Laboratorio teatrale

All'inizio di ottobre Sara, Rachele, Concetta e Silvia erano praticamente inseparabili: andavano sempre tutte insieme agli incontri di riabilitazione della Fabbri, e si ritrovavano a parlare fuori dalla scuola prima che suonasse la campanella, mentre aspettavano il resto del gruppo.
《Veramente c'era un laboratorio teatrale alla tua vecchia scuola?》chiese entusiasta Rachele a Sara.
《Oh sì, era bellissimo. Abbiamo inscenato le opere di Shakespeare, le favole dei fratelli Grimm, le trame delle pellicole cinematografiche più famose... Non ci si annoiava mai!》ricordò la Michetti con nostalgia.
《Doveva essere fighissimo... Noi qui al Da Vinci ce la sognavamo, una roba simile...》sospirò con invidia Silvia.
《Perché non lo proponiamo al preside?》fece all'improvviso Sara.
《Al preside? Dici che sarà d'accordo?》domandò Concetta.
《Beh, potrei chiederglielo. Lo chiamano il Temerario, dopotutto, uno che si è buttato a capofitto nel rilancio del Da Vinci...》ipotizzò la Michetti.
《Potrebbe essere un'idea per rilanciare la scuola》commentò la Grandi.
《E poi è una novità assoluta, avresti il boom delle iscrizioni!》aggiunse la Cerullo.
《Allora a ricreazione gliene parlerò... Chissà cosa mi dirà, ma sono fiduciosa!》decretò Sara.
Se doveva rimanere un anno intero lì, oltretutto con Francesco come vicino di banco, l'avrebbe fatto a modo suo.

                                      ***

All'inizio della ricreazione bussò alla porta dell'ufficio del preside.
《Avanti!》rispose la voce di Ventoni.
《Buongiorno, signor preside. Sono Sara Michetti, del III A》si presentò la ragazza.
《Ah sì, la figlia dell'avvocato Michetti. Ho sentito parlare dei tuoi buoni voti, eri la prima della classe nella tua scuola precedente...》osservò l'uomo.
《Proprio la mia scuola precedente c'entra in quello che sono venuta a dirle. Lì c'era un laboratorio teatrale. Era bello e stimolante, per cui sono venuta a proporle di farne uno anche qui, se lei è d'accordo...》cominciò lei.
《Signorina, la sua proposta capita a proposito. L'altro giorno è venuto qui il professor Di Cataldo a propormi il suo progetto di rilanciare in qualche modo il Leonardo Da Vinci, ma gli mancava l'idea giusta. Perciò ho deciso di fondere i suoi propositi con la tua idea: collaborerete insieme alla creazione del gruppo di laboratorio teatrale e al successivo corso》dichiarò lui.
《Grazie, signor preside! Sapevo che sarebbe stato d'accordo...》esclamò l'una.
《Vedi, Michetti, ho una figlia della tua età, e sono sicuro che aderirebbe immediatamente》sorrise l'altro.
Dopo aver salutato Ventoni ed essere uscita dal suo ufficio, Sara corse in classe, proprio mentre stava per cominciare l'ora di Religione col prof Di Cataldo; finita la lezione sarebbe stato informato dal preside riguardo la proposta della Michetti.
《Come mai quell'aria trionfale?》le domandò Francesco a bassa voce, non appena lei si sedette.
《Ho appena avuto un'idea che rivoluzionerà le sorti di questo posto!》rispose quest'ultima sorridendo.
Altobelli sorrise a sua volta con curiosità: quella ragazza non finiva mai di sorprenderlo.

                                       ***

Quando suonò la campanella di fine lezioni, i ragazzi del III B ripresero tutta la vitalità persa durante la giornata nel preparare gli zaini ed uscire velocemente dalla classe.
Fu in quel momento che Alberto si accorse che per terra c'era il fermaglio di Bianca, con dei papaveri sintetici cuciti sopra.
Si precipitò fuori dalla classe, deciso a restituirglielo, e non appena fu fuori in cortile e individuò in lontananza la chioma rossa della ragazza, si accodò a lei nel tragitto verso casa sua.
Arrivò ad un palazzo molto bello e di antica fattura, probabilmente d'inizio secolo: cercò tra i campanelli il nome "Ventoni" e lo suonò.
《Avanti?》fece una voce sconosciuta, di donna.
《Mi chiamo Alberto Baldi e sono un compagno di classe di Bianca. Sono venuto per restituirle un fermaglio che le è caduto》rispose il giovane.
《Primo piano》replicò la voce, e il portone si aprì. Alberto entrò e salì le scale fino a che non sentì la voce di Bianca che lo chiamava.
《Alberto! Che bello che sei venuto!》esclamò. Si era cambiata d'abito: in quel momento indossava una maglietta a mezze maniche bianca, una salopette di jeans e si era legata i capelli in una coda.
Accanto a lei c'era la donna che gli aveva aperto la porta: era una signora sulla sessantina, bella ed elegante, probabilmente stava per uscire.
《Sono... Sono venuto a restituirti il fermaglio che ti è caduto oggi...》esordì un po' imbarazzato il giovane, consegnandole l'oggetto. Lei lo prese.
《Che ragazzo gentile... Sei venuto fino a qui per restituirle il suo fermaglio preferito...》osservò intenerita la nonna. 《Comunque tanto piacere, Clelia Ventoni》si presentò poi.
《Alberto Baldi. Lei è la madre del preside Ventoni?》chiese stupito quest'ultimo.
《Achille è sempre stato un avventuriero, ma dice che il vostro liceo, anche se disastrato, sia un vero e proprio investimento...》dichiarò Clelia, che diceva sempre ciò che pensava senza peli sulla lingua. Poi fu distratta dal suono del suo cellulare.
《Oh, è arrivato Michele. Ci vediamo, ragazzi...》li salutò, scendendo le scale.
《Arrivederci!》ricambiò Alberto.
《A dopo, nonna! E saluta Michele!》esclamò Bianca. 《Michele Castrogiovanni è il nuovo fidanzato della nonna. L'ha conosciuto al centro anziani, e dice di vivere una seconda giovinezza. Tu invece sei venuto proprio a proposito...》aggiunse in seguito, invitandolo ad entrare.
《In che senso?》chiese lui, seguendola. Anche l'interno dell'appartamento era molto signorile.
《Sto per iniziare a dipingere le pareti della mia stanza, ma non so di che colore farle. Nell'indecisione mi sono fatta mettere a disposizione venti tinture diverse...》spiegò lei.
《Venti?》domandò l'uno.
《È che voglio che le mie pareti siano tutte colorate, l'importante è che non rimangano bianche. Il bianco mi mette ansia. Mi ricorda il vuoto, la morte...》sospirò la Ventoni.
《Ma il bianco può essere una risorsa... Perché sei tu...》sorrise Baldi.
《Sei carino a dire questa cosa... Ma preferirei che sulle pareti ci fosse un colore vero... Ho anche lo stereo e la colonna sonora perfetta per questo lavoro...》replicò la giovane, accendendo uno stereo celeste, dal quale cominciarono a diffondersi le note di "Come un pittore" dei Modà:

Ciao, semplicemente ciao
Difficile trovar parole molto serie
Tenterò di disegnare
Come un pittore avrò la forza
Di arrivare dritto al cuore
Con la forza del colore
Guarda senza parlare

《Tu quale colore vorresti usare?》domandò allora lui.
《Beh, ce ne sono così tanti... Il giallo è pieno di vita, il viola porta mistero, il verde stimola, il blu rilassa... Ma il mio preferito è il rosso perché è il colore della pienezza e della passione...》cercò di scegliere lei.
《Ho una proposta da farti》fece l'uno.
《Quale?》volle sapere l'altra.
《Perché non li usiamo tutti e venti? Così useresti tutti i colori senza escluderne nessuno...》sostenne la prima.
《È una bellissima idea!》approvò la seconda, prendendo un barattolo di vernice rossa e rovesciandone parte sulla parete.
Alberto sorrise e fece lo stesso con un barattolo di vernice blu.
Intanto la canzone continuava, come colonna sonora della loro opera:

Azzurro come te
E come il cielo e il mare
E giallo come luce del sole
Rosso come le cose
Che mi fai provare

Successivamente perfezionarono il lavoro con i pennelli, rendendo le macchie un po' più artistiche, ma cercando comunque di non privarle della loro scanzonata spontaneità.
Dopo che ebbero finito, Alberto uscì dall'appartamento dei Ventoni tutto sporco di vernici colorate; prese il telefono dallo zaino e notò che lo avevano cercato in molti: trenta chiamate perse tra sua madre, suo padre e suo fratello Franco, e ventisei messaggi tra Sofia e Davide.
Chiamò casa per confermare alla famiglia che non era morto.
《Dove sei stato? Ti ho chiamato mille volte, tra un po' telefonavo all'Unità di Crisi...》rispose preoccupata Laura.
《E dai ma'... Sono stato da Bianca, abbiamo dipinto le pareti della sua stanza... Difatti sono tutto sporco di vernice: appena arrivo devo farmi una doccia》la rassicurò Alberto.
Una volta a casa, mentre si lavava, la Castelli telefonò al marito, ancora in ospedale.
《Era dalla compagna Bianca Ventoni, la figlia del preside, hanno dipinto insieme le pareti della sua stanza... È tornato a casa tutto colorato di venti vernici diverse!》rivelò divertita.
《Non è che deve dirci qualcosa nostro figlio, riguardo questa ragazza?》ipotizzò Gabriele.
《Ma volesse il cielo... Mi sembra che questa Bianca abbia un influsso positivo su Alberto... Lo vedo più vivo, più motivato ad affrontare la maturità incombente...》confessò la Castelli.
《Magari hai ragione tu》concluse Baldi, chiudendo la conversazione.

                                       ***

Il giorno successivo Di Cataldo comunicò che era stato istituito il corso di laboratorio teatrale, e che Sara si sarebbe occupata di raccogliere le firme di chi desiderava partecipare; Carlo non solo si propose di aiutarla, ma mise anche la sua firma per primo: cercando di capire le intenzioni del suo migliore amico con la Michetti, Francesco si iscrisse subito dopo, seguito da Valerio, Silvia, Ester, Irene, Pasquale, Enrico, Concetta, Davide, Sofia, Alberto e Bianca.
Per ultimi vennero Rachele e Youssef, mano nella mano e sorridenti; la ragazza sembrava essere dimagrita.
《Ragazzi, che piacere vedervi firmare insieme!》constatò Sara.
《Magari recitare ci aiuterà a conoscerci meglio...》fece Beshir.
《Comunque sbaglio o questa dieta è una bomba? Stai benissimo, Rachele...》osservò la Michetti, rivolta all'amica.
《Oh grazie... Sì, ho perso altri due chili, mi sento proprio bene!》affermò la Grandi, apponendo la propria firma, seguita da Youssef.
Alla fine della ricreazione, la lista da consegnare al prof Di Cataldo era lunghissima.
《Complimenti, hai avuto un'idea vincente... Lo sapevo che eri una risorsa per questo posto!》si congratulò Carlo.
《Grazie... Ma ho solo fatto una cosa che sentivo di fare...》affermò Sara.
《Una cosa che si rivelerà essere il perfetto rilancio di questa scuola!》sostenne il giovane Neri sorridendo, mentre rientravano in classe.

                                       ***

In III B un'altra entusiasmante lezione del prof Sognatori aveva strabiliato i ragazzi: quel giovane, che si stava occupando di portarli fino alla maturità pur conoscendoli appena, offriva loro un nuovo modo di approcciarsi alla Storia e alla Filosofia, insegnando loro a studiare non solo per il profitto scolastico o per prendere il diploma, ma anche per imparare a scoprire se stessi durante quell'ultimo anno di liceo, e a realizzare i loro sogni.
L'unica che sembrava non credere troppo a questi discorsi era Ester, la quale, dopo il fallimento della conquista di Alberto in quanto figlio della Castelli, aveva deciso di puntare più in alto, e il giovane prof Sognatori era il suo nuovo obiettivo.
Lo fermò sull'uscio della classe, mentre stava per andarsene.
《Prof, la sua lezione è stata veramente bellissima...》esordì maliziosamente.
《Grazie, Ester. Sono contento che ti sia piaciuta》sorrise educatamente lui.
《È che lei è diverso dagli altri prof... Sa capire gli alunni... Guardare dentro di loro...》continuò lei avvicinandosi, fino a che i loro visi non ebbero che un centimetro di distanza.
Mario capì le sue intenzioni e la scansò leggermente.
《Ester, io sono convinto che non ti serva tutto questo. Tu vali molto più di così》affermò, calmo ma fermo.
La Gherardi capì che era il caso di frenarsi e si allontanò.
Quando fu fuori, il giovane prof ricevette un messaggio su Whatsapp.
Era Eva Gherardi, impiegata di banca e sorella maggiore di Ester, con cui aveva cominciato ad uscire: si erano conosciuti ai colloqui, avevano parlato di Ester e del fatto che il suo atteggiamento leggero era dato dal fatto che i loro genitori fossero sempre in viaggio per lavoro.
Lesse il contenuto del messaggio sul display:

Come si sta comportando mia sorella?

Mario sorrise e rispose:

Il solito, ma le ho detto che vale molto di più di ciò che vuole far sembrare.

Rimise il telefono in tasca, dirigendosi nella classe dove avrebbe avuto lezione l'ora successiva.

                                      ***

L'ora di Storia dell'Arte della prof Locascio era considerata dai ragazzi del III A come una seconda ricreazione: lei spiegava, ma non c'era nessuno che l'ascoltasse, che s'interessasse un minimo al Romanesimo, al Rinascimento, al Barocco o al Neoclassicismo; infatti preferivano impiegare il tempo a parlare, a chattare o a navigare su Facebook, Twitter e Instagram.
Ciò accadeva nella maggior parte delle classi del Leonardo Da Vinci perché la Storia dell'Arte veniva considerata l'ultima materia insieme alla Religione, se non addirittura meno, ed era la causa principale del perenne nervosismo di Caterina Locascio: figlia di siciliani emigrati a Milano, aveva lottato per ottenere tutti i traguardi raggiunti sia in quanto meridionale che in quanto donna; innamorata della sua materia e del suo lavoro, ormai tuttavia non pretendeva più nulla dai ragazzi, ma quel giorno, il casino proveniente dal III A fu troppo.
《SILENZIO!》urlò, sortendo l'effetto sperato. Tutti e venti gli studenti ammutolirono.
《Io non ce la faccio più! Mi sono veramente rotta le palle di entrare ogni volta che ho lezione qui o da un'altra parte e di vedere non solo l'indifferenza nei confronti della mia materia, ma anche il bordello che fate! Avete diciotto anni, cazzo, questo è l'ultimo anno di pacchia e la vita non vi farà sconti, quindi vedete di cambiare immediatamente atteggiamento o giuro che dalla prossima volta interrogo random, e senza accettare giustificazioni. È chiaro?》sbottò poi.
I ragazzi prima si guardarono tra loro, poi guardarono l'insegnante, rendendosi conto che sotto l'aria da povera isterica aveva carattere da vendere.
Fu Sara a venirle incontro.
《Cosa spiega oggi, prof?》domandò.
《Così va molto meglio...》commentò la Locascio, cominciando a parlare del Rococò, l'arte di passaggio tra il Seicento e il Settecento.
Era stata a parlare con Nicola Michetti, lo psicologo della scuola: forse aveva applicato i suoi consigli in maniera un po' brutale, ma erano stati comunque efficaci.
Doveva andare assolutamente a ringraziarlo.

                                       ***

All'uscita, i ragazzi del III A commentarono la reazione della Locascio.
《Però, che carattere!》esordì Silvia.
《Io lo sapevo che teneva la stoffa quella donna, si vede che è del Sud!》affermò orgoglioso Pasquale.
《Certo che siamo stati un po' delle merde nei suoi confronti, per tutti questi anni...》osservò Enrico.
《È stata pure troppo paziente con noi, ci credo che ha sbroccato!》sentenziò Rachele.
《La chiamavano "zitella isterica" dalle quarte ginnasio alle terze liceo, seguiti dai professori e dai bidelli, avrà accumulato risentimento》precisò Concetta.
《Sicuramente era così tanto da farlo esplodere tutto insieme》aggiunse Valerio.
《Qualsiasi molla sia scattata dentro di lei, penso che possa essere un'opportunità... Insomma, è il nostro ultimo anno in un liceo che si è salvato dalla chiusura, sicuramente ha trovato la sua occasione!》dichiarò Sara, mentre si incamminavano verso il cancello per dirigersi verso le rispettive case.
Valerio si avvicinò a Sara per parlarle di Teodoro.
《Ma ti piace proprio, eh?》fece sorridendo la Michetti.
《Ha incendiato i miei pensieri, non riesco a togliermelo dalla testa... Esco a prendere il caffè tutte le volte che posso per vederlo... Ma lui fa l'università, lavora per pagarsi gli studi, al suo confronto mi sento un bambino viziato e scemo...》sospirò Gracchi.
《Secondo me sei troppo pessimista. E impaziente. Facendo come fai pare che il sentimento provenga solo da te, mentre dovresti lasciare che faccia i suoi passi anche lui, se ricambia》rispose lei.
《Sei veramente brava a dare consigli amorosi!》approvò lui.
《Peccato che funzionino solo per gli altri...》commentò la ragazza. Ma con la coda dell'occhio vide Carlo Neri che la guardava e sorrideva. Ricambiò il sorriso. Forse non sbagliava completamente con sé stessa.

                                       ***

Ester arrivò a casa con la meravigliosa consapevolezza che non avrebbe dovuto prepararsi il pranzo da sola perché era giovedì e la sorella Eva rientrava prima dal lavoro; inoltre attendeva la conferma che i genitori tornassero a Roma per il giorno di Ognissanti.
《Uhm... Che profumo! Hai fatto la carbonara?》chiese la ragazza entrando.
Eva era ai fornelli: aveva ventisei anni, gli stessi tratti somatici della sorella, ma un carattere meno leggero del suo.
《Oh sì, sentissi che roba... Come è andata oggi a scuola?》ribattè, facendo le porzioni.
《Il solito... La prof di Storia dell'Arte, la Locascio, ha sbroccato talmente ad alta voce in III A che l'abbiamo sentita anche noi con tutta la porta chiusa. La Guarnieri ha smesso di fare lezione e ci ha detto di stare zitti e di non perderci una parola...》raccontò l'una.
《La Guarnieri non si sa nemmeno cosa ci faccia in quella scuola... Con la famiglia che ha nemmeno dovrebbe scomodarsi a lavorare...》commentò l'altra.
《Come si dice, sputa nel piatto in cui mangia... Comunque hanno telefonato mamma e papà? Che hanno detto? Vengono a Ognissanti?》domandò impaziente la minore.
《No, mi dispiace, non possono venire. Tornano verso la fine del mese per due giorni, ma giusto perché poi devono prendere un aereo per il Libano》sospirò la maggiore.
《Ah, toccata e fuga...》indovinò la prima.
《Toccata e fuga》confermò la seconda.
Le faceva male al cuore l'idea di doverle comunicare una notizia simile: sapeva che la sorella si sarebbe rifugiata tra le braccia di qualche ragazzo, libero o fidanzato che fosse. Le correvano sempre tutti dietro.
《Vabbè, cambiamo argomento... Quando me lo farai vedere questo tuo fantomatico tipo?》chiese allora Ester.
《Presto lo inviterò. Spero che ti piacerà》replicò Eva.
《Basta che non vai troppo "in amore" come la madre di Irene e Sofia》rise la giovane, riferendosi a Maria Tindari, collega e amica della sorella, avvezza a innamorarsi e disamorarsi in tempi piuttosto brevi.
L'impiegata di banca sorrise: la sua sorellina non era propriamente in grado di comprendere l'idea di un legàme profondo solo perché non si era mai innamorata veramente.

                                       ***

Al Policlinico Umberto I il dottor Tommaso Valenti, collega di Gabriele Baldi nonché esperto oncologo, si preparava ad accogliere la sua nuova paziente: aveva diciotto anni, e le era stata diagnosticata la leucemia.
Per fortuna l'aveva presa in cura adesso che la malattia era ancora all'inizio: era sicuro che, dopo una serie di cicli di chemioterapia, sarebbe potuto procedere con un'operazione di trapianto del midollo osseo per risolvere il problema dei troppi globuli bianchi che le avevano avvelenato il sangue.
Entrò nella stanza delle chemioterapie, e vide che la paziente era già arrivata: Valenti si rese conto di quanto fosse maledettamente giovane.
《Tu sei Bianca Ventoni?》le domandò.
《Sì, dottore. Sono venuta da sola. Mia madre è morta, mio padre è impegnato e mia nonna si deve ancora abituare all'idea che in ospedale ci vado per fare la chemio》rispose la giovane in tono sicuro. In realtà era terrorizzata per ciò che le sarebbe spettato.
《Sei una ragazza coraggiosa, e sono sicuro che uscirai da questa brutta storia a testa alta》le assicurò il medico.
Successivamente vennero delle infermiere che la preparavano per affrontare il suo primo ciclo di chemioterapia.
Bianca chiuse gli occhi e sperò che quello strazio finisse in fretta.

                                       ***

Il primo spettacolo del laboratorio teatrale si sarebbe svolto alla metà di novembre: il prof Di Cataldo e Sara avevano deciso di inscenare "La bella addormentata nel bosco" e ovviamente era stato affidato alla Michetti il ruolo di Aurora, mentre Ester si era voluta cimentare in quello di Malefica; vedendo la vicinanza tra Sara e Carlo, istintivamente Francesco si era accaparrato il ruolo del principe Stefano.
E mentre Concetta era sempre più sorridente al pensiero della fisioterapia giornaliera con Franco Baldi, Rachele era sempre più vicina a Youssef e sempre più sottile, mentre Irene, al vederli mano nella mano, moriva di gelosia e si concentrava sulle scenografie.
Pasquale sentiva di iniziare a provare qualcosa di serio per Silvia, e passava tutto il tempo con lei, e Valerio, appena poteva, andava a prendere il solito caffè per vedere Teodoro.
Bianca era ben attenta a non mostrare alcun segno del fatto che fosse malata, e passava sempre più tempo con Alberto, sotto gli occhi di Sofia che, invece, avrebbe preferito essere da tutt'altra parte.
Il giorno dello spettacolo, nel momento in cui il "principe" Francesco svegliava la "principessa" Sara, gli applausi furono talmente scroscianti da far quasi venire giù il teatro.
I due ragazzi non avrebbero più voluto staccarsi, ma ricordarono che era tutta una funzione e si alzarono di scatto per inchinarsi e prendersi gli applausi del pubblico.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top