata una mia intuizione, tuo fratello è lo psicologo della scuola, immaginavo di trovarti da queste parti...》la rassicurò lui.
《Grazie, davvero. Mi dispiace per questo casino...》commentò lei.
《Non ti preoccupare. E comunque Ugolino se n'è andato, tra poco la Di Nardo entrerà in classe. Sei ancora in tempo per non dare ancora più nell'occhio...》le sorrise l'uno.
L'altra sorrise di rimando, seguendolo fino alla loro classe. Forse Nicola aveva ragione.
***
Alla ricreazione Caterina Locascio entrò nella stanza dei docenti come una furia; all'interno c'era solo Mario Sognatori.
《Cara collega, come mai così nervosa?》domandò.
《E me lo chiedi anche? Come si vede che sei arrivato da pochi mesi...》sbottò la giovane insegnante.
《Appunto, visto che sono nuovo al Da Vinci puoi spiegarmi》continuò a sorridere il ragazzo.
La sua calma mandava fuori di testa la donna, ma c'era una parte di lei che la trovava piacevole, quasi attraente.
《Quei drittoni degli studenti, che probabilmente a malapena aprono i libri dal primo giorno di scuola, improvvisamente sono diventati degli studenti modello, e guarda caso proprio a ridosso delle pagelle》spiegò la Locascio.
《Sempre malevola, anche più del collega Ugolino...》scherzò Sognatori.
《Pietro è l'unico a non farsi abbindolare da queste subdole manovre, e poi non si chiama Ugolino! Ti sei già fatto contagiare da quei mostriciattoli brufolosi?》rispose piccata lei.
《Però è divertente, rende l'idea...》osservò lui.
《A volte penso che tu sia più bambino di loro...》ribattè l'una.
《Semplicemente cerco di calarmi nei loro panni, di essere loro amico e di venirgli incontro. E dovresti farlo anche tu...》replicò sorridendo l'altro, avvicinando il suo viso a quello della collega.
Anche lei fece lo stesso, avvampando progressivamente. Si baciarono a lungo, incuranti della possibilità che potesse entrare qualcuno in qualsiasi momento e del fatto che fossero entrambi fidanzati.
Ma poi lo scansò con stizza.
《Stiamo sbagliando tutto. Tu stai con Eva, io con Nicola!》decretò lasciandolo solo e pieno di domande.
***
Era quasi la fine della ricreazione quando Emma, dal gabinetto dove era andata in bagno, sentì un rumore strano, che non era esattamente di sciacquone; era un suono diverso, non tipico dei sanitari, ma aveva qualcosa di terribilmente umano: qualcuno stava chiaramente vomitando.
Tante volte le era capitato, in anni e anni di insegnamento, di sentire persone che davano di stomaco nel gabinetto accanto, e per i più svariati motivi, di cui quello più usuale erano le studentesse che rimanevano incinte; il suono che però sentiva in quel momento la Di Nardo era quello di un vomito non naturale, ma come se fosse stato autoprovocato.
E senza esitazione il suo pensiero andò alla studentessa che la preoccupava di più al momento: Rachele Grandi.
Figlia di una madre avvenente e sicura di sé, la ragazza non si era mai sentita alla sua altezza, e per reggere il paragone con lei si era sempre sottoposta a diete che però non erano mai durate più di tanto.
Quell'anno, però, ne aveva seguita una che non aveva più abbandonato e che, secondo lei, le aveva garantito le attenzioni del ricco Youssef Beshir, cosa che aveva mandato la madre al settimo cielo: la signora Giada, che di solito veniva ai ricevimenti guardando i professori con sufficienza, dall'alto verso il basso, adesso distribuiva sorrisi a destra e a manca, come se fosse in pace col mondo.
Ma dall'inizio dell'anno Rachele era diventata sempre più magra, e alle soglie di febbraio era quasi trasparente: secondo la Di Nardo si trattava di un desiderio di accontentare la madre, la quale negli ultimi tempi stava spesso da quelle parti, in compagnia di Vito Lojacono di Educazione Fisica; ad Emma questo dava fastidio, un fastidio tremendo, ma doveva prima di tutto mettere da parte la gelosia e scoprire quello che c'era da scoprire solo ed esclusivamente per salvaguardare la salute della sua alunna.
Uscì dal gabinetto, andò ai lavandini; Rachele si stava lavando le mani come se nulla fosse.
《Salve, prof!》la salutò con tranquillità.
《Grandi...》ricambiò lei, guardandola andare via.
Si sarebbe messa alle costole di Giada Grandi e del collega Lojacono, non avrebbe perso un solo loro movimento.
***
Un'altra che stava per cominciare un pedinamento, quel giorno, era Sofia, e l'obiettivo era Bianca; da qualche giorno la Ventoni era strana: pallida, emaciata, con occhiaie sempre più profonde sotto gli occhi, s'era presentata da un giorno all'altro con un taglio di capelli diverso; lei sosteneva di essere stata dal parrucchiere, ma a lei quella nuova tinta rossa rinvigorita le sembrava quasi posticcia.
Così quel giorno all'uscita aveva preso il motorino e aveva seguito i suoi spostamenti, sicura che la compagnia di classe nascondesse qualcosa di grave a tutti, ma specialmente ad Alberto: Sofia aveva capito che il giovane Baldi era innamorato di Bianca dal primo giorno in cui l'aveva vista sedersi accanto a lui, mandando in frantumi qualsiasi possibilità della Tindari di dichiarare i suoi sentimenti nascosti al ragazzo, che l'aveva sempre considerata solo come un'amica; ma poiché era convinta che ciò che stava per apprendere avrebbe fatto soffrire Alberto come non mai, era pronta a mettersi da parte per il suo bene.
L'accompagnava, in quel suo viaggio verso la verità, la canzone "Amore puro" di Alessandra Amoroso:
Puro amore mio
Sepolto da mille valanghe
Ho smarrito la felicità
La cerco combattendo
Fuggo da questa città
Perché non possa guardarmi
Perché non possa fotografare
La condizione del mio cuore
Che ora danza lento e immobile
Tra gli scogli dei ricordi
E ora è qui deriso e stanco
Tra il ricordo e l'illusione
Di ciò che era puro amore
Non aveva mai amato nessuno come Alberto, in diciotto anni di vita, e tutti i ragazzi con cui era stata fidanzata dalla quarta ginnasio fino ad allora non occupavano lo stesso posto del suo cuore che occupava il giovane Baldi, il quale non era esattamente il tipico ragazzo che si imprimeva sulla retina di un occhio femminile: carino ma non bellissimo, discreto ma non brillante, con un carattere non ben pronunciato e nessuna idea precisa su quale sarebbe stato il suo futuro, era un Zeno Cosini contemporaneo, né carne né pesce, dai contorni sfumati e senza effettive capacità di vivere appieno ciò che gli capitava; tuttavia lei lo amava da sempre, ma lui non ricambiava il suo amore, e se ultimamente era cambiato, se sembrava essere più vivo, lo faceva unicamente per Bianca.
Questa notte è nostra
Corri forte angelo mio
Come fosse l'ultimo motivo
Per rimanere vivo
E se sarà amore
Trattalo come un segreto
Come il più prezioso dono ricevuto
Ma non era importante ciò che provava lei, bensì scoprire il segreto di Bianca, che stava facendo una strada insolita, che non portava a casa sua, ma che andava dalle parti dell'Università La Sapienza.
E tu per chi vivi
Per chi muori
Anche fosse l'ultima parola
Dilla ora e forse un giorno
Tornerò
Bianca era arrivata al Verano e saliva su per Viale Regina Elena, seguendo il percorso del tram; Sofia, sempre alle sue costole, non si perdeva ogni suo movimento, mentre la strada della Ventoni proseguiva dritta, senza spiegazioni.
La Tindari ricordava che in fondo a Viale Regina Elena c'era il Policlinico Umberto I, prima che cominciasse Viale Regina Margherita.
Un'idea dilagava nella sua mente, un'idea terrificante che divenne realtà nel momento in cui la vide entrare nella struttura ospedaliera.
Sofia parcheggiò, si tolse il casco e continuò a stare con una sola cuffia dell'iPod, mentre correva verso l'interno anche lei e la canzone finiva:
Puro amore mio
Forse hai vinto e sto morendo
Ma sarà in nome di tutta una vita
Spesa ai margini di un sogno
Per la musica, la gente che
Curò le mie ferite
E quella gente, quella musica
Mi indicarono il futuro
E fu soltanto amore puro
Continuò a correre inseguendo la chioma rossa dell'amica, fino a che non la vide entrare al reparto di Oncologia e fu lì che quasi le mancò il fiato; Bianca era entrata in una stanza, dove aveva incontrato un medico che le aveva cominciato a parlare, ma fu un solo vocabolo che si conficcò prepotente nella testa della Tindari: leucemia.
Con il cuore in gola uscì dall'ospedale e cercò il numero di Davide: almeno con lui doveva confidarsi.
《Ho scoperto una cosa su Bianca》esordì laconica.
《Ma non è che sarai un po' gelosa? Lo sappiamo entrambi che muori dietro Alberto...》la prese in giro l'amico, il quale era geloso del giovane Baldi a sua volta, perché preso da Sofia.
《È una cosa seria, Davide》ribattè lei.
《In che senso?》domandò lui, seriamente preoccupato.
《È malata. Bianca è malata di leucemia》rispose la Tindari.
***
Due ore più tardi, nel reparto di fisioterapia, Concetta faceva i suoi esercizi quotidiani con Franco: la ragazza migliorava di giorno in giorno.
《Complimenti, davvero!》esclamò il giovane, prendendola al volo alla fine della camminata assistita tra due sbarre.
《Ma ancora non mi reggo bene sulle gambe...》si schermì la ragazza, arrossendo un po', mentre lui l'accompagnava fino alla sedia a rotelle.
《Però le cure stanno procedendo nel migliore dei modi, tra un po' di tempo potrai fare la maratona!》la incoraggiò.
《Sei troppo buono...》commentò lei.
《Sei tu che sei in gamba. Ti sei messa in gioco con questa cura sperimentale, e non solo hai un grande coraggio, ma stai facendo dei progressi enormi...》continuò il fisioterapista sorridendo.
Concetta si perdeva sempre in quei suoi sorrisi, la ubriacavano e le facevano sperare di non progredire troppo velocemente, cosicché potesse restare un altro po' di tempo con Baldi.
Quando ebbe finito con la Fabbri, Franco si diresse da suo padre, che proprio in quel momento finiva di parlare col dottor Valenti: entrambi erano scuri in volto.
Appena vide suo figlio, Gabriele andò da lui.
《Che è successo?》chiese il ragazzo.
《Ho appena finito di parlare con Tommaso di Bianca》affermò il padre.
《La chemio non sta andando bene, vero?》domandò sconsolato il figlio.
《Ma no, la chemio procede, solo che la distrugge. E all'inizio di giugno dovrà andare sotto i ferri per il trapianto di midollo osseo》rispose l'uno con lo stesso tono.
《Ma perché non vuole dire niente ad Alberto? Io l'ho visto quando sta con lei, è un'altra persona... Se qualcosa dovesse andare storto durante l'operazione o addirittura prima, non solo soffrirebbe come un cane, ma visto che lo sapevamo non ci perdonerebbe mai più!》esclamò l'altro.
《Tu vorresti dirgli la verità, ma per ottenere cosa? Se venisse a sapere che Bianca ha la leucemia, vivrebbe ogni giorno con la paura costante di perderla e il suo legàme con lei sarebbe inquinato per sempre!》decretò il medico.
Per quanto in disaccordo con quest'ultimo, Franco non poté obiettare: Alberto avrebbe sofferto in ogni caso, solo un po' più tardi.
***
Intanto Teodoro aveva mandato un messaggio a Valerio e si erano incontrati nei pressi del bar dei Patriarca; il ragazzo era uscito con la scusa di incontrarsi con gli amici perché non aveva il coraggio di dire ai genitori borghesi, benpensanti e non esattamente di larghe vedute che stava uscendo con un ragazzo; se glielo avesse detto, avrebbero ricominciato con la storia della sua omosessualità come una fase che sarebbe passata.
Ma quello che non riusciva a far capire loro era che non si trattava di un raffreddore, con un inizio, un decorso e una fine che implicava la guarigione; lui non aveva niente da curare, nessuna malattia da cui guarire: aveva dei gusti sessuali ben precisi e i suoi non potevano certo costringerlo a cambiarli.
E poi quando si trovava in compagnia di Teodoro dimenticava tutti i suoi dubbi e i suoi dilemmi; lo scambio dei regali di Natale aveva sancito un legàme ancora più forte tra loro due.
Gli corse incontro al culmine della felicità.
《Quando mi hai dato appuntamento mi sembrava un sogno...》confessò Gracchi.
《Per questo ti ho dato appuntamento: per darti un indizio del fatto che si tratta di una bellissima realtà!》rispose Antonini avvicinandosi e baciandolo. Valerio ricambiò il bacio e gli sembrò che il mondo attorno a loro sparisse: magari stava passando accanto a loro qualche conservatore, magari li stava additando, forse dandogli dei pervertiti e degli immorali, ma non gli importava; erano solo loro due a contare, in quel momento.
Avrebbe dovuto dirlo ai suoi genitori ed affrontare l'eventuale bufera che si sarebbe abbattuta su di lui e Teodoro, ma dopo quel bacio tutto gli sembrava più semplice e sopportabile.
***
Nello stesso momento, ma da tutt'altra parte, Sofia e Davide si erano incontrati d'urgenza.
《Ma sei sicura di quello che hai visto e sentito?》volle sincerarsi Altobelli.
《Pensi che mi sia inventata tutto? Io l'ho vista entrare nel reparto di Oncologia del Policlinico Umberto I, l'ho sentita parlare di leucemia con un collega del padre di Alberto!》insistette la Tindari.
《Quindi pensi che il dottor Baldi, la Castelli e Franco sappiano tutto ma nascondano ad Alberto la verità?》chiese lui.
《Ne sono sicura, anzi sicurissima. Così come sono sicura che anche Alberto abbia il diritto di saperla!》dichiarò lei.
《Ma che sei matta? Hai idea dell'effetto devastante che produrrebbe su di lui scoprire che la ragazza che ama rischia la morte?》scattò l'uno.
《E tu l'hai vista Bianca in questi ultimi giorni? È l'ombra di sé stessa, quasi non si regge in piedi e poi quei capelli... Si vede che è una parrucca!》gli fece notare l'altra.
《Alberto non ce la farebbe a vivere con la consapevolezza che Bianca potrebbe morire, un domani!》sostenne il primo.
《E se lo venisse a scoprire da solo?》ipotizzò la seconda.
《In quel caso gli diremo la verità e gli staremo il più vicino possibile》decretò Davide.
Sofia non poté che concordare con lui, anche se le sue idee erano completamente opposte: ma per amore di Alberto avrebbe mantenuto il silenzio.
***
Gennaio lasciò il posto a febbraio, con tutti gli eventi che ne conseguivano: il Carnevale, il Festival di Sanremo e le famigerate pagelle, per le quali la tattica applicata dagli studenti servì; infatti i voti furono, dove non brillanti, perlomeno accettabili.
L'unico a non ammorbidirsi fu, come al solito, Ugolino: i suoi cinque in Matematica e Fisica marchiavano a fuoco le pagelle di tutti, meno che quelle di pochi, sceltissimi studenti.
Erano usciti vincitori, come Ermal Meta e Fabrizio Moro, i quali durante la settimana di Sanremo erano stati accusati di aver plagiato una canzone partecipante nel 2016 alla sezione Nuove Proposte, "Silenzio", ma grazie all'affetto del pubblico e alle parole della Siae, le quali affermavano che l'eventuale somiglianza non superava la soglia di un terzo, non solo uscirono da quella brutta storia a testa alta, ma conquistarono il primo posto al Festival col duetto "Non mi avete fatto niente", che spopolava in tutte le radio:
Non mi avete fatto niente
Non mi avete tolto niente
Questa è la mia vita che va avanti
Oltre tutto e oltre la gente
Non mi avete fatto niente
Non avete avuto niente
Perché tutto va oltre
Le vostre inutili guerre
Le parole del testo erano molto sentite dai ragazzi del Da Vinci, anche se Meta e Moro parlavano di come rialzarsi dopo gli attentati terroristici e loro invece la interpretassero come una semplice sopravvivenza alla consegna delle pagelle. Ma erano all'ultimo anno e quei risultati ne avevano sancito la metà, e loro finalmente potevano stare parzialmente più sereni.
Cadranno i grattacieli
Le metropolitane
I muri di contrasto alzati per il pane
Ma contro ogni terrore
Che ostacola il cammino
Il mondo si rialza
Col sorriso di un bambino
D'altra parte avevano diciotto anni, tutta la vita davanti e il completo diritto a vedere il bicchiere sempre mezzo pieno, anche quando si trovavano davanti a prove dal loro punto di vista insormontabili; ma da adolescenti, si sa, ogni cosa è vissuta in grande, anzi in gigantesco, e soprattutto non si vuole niente di tiepido tra le mani: a quell'età le cose o gelano o bruciano.
Sono consapevole che il resto
Più non torna
La felicità volava
Come vola via una bolla
Tutti quanti - genitori, insegnanti, adulti in generale - dicevano loro che quella lì era l'età più bella, e che adesso la sentivano stretta, ma un domani l'avrebbero rimpianta, in quanto non avrebbero più provato quella sensazione di leggerezza e felicità, che li faceva volare nel cielo, a tre metri da terra, come bolle di sapone.
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