Oceans
I want you, yeah I want you.
Un profondo sospiro, lo sguardo puntato sul soffitto.
And nothing comes close ,to the way that I need you.
Un singulto, il braccio che scivolò sugli occhi dolenti.
I wish I can feel your skin. And I want you, from somewhere within.
Mordicchiava il labbro inferiore per infondergli un po' dell'acuta sofferenza che gli stava sconquassando le viscere e-
-Hai finito? Cristo, questa nenia mi sta facendo esplodere il cervello!- sbottò infastidito Connie, irrompendo nella stanza come una furia ed afferrando l'ipod adagiato sul petto di Eren, che subito si drizzò risentito per riappropriarsene - tentativo più che vano, visto che l'amico era già schizzato fuori dalla camera per nasconderglielo in qualche antro nascosto dell'appartamento.
Santo cielo, chiedeva solo di essere lasciato a sguazzare nell'oceano di dolore (non era un caso che la canzone si chiamasse Oceans) in cui si sentiva di star affogando: perchè non poteva fingere di essere in uno di quei melodrammi strappalacrime che lui tanto amava?
-Bhe, cos'è sta' novità? Ti stai piangendo addosso da giorni come un poppante.- lo rimbeccò una volta tornato, il sopracciglio sollevato ed il peso sbilanciato su una gamba.
Da quando era divenuto così adulto? Eren non riusciva a trovare una risposta a quella domanda, non che poi gli interessasse molto in un momento tragico come quello, quindi - dall'alto della sua maturità -, rispose con un flebile -Fanculo.- per poi appoggiare la schiena alla parete. -E non mi sto piangendo addosso.-
Rivolse uno sguardo quasi convincente a Connie, ma neanche il più fesso dell'umanità avrebbe potuto credere a quella messinscena.
-Oh, fanculo! Mi piace la canzone.-
-Ma se l'altro giorno hai detto che i Seafret son-
-Fanculo, okay? Mi piace la canzone e basta.-
-E smettila di dire fanculo e risparmia le parole per qualcun altro, magari.-
Eren sollevò gli occhi (in realtà fu qualcos'altro che gli tirò capelli per fargli alzare il mento, forse si trattava proprio di gratitudine) e si portò dietro l'orecchio una ciocca scura che gli stava oscurando la vista.
-Io non-
-Tu non cosa? Lo sappiamo entrambi il motivo per cui frigni ininterrottamente e senti canzoni depresse.-
-E' una bella can-
-Smettila di dire stronzate, coglione, che sai perfettamente che tra una settimana la odierai.-
Ed infatti lo sapeva benissimo anche lui che, nell'arco di qualche giorno, sarebbe andato in giro denigrando quel brano ed i suoi produttori come se fossero Satana e la schiera demoniaca reincarnati in un pezzo di plastica; eppure si stava chiedendo se almeno il suo Orgoglio sarebbe stato in grado di reggere uno scontro a testa alta con l'ostinazione di Connie, che lo schiaffeggiava continuamente - ma non era neanche armato, come avrebbe fatto a vincere in quel frangente?
-Vai da lui.-
Ecco, un petardo gli era appena esploso alle spalle, ed il primo dosso dietro il quale nascondersi era dall'altra parte della terra di mezzo.
-Così la smetti di piangere, che non ti sopporto più.-
E per una volta fu proprio Eren a zittire quella parlantina prolissa della Fierezza, la Riconoscenza che con le dita gli tirava le guance per simulare un sorriso indirizzato a quel maledetto ragazzino carismatico.
-Fanculo!- E si alzò di scatto dal materasso, un cigolio risentito ad accompagnare il movimento brusco. -Vado, lo trovo e vinco.-
-Ma davvero nel tuo vocabolario non esiste un intercalare migliore?- sogghignò l'altro mentre teneva le braccia conserte strette al petto e seguiva con lo sguardo i movimenti frenetici del castano, ora tutto dedito a raccattare dei vestiti decenti per presentarsi alla popolazione di Dustenville.
-E poi chi ha parlato di vincere? Devi solo parlar... OH.-
Sgranò gli occhi, una scena piuttosto intima che gli si figurava proprio davanti agli occhi - anzi, per l'esattezza, quasi poteva intravedere il corvino ansimante avvinghiato ad Eren, mentre quest'ultimo (ignaro delle fantasie dell'altro) strattonava un paio di jeans chiari dalla stampella.
-Mh? Sì, gli devo parlare, e sinceramente - la frase interrotta a metà per via della maglietta nera appena infilata - non so se tornerò qui stasera.- riprese poi, ben lontano dal pensare ciò su cui Connie stava viaggiando oltremodo imbarazzato.
-Ti giuro che se perdo quello stramaledetto treno, prendo quello successivo!-
Ciò detto, afferrò grintoso il cellulare e le chiavi di casa, infilando entrambi gli oggetti nello zaino, per poi dare una sonora pacca sulla spalla dell'amico.
-Ti devo la vita, fratello.-
Non si accorse che le rotelle nel cervello di Connie, in quel momento, si stavano accartocciando su loro stesse muovendosi a scatti, la bocca aperta alla stregua di un pesce e gli occhi sbarrati.
Il ragazzo parve sbloccarsi da quell' espressione anomala solo quando sentì l'eco della porta rimbombare nel corridoio, e tutto ciò che riuscì a formulare fu un -Cazzo, non gli ho dato neanche i preservativi!-
Ma Eren era già lontano, e correva e ansava ed imprecava ogni qualvolta qualcuno gli si parasse davanti rallentando quella maratona contro il tempo, che gli sorrideva beffardo al suo fianco schernendolo di tanto in tanto.
Ma ce l'avrebbe fatta, anche se questo avrebbe significato perdere l'uso degli arti per giorni: niente aveva importanza, se non raggiungere quel ragazzo prima che partisse per il suo paese.
Non l'avrebbe rivisto per mesi prima che le lezioni incominciassero ad ottobre, così maledettamente lontano da lui, terribilmente ignaro dell'amore che gli serrava il cuore in un pugno, comprimendolo ogni volta che era in sua compagnia e non aveva il coraggio di dichiararsi, di incrinare quel sottilissimo equilibrio costruito con pazienza da entrambi.
Ma sarebbero stati così distanti, e la paura di non sentirlo, di allentare quel legame per una ragione o per un'altra - magari proprio per una persona di cui Levi si sarebbe infatuato - lo gettava in un baratro di afflizione di cui non intravedeva neanche il fondo.
Ed era per questo motivo che stava correndo come un forsennato nella stazione, urtando chiunque ed ignorando gli improperi che gli rivolgevano ad alta voce, prima che si rendesse conto che non avrebbe potuto superare il gate senza comprare il biglietto.
Sfilò il portafoglio dal jeans ed attese pazientemente il suo turno in fila, allungando il collo di tanto in tanto per tentare di individuare il corvino; ma di lui neanche l'ombra.
Eppure non doveva lasciarsi mordere dallo scoraggiamento: sapeva perfettamente che il suo treno sarebbe partito alle 20:35, ed era più che sicuro che fosse uscito di casa almeno un'ora prima; così, leggermente consolato da quel pensiero, rivolse lo sguardo all'orologio, ma ciò che lesse lo pietrificò all'istante.
-Non ci voglio credere, cazzo!-
Come era possibile che fossero le 20:22? E per quale assurdo motivo la fila era ancora così lunga? Affondò la mano aperta a ventaglio nella chioma scura ed umida di sudore, iniziando a passeggiare avanti ed indietro mentre tentava di tenere a bada l'ansia - che gli strillava nella testa come un neonato -, e racimolando un po' di sana lucidità per architettare in fretta un piano.
Avrebbe preso il successivo, semplice ed efficace.
Sì, ed una volta arrivato lì che diamine avrebbe fatto?
Ciao, Levi, sì, scusa se ti chiamo dopo neanche un giorno che non ci siamo visti. Dov'è che hai detto che abiti? Ah, perchè, dici? Bhe, perchè ho fatto la nottata sul treno per venire da te, perchè ti voglio, e sì, chiamami anche moccioso viziato.
Ora ,dov'è che dovrei andare?
Stava immaginando perfettamente la scena, con tanto del rumore di sottofondo dei pipistrelli che svolazzavano la mattina presto alla stazione - o forse, dove abitava Levi, non ce ne erano? Magari lì faceva più freddo, e questo gli ricordò di quando Levi gli disse che...
Ma su che diamine si stava scervellando?
Liberò un urlo di pura esasperazione che rimbombò per tutto il plesso, attirando inevitabilmente l'attenzione di altri passeggeri che - glielo si leggeva in faccia - stavano pregando di non avere il posto adiacente a quello di quel povero malato mentale.
-Bhe, che avete tanto da guardare?- abbaiò seccato verso gli individui in questione - circa più della metà dei soggetti che stava scorrazzando nella stazione - e lasciò cadere lo zaino sul pavimento, chinando la testa mentre tentava con tutto se stesso di ricacciare le lacrime di avvilimento, che gli pizzicavano nefaste le palpebre.
E poi un leggero ticchettio sulla spalla lo fece rinsavire da quello stato di inerzia morale in cui si era lasciato cadere, mentre si sforzava di mantenere la calma con quella poca tolleranza di cui era armato.
Tirò su col naso ed assottigliò le labbra in un'espressione di disappunto, sperando che in quel modo il molestatore - perchè ormai, dall'episodio di Mr Simpatia, giudicava chiunque come tale - ne rimanesse intimorito e se la desse a gambe levate. Così si voltò ed aggrottò la fronte, i pugni stretti e le corde vocali già pronte a vibrare energicamente per emettere un tono di voce sufficientemente aggressivo.
-Che diamine vuol-
Ed invece quelle alzarono le mani al cielo e si guardarono scocciate, l'ennesima volta in cui erano pronte a scaricare il massimo della loro potenza ed invece erano state costrette a restare zitte sul più bello.
-Eren? Che ci fai qui?-
Perchè, durante tutto il tempo che aveva avuto a disposizione, non aveva pensato ad un piano d'azione? Avrebbe potuto tranquillamente scrivere un discorso come quelli utilizzati dai politici per ingraziarsi il popolo, magari facendoselo ideare da qualcun altro proprio come loro (anche se Connie non sarebbe stato una buona alternativa, visto che aveva difficoltà anche a sbirciare dai suoi appunti, per quanto fosse incomprensibile la sua grafia).
E invece no, il piano d'azione se l'era scordato a casa, su quel letto su cui si era pianto addosso (perchè non aveva difficoltà ad ammettere a se stesso che era proprio quello che stava facendo da una settimana), e quindi non poteva far altro che improvvisarne uno, oppure addirittura-
-Non andare.-
Ecco, agire, per l'appunto.
-Cos-
-Ho bisogno di te, Levi. Ho bisogno di te qui.-
L'altro sbattè più volte le palpebre per accertarsi che quello che aveva sognato per mesi, si stesse verificando realmente davanti ai suoi occhi - la fila che ormai aveva assunto una forma irregolare ad U per aggirare i due, ma l'attenzione di quegli individui (e stavolta bonariamente) focalizzata esclusivamente su di loro.
-Eren,- il pomo d'Adamo che fece un rapido sali-scendi per un grumo di saliva in eccesso -ci sentiremo nei momenti liberi, e magari potremmo anche fare qualche videochiamata su-
Se il primo punto del piano improvvisato di Eren Jaeger aveva previsto l'agire, il secondo contemplava il buttati, che il Karma ancora non si è fatto vedere.
Impacciato sarebbe un eufemismo rispetto al modo in cui stava premendo le labbra su quelle soffici dello studente, un gesto che vagamente gli ricordò il suo primo bacio (che diede alla giovane età dei sei anni, in prima elementare, per la precisione), i palmi che avvolgevano piano le guance diafane ed i pollici ad accarezzarne placidamente gli zigomi.
Non era stato come si era immaginato, poichè quel misero risultato, invece, schizzò alle stelle ben oltre le sue aspettative, come quel gioco da lunapark che testava la propria forza fisica e a cui Eren perdeva sempre.
-Idiota.- mugugnò ad un soffio da quella bocca rosata come un petalo di ciliegio. -Ti ho detto che ti voglio, che ti voglio qui e ora, non domani, neanche fra due mesi. Non ce la faccio più, Lee, e se questa maledetta cosa non è ricamb-
Terzo punto inoltrato nella lista di cose da non fare, written by Levi Ackerman: straparlare.
Fu un secondo bacio timido, eppure sensuale come ci si poteva aspettare da quell'incantevole creatura mutante: Levi accorciò la distanza con un solo passo, appoggiando una mano sul fianco del compagno ed immergendo le dita dell'altra fra i capelli mossi sulla nuca, portandolo a chinare il volto alla sua altezza.
Dischiuse piano le labbra e tentò di insinuare la lingua morbida nell'antro bollente ed umido di Eren che, ancora una volta, non riuscì a stare al passo con quel gesto, la frenesia che divampò all'improvviso nelle membra mentre realizzava ciò che stava accadendo.
Quindi si costrinse ad allontanarsi ad un soffio da quei due teneri e succulenti lembi di carne, solo per poter assaporarli l'istante successivo con maggiore euforia, data dalla lucida consapevolezza che era ricambiato e che fingere per tanti mesi non li aveva portati a niente, se non a procrastinare e a rischiare di perdersi.
E le loro lingue si accarezzarono a pena, vergognosamente, per poi accrescere quel contatto ad ogni boccone che facevano di quell'incommensurabile sentimento che gravava su entrambi, e che li scuoteva e trascinava come in un girone infernale senza mai permetter loro di riposare.
-Perchè diamine ci hai messo così tanto.- masticò Levi a bassa voce, mentre tirava con foga il labbro inferiore dell'altro, per poi reclamarne il possesso ancora una volta. -Non sai da quanto tempo speravo che ti facessi avanti.-
Ed Eren tremò a quelle parole, ed immaginó in quell'esatto istante il suo cuore dibattersi e ballare nel costato il più appassionato e scottante tango nella storia dei concorsi di danza.
Artigliò le anche di Levi nel tentativo di celare il fremito delle dita, mentre stringeva la carne come aveva solo potuto anelare di fare fino a quell'istante; poi, un sospiro fradicio di appagamento esalò dalle sue labbra.
-Credo sia lo stesso motivo per cui anche tu non hai mosso un dito, o sbaglio?-
Sentì la sua soddisfazione lustrare le dita sul petto per congratularsi con se stessa, mentre le pupille del castano si beavano dell'espressione frastornata e titubante di Levi, per poi mutare repentinamente in una oltremodo esterrefatta.
-Santo cielo, Eren, il treno!-
E lo studente vide chiaramente il compiacimento rintanarsi in una grotta ben oscurata, mentre riemergeva dall'entroterra un drago che emetteva fiamme incandescenti di paranoie ed ansia.
-Oh cazzo!-
Si distanziò dal compagno (la mano ben ancorata alla sua, spaurito che potesse voltarsi e non trovare altro che un cumulo di polvere) e guardò l'orologio: 20:31. Poi toccò al tabellone: Dastenville-Rockhood/+5.
Il muscolo cardiaco - che fino a quel momento aveva appena compiuto il più arduo dei passi,terminando con un casquet che l'aveva fatto quasi rovinare sul pavimento - finalmente scalò le marce ed iniziò a battere più regolarmente.
-E' in ritardo di cinque minuti, ce la possiamo ancora fare.- E detto questo, voltò il viso per verificare che non si trovasse nel migliore (ed al contempo peggiore) dei sogni, ma che quel magnifico ragazzo fosse lì, ancora con lui, in carne ed ossa.
-Allora?-
Le guance nivee tinte a malapena di un rosso pastello. -Che hai tanto da guard-
Ma Eren già gli aveva scoccato un rapido bacio che l'aveva preso in netto contropiede, perdendo il controllo della palla per un fallace errore di calcolo (d'altronde Levi non era mai stato portato per gli sport).
-Io non posso restare qui, Eren.- sussurrò piano, mentre le iridi cristalline percorrevano lentamente i lineamenti dell'amato, per una volta la sensazione di avere tutto il tempo del mondo per poterlo fare, senza essere inseguito dal timore che qualcuno avrebbe potuto al suo posto.
Nonostante quella perentoria constatazione, non trovò nessuna replica ad inghiottirlo senza lasciargli il tempo di motivare le sue ragioni; al contrario, ottenne in cambio solo un'espressione cupa e sofferente a modellare e plasmare i tratti del volto armonioso di Eren.
-Quindi vieni con me. Vieni nel mio paese e resta con me tutta l'estate. Posso darti tutto quello che vuoi, ma resta con me, perchè non potrei sopportare di starti lontano dopo- e gesticoló con le mani, colmando lo spazio che li separava -questo.-
Ecco, Eren Jaeger stava vivendo il melodramma che aveva sempre voluto mettere in scena: insomma, una storia d'amore travagliata, l'incontro in treno, il mito del Destino, il Karma divenuto ormai la sua nemesi per eccellenza e così via.
E, come ci si aspetterebbe da un melodramma con i fiocchi (di quelli che ti straziano l'anima rendendola poco più che un piatto di gustose e prelibate tagliatelle) il nostro caro studente aveva trovato il suo singolare sentiero di monete d'oro, che lo stava conducendo ad un pentolone in cui giaceva placidamente Levi Ackerman.
E non era, forse, ciò che stava accadendo proprio nell'angusta stanza di quel treno?
-A-allora entro.-
-Eren, s-smettila di documentare tutto e-AH, cazzo!-
-Stai bene?-
Lo Jaeger reclamava a gran voce quella dimensione onirica in cui aveva immaginato di essere il migliore dio del sesso conosciuto sulla faccia della Terra, e invece il corvino era ignaro del fatto che quella penetrazione era stata sollecitata da un brusco movimento del vagone, che l'aveva fatto ritrovare stretto fra le morbide e magnificamente anguste pareti dell'apertura di Levi (non che gli dispiacesse, semplicemente nella sua mente l'aveva figurato in tutt'altro modo).
Una goccia di sudore gli scivolò sul collo fino a ricadere sul petto granitico dell'amante, che si sollevava e riabbassava ritmicamente come una fisarmonica, le rughe d'espressione intorno agli occhi più accentuate che mai.
Era lì, fra le sue mani, nelle sue carni, sopra di lui: non aveva guadagnato solo la mera attenzione, ma anche tutta la stima, l'amicizia, l'affetto sbocciato in amore di quel... ragazzo del treno? Compagno di università? Sogno?
Ma aveva realmente importanza, ora che si trovava a svolgere un atto così intimo con lui? A condividere molto di più di una passione, a stringere qualcosa che riluceva nei loro palmi come un fuoco fatuo?
Chinò il capo e gli baciò piano la fronte, increspatasi per le fitte di dolore che Levi stava silenziosamente sopportando, e facendola lentamente distendere sotto le carezze delle sue labbra, scivolando poi sul ponte del naso sino a soffermarsi sulle guance lisce che, pallide, riflettevano la luce della luna piena.
Le braccia sottili di Levi gli avvolsero il collo, nel mentre sollevava il volto per vezzeggiare la bocca piena e tenera di Eren, movimenti oziosi a modellarla con calma, per una volta entrambi consapevoli che il tempo non era più così sfuggevole come in passato.
E poi, un primo movimento lento delle anche ad accompagnare quel gesto.
-Ah, Eren.-
Ed ancora un secondo, poi un terzo ed un quarto, ad un passo che diveniva gradualmente più svelto, affondi precisi e regolari nel mentre che le dita dei piedi del corvino si arricciavano, in risposta ad un germoglio di piacere che stavano coltivando entrambi con dedizione.
-Ere-nh! Eren!-
Ed Eren si sentiva incrinare sotto quelle suppliche, facendo acqua da tutti i punti nel vano tentativo di mantenere il controllo, di prolungare quell'amplesso mistico usufruendo di tutta l'ostinazione di cui era in possesso. E quasi cedette quando un gemito più alto del compagno gli rimbombò nelle orecchie come un temporale, un'eco senza fine nella testa che si imbatteva con lo scoglio della razionalità, inghiottendolo senza pietà.
-Dimmi che mi vuoi.-
Ringhiò gutturalmente come una fiera, mentre lappava una porzione di pelle del collo che lo conduceva dietro l'orecchio del corvino, sentendolo inarcarsi sotto di lui per quel gesto, il sesso bollente che strusciò impietoso sui suoi addominali.
-Lee, Cristo, dimmi che mi vuoi.-
Ma Levi era ormai un ammasso di gemiti ed ansiti ed urla soffocate dalla lingua ingiuriosa dell'altro ed Eren, all'apice della sopportazione di quell'orchestra di piaceri amplificati ai massimi livelli, condusse il suo membro ancora più in profondità fino alla base, in una crudele e rapida stoccata che portò Levi a liberare un grido mentre affondava le unghie nella sua schiena.
-EREN! EREN! Ti ho... ah! Sempre voluto, dal primo... Dio... fottuto momento su quel maledetto treno! Soddisfatto ora!?-
Il castano snudò i denti in un ampio e genuino sorriso, che travolse Levi facendolo boccheggiare, gli occhi che brillavano come biglie alla singhiozzante luce artificiale dei segnali ferroviari.
Le mani del corvino lo trascinarono sulla sua bocca ancora una volta, le dita spruzzate di un rosso vivace che affondavano nella folta chioma dell'altro, mentre Eren stantuffava febbrilmente in quell'incandescente cavità che lo risucchiava e lo accompagnava fluidamente nei movimenti, i sonori schiocchi dati dall'attrito dei loro corpi che risuonavano nella cabina.
Quel climax perfetto raggiunse solo dopo qualche istante il suo culmine, mentre Eren mordeva la spalla dell'amato ed affondava i polpastrelli nella cedevole pelle che gli rivestiva le scapole sinuose, assecondando la curva che assunse la schiena di Levi quando annegò in quel sovrastante flutto di piacere.
Bastò qualche minuto prima che entrambi rinsavissero dal torpore in cui erano stati accolti, i muscoli ora rilassati ed i due amanti nuovamente scissi in due creature distinte, sebbene solo fisicamente.
-Ti amo, Levi Ackerman. Sono innamorato di te da così tanto tempo che ho perso il conto.- soffiò con tono basso, il volto immerso nell'incavo del collo del compagno e parzialmente oscurato dal suo mento, mentre il corvino gli massaggiava piano la cute.
-Ti amo anche io, Eren, non sai quanto.-
La bocca turgida ed arrossata che lasciava un'ultima carezza sulla zazzera scura.
-Ed aspettavo questo momento più o meno da quando la tua sporca bottiglina d'acqua ha toccato il mio piede.-
L'altro rizzò il capo a quella confessione, gli occhi luminosi sgranati e la bocca schiusa.
-COSA?!-
Ed una risata cristallina avvolse i muri unti di quella stanza fino ad insinuarsi sotto la porta di metallo, procedendo spedita nel suo percorso nel mentre sfiorava con le dita le pareti brillanti sotto la luce al neon, colorando le superfici che toccava di mille sfumature frizzanti.
Poi arrestó il suo passo di fronte ad una porta targata 86:
si voltò, l'accenno di un sorriso complice che prendeva forma e, prima che si dileguasse defintivamente, si portò un dito sulle labbra.
Il Destino che, ancora una volta, tesseva una nuova storia con il suo filo rosso.
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