Capitolo 5
[ATTENZIONE! CAPITOLO CON RATING ROSSO!]
Il pallone roteò in aria, sorvolando tutto il gruppo di giocatori ammassato nella zona centrale del campo, un groviglio di maglie giallo-verdi fra quelle bianche avversarie. Il ricevitore l'acciuffò, sollevandosi a un metro dal suolo, e si gettò in fuga verso la meta, segnando il punto decisivo per la vittoria. Tutta quanta la panchina, con la schiera di giocatori, massaggiatori, assistenti e il coach, era già in piedi prima che l'azione cominciasse, e col punto messo a segno esplose in un boato sordo. La tribuna stracolma accompagnò le urla di gioia dei giocatori in campo. Aaron fu preda di una esultanza scomposta dei due compagni che aveva accanto, Hemmings e McEnroy. Durante quel primo match di campionato non era mai stato chiamato in causa, restando sempre in panchina. I runningback titolari avevano fatto il loro lavoro piuttosto bene, grazie soprattutto al contributo di Blythe Fisher, una garanzia nel liberare la corsa dei compagni coi suoi lanci. Nonostante ciò, pur avendo occupato semplicemente la posizione di spettatore aggiunto, Aaron non poteva negare di essersi divertito, con l'adrenalina che lo aveva spinto più volte durante il match a scattare in piedi, mettersi le mani nei capelli, e prendere a calci qualche borraccia. Con il fischio finale dell'arbitro Aaron si lanciò ad abbracciare Garrett, che aveva buttato intanto per aria i fogli scarabocchiati coi suoi schemi. La tribuna era quasi del tutto occupata da un tripudio giallo-verde di gente festante. Aaron vide i suoi genitori che applaudivano, pur non avendo assistito ad un suo ingresso in campo. Poco più giù, Olivia e Zoe si erano voltate dalla parte opposta per scattare una foto col campo alle loro spalle. Bonnie urlava a squarciagola avvolta nella sua divisa da cheerleader e coi pompon rivolti verso il cielo notturno, circondata da ogni lato da ragazzi che quasi certamente bramavano soltanto di portarsela a letto. Aaron cercò Lotte con lo sguardo. La vide solo quando gli fu a pochi metri di distanza, con il viso sempre in quel sorriso pronunciato e due fasce giallo-verdi tinte sulle guance. Probabilmente non si accorse nemmeno di lui, perché Lotte lo superò e si fermò davanti a Sam Hawthorne. Il ragazzo possente si levò il casco, sistemandosi con una mano i capelli bagnati di sudore, strinse Lotte in un abbraccio e le diede un bacio sulla guancia.
«Aaron! Aaron!» La voce di Garrett lo beneficiò per la semplice ragione di distrarlo da quella scena. Non che quei due insieme lo disturbassero, ma certo era che si sentiva più leggero non dovendoli avere davanti agli occhi. Le cheerleader si stavano esibendo per l'ultima volta con l'accompagnamento della banda musicale scolastica, quando Aaron raggiunse il ragazzo riccioluto. «Fra un'ora ci si vede davanti agli spogliatoi. Fatti una doccia in fretta.»
«Non sono sceso in campo neanche un minuto, non ho bisogno della doccia.» Aaron si voltò in direzione di Lotte e Sam, che parlavano sorridendosi a vicenda. Quindi la sua attenzione tornò a Garrett. «Dov'è che andiamo?»
«Blythe ha "casa" libera» fece Garrett, virgolettando l'aria. «Chiamala casa. Fatto sta che aveva promesso di darsi ai festeggiamenti per la prima vittoria del campionato. E' invitata tutta la squadra, ovviamente anche le cheerleader e lo spacciatore di fiducia della gioventù di Edwynville: Luke Matthews. Quindi vedi di non deludermi.»
Aaron lo guardò storto. «Io deluderti? La sbronza dell'altra sera ha cambiato l'idea che avevi di festa?»
«Mmm... Pensandoci non c'è mai stata un'idea di festa nella mia testa. A parte le serate passate a giocare a World of Warcraft con Zoe.» Garrett si grattò il mento. «Comunque sia, non è che tu possa farmi chissà quale predica. Eri uno zombie l'altra sera.»
«Sta' zitto» sentenziò Aaron, roteando gli occhi.
Garrett sollevò le braccia, con i palmi rivolti verso di lui. «Come vuoi. Ci si vede tra un'ora!»
*
L'ora dopo, Aaron salì sulla Suzuki Samurai dell'amico, che si sfregò le mani prima di piantarle sul volante. Quel cambiamento repentino della sua opinione su Garrett, rifletté Aaron, che non credeva poter diventare un così grande patito della vita mondana e notturna, aveva portato a conseguenze più che positive: poteva così godere della compagnia di persone che apprezzava, proprio come il caso di Garrett e Zoe, senza dover per questo rinunciare ad una serie di vantaggi derivati dal far parte della squadra di football. Non aveva granché legato con gli altri ragazzi, specie dopo l'episodio poco felice con Tyler e l'astio naturale che provava per tipi come Blythe e Sam, ma cercò di non farci caso. D'altronde non tutto poteva volgere sempre per il meglio.
Zoe sbadigliò, tenendo un braccio fuori dal finestrino. «Avrei dovuto dirvi di no, in occasione della festa al lago. Guarda questo in cosa mi si è trasformato.» La ragazza si voltò in direzione dell'amico alla guida, che si premette gli occhiali contro il viso e sorrise.
«Andiamo, Zoe. Lo senti?» Garrett chiuse un attimo gli occhi e sembrò aspirare l'aria.
«Guarda avanti» intervenne lei. «Cosa dovrei sentire?»
«Il vento della speranza! L'aria brulica di vita, all'interno e oltre i boschi di questa città !» Dopo le sue grida accese di speranza, proruppe il silenzio. Zoe cominciò a ridere, Aaron la seguì. «Si, si, ridete pure. Dovremmo riavere il Proibizionismo, così da dilagare in un mare di alcol clandestino, e magari in qualcos'altro.»
«Dio santo, è andato» borbottò Zoe. Aaron si tastò con l'indice il cerotto sul lato sinistro del naso, e guardò oltre il finestrino i boschi farsi più fitti lungo la via, man mano che si allontanavo dalla città .
«Ragazzo mio, sei troppo silenzioso. Racconta a Zoe di come hai passato il resto della festa, l'altra sera.» Dopo aver parlato, Garrett lanciò un'occhiata dallo specchietto retrovisore verso Aaron, stravaccato sui sedili posteriori.
Zoe sembrò pregustare il momento. «Su, racconta.»
«Non sentirlo, ho fatto solo un po' di compagnia a Lotte» replicò Aaron.
«E l'ha riaccompagnata a piedi fino al motel, alle cinque del mattino. Da lì ha preso l'auto e l'ha riportata a casa. Questo è quello che ha detto, ma sono piuttosto convinto che ci sia dell'altro» confessò Garrett, sul volto una espressione compiaciuta. Zoe spalancò la bocca, voltandosi verso il ragazzo bruno seduto in fondo all'auto.
«Credi che se avessimo fatto qualcosa adesso starebbe in così intimi rapporti con Sam?» domandò Aaron. Già , la compagnia di Lotte dopo il bagno d'alcol della festa al lago era stata innegabilmente il momento migliore della sua nuova vita ad Edwynville fino ad allora, ma non c'era stato altro sul serio. Si era trattato di parlare, e di non parlare, e di guardare Lotte sorridere ogni volta che lui si lasciava andare a battute nient'affatto divertenti.
«Li ho visti anche io abbastanza vicini, prima e dopo la partita» ammise Zoe. «Ma non credo ci sia ancora qualcosa, oltre l'amicizia. E' tipico di Lotte comportarsi così, vuole trovare sempre un modo per star bene con tutti.»
«Lo credo anche io. Tiene molto a Sam, lo avrà fatto solo per affetto nei suoi confronti.» Garrett fece spallucce. Pur sembrando entrambi piuttosto convinti di quello che dicevano, Aaron non volle dare troppo peso alle loro parole. In fin dei conti, Lotte non aveva lasciato trapelare alcun indizio che facesse supporre una forma di attrazione nei suoi confronti. E non c'era nemmeno ragione di essere così dispiaciuti.
*
Attraversarono il lungo viale costeggiato da alberi secolari, che anticipava la dimora di Blythe ed Erin Fisher, quasi ieratica nella sua imponenza. Garrett sistemò l'auto accanto al pick-up di Luke 'lo strafatto', attorno al quale si era formato un piccolo gruppo di ragazzi avvolto in una nuvola di fumo.
«Ecco che l'attività di spaccio apre i battenti, possiamo già dire addio alla vittoria del campionato» fece il ragazzo occhialuto, sbuffando. I tre salirono una breve gradinata che dava accesso ad un ampio portico, sorretto da colonne robuste e bianche come il resto della facciata. Accedendo dalla porta principale vi era una sala d'ingresso, dal cui soffitto, alto almeno cinque metri, scendeva un lampadario ramificato in centinaia di piccole e luminosissime luci gialle. Su un divanetto ad angolo, accanto a voluminosi vasi posti in fila, un gruppetto di cheerleader sorseggiava qualcosa da bicchieri di carta rossa. Seguendo Zoe e Garrett, che già erano stati in quel posto, Aaron vide aprirsi un enorme salotto occupato per la maggior parte da giocatori e cheerleader che si strusciavano l'un l'altro accompagnati dalla musica a tutto volume. La luce nella stanza bastava appena a riconoscere i volti di chi si aveva di fronte. Zoe raggiunse un tavolo da cui si servì con della Coca Cola. Un ragazzo lì vicino le fece un occhiolino, ma fu ignorato del tutto dalla ragazza che si lasciò cadere su un ampio divano. Accanto a lei, due giovani, sicuramente ubriachi, si sbaciucchiavano con ardore.
Aaron scandagliò con calma tutto l'ambiente, concludendo che non si sarebbe sentito a suo agio finché non fosse stato abbastanza brillo. Lui e Garrett presero da bere del succo d'ananas con una miscela di vodka, servito loro da un barista improvvisato: l'enorme ed afroamericano Doug. «Ehi Lewis» fece il ragazzo, avvicinandosi ad Aaron col busto dalla parte opposta del tavolo. «So che l'altra sera Marlee non stava granché bene.»
"Non stava bene?" pensò. "Era completamente andata!". «No, non stava granché bene» preferì dire alla fine.
«Dannazione.» Doug scosse il capo. «Non era affatto mia intenzione ridurla a quello stato, ma che posso farci?»
Aaron ci rifletté un momento, ma non sapeva che dire. Così Garrett scolò in due lunghe sorsate il contenuto del suo bicchiere, e parlò: «Niente, alla fine sei un gigante buono, lo sappiamo tutti. Ma sappiamo anche che dovresti smettere di precluderti ogni possibilità per sbavare dietro ad Erin-»
«-Shhh!» lo interruppe Doug, indicando col capo alle spalle dei due: Erin stava levando dalle mani di McEnroy un piatto di marmo, palesemente stizzita. «Sta' zitto, coglione.»
«In ogni caso, non te la darà mai!» sussurrò Garrett, sollevando le sopracciglia.
Doug mostrò le nocche del proprio pugno al ragazzo. «Vai a farti un giro, prima che sia troppo tardi.»
Garrett pose le sue scuse e si allontanò fra la gente che ballava. Aaron ringraziò Doug per il drink e si andò a piazzare ad un angolo. E così, pensò, il miglior amico di Blythe aveva una cotta per sua sorella, la "ragazza del lago". Erin gli passò accanto, riponendo il piatto in una dispensa, quindi si accorse di Aaron. Dopo aver vagliato la possibilità di ignorarla, decise che sarebbe stato preferibile salutarla, essendo ospite a casa sua e avendoci avuto già a che fare in precedenza, se così poteva dirsi. «C-ciao» borbottò.
Erin strinse gli occhi, guardandolo torva, e se ne andò senza dire una parola. Certo era incredibile come una persona che Aaron aveva valutato inizialmente con sfaccettature coinvolgenti, anche solo per un incontro casuale al Nightfall Lake â e non era nemmeno certo che si trattasse effettivamente di lei -, si rivelasse alla fine dal carattere freddo e distaccato, generando in Aaron anche un senso di antipatia nei suoi riguardi. Il ragazzo sbuffò, prima di accorgersi che da quella postazione, attraverso uno spiraglio che si apriva e richiudeva fra i ragazzi che ballavano, Lotte lo aveva scorto, sorridendo quando i loro occhi si incrociarono. Aaron impiegò un attimo di troppo prima di veder sbucare al fianco della ragazza il solito Sam. Probabilmente era stato sempre lì con lei fino ad allora, pertanto accennò ad un saluto col capo e si spostò per non rientrare nel loro campo visivo.
Garrett piroettava su se stesso, apparentemente privo di una stabilità tanto fisica quanto mentale, così Aaron si chiese perché per lui fosse tanto difficile entrare in uno stato come il suo. Abbassò il capo e fissò il contenuto giallognolo del suo bicchiere. Presto o tardi quel blocco dentro di sé arrivava sempre, facendolo sentire indisposto e, più di ogni altra cosa, lo faceva sentire in colpa. La testa gli doleva ogni volta che il ricordo tornava a insinuarsi con più forza in lui. Finì di bere la miscela di ananas e vodka, deglutì e si tastò le tempie, chiudendo gli occhi. Li riaprì: Bonnie stava in piedi, fra le dita una sigaretta da cui ne inspirava il fumo, soffiandolo poi via all'esterno della finestra aperta su cui era poggiata. Fra un tiro e l'altro si lasciava andare ad una risata che, senza quella musica spacca timpani, Aaron era certo sarebbe stata fragorosa, con un'eco che si sarebbe diffusa per tutta la casa. Indossava ancora la gonna cortissima e giallo-verde da cheerleader, che lasciava in bella vista le già note gambe chilometriche. Aaron adorava la vista delle gambe. Si incamminò verso di lei, la salutò con un bacio, ignorando completamente le due ragazze che aveva accanto e proponendole di prendere da bere. Gli parve che Bonnie avesse una faccia perplessa. Probabilmente non si aspettava un gesto simile, specie dopo il distacco ingiustificato che Aaron aveva mostrato nei suoi confronti al Nightfall Lake dopo aver ricevuto una gomitata sul naso. Ma lei gli sorrise subito dopo, e decise di seguirlo.
La forte noncuranza di Bonnie nel modo in cui si lasciava andare in discorsi che potevano benissimo configurarsi come indecenti, e lasciarli poi lì, quasi non avesse detto niente, per mettersi a fissare un punto nel vuoto senza spiccicare più parola per lunghi attimi, procurò ad Aaron la percezione che analizzare più a fondo quella ragazza, sfacciata e disinibita, stesse prendendo il sopravvento sui grattacapi del suo passato.
«Il naso, ti fa ancora male?» chiese Bonnie, con un rossore sul viso che cominciava a mostrare i segni della sbornia, dopo quattro bicchieri di fila di drink inventati al momento da Doug.
«Ogni tanto. Ah, odio questa musica.» Aaron rise, non sapeva nemmeno per quale motivo, ma rise. Davanti agli occhi cominciarono ad apparirgli macchioline che gli sfocavano la vista in vari punti.
«Allora allontaniamoci. Ti va di fare un giro nel grande impero dei Fisher?»
Aaron guardò un attimo la gente che ballava davanti a sé. «Ma si, credo sia più interessante di tutto questo.»
Percorsero un lungo corridoio, superando coppiette che si baciavano contro le pareti, bagni aperti che davano su spettacolari fiumi di vomito nei gabinetti, e raggiunsero un ampio salone nella parte posteriore della casa. Era un posto completamente vuoto, il pavimento di un marmo che Aaron riconobbe come daino reale, lucido ai raggi di luna che filtravano attraverso ampie vetrate a parete, illuminava l'unico elemento presente della sala, un pianoforte a coda bianco.
«Immagino che non sia Blythe a suonarlo» fece il ragazzo in un sussurro. La musica a quella distanza arrivava appena percettibile.
«Infatti è Erin che lo suona. Ed è pure parecchio brava, o almeno lo era fino all'ultima volta che l'ho sentita.»
Aaron guardò nella sua direzione, mentre Bonnie passava le dita sulla copertura della tastiera. «Passavi molto tempo con lei?»
«Abbastanza. Lei suonava e io stavo poggiata lì, anche senza far nulla pur di non tornare a casa.»
«E perché non volevi tornare a casa?»
Bonnie si mise un indice davanti alla bocca, indicandogli di tacere. «Sta' zitto.»
«Okay.» Aaron tacque, per poi richiederle: «E perché vi siete allontante?»
Bonnie roteò gli occhi. «Andiamo, ti mostro il resto.»
*
Bonnie, sempre camminando un passo avanti a lui, aprì una porta che dava su una grande camera da letto, completamente buia. «E' la camera di Erin.» Aaron colse la sfumatura di seduzione che la ragazza usava attribuire alle sue parole. Bonnie lo prese per mano, portandolo in fondo alla stanza. «Ha una cabina armadio più grande della mia camera da letto» disse ancora, aprendo quindi una porta scorrevole a parete. I due fecero il loro ingresso all'interno.
«Credo lo sia anche più della mia» mormorò Aaron. Nel buio, sentì Bonnie arrivargli ad un centimetro di distanza dalle sue labbra. Il suo respiro gli solleticò la pelle.
«Potremmo rendere questo tour più interessante, non trovi?» La domanda retorica della ragazza frantumò le sottili pareti di una stanza in cui la sua mente pareva essere confinata, pur non sapendo bene in cosa consistesse.
Aaron prese il viso di Bonnie fra le mani e baciò le sue labbra con forza. Sentì il cervello sbattergli contro il cranio e il suo respiro farsi affannoso.
«Credi sia giusto farlo?» chiese con tono smorzato, guardando Claire negli occhi.
«Sarà sempre giusto, da ora in poi.»
Le mani di Bonnie gli aprirono in un solo colpo la giacca da football e la gettarono in un angolo, e prima che lui potesse anche solo fare una mossa, avevano fatto lo stesso con la maglia, lasciandolo a torso nudo. Sollevò Bonnie da terra, andando contro un mobile, su cui poi la poggiò. Le tirò giù la gonna da cheerleader e, perdendo ogni cognizione di spazio e tempo, si ritrovò senza più nulla addosso, se non le sue lunghe gambe. Non aveva idea di dove fosse la camicetta di Bonnie, né il suo reggiseno. Le macchioline davanti agli occhi e un brusio nella sua testa, alternato al respiro di Bonnie, gli fecero perdere ogni contatto con la realtà .Â
Spinse il suo membro fra le gambe della ragazza, che in uno spasmo si fece penetrare ancor più, scivolando contro il corpo del ragazzo in un movimento continuo. Sentirono entrambi cadere qualche abito e per un attimo crederono che la porta della stanza si aprisse. Risero insieme, zittendosi poi a vicenda.
«Questo non cambierà mai, non cambierà mai» sussurrò Claire.
«Non cambierà mai.»
Bonnie si voltò, mettendosi di spalle al ragazzo. Aaron seguì con le dita la linea dei fianchi morbidi, scendendo poi sul sedere, ora curvo verso di lui. Ogni anelito di piacere che gli sfuggiva penetrandola, lo fece agire con più forza. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, ma quando le fu all'esterno, Bonnie si voltò e rapidamente si inginocchiò su di lui, la testa all'altezza del suo bacino magro. Aaron sussurrò di essere sul punto di venire, ma la sua frase si spense nel mezzo quando le labbra e la lingua di lei gli furono sul membro. Poggiò le mani sui capelli bruni della ragazza, accarezzandoli, ed esplose nella sua bocca.
Qualche attimo dopo, Bonnie era fuori dalla cabina armadio, che fumava una sigaretta sul davanzale della finestra accanto al letto di Erin. Addosso aveva solo la camicetta appena abbottonata e la gonna da cheerleader. Aaron si passò una mano fra i capelli sudati, poco dietro di lei.
«Ne vuoi una?» gli chiese Bonnie, indicando il pacco di sigarette.
La testa gli pulsava anche più di prima. «No, grazie» riuscì a dire Aaron. «Scendo a prendere una boccata d'aria.»
«Okay.»
Temporeggiò qualche secondo nel guardarla di profilo, e uscì dalla stanza senza dire una parola.
*
Sgranocchiando dei nachos farciti nel salotto dove la festa aveva ancora luogo, Aaron ripensò a quello che era appena accaduto. I sensi allentati gli impedirono di potersi accorgere in tempo dell'arrivo di Lotte al suo fianco.
«Ciao» disse lei, con gli occhi azzurri che parvero diventarle più chiari in quel frangente. «Dov'eri finito?»
«Volevo allontanarmi un po', non mi sento granché bene» fece Aaron, mentendo in parte.
«Mi dispiace.» Lotte guardò l'orario sul display del telefono. «Fra poco devo andare. Avrei voluto passare più tempo con te.»
La sua sincerità fu disarmante, e imbarazzante. Forse anche destabilizzante, considerando che Aaron trovò ancora più difficoltà nel restare in piedi senza barcollare. Poggiò la schiena contro una parete. «E Sam?»
«Sam cosa?»
«Tu e Sam non...?»
«Oh, no, nessun ritorno. Ha voluto scusarsi, e sono contenta così» ammise Lotte, sorridendo.
«Sembravate più vicini.»
«Credimi, è come ti ho detto qualche giorno fa. E' stato tutto un grosso abbaglio.»
Aaron si massaggiò la parte incerottata del naso. Non ci capiva più niente sul serio.
«Sei libero venerdì sera?» riprese Lotte.
Il ragazzo provò a far mente locale, riordinando i pensieri quasi si trattasse di prendere i vestiti ammassati su una sedia, e ridisporli nell'armadio. «Liberissimo.»
«Ti va di andare al cineforum con me? Il gestore è un tipo tosto, riproporrà The Shining.»
Bonnie scese le scale, i capelli ancora in disordine. Incrociò lo sguardo di Aaron, in compagnia di Lotte, e sparì dietro un gruppo di ballerini esaltati guidati da Garrett.
«Mi sembra una buonissima idea» rispose Aaron.
«Perfetto.» Lotte lo salutò subito dopo, baciandogli la guancia e uscendo dalla porta principale.
*
All'esterno della dimora dei Fisher, seduto su una panchina che fronteggiava un piccolo prato prima del bosco, Aaron si fece cullare dal vento dell'autunno incalzante. Non era possibile schiodarsi da una cosa così, lo aveva fatto. Aveva tradito Claire, la sua idea, e in un modo che non credeva si potesse manifestare. Sentì una fitta sul cuore, un peso diffondersi su tutto il corpo e immobilizzarlo sul posto.
«Cosa vi siete detti, tu e Lotte?» Bonnie sopraggiunse alle sua spalle, sistemandosi accanto a lui.
«Mi ha chiesto di passare del tempo con lei» ammise Aaron.
«Era inevitabile, quell'Hawthorne non dà garanzie.» La ragazza girò la testa verso di lui, non ricevendo però da questi alcun segno di attenzione. «E tu? Che le hai detto?»
«Mmh, le ho detto di si. Alla fine si tratta solo di un film.» Aaron soppesò con calma le sue parole. «Che ne pensi?»
«Ti importa il mio parere?» contraccambiò con una domanda Bonnie.
«Certo che mi importa. Lo abbiamo appena fatto» ricordò lui, forse più a se stesso che alla ragazza.
«E proprio per questo te lo chiedo. Lo abbiamo appena fatto, e le hai detto di si. Come potrebbe importarti il mio parere?»
Aaron guardò Bonnie negli occhi: era risentita, e non se n'era accorto sul serio. Pensò a quello che gli avevano detto Garrett e Zoe su di lei, e le conferme che aveva avuto dai suoi riscontri con la realtà , guardandola interagire coi ragazzi. Tutto ciò, accompagnato dai troppi bicchieri di vodka, aveva accecato la sua capacità di comprensione. «Mi spiace,» mormorò, «non credevo che-»
«-Che fosse importante?» Bonnie alzò il tono, ed Aaron si trovò ancor più in difficoltà . «Hai l'aria di chi fa il diverso, ci provi. Ma sei come tutti gli altri.»
Il ragazzo non riuscì più a muovere i congegni della propria testa. Un altro macigno, un altro contraccolpo negativo. Le sue gambe attecchirono un altro po' contro il terreno, non poteva più allontanarsi oltre i boschi. «Credo... Credo tu abbia ragione, sono come tutti gli altri.»
Bonnie sorrise, ironicamente, e ruotando su se stessa se ne tornò da dove era venuta.
Angolo autore:
E allora, cari lettori, eccoci alla conclusione del quinto capitolo! Che dire, carne al fuoco ne abbiamo. Aaron non ci capisce più granché, sul serio. E' inondato da un ricordo dolente di cui non è ancora ben chiaro lo sviluppo, dalle relazioni che non sa comprendere da sé con le persone che ha attorno, dalla sua perenne ricerca di qualcosa di buono, che però, come vediamo, non conduce a conclusioni sperate. Avete avuto anche un momento clou della storia fino ad ora, una scena "abbastanza" spinta, che ho voluto regolare, almeno stavolta, ma che in futuro potrebbe collassare in qualcosa di muy spinto :D Detto ciò (!) il prossimo capitolo presenterà un cambiamento momentaneo del punto di vista (questo è spoiler eh), così da farvi conoscere ancora meglio i grossi buchi che la mia storia non vuole per ora colmare. (E vabbè, è anche parecchio presto!). Mi raccomando, votate, leggete, seguitemi sempre e fatemi sapere cosa ne pensate. Buona giornata a tutti!Â
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