Capitolo 4
Due anni prima
«Ti amo.» La ragazza stava in piedi sulle punte, la presa delle sue mani stretta sul colletto del giubbotto di jeans del ragazzo. Gli occhi dell'intenso nero di lei, di cui non si distingueva l'iride dalla pupilla, stavano fissi su quelli marroni di lui, nettamente meno bui.
«Ti amo anche io» le rispose Aaron, giocando con una ciocca dei capelli setosi della ragazza. Claire gli si strinse con le braccia attorno alla vita e poggiò la testa contro il suo petto. Nei Longwood Gardens, a Philadelphia, il vento freddo spirava più del dovuto, penetrando nelle ossa dei due giovani abbracciati l'un l'altra e anticipando di molto l'inverno di quell'anno.
«Resterai sempre. Vero?» Claire gli fece quella domanda sussurrando. Con un orecchio rivolto contro il petto del ragazzo, sembrava voler percepire il battito del suo cuore oltre la giacca.
Aaron attese un momento prima di rispondere, guardando in direzione di una serra a pochi metri da loro. Al suo interno stava una gran varietà di fiori dalla ricca gamma cromatica per lui assolutamente indistinta, come la risposta che pronunciò, dopo aver tratto un profondo respiro: «Vero.»
Aaron guardò la sua figura nello specchio della stanza da letto. Notò che la giacca di jeans gli calzava ancora a pennello: il fatto che a distanza di qualche anno la sua struttura fisica non fosse cresciuta poi così tanto alla fine aveva anche i suoi lati positivi. Si infilò le scarpe bianche e leggermente sporche di terriccio, e uscì nel giardino alle spalle del motel. Un signore di mezza età, con una porzione di pancia che fuoriusciva da una maglia blu troppo corta, se ne stava seduto su una panchina intento a leggere un quotidiano. Aaron lo salutò quando incrociò il suo sguardo e si allontanò a grandi passi verso l'auto che lo attendeva sulla strada: una Suzuki Samurai d'epoca, di un verde oliva, curata in ogni sua parte esteriore. Pensò che si trattasse di una delle auto più belle che avesse mai visto. Al suo interno, Garrett e Zoe lo attendevano muovendo le braccia qua e là in una danza improbabile, sulle note di Carry on my wayward son a tutto volume. Un attimo dopo aver preso posto nei sedili posteriori, giunse correndo Olivia. Garrett anticipò Zoe, ricomponendosi e presentandosi ad Olivia con grande entusiasmo, ed Aaron era quasi certo che la bellezza della sorella avesse già fatto centro col ragazzo occhialuto.
Giunsero fin dove era possibile procedere in auto e continuarono nell'ultimo tratto fra i boschi a piedi. Era la prima volta che Aaron tornava lì e la sua curiosità derivava soprattutto dalla condizione in cui avrebbe trovato il posto, con tutti i ragazzi che ne avrebbero calcato il suolo e probabilmente ne avrebbero guastato la bellezza. La reazione che ebbe alla vista del Nightfall Lake, tuttavia, fu decisamente migliore di quanto previsto. Su tutto il prato erano disposti, senza alcun apparente ordine, tavolini e panche in legno. Fra i rami degli alberi, sospese a mezza altezza, c'erano luci multicolore da esterno, collegate ad un generatore portatile, e, lungo la riva, teli sparsi qua e là ospitavano coppiette impegnate in baci arditi o gruppi di ragazzi che ridevano sorseggiando pinte di birra.
«Ragazzi, che scempio!» Garrett indicò col capo un tipo che piroettava sulla riva del lago in modo del tutto scoordinato, visibilmente ubriaco e senza pantaloni. Era quel Tyler della squadra di football, il quarterback che a quanto era parso di capire ad Aaron era persino più scarso di lui. Garrett sospirò. «Vado a servirmi, voglio la stessa roba che ha fatto finire Tyler in mutande.»
Olivia cominciò a ridere, seguita da Zoe e da suo fratello. Dall'espressione di fierezza che Garrett assunse, Aaron si convinse che Garrett aveva voluto far colpo su Olivia, ma continuò a tenere per sé quei pensieri, entusiasta com'era di conoscere gli sviluppi di quella situazione. Quando il ragazzo dai ricci neri e con la montatura degli occhiali squadrata si allontanò, Zoe lo seguì a ruota e lo stesso fece Olivia, fermandosi poi sul posto e voltandosi verso il fratello.
«Vai pure, sto bene così, per ora» fece Aaron. Sua sorella annuì con un mezzo sorriso sulle labbra e raggiunse gli altri due.
«Meriteresti un premio anche solo per aver convinto quei due a venire qui.» Lotte sopraggiunse alle spalle di Aaron, com'era avvenuto nella prima ed unica volta che si erano incontrati in precedenza. Lotte indossava un vestito a fiori rossi, i capelli a boccoli color cioccolato le ricadevano sulle spalle scoperte.
«Non credo di aver fatto granché. Solo dovevano cogliere questa occasione, perché non ne avranno più» disse Aaron con un sorriso. Lotte fece altrettanto, ma con quel viso chiaro e le labbra rosate il risultato era sicuramente migliore del suo. «Come stai?» chiese Aaron dopo un attimo di esitazione.
«Potrebbe andare meglio.» Lotte fece spallucce.
«E perché 'potrebbe'?»
«Conosci Sam Hawthorne?» Lotte volse lo sguardo in direzione di un gruppo di ragazzi, la metà palesemente ubriaca, che Aaron riconobbe come membri della squadra di football. Fra di loro c'erano pure Doug Reynolds, che lo aveva abbattuto durante il suo provino, e Blythe Fisher.
«Il linebacker della squadra, si, ce l'ho presente.»
«Beh, è un idiota.»
«Okay...» Aaron temporeggiò, inclinando leggermente il capo e stringendo gli occhi in due fessure per mostrarle di non aver compreso.
«Siamo stati insieme recentemente, ma l'ho allontanato perché sembra proprio non capirmi.»
«Hai delle esigenze, chiaro.»
«Si, ho delle esigenze. Ma in fin dei conti basterebbe poco per dimostrare di tenerci veramente. Fare qualche sforzo in più.» Aaron ascoltò con attenzione le sue parole, poi seguì Sam Hawthorne che si sganasciava dalle risate, rischiando di capitolare dalla panca di legno. Era possente, più come Blythe che come l'enorme Doug. La mascella era squadrata, il naso con larghe narici e i capelli folti e scompigliati. L'aria che aveva era di quelle poco sveglie, un po' come Tyler. Ad un tratto però Sam si voltò verso di loro. Non era chiaro se guardasse lui o Lotte, ma aveva certamente una espressione irritata.
«Chissà,» riprese Aaron, «magari vedendoti con me capisce da sé di essere un enorme idiota.»
«Non sei mica il primo ragazzo con cui mi vede parlare.» Lotte sorrise, ma Aaron la seguì con leggero ritardo. Non sapeva bene cosa avrebbe dovuto aspettarsi, ma aveva avuto un forte abbaglio nel credere che una ragazza bella come lei non fosse già impegnata, o perlomeno non avesse una qualche relazione con uno dei bellocci dei Noble Deers.
Alle spalle di Lotte, Aaron vide una figura snella avvicinarsi in modo compassato. «Eccoti qui» fece Bonnie, baciando la guancia del ragazzo che non aveva previsto quel gesto.
«Ciao, Bonnie» la salutò Lotte. L'altra non parve essersi accolta granché della sua presenza.
«Charlotte. Quella tua amica, Marlee, pare che stia malaccio. Sta lì giù a piagnucolare il nome di Doug mentre si scola della vodka-»
«-Cristo...» la interruppe Lotte con esasperazione. «Vado a vedere come sta, ci si vede.» E se ne andò prima che Aaron potesse dire qualsiasi cosa.
«Mi dispiace!» gridò Bonnie, con compassione palesemente simulata. «Allora, caro il mio Aaron, com'è che persino Garrett Collins sta trangugiando vino mentre tu te ne stai ancora in un angolo in disparte?»
«Non ero mica solo.»
«Lo sei ora.»
«Ti preoccupi per me?» chiese Aaron, alzando un sopracciglio.
«Può darsi. Andiamo a prendere qualcosa da bere.»
«Hai già una bottiglia di birra in mano.»
«E' finita. Su, accompagnami.» Bonnie si incamminò con Aaron poco dietro di lei, impegnato a guardare la sua gonna cortissima. «Lotte ha un pessimo gusto in fatto di ragazzi» disse Bonnie mentre riempiva due bicchieri di vino. Ne porse uno in mano ad Aaron.
«Grazie. Parli di me?»
«Parlo di Hawthorne, lo trovo impedito, un po' come tutti i giocatori di football della nostra scuola.» Aaron ci pensò un attimo: «Adesso stai parlando di me.» Bonnie rise, non dando peso a quella affermazione.
«Io sono più una tipa...» La ragazza guardò il contenuto rossastro del bicchiere, quasi cercasse la risposta al suo interno.
«Sei più tipa da giocatori di lacrosse.»
«Esatto» Bonnie lo guardò, negli occhi la solita inclinazione seducente. «Hai buon occhio.»
«Non saprei. E sei anche tipa da giocatori della squadra di nuoto, da giocatori di tennis, e non ti dispiacciono anche i due ragazzi del club dei fumetti» concluse Aaron, tutto d'un fiato.
«Ah, quindi Garrett ti ha già raccontato tutto quanto.»
Aaron ci pensò un momento. «Perlomeno tutto quello che esce dalla bocca degli altri.» Si guardò attorno, quindi accostò la sua bocca all'orecchio della ragazza. «E' vero che lo hai fatto nell'ufficio del coach?» Bonnie sussurrò la risposta con passionalità: «Potrebbe esserlo.» Quando il ragazzo si allontanò, gli parve chiaro e lampante quale fosse l'intenzione di Bonnie, e dentro di sé sapeva che continuare per quella strada non sarebbe stato affatto una cattiva idea. Certo, essere considerato uno dei tanti "a darsi da fare" con Bonnie non sarebbe stato il massimo, ma in fin dei conti non gli importava; Garrett, Zoe e persino sua sorella sembravano lontani dal porgli qualsiasi tipo di critica. E poi, cosa più importante, sarebbe stato un idiota a lasciarsi sfuggire una ragazza così tanto allettante. Lui e Bonnie si girarono contemporaneamente verso una ragazza che si era piazzata loro di fronte.
«Andate a fare le vostre cose da un'altra parte, devo servirmi» disse con tono di voce deciso e al tempo seccato rivolta ad entrambi. Capelli biondo cenere, occhi grigi, carnagione chiara, alta quanto Bonnie, ma leggermente più magra, e dai lineamenti tanto, tanto simili a quelli di Blythe. A giudicare dall'affetto che il quarterback le aveva dimostrato nel corridoio della scuola, non doveva trattarsi altro che di sua sorella.
«Puoi fare il giro del tavolo» le rispose Bonnie, alzando il mento.
«Non è posto per le tue attività di abbordaggio. Allontanati, Lloyd.» Aaron guardò le due ragazze reggere l'una lo sguardo fermo dell'altra. Bonnie non si mosse, quindi decise di intervenire lui stesso: «Okay, ci allontaniamo, non c'è problema.» La ragazza bionda guardò per la prima volta Aaron negli occhi. Probabilmente si sbagliava, ma credé per un momento che la sua sicurezza fosse svanita. Forse non era la prima volta che lo incontrava: che fosse davvero lei la ragazza del lago?
Dopo non aver ricevuto alcun tipo di risposta, Aaron si fece da parte, con Bonnie che lo seguì continuando a guardare la ragazza. Quando furono abbastanza lontani da lei, Aaron poté chiedere: «Che problema c'è tra voi?»
«Questo Garrett non te lo ha detto? Beh, solo alcune divergenze. Era nelle cheerleader con me, tempo fa. Ed eravamo anche molto amiche.»
«Voi due molto amiche?» Anche solo a dirlo parve ad Aaron molto bizzarro.
«Si, ma non è andata bene. Erin resta una tipa tosta, nonostante tutto.»
«E' una qualche parente di Blythe?» buttò lì il ragazzo.
«Sono fratelli gemelli, e sono anche i più ricchi in città. Vivono in una antica dimora laggiù.» Bonnie indicò un tratto del bosco oltre il quale si poteva appena distinguere la grande residenza bianca dei due fratelli. Più in basso, e decisamente più vicino alla portata dei loro occhi, Aaron scorse sua sorella Olivia poggiata contro un albero, sul volto un sorriso di quelli irritati. Di fronte a lei stava Tyler, stavolta coi pantaloni addosso, un braccio poggiato contro il tronco che sfiorava il viso di Olivia.
«Non si è fatto attendere con tua sorella» disse Bonnie, accortasi anche lei della scena. «E' ubriaco fradicio, andiamo ad allontanarlo.» Prima che potessero arrivare anche solo a dieci metri da loro, Garrett li aveva anticipati a grandi falcate ed era arrivato a un centimetro da Tyler e Olivia, tenendo in mano una bottiglia di vino quasi vuota.
«Ehi, faccia di bronzo!» Garrett si levò gli occhiali dal volto. «Ah, dannazione, non ci vedo comunque.»
«Che vuoi, idiota?» domandò Tyler sputacchiando.
«Se-sei ubriaco, allontanati subito da lei.» Olivia si mise fra i due, cercando di calmare le acque, ma entrambi parvero ignorarla.
«Ma se ti sei preso una sbronza peggiore della mia. Nanerottolo vedi di evaporare in fretta.» Aaron si affrettò a raggiungere il gruppo quando vide Garrett caricare contro Tyler.
«Non hai nemmeno idea di cosa voglia dire, "evaporare"! Brutto pezzo di mer-» Garrett tentò di spintonare la gran mole fisica di Tyler, che lo anticipò bloccandogli le braccia. Aaron arrivò alle spalle del giocatore di football e provò ad arginarlo. Il rapidissimo attimo che seguì fu quanto di più doloroso potesse aspettarsi di subire nell'andare incontro a quella situazione: un gomito di Tyler lo beccò sul lato sinistro del naso con violenza. Aaron barcollò all'indietro prima di ritrovare l'equilibrio. Sentì il viso bruciargli, e tastandosi il naso vide il sangue scarlatto luccicare per il riflesso delle luci variopinte fra i rami.
«Oddio, Aaron.» Olivia gli si affiancò, preoccupata. Lo stesso fecero Bonnie e Garrett, un piccolo pubblico si era intanto riunito attorno a loro. Blythe prese Tyler per un braccio e lo trascinò lontano da lì. «Ma che cazzo ti salta in mente? Sei fuori dalla squadra, te lo garantisco!» gli gridò il ragazzo biondo visibilmente infastidito. «Doug, riportiamolo a casa.» Doug sbuffò e annuì. Blythe si girò verso Aaron, con la mano ancora sul naso sanguinante: «Ti chiedo scusa, Lewis. Penserò io a lui.»
Aaron non rispose, più per lo stato confusionario in cui si trovava che per ostilità.
Zoe si era intanto rifatta viva e gridava qualcosa a Garrett. «Tu torni a casa con me, ora. Aaron, Olivia, venite?» Olivia annuì, mentre tamponava con un fazzoletto il viso tumefatto del fratello.
«No» mugugnò con fatica Aaron. «Io torno più tardi a piedi.»
«Ma sei sicuro?» gli chiese la sorella, ansiosa.
«Andate. Sto benone.» Il ragazzo provò a sorridere, e immaginò che la sua faccia avesse a quel punto un che di terribilmente poco attraente.
*
Il display dello smartphone indicò ad Aaron che erano passate all'incirca due ore dallo spiacevole incidente. Il buio era calato del tutto, lasciando che le luci artificiali esprimessero la fase migliore del loro spettacolo, riversandosi in varie tinte sulle acque scintillanti del lago. La musica aveva portato alla formazione di un gruppo di protagonisti che danzavano scalmanati - alcuni che saltellavano sul pontile -, 'superstiti' del bagno d'alcol di quella festa. Bonnie aveva fatto compagnia ad Aaron per una mezzora ancora, prima di andarsene chissà dove quando il ragazzo le diede prova di totale noncuranza.
Fra la gente, vide Erin starsene con le mani dietro le spalle e il viso annoiato, mentre un gruppo di ragazze cercava in tutti i modi di catturare la sua attenzione. Aaron prese a camminare lentamente lungo la riva, giocando coi piedi ad evitare l'acqua che lambiva la terra e si ritraeva portandone con sé un pezzetto ogni volta. Dopo aver faticato a mettere a fuoco la scena nel buio presso cui le luci della festa non giungevano, Aaron inquadrò Lotte seduta su un pezzo di riva, con la sola compagnia di una ragazza che le dormiva affianco coperta da una giacca.
«E' davvero un bel posto, non trovi?» Lotte si voltò di scatto, sorpresa dal suo arrivo. «Scusa, non volevo spaventarti.»
«Tranquillo, me la sono cercata standomene qui da sola» fece lei, sistemandosi una ciocca di capelli bruni dietro l'orecchio. Aveva un profilo dalle forme dolcissime.
«Beh, tecnicamente non sei sola.» Aaron indicò la ragazza che le dormiva affianco. Lotte rise piano per non svegliarla, e parlò sommessamente: «Marlee è una ragazza dolce e fragile. Ed è anche perdutamente innamorata di Doug. Il che la fa soffrire parecchio.»
«L'amore è sempre così, due facce della stessa medaglia, magari quella più pregiata. Non è che faccia sempre schifo o sia sempre la cosa più bella che c'è. Dipende da come ti si volta la medaglia, da quale lato cade.» Aaron si interruppe, forse la gomitata al naso gli aveva fatto venire una commozione celebrale e aveva finito per farlo straparlare. Ma non era una cima in Biologia o qualunque branca della Scienza fosse inerente a quell'aspetto, quindi lasciò perdere.
Lotte lo guardò in volto. «Sei carino con quel taglio sul naso.» Aaron sentì il volto tornargli bollente, stavolta non a causa del dolore della botta. Ringraziò il buio della notte per lasciare che il rossore sul suo viso non fosse visibile.
«Vuol dire che quando passerà me ne disegnerò uno, anche se l'effetto non sarà mai come l'originale.» Risero entrambi, zittendosi quando Marlee si mosse leggermente nel sonno. Aaron guardò Lotte più attentamente. «Stai tremando.»
«Sento solo un po' di freddo. Ho preferito lasciare la mia felpa a Marlee, starà meglio così» sussurrò Lotte, strofinandosi le mani contro le braccia scoperte. Aaron si levò la giacca di jeans di dosso. «Non è necessario-» riprese Lotte, seguendo con gli occhi il ragazzo che le si avvicinava.
«-Insisto» la interruppe lui. Le mise la giacca sulle spalle e si sedette accanto. La ragazza lo ringraziò, Aaron sorrise e basta. Rifletté un momento, prima di porle quella domanda: «E Sam? Non si è fatto vivo?»
«Certo che si è fatto vivo, sarebbe stato troppo stupido persino per lui evitare di vedermi, anche solo per un momento.»
«Già, è stata stupida anche la mia domanda.»
«Ma non mi è importato più di tanto» continuò Lotte, ignorando le ultime parole del ragazzo. «Alle volte ci piacciono le persone sbagliate, senza accorgerci di quelle giuste.» Ci fu un prolungato silenzio, entrambi guardarono in direzione del lago.
«E le altre volte?»
«Non so, presumo vada tutto per il verso giusto. Non l'ho provato. Devono essere le due facce di una stessa medaglia.»
Aaron si tastò il naso e vide una leggera macchia rossa sporcargli l'indice. Le due facce della stessa medaglia, pensò. L'amore e l'odio, la sofferenza e il piacere, una gomitata sul viso e la visione di un lago nella notte in compagnia di una bellissima ragazza. La vita e la morte. Sembrava così facile poter rovesciare quella medaglia.
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