Capitolo 24 - Prima Parte
«È il trentuno di dicembre. Il nuovo anno è alle porte. Non puoi restare da sola proprio adesso. Ci sarà tutta la scuola, Erin non si accorgerà nemmeno della tua presenza.»
«Invece lo farà, Garrett, se ne accorgerà eccome» disse Bonnie con un'espressione seccata, le braccia incrociate sul petto.
«Ma cosa stai dicendo? La conosci anche meglio di me, sai che preferirebbe mantenere un certo distacco e disinteresse piuttosto che dare a vedere che la tua presenza abbia una qualche influenza negativa su di lei.»
«Non è un ragionamento propriamente sbagliato, ma... La sua festa di capodanno? No, non mi vorrebbe per un'occasione del genere.»
Garrett incurvò le spalle verso il basso, quasi volesse dare a vedere che la replica della ragazza era del tutto deludente. «Okay, ascolta bene: avrei preferito non dirtelo, ma adesso mi sento costretto a farlo. Ho parlato io stesso con Erin, sì, l'ho fatto. Le ho chiesto se tu potessi venire con me e Zoe alla sua festa. Non le ho garantito che saresti stata sobria e buona sotto la mia ala protettiva, dato che i tempi recenti hanno rivelato una certa inaffidabilità da parte mia nel mantenere il controllo di certe situazioni. Però ho garantito che se ne sarebbe occupata Zoe. E sai cos'ha risposto? "Al diavolo, che venga. Almeno così per una lunga notte e oltre avrà una valida ragione per non tornare a casa da quello zoticone del padre." Proprio così.»
Bonnie restò in silenzio per qualche secondo, infine disse: «Però... preoccuparti così per me? Non riesco davvero a capacitarmene.»
«Mi mette a disagio doverlo dire, ma... ti meriti più di così.»
La ragazza annuì dopo un momento, incerta, e scosse il capo. «Immagino di doverti ringraziare.»
«A tua discrezione.»
«Sai, avrei preferito che non ne avessi parlato con Erin. Adesso devo darle l'impressione di essere una vera disagiata. E poi, e poi, e poi, a pensarci bene... non ho voglia di festeggiare il capodanno da lei.»
«Okay, non ringraziarmi,» Garrett fece una pausa, prima di riprendere, «anzi a questo punto forse dovrei persino scusarmi per averle parlato.»
«Idiota, lascia stare.»
«Sai che se non sarai lì non festeggerai il capodanno da nessun'altra parte?» chiese il ragazzo, inarcando le sopracciglia. «Non è che Edwynville ti lasci granché possibilità di scelta.»
«Credi che io abbia qualcosa da festeggiare? Quest'anno è stato uno schifo, come quello precedente, e non vedo come il prossimo possa essere migliore.»
«Felice di aver preso parte a questo tuo slancio di positività» replicò lui con tono ironico.
Bonnie si tirò su la zip del giubbotto una volta aver richiuso alle proprie spalle la porta d'ingresso della tavola calda dei Rutherford. Infilò la chiave nella serratura, la girò due volte al suo interno e la estrasse, riponendola nella tasca. I signori Rutherford, come ogni anno, avevano stabilito di tenere aperto il locale solo la mattina nei giorni di festa, lasciando così a Bonnie quello che loro avevano definito come "tempo per se stessa", ma che la ragazza inesorabilmente considerava invece come un obbligo a dover raddoppiare gli sforzi per restare lontana da casa sua e da suo padre. Mentre si allontanavano fianco a fianco sul marciapiedi di Fourth Street alle due del pomeriggio, Bonnie tornò con la mente al motivo per cui Garrett l'aveva raggiunta. Dopo avergli detto sbrigativamente che avrebbe pensato alla possibilità di raggiungere lui e gli altri da Erin, gli chiese: «Sei pronto a parlarmi del capitolo Marlee?»
Garrett le lanciò rapidamente un'occhiata e tornò a guardare il marciapiedi semighiacciato su cui stava camminando. «Sono pronto a dirti che non è stato come me lo aspettavo.»
«Non va quasi mai come ce lo si aspetta. Sii più specifico.»
«Ci proverò. È stato... bello. Sono tentato dal giudicarlo il più grande piacere fisico finora provato, ma dovrei considerare tanti di quegli aspetti che forse non basterebbe il tempo per percorrere la strada da qui a Philadelphia per trovare una risposta.»
«Neppure se fosse ricoperta di neve.»
«Neppure se fosse ricoperta di neve» replicò allo stesso modo il ragazzo. «Ho creduto che una volta aver concluso, sai, una volta aver smesso di farlo-»
«-Tralasciando tutta quella fase transitoria in cui lui si sfila cautamente il preservativo e lei si rigira i pollici, cosa che nessuno tende mai a considerare» lo interruppe Bonnie, che nel parlare aveva gesticolato ampiamente con le braccia.
«Già, tralasciando quella fase» proseguì lui, corrucciando il viso. «Ho creduto che dopo non avrei desiderato essere in nessun altro posto che non fosse quella stanza, su quel letto, accanto a lei. Ma non è stato così.»
«E dov'è che desideravi essere, dopo averlo fatto?»
Garrett ci pensò su. Percorse quattro o cinque metri, prima di rispondere: «Non ne sono certo, ma da qualche altra parte. È stato così per te? Magari è una sensazione a cui non dovrei dar peso, magari il sesso non è come vincere una campagna multiplayer a Battlefield.»
«Decisamente no, non c'è niente come vincere una campagna multiplayer a Battlefield» fece Bonnie, non troppo sicura che lui avesse compreso di essere stato preso in giro. «Per quel che mi riguarda, molte volte non ho desiderato di essere in nessun altro posto che non fosse quel letto, quel divano, quel sedile reclinato, quella scrivania, quel bancone... Sai, hai capito.» Garrett annuì, prima che lei potesse continuare. «Ma forse è dovuto al fatto che la mia vita è povera di bei momenti, di esperienze che si possano anche solo un pelo avvicinarsi alla concezione di "avventuroso". La tua vita finora avrà avuto molti momenti più piacevoli dei miei, molte più circostanze da preferire ad una sigaretta da fumare nudi su grandi lenzuola sfatte.»
«Non credo sia propriamente così» ribatté lui. «La mia esistenza è stata per troppo tempo banale, certamente più banale della tua, se escludi gli ultimi mesi.»
«Ma tu hai qualcuno che ti ama.» Bonnie aveva pronunciato quelle parole piano, quasi in un sussurro, cedendo appena alla noncuranza della voce con cui si era fino a quel momento espressa con Garrett, e temette subito di avergli dato da pensare. Scosse il capo, coi capelli bruni che rotearono prima in un verso e poi nell'altro in una rapidissima sequenza, e sorrise.
«Non è qualcosa che dovresti dire. Abbiamo tutti qualcuno che ci ama.»
«Speravo non dicessi qualcosa di così ovvio.» Bonnie rise stringendosi nelle spalle. «Sii sincero con te stesso, perché sai come ti sei sentito quella sera, e magari hai solo paura di ammettere che non lo rifaresti.»
«Oh invece lo rifarei, il sesso è piacevolissimo, e Marlee è un portento.»
«È l'unica con cui lo hai fatto» lo ammonì Bonnie con aria di disapprovazione.
«Non lo so. Credo di doverne parlare con lei.»
«Felice di non essere stata d'aiuto» fece la ragazza in un sorriso. Svoltarono l'angolo con Garden Street, dove il minimarket, la drogheria e il barbiere stavano in quel momento quasi in simultanea chiudendo i battenti.
Garrett riattaccò dopo una breve pausa in cui nessuno dei due aveva aperto bocca, cambiando argomento: «Hai parlato con Aaron di recente?»
Bonnie lo guardò attraverso il taglio sottile degli occhi scuri. «Parlarci in che modo? Ci vediamo a scuola, e qualche volta è passato dalla tavola calda, per mangiare qualcosa o portare la cena fin su a casa sua. Niente di più.»
«Non ti ha detto nulla di quello che aveva intenzione di fare?» insistette Garrett, senza che il dubbio si assottigliasse nella ragazza, che rispose con una semplice alzata di spalle. «Strano. Eppure in qualche modo c'entri tu.»
«Ma di che stai parlando?»
«Ieri mattina sono passato da lui, con Zoe, e ci ha detto che avrebbe parlato con Lotte, che le avrebbe detto tutto.»
«Tutto cosa?» chiese Bonnie, irritata dalle parole volutamente poco chiare di Garrett.
«Tutto di te, di quello che tu e lui avete fatto e condiviso mentre andava avanti la... cosa con Lotte.» Garrett starnutì, recuperando un fazzoletto stropicciato dalla tasca del giubbotto e portandoselo al naso. Riprese a parlare con goffaggine, visibilmente a disagio per l'inverno sempre rigido di Edwynville: «A quanto pare l'ha incontrata ieri stesso, in serata. Mi aspettavo che mi riferisse i dettagli, ma così non è stato.»
«Non è un gran chiacchierone» si limitò a dire Bonnie, sovrappensiero.
«Già. Credevo che col tempo, nonostante un rapporto tra noi che credo già abbastanza solido, si sarebbe aperto di più. Non lo so, sembra faccia fatica ad esprimersi.»
La ragazza incrociò brevemente lo sguardo di lui, raccogliendone l'aria meditabonda. «Eppure con le parole ci sa fare, anche se devo ammettere che non siamo mai stati granché loquaci l'uno con l'altro.»
«Ne do per scontata la ragione» fece Garrett, sorridendo. «Ma allora? Nessun commento da fare? Sei contenta che l'abbia fatto?»
«Non sappiamo ancora se l'ha fatto,» lo corresse Bonnie, «e comunque, non è che abbia alcuna importanza, adesso.
«Neanche un po'?»
«Non voglio dire che Aaron mi è indifferente. Non è così. Ma stiamo comunque parlando di qualcosa che non ha mai avuto un reale sbocco. A lui non è importato, perlomeno.»
«Stronzate. Gli è importato eccome. Non chiedermi il perché, l'ho solo intuito.» Garrett si fermò davanti al giardino antistante casa sua, per buona parte coperta dalla neve.
«Non volevo dargli addosso, se così è sembrato. Spero se la cavi con Lotte» disse Bonnie, annuendo lievemente. Si spostò i capelli dal viso quando un soffio gelido di vento spirò nella sua direzione, quindi fece due passi all'indietro, con gli occhi fissi su Garrett. «Non essere imprudente con Marlee, stasera. Hai già esaurito la mia dose di consigli.» Roteò su se stessa e si avviò lungo il marciapiedi con lentezza, propensa a fare rientro a casa sua quanto più tardi possibile, così da limitare le probabilità di incontrare il padre.
«Aspetto che tu faccia la tua comparsa da Erin!»
Bonnie agitò il braccio in alto, sorridendo appena e continuando a camminare senza girarsi.
*
Mancava poco meno di un'ora alla mezzanotte del primo di gennaio. Quasi tutti gli studenti del liceo di Edwynville erano in quella sontuosa dimora, che beneficiava di spazi tali da non doverli tenere ammassati l'uno contro l'altro. Aaron guardava con più attenzione quelli in preda ad un diletto quasi estatico, quelli che piegavano i fianchi, alzavano ritmicamente un ginocchio, retrocedendo con l'altra gamba, si asciugavano il sudore dalla fronte mentre continuavano a saltare reggendosi l'uno alle spalle dell'altro, nel salone dal pavimento di marmo, imbastito per l'occasione a pista da ballo dotata di un multicolore dj set su un piano sopraelevato e un bar assortito in fondo alla sala. Sorseggiò un po' del suo gin tonic, prima di trovare gli occhi di Garrett qualche metro più avanti, stranamente distante dal gruppo corposo che si dimenava e ballava. Il ragazzo scosse il capo, con espressione accigliata, al che Aaron replicò allo stesso modo. No, Lotte non si era presentata, e per quanto la scelta fosse stata prevedibile, il suo dispiacere non si era rivelato granché più circoscritto. Vuotò in un sorso il bicchiere, deglutì faticosamente, chiudendo gli occhi e contorcendo il viso in preda all'asprezza di quel liquido. Quando tornò in sé e riaprì gli occhi, tornò a guardare nella stessa direzione in cui un attimo prima aveva individuato Garrett. Lo trovò sempre lì, ma al suo fianco ora c'era Bonnie. Ridevano entrambi apertamente, dandogli quasi le spalle.
*
Alzatosi dal sempre comodo sofà in pelle, Blythe si sgranchì e fece per allontanarsi dal suo gruppo, ringraziando tra sé e sé che nessuno l'avesse seguito. Imboccò un corridoio buio, dove Dale Hornby teneva bloccata contro la parete Jessica Yang, con la lingua infilatale in gola. Raggirò una robusta colonna bianca e passò attraverso l'arcata della cucina. Anche lì la distanza non era sufficiente ad attutire i suoni della musica che saltava via dalle grosse casse nel salone. Così Blythe aprì il frigorifero, strinse gli occhi quando le sue lampadine interne illuminarono il buio. Afferrò una barretta energetica e si diresse all'altro capo della stanza, dove aprì la porta che dava sul giardino retrostante, e ancora oltre, sull'alta parete nera dei boschi. Girò il collo nuovamente verso l'interno della casa quando gli parve di scorgere un'ombra allungata che si muoveva. Intravide sua sorella Erin attraverso l'arcata della cucina, forse con un bicchiere in mano – non poteva esserne certo in quella scarsa condizione di luce. Gli sembrò che anche lei lo avesse scorto, ma continuò a camminare solitaria nel corridoio, sparendo dalla sua vista. Blythe chiuse la porta alle sue spalle e tornò a fissare ciò che la notte lasciava che si palesasse ai suoi occhi. Un movimento di foglie appena percettibile lungo il contorno dei cespugli, la coda di uno scoiattolo in fuga all'estremità destra del suo campo visivo, la luna sparire dietro una nuvola, dandole sfumature meno cupe, più argentee. Estrasse il telefono dalla palta posteriore dei jeans e rilesse il messaggio di sua madre. Diceva di essere dispiaciuta per non poter essere insieme a lui ed Erin in quell'occasione, e che al più presto avrebbero recuperato il tempo insieme. Non le aveva dato alcuna risposta, ma poco importava. Quel genere di conversazione esulava dalle proprie abitudini, e non lo metteva mai a proprio agio. Ripose il telefono nella palta posteriore dei jeans e con lo sguardò tornò a cercare qualche traccia dello scoiattolo che era passato di lì, ma nulla. Ora la musica raggiungeva le sue orecchie di molto attutita, e pensandoci un momento se ne sentì soddisfatto, per quel che valeva. Mancava ancora qualche minuto alla mezzanotte. Ricordò la festa che tenne con sua sorella l'anno precedente, e quello prima, col lungo bacio allo scoccare del nuovo anno che quasi tutti i giovani invitati si erano scambiati, rendendolo quasi una nuova tradizione. Ricordò il bacio con Kate, e quello con Laurie l'anno dopo, e la stessa notte quello con Bonnie. Ricordò anche quanto era stato idiota a quei tempi, e quanto lo era ancora. Ricordò di voler baciare Olivia al gong, ma ricordò anche che lei aveva preso ad uscire da un pezzo con Harry, e che avevano passato insieme tutta la serata, spostandosi dal bar al divano alla pista da ballo, e viceversa. Ricordò che da qualche tempo non si comportava più in maniera così ottusa da interferire con gli altri per qualcosa che lui chiedeva per sé. Ricordò di essersi tolto di dosso da Bonnie quella notte in macchina, nel bosco, e di averle invece favorito la conversazione. Ricordò che era ciò che aveva voluto, e che avrebbe fatto altrettanto con Olivia. Ricordò la responsabilizzazione richiestagli sempre più di frequente dal padre, e di bramare ancora fortemente la fuga. Ricordò le volte in cui suo nonno gli rammentava di restare sempre fiducioso, sempre in gamba, e di persistere, perché così se la sarebbe cavata egregiamente. Ricordò di dover rientrare in casa, perché era certo che gli altri lo stessero già cercando, e perché sapeva di dover ripartire ancora da lì, dalle vecchie abitudini, da una compagnia fugace, se l'occasione gli si fosse presentata, e da una più ampia condivisione forzata.
[La seconda parte del capitolo è già pronta, e sarà pubblicata tra uno/due giorni]
A un amante del mare, a nonno.
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