In amore vince chi fugge
Febbraio aveva lasciato il posto a marzo e alla primavera; con la bella stagione era cambiato anche il punto di vista sull'amore di Sara, che da quando s'era messa con Carlo aveva ritrovato il sorriso, scomparso dal suo viso l'ultima volta che si era fidata di Francesco, il quale invece l'aveva ingannata di nuovo.
Ma lei, nonostante la sofferenza, s'era rialzata, ritrovando la voglia di vivere grazie al giovane Neri, prima del quale, forse, non aveva mai conosciuto l'amore, né vissuto davvero; c'era una canzone di Nina Zilli, "Senza appartenere", che aveva partecipato al Festival di Sanremo e che a Sara aveva ricordato tutta la sua vita fino ad allora:
Donna siete tutti e tu non l'hai capito
Donna non di tutti, non è mai cambiato
Calda come il sole di domenica d'estate
Però non è domenica
E qui fa un freddo cane
Donna ha perso tempo
A lucidare la sua rabbia
Del tempo che è cambiato
E ancora non la cambia
Donna sa volare mentre il cielo cade
Per un momento, si era illusa che il suo grande amore per Francesco fosse possibile, realizzabile, ma quel post-it con cui l'aveva lasciata, e quella ragazza con cui l'aveva subito tradita, le avevano fatto capire che quelli come lui non cambiavano, ma che non dovesse stravolgersi nemmeno lei stessa, nella convinzione di essere sbagliata: doveva solo trovare qualcuno che l'amasse così com'era, e così stava facendo Carlo, grazie al quale Sara aveva realizzato che prima stava solo perdendo tempo.
Ma io, che cosa cercavo io
E cosa ho trovato
Schegge di felicità
Cerco una colpa per restare qui
A vivere i ricordi io
Volevo salvarmi io
E poi perdonarmi
Della vita che ho spaccato
Dell'amore che ho buttato via
Ma senza appartenere
E adesso finalmente lui le donava tutto quell'amore che lei aveva chiesto, sperato, in qualche modo anche mendicato ma che non aveva mai conosciuto pienamente, mentre con Carlo si sentiva importante, si sentiva appartenere a qualcuno come lui apparteneva a lei.
Togliti la maschera
C'è troppa verità per stare qui
Senza appartenere
Accanto a lui non aveva bisogno di indossare maschere: era quello giusto, senza che vi fossero rimpianti.
***
Tutto questo amore era insostenibile per Francesco, il quale da una parte era anche felice per il suo migliore amico, dall'altra invece proprio non riusciva a capacitarsi che, tra tante ragazze, avesse scelto Sara, colei che aveva sconvolto il modo di pensare e di vedere l'amore del giovane Altobelli; quella mattina li aveva visti venire insieme sul motorino di lui; aveva sentito i complimenti delle amiche, che subito avevano circondato la Michetti per essere aggiornate sulle ultime novità; li aveva visti baciarsi e scambiarsi sorrisi fin dalla prima ora e si era reso conto che tutta quella sofferenza effettivamente se la meritava, ma era troppa per lui, che era sempre stato il dongiovanni del Da Vinci e doveva assolutamente riprendere credibilità - sentiva che, dopo l'addio definitivo di Sara, non sarebbe mai riuscito a combattere la sua natura.
Dopo due ore a vedere cuoricini aleggiare nell'aria tra lei e Carlo, decise di passare il cambio dell'ora sulla porta, per prendere un po' d'aria.
《Però, Francesco Altobelli geloso di una ragazza... Se non ti conoscessi direi che sei innamorato!》esclamò una voce familiare dall'uscio del III B: era Ester.
《Immagino che tu, invece, dopo esserti tolta lo sfizio con Enrico, ti stia già guardando intorno...》commentò questi.
《Ti sembrerà strano, ma non ho ancora nessun obiettivo... A dire la verità ho esaurito tutte le possibilità, a parte una: te》sorrise la Gherardi.
《Sarebbe una cosa scontata: il dongiovanni e la mangiauomini del liceo, la cosa che prima o poi si aspettano tutti》dichiarò Altobelli.
《Però non è una cattiva idea... Tu hai altri programmi al momento?》ipotizzò lei.
Cosicché lui ripensò alla love story tra Carlo e Sara, e rispose, senza alcuna esitazione: 《No, non ne ho!》
《Bene, allora ci vediamo stasera alle nove a casa mia. Tanto mia sorella esce con Nicola Michetti praticamente tutte le sere...》lo invitò l'una.
《Certo che verrò!》concordò l'altro, sicuro che sarebbe stata la sua rivincita. Dopodiché rientrarono entrambi: Cristaldi stava arrivando in III B, la Di Nardo in III A.
***
Ma quel giorno non vi fu alcuna ora d'inglese, nella classe, perché non appena Emma aveva detto agli alunni di tirare fuori i libri, Rachele era svenuta.
Tutti si erano radunati attorno a lei per capire cosa fosse successo alla Grandi, che da settembre era diventata ogni giorno sempre più magra: mentre Enrico le teneva le gambe alzate e Silvia era stata mandata a cercare dell'aceto per farla rinvenire, Emma cercava di capire cosa passasse per la testa di Rachele a partire dalla testimonianza di Youssef, che era stato il suo fidanzato fino agli inizi di marzo, quando avevano cominciato a litigare per la perdita di peso della ragazza e per le possibili cause.
《Io me lo immaginavo che qualche problema c'era, prof, e ho anche provato a parlarne con lei, ma Rachele negava con tutte le sue forze. Diceva che lo faceva per sé stessa, e per piacere di più anche a me, e che doveva ringraziare sua madre che le aveva fatto scoprire quella "dieta miracolosa", come diceva lei》spiegò Beshir alla Di Nardo, mentre la Grandi s'era ripresa e la gente s'era radunata attorno a lei.
《Giada Grandi è sempre stata piena di pretese nei confronti di sua figlia, ma mai avrei pensato che la spingesse a mettersi così a repentaglio》osservò la docente.
《Magari lo ha fatto senza cattiveria. Anzi, penso che lo sapremo solo da Rachele stessa, anche se non credo che le andrà di confidarsi con me...》replicò l'alunno.
《Le parlerò io, allora...》decise Emma, mentre si avvicinava alla diretta interessata. 《Ti va di fare due chiacchiere fuori, Grandi?》le domandò.
Rachele si alzò e seguì l'insegnante in corridoio.
《Da quanto va avanti questa storia?》cominciò poi la Di Nardo.
《Youssef le ha spifferato tutto?》ribattè sconvolta la ragazza.
《Beshir lo ha fatto perché è preoccupato per te. Siamo tutti preoccupati per te. Ti nutri di cibi sempre più insignificanti, ti provochi il vomito, non ti confidi con nessuno e dici che la tua perdita di peso è a fin di bene perché vuoi essere uguale a tua madre, non è così?》proseguì la donna, in tono deciso.
《E se anche fosse? Lei l'ha mia madre quant'è bella, prof? Io sono un cesso a confronto con lei, un cesso sovrappeso che nessuno avrebbe voluto se lei non mi avesse consigliato questa dieta!》sostenne risentita Rachele.
《Rachele, tu non sei sovrappeso. È la tua testa che ti suggerisce di vederti così per indurti a non mangiare. È normale che non lo ammetti, la negazione è la prima fase di ogni scoperta di una malattia...》cercò di spiegarle Emma.
《Ma io non sono malata! Io sto benissimo, cazzo!》sbottò la studentessa.
《No che non stai bene, e lo hai appena dimostrato. Ma non devi preoccuparti, non sei da sola. Ti daremo una mano ad affrontare il percorso di guarigione tutti insieme, alunni e professori. E faremo capire tutto anche ai tuoi genitori...》le disse chiaramente l'insegnante.
Cosicché la giovane Grandi finalmente si sciolse in un pianto liberatorio, abbracciando la professoressa.
《Andrà tutto bene...》la rassicurò.
***
Lei e Laura si occuparono immediatamente di avvertire la signora Grandi, la quale si precipitò a scuola, ancora incredula nei confronti dell'accaduto.
《Come sta mia figlia?》esordì, mentre seguiva le due insegnanti nella stanza dei ricevimenti.
《Sua figlia adesso si è ripresa, ma adesso è lei che deve stare a sentire noi: Rachele è anoressica, e stando a quello che ci ha raccontato questa piega gliela ha fatta prendere lei!》esordì Emma.
《Non è possibile... Queste sono calunnie, mia figlia non direbbe mai una cosa simile sul mio conto!》si indignò Giada.
《E invece è proprio quello che ci ha lasciato intendere. Rachele vuole essere come lei, e per renderla orgogliosa ha smesso di mangiare! E la cosa incredibile è che la difende ancora!》ribattè Laura, dando manforte alla collega.
《Tutto questo è assurdo... Mia figlia ha sempre avuto tutto: una vita benestante, una famiglia tranquilla, una media scolastica discreta e un fidanzato ricco... Cosa le mancava per indurla a comportarsi così?》continuò la Grandi, sempre più sconvolta.
《Una madre che l'ascoltasse e che la capisse, non certo una donna bella e inarrivabile che impiega il suo tempo a cercare una via di fuga da un matrimonio che non funziona più!》sottolineò la Di Nardo, alludendo alla tresca tra la donna e Vito Lojacono.
《Questo è troppo! Io giuro che vi querelo, voi e tutto il corpo docente di questa scuola di merda che neanche sarebbe dovuta riaprire!》si infervorò la madre di Rachele.
《Tu non farai proprio niente, mamma. Le prof Castelli e Di Nardo hanno ragione》intervenne la ragazza, entrando nella stanza. Barcollava un po', ma tutto sommato si reggeva in piedi.
《Tesoro, ma che dici? Tu non ti devi sforzare, ci penso io a te, come ho sempre fatto...》cercò di convincerla Giada, avvicinandosi a lei.
《Mamma, ti prego basta. Io sto male, ormai me ne sono resa conto. L'importante adesso è curare questa mia malattia e poi guarire, ma ho bisogno di tutto il tuo sostegno e di quello di papà... Me lo darete?》fece Rachele speranzosa.
Fu così che la donna si ammorbidì e abbracciò la figlia.
《Ma certo, amore mio, tutto il sostegno che vuoi! Non sarai da sola in questa tua battaglia!》promise.
Rachele era sicura che avrebbe vinto la guerra contro l'anoressia: sarebbe stato molto difficile, ma sapeva di non essere da sola.
***
Così quel pomeriggio Rachele era stata accompagnata al Policlinico Umberto I da Concetta - come sempre lì per la fisioterapia - e da Enrico: il ragazzo era sempre stato segretamente innamorato di lei, ma pensava di non essere all'altezza delle aspettative della ragazza, soprattutto a causa di sua madre; ma vedere come la signora Giada si era ammorbidita nei confronti della figlia aveva riacceso in lui la speranza, tanto che aveva aspettato tutto il tempo fuori, senza allontanarsi, mentre la giovane presenziava al suo primo incontro del gruppo di sostegno per i problemi alimentari.
Vedere che l'aveva aspettata la stupì piacevolmente.
《Sei stato gentile a non andartene》commentò.
《Non ti avrei mai lasciata da sola in questa storia》affermò Michetti.
《Ma lo fai perché te lo hanno suggerito la Castelli e la Di Nardo o per compiere la tua buona azione quotidiana?》volle sapere la Grandi, che ancora non si fidava completamente.
《Nessuna delle due. In realtà lo faccio perché ci tengo a te. E non perché mi fai pietà, ma perché so come ci si sente a toccare il fondo. Ma se hai qualcuno che ti dà una mano, riesci sempre a risalire!》la incoraggiò lui.
《E allora cercherò di tenerla ben stretta, questa tua mano!》decretò lei, sorridendo, mentre si dirigevano al reparto di Fisioterapia per andare a prendere Concetta.
***
Intanto quest'ultima aveva appena finito un altro esercizio di camminata assistita con le stampelle, e i suoi progressi erano stati talmente incredibili che gli erano valsi i più sinceri complimenti di Franco.
《Brava, brava e ancora brava! Stai migliorando a vista d'occhio!》esclamò.
《Davvero?》fece lei incredula sia per la notizia rassicurante sia per quella sequela di complimenti che l'aveva fatta arrossire vistosamente.
《Davvero. Se continui così, camminerai spedita entro la fine di maggio e non avrai davvero più bisogno di me...》commentò lui con l'intenzione di fare una battuta.
Ma a quelle parole, qualcosa nella giovane Fabbri si spezzò: da quando aveva cominciato la cura sperimentale, aveva capito che Franco Baldi non era solo il suo fisioterapista, ma qualcosa di più; l'idea di separsi per sempre da lui, di non incontrarlo ancora per gli esercizi le faceva esprimere il controproducente desiderio di non guarire mai.
Tuttavia cercò, come sempre, di scacciare quell'opprimente pensiero dalla testa: nel momento in cui avesse cominciato a camminare ufficialmente sulle proprie gambe, avrebbe avuto sicuramente tutti i ragazzi che voleva.
Ma sentiva anche che nessuno di questi sarebbe valso la metà di Franco. Palesemente in crisi, non vide l'ora che la lezione finisse: Enrico e Rachele l'aspettavano.
Michetti cominciò a spingere la sedia a rotelle e la Grandi camminò al loro fianco.
《Allora, mi dovete dire qualcosa voi due?》sorrise la Fabbri.
《No, macché... Enrico mi ha solo aspettato...》rispose velocemente Rachele.
《Piuttosto tu, la farai la maratona entro giugno?》domandò Enrico scherzoso, cambiando discorso.
《Ehhh, la maratona... Spero di reggermi in piedi per prima degli esami... Ma invece credete che ce la farà la figlia del preside?》fece Concetta, guardando attraverso una vetrata del reparto di Oncologia Bianca Ventoni, in compagnia di Sofia Tindari e Davide Altobelli.
《Ma che ha esattamente?》chiese la Grandi.
《Pare la leucemia. Lo si capisce dal suo colorito. È una battaglia feroce, anche più della mia》rispose la Fabbri
《O della mia...》aggiunse Rachele.
《Comunque io sono convinto che ce la farete tutte e tre!》le incoraggiò Enrico mentre uscivano dall'ospedale.
***
《Vi prego, no!》aveva supplicato Bianca, rivolta a Sofia e Davide.
Da quando la Tindari aveva scoperto la malattia della compagna di classe, aveva deciso di andarla ad affrontare insieme ad Altobelli per rendere partecipe anche Alberto, ma lei li aveva sempre pregati di tenerlo all'oscuro delle sue condizioni, che stavano peggiorando anziché migliorare.
《Invece è necessario che tu glielo dica. Alberto ha tutto il diritto di sapere che stai male!》sentenziò Sofia.
《E a quale scopo? Se lo sapesse non solo soffrirebbe di più, ma mi tratterebbe come una malata e questo non lo sopporterei! Io sto bene con lui proprio perché nemmeno lo immagina che sono malata!》si oppose Bianca.
《Sai bene che Sofia ha ragione, Bianca. Non puoi andare sotto i ferri e non dire niente ad Alberto, anche perché potrebbe venire a scoprirlo da solo e sarebbe peggio》ribattè Davide.
《Lo so, lo so benissimo che sto facendo una cosa orribile a tenerlo all'oscuro di tutto. Ma se siete miei amici, lasciate che sia io a parlargli...》li pregò la Ventoni.
《Se è quello che vuoi...》sospirò la Tindari, prima che lei e Altobelli tornassero a casa, guardandola tossire sconsolati mentre lasciavano il reparto.
《Tu sai che non possiamo mantenere la promessa...》decretò l'una.
《Lo so, ma dobbiamo cercare le parole giuste. Alberto potrebbe non crederci. O peggio, potrebbe abbandonare Bianca, dallo shock. E in tutto questo abbiamo gli esami di maturità. Per questo dobbiamo avere molto tatto》sottolineò l'altro.
Sofia lo guardò: non sapeva se sarebbe stata effettivamente capace di far ingoiare al giovane Baldi una medicina così amara da un bicchiere col bordo imbevuto di miele.
***
Passarono le ore, venne la sera. Ester aspettò che sua sorella uscisse con Nicola, e mentre attendeva Francesco collegò l'iPod con le casse, cosicché, mentre lei si preparava, l'aria si scaldava con le parole della canzone "Minuetto" di Mia Martini, adattissima alla situazione:
È un'incognita ogni sera mia
Un'attesa pari a un'agonia
Quante volte vorrei dirti no
E poi ti vedo e tanta forza
Proprio non ce l'ho
Mai nella sua vita di ragazza più libertina del liceo classico Leonardo Da Vinci si sarebbe mai aspettata di cadere in tentazione proprio per il suo alter ego maschile Francesco Altobelli; eppure con quell'aria da uomo che non doveva chiedere mai, era difficile resistergli, pur con tutta la forza di volontà.
Il mio cuore si ribella a te
Ma il mio corpo no
Le mani tue strumenti su di me
Che dirigi da maestro esperto quale sei
D'altra parte era sempre stato facile per lei: i maschi erano tutti uguali, andavano e venivano esattamente come i suoi genitori, sempre in giro per il mondo; per questo si era sempre impedita di rivolgere il suo interesse nei loro confronti oltre il sesso, non concedendosi il lusso di innamorarsi nemmeno per un minuto. Molti ragazzi, però, avevano provato per lei un trasporto sincero, davanti al quale s'era sempre fatta quattro risate.
Con Francesco sarebbe stato più facile: a lui non sarebbe importato, visto che era fatto della sua stessa pasta.
Sentì un rombo di motore sotto casa: era lui, e si affacciò in finestra per vederlo.
E vieni a casa mia quando vuoi
Nelle notti più che mai
Dormi qui, te ne vai
Sono sempre fatti tuoi
Tanto sai che quassù
Male che ti vada avrai
Tutta me se ti andrà
Per una notte
Francesco suonò il campanello e lei si precipitò ad aprirgli e ad accoglierlo come si fa con gli amanti clandestini, con l'adrenalina degli attimi rubati vissuti sul filo del rasoio.
Mentre il ragazzo saliva le scale, Ester già pregustava il contatto delle mani di Altobelli sul suo corpo nudo, il ciuffo biondo ribelle di lui sulla sua fronte, il fuoco della passione sotto le lenzuola; l'indomani mattina sarebbero stati compagni di scuola come se nulla fosse successo.
Magari si sarebbero rincontrati altre volte, ma sempre senza vincoli e senza promesse, la notte a casa di lei quando sua sorella non c'era.
Sono tua la notte a casa mia
Sono tua, sono mille volte tua
Francesco arrivò, Ester chiuse la porta, e subito diretti al dunque, si spogliarono ancora prima di arrivare nella camera di lei, che si buttò sul letto aprendo le gambe per accoglierlo, e lui entrò senza farselo ripetere due volte.
Minuetto suona per noi
La mia mente non si ferma mai
Io non so l'amore vero che sorriso ha
Pensieri vanno e vengono
La vita è così
Il giovane Altobelli si fece strada finché Ester non arrivò all'orgasmo, per poi accasciarsi l'uno sull'altra, storditi da tanto fervore, finché non si addormentarono.
Un sorriso si formò sul volto della Gherardi, al pensiero di lui che la lasciava l'indomani mattina con un post-it, come faceva con tutte le sue conquiste; l'eventualità le faceva veramente venire da ridere.
***
Il giorno successivo Mario Sognatori e Caterina Locascio si incontrarono come sempre nella stanza dei docenti, per passare un po' di tempo insieme prima dell'inizio delle lezioni.
Si baciarono con la foga tipica di chi aveva troppo da fare prima di venirsi a prendere un'altra dose di baci.
《Ti amo come una pazza!》gli sussurrò all'orecchio lei.
《Anch'io ti amo... Ma sono preoccupato》fece lui.
《Per cosa?》chiese allora Caterina.
《Per la salute di Bianca Ventoni. Pensavo che da dicembre, quando l'avevamo raccolta mentre era svenuta, fosse in fase di miglioramento, e invece sta sempre peggio...》commentò Mario.
《Poverina... Così giovane e già così costretta a soffrire... Dici che ce la farà ad essere in forze per gli esami?》sospirò la Locascio.
《Spero di sì, ma piuttosto noi dovremmo andare a trovarla. Insomma, ho sempre spronato i ragazzi a dare il meglio di sé stessi, non posso lasciare da sola una di loro nel momento più buio della sua vita!》decretò Sognatori.
《Hai ragione, Mario. Hai un grande cuore, e io voglio fare come te》lo appoggiò l'una.
《E allora ci andremo insieme oggi pomeriggio. Credo proprio che sarà contenta di vederci》decise l'altro.
Uscirono mano nella mano dalla stanza dei docenti, per poi dirigersi in diverse aree dell'istituto.
***
Quel pomeriggio Teodoro e Valerio non potevano vedersi: Antonini aveva da studiare per un esame importante che gli avrebbe occupato tutto il potenziale tempo libero fino a sera.
Così era andato al bar Patriarca a fare due chiacchiere con Rosa: la sorella di Pasquale era una ragazza in gamba con cui si poteva parlare di tutto; il simpatico accento barese, lo stesso del fratello, poi, era irresistibile.
In quel momento stavano parlando dello svenimento di Rachele e delle cause che l'avevano portata l'anoressia.
《Ma veramente ha fatto tutto questo per piacere a un ragazzo?》domandò Rosa.
《È esattamente quello che è successo. Ma anche noi siamo stati ciechi, dovevamo accorgerci prima che la sua magrezza non era salutare, e abbiamo dovuto aspettare che svenisse per sapere la verità. Meno male che la Castelli e la Di Nardo hanno convinto la madre a farla curare...》commentò Valerio.
《A me c'è un ragazzo che piace. È Davide Altobelli, del III B. Non glielo ho mai detto, ma comunque non arriverei mai a cambiare totalmente per lui》confessò la Patriarca.
《Dipende dai caratteri, però hai le tue ragioni. Pensa che i miei non smettono di pensare che sono un gay temporaneo...》sospirò Gracchi.
《Ma tu mica ti devi arrendere, altrimenti avranno vinto loro...》disse lei, prendendogli la mano. Lui gliela strinse: era una persona molto comprensiva.
Quando tornò a casa, la madre gli venne incontro festosa.
《Allora, come sta Rosa?》domandò.
《Bene, come sempre》fece Valerio.
《Tanto meglio, perché è proprio una brava ragazza!》decretò la madre.
Sperava, in cuor suo, che quell'amicizia potesse diventare la possibilità di una svolta eterosessuale di suo figlio.
***
Davide e Sofia avevano pensato per tutto il giorno a come dire la verità ad Alberto sulla malattia di Bianca, trovando finalmente l'occasione: quel pomeriggio sarebbero andati tutti e tre a Villa Altobelli a svolgere insieme la versione di Greco assegnata per casa da Delpino, poiché proprio quella materia sarebbe stata la seconda prova scritta all'esame di Stato, secondo la famosa Legge dell'Alternanza tipica della maturità classica, che vedeva uscire Latino negli anni dispari e Greco in quelli pari.
Fu mentre traducevano che Sofia guardò Davide, facendogli segno che era arrivato il momento.
《Alberto, noi ti dobbiamo dire una cosa》esordì.
《Cosa?》domandò questi.
《Una cosa che potrebbe spiazzarti, forse sconvolgerti, perciò devi prometterci che non darai in escandescenze...》continuò Davide.
《Ma che per caso Ugolino vuole farmi fuori dagli ammessi all'esame? Perché giuro che se è così lo vado a prendere a sprangate sotto casa...》si agitò Alberto.
《Non si tratta di Ugolino, ma di Bianca》spiegò la Tindari.
《Bianca? Che c'entra adesso Bianca?》chiese allora Baldi.
《Hai visto che aria stanca che ha? E che occhiaie? Senza contare che è sempre più pallida e magra, e i suoi capelli nemmeno sono più quelli di prima, perché ha cominciato a indossare una parrucca》proseguì Altobelli.
《Una parrucca? Ma che cazzo state cercando di dirmi?》si scaldò il figlio della Castelli, sempre più ansioso.
《Che Bianca è malata, ha la leucemia e sta facendo dei terribili cicli di chemio al Policlinico Umberto I. Ci ha pregato di non dirti la verità, ma noi non ce la facevamo a vederla sempre più debole senza che tu sapessi niente...》rispose l'amica.
《Non è possibile, no! No! Bianca non può farmi questo!》scattò Alberto, correndo via dalla stanza.
《Alberto!》gridò Davide, mentre con Sofia cercavano di andargli dietro.
《Alberto!》lo chiamò anche quest'ultima, ma lui ormai aveva varcato la soglia di Villa Altobelli ed era ormai lontano, sulla strada verso il Policlinico.
***
Correva, Alberto, correva con tutta la forza che aveva nelle gambe, incamerando spasmodicamente aria nei polmoni, con gli occhi lucidi l'intenzione di non piangere.
Mai si sarebbe immaginato che la vita, la quale gli aveva fatto un regalo così bello come Bianca, glielo volesse togliere così, all'improvviso, con crudeltà e indifferenza: non poteva succedere, non a lei, che era entrata come un fascio di luce nel buio della sua esistenza, da anni sempre uguale.
Come la Beatrice della "Divina Commedia", era comparsa a lui-Dante per portarlo dall'Inferno al Paradiso, rendendo piacevoli perfino le lezioni di Ugolino e la minaccia incombente della maturità; perdere lei avrebbe significato perdere il motivo per cui svegliarsi ogni mattina: senza il suo sorriso nulla avrebbe avuto più senso; l'alba e il tramonto avrebbero continuato ad alternarsi nel cielo di Roma, gli uccelli avrebbero cantato e le stagioni si sarebbero date il cambio, ma agli occhi del giovane Baldi, la morte di Bianca avrebbe reso tutto nullo e vuoto.
Per questo stava correndo da lei: voleva chiederle se sapeva le probabilità che aveva di sopravvivere, e se fossero state la maggior parte, le avrebbe anche perdonato il fatto di non avergli detto niente; era l'amore a guidarlo nella sua corsa verso l'Umberto I, "l'amor che move il sole e l'altre stelle", proprio come diceva il verso finale dell'ultimo canto del Paradiso dantesco: aveva ragione Alighieri, era l'amore a far muovere il mondo e tutto l'universo.
Arrivò al Policlinico, raggiunse il reparto di Oncologia, e da dietro il vetro la vide: era in un letto, in pigiama e senza capelli, circondata dal dottor Baldi e dal collega Valenti, da Sognatori e dalla Locascio, e da sua madre, che lo vide mentre scappava via, lontano da quella visione terrificante.
***
《Alberto!》lo chiamò la Castelli, cercandolo in corridoio.
Lo trovò affacciato sulle scale, che piangeva.
《Tesoro...》mormorò, mettendogli una mano sulla spalla.
《Sono un codardo, un fifone di merda!》gridò fuori di sé.
《Non è vero e lo sai...》cercò di dire lei.
《Invece sì! Dovevo andare lì dentro a tenerle la mano, a dirle che c'ero, e invece non sono nemmeno entrato! Era senza capelli, aveva bisogno di me, e io sono scappato!》urlò lui, le lacrime che gli colavano abbondanti dagli occhi marroni.
《È normale, Alberto... La prima volta è sempre difficile... Ma col tempo devi accettare la cosa, e cercare di starle vicino in un altro modo...》lo consolò l'una.
《Hai ragione, ma non oggi. Non ce la faccio. Ti prego, riportami a casa...》la supplicò l'altro.
Laura sospirò, accompagnandolo giù. Era un duro colpo, per il suo figlio minore, ma avrebbe dovuto imparare ad essere forte.
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