𝟕. 𝐓𝐡𝐞 𝐁𝐚𝐧𝐝
Pretty Boy - The Neighbourhood
"You're the only thing I need"
Mi immersi nell'atmosfera vivace della mia giornata, il ritmo incessante dell'università pulsava attorno a me. Con un sorriso distante, intrapresi il cammino verso la mia passione più profonda: la musica. La mia band, Echo Harmony, composta da me e tre miei amici - Alex Marshall, Maya Foster, Jake Carter e il sottoscritto - era la mia fuga dal caos quotidiano.
Erano le persone che mi avevano salvato.
E la musica aveva salvato noi.
Il nostro rifugio musicale risplendeva di energia e creatività. Alex, il chitarrista dallo spirito libero, emanava un'aura di tranquilla ribellione. è avvolto in una capigliatura selvaggia di riccioli neri. Gli occhi scintillanti riflettono la sua anima libera, mentre il suo sorriso è sempre pronto a sfidare la normalità. Con indosso jeans consumati e una collezione di magliette rock, Alex è la quintessenza del musicista ribelle. La chitarra, la sua compagna di vita, è sempre appesa sulla spalla, pronta a esplorare nuove melodie.
Maya, la batterista dal sorriso contagioso, trasformava ogni sessione in un'esplosione ritmica. I suoi capelli biondo cenere incorniciano un viso radiante, illuminato dalla passione per la musica. Indossa magliette con disegni eccentrici e pantaloni comodi, riflettendo il suo spirito libero. Sempre circondata da un'aura di allegria, Maya si esprime attraverso il ritmo energico delle sue percussioni, creando un'atmosfera vibrante in ogni performance.
Jake, il bassista con uno sguardo serio ma un cuore leggero, aggiungeva profondità alla melodia. I suoi capelli scuri cadono ordinatamente sul viso, incorniciando occhi che rivelano una profonda comprensione della musica. Solitamente vestito con abiti casual, Jake trasmette un'aria di tranquilla determinazione. Con il basso tra le mani, contribuisce con la sua arte a dare profondità e solidità alla nostra armonia.
In quella stanza, l'armonia tra di noi diventava la colonna sonora di esperienze condivise. «Hey ragazzi, stasera proviamo la nuova canzone dei The Neighborhood,» esclamai con entusiasmo, avevo gli occhi illuminati dalla passione.
«Tutto pronto!» risposero i miei amici, accordando gli strumenti. La melodia inizio, una sorta di danza tra le note.
Con la mia voce profonda, diedi il via alle parole, mentre gli altri si univano creando un tessuto sonoro avvolgente. «Questa canzone parla di notti misteriosi e desideri,» spiegai tra una pausa e l'altra, guardando gli altri con un sorriso. «Ogni nota sembra portarci in un posto diverso, creando un'esperienza unica.»
«Molto bello!» disse uno dei miei amici.
«Jake, il tuo basso dà solidità a tutto, è fantastico,» gli dissi. «E Maya, la tua batteria è il cuore pulsante di questa avventura.»
«È come se stessimo dipingendo un'atmosfera con la musica,» disse Maya, sorridendo mentre continuava a suonare.
Nel mezzo della performance, Alex si lanciò in un assolo di chitarra, aggiungendo la sua firma alla melodia. Osservandolo, notai il modo in cui ogni nota raccontava una storia di libertà e selvaggia espressione.
«Alex, adoro il tuo tocco ribelle nella nostra musica,» dissi, guardando il compagno di band. «Sei come un fulmine che illumina il cielo della nostra creatività.»
Il brano giunse al culmine, e la stanza risuonava di note che si fondevano in un clima emozionale. La musica ci avvolgeva, unendo le nostre anime in un'unica armonia. Terminata la sessione, ci guardammo con soddisfazione e Jake disse: «è incredible come ogni volta riusciamo a suonare bene ogni canzone.»
Riflettendo sul legame con la band, dissi:
«Ragazzi, siamo più di una band. Siamo una famiglia che crea arte.»
La giornata trascorse tra le note e le risate, e mi ritrovai a scrutare il cielo stellato di notte. La musica, come il filo invisibile di un destino condiviso, mi legava a una realtà che andava oltre la routine quotidiana. Con la melodia dei The Neighborhood ancora nell'aria, mi addormentai con il cuore colmo di gratitudine per la magia della musica e l'amicizia della mia band.
Il giorno seguente, condividemmo entusiasmo per la notte precedente. «È stato epico,» dissi, incontrando Alex, Maya e Jake a scuola. «Siamo fortunati a suonare insieme,» disse Alex. «Ogni volta è come se il mondo scomparisse.»
L'amicizia tra di noi si manifestava non solo nella musica, ma anche nei piccoli gesti e sguardi che comunicavano senza bisogno di parole. Decidemmo di riunirci durante il pranzo nel nostro luogo segreto, ovvero il luogo in cui facevamo le prove, un vecchio e tranquillo garage abbandonato.
II pomeriggio, mentre facevamo le prove nel nostro garage, parlai della musica come la mia fuga. «La musica è il mio modo di esprimermi quando le parole non bastano.»
Alex, con la sua tipica aria bohémienne, aggiunse: «La musica è la lingua dell'anima. Quando suoniamo, creiamo un dialogo senza barriere, dove le emozioni fluiscono liberamente.»
Maya, con un sorriso radiante, disse: «E ogni volta che ci esibiamo, è come se condividessimo un pezzo di noi stessi con il mondo.»
Jake, il tranquillo riflessivo del gruppo, annuì. «Siamo come note diverse che si combinano per creare armonia. La nostra band è un'opera d'arte in continua evoluzione.»
Durante la conversazione, ci rendemmo conto che la band era più di una collaborazione musicale. Era una connessione profonda tra di noi.
In quel garage abbandonato, tra amici e passioni condivise, sentii che la mia vita aveva una colonna sonora unica. I giorni passavano e le giornate all'università continuavano in modo stressante, con le lezioni e gli incontri, ma il richiamo della musica persisteva. Alla fine delle lezioni, io e la mia band ci ritrovammo di nuovo nel nostro garage, per provare di nuovo.
Mi immersi nuovamente nel mio mondo sonoro. «Ragazzi, stasera proviamo qualcosa di nuovo. Ho scritto un pezzo che spero vi colpirà,» comunicai, con uno sguardo di eccitazione. Quel vecchio garage si riempì di note che fluttuavano nell'aria come foglie danzanti. I dialoghi tra gli strumenti si intrecciarono, creando un paesaggio sonoro che emozionava l'anima.
«Questo brano parla di crescita, di sfide e di scoperte,» spiegai durante una breve pausa. Era mio solito spiegare una canzone mentre la provavo. «È il nostro racconto, e ogni nota racchiude un capitolo della nostra storia.»
Continuammo a suonare e cantare, la musica diventò una forma di comunicazione più profonda delle parole. Tra sorrisi complici e sguardi che parlavano di una comprensione oltre il linguaggio umano, la serata scivolò via nella magia della creatività condivisa.
Quando la prove finirono, guardai i miei amici con gratitudine e orgoglio. «Siamo fortunati a condividere questa passione. Ogni nota, ogni accordo è un pezzo di noi che resta nel mondo.»
Lasciando quel garage, la notte ci avvolse nel buio dei vicoli mentre tornavamo a casa, ma la luce della musica continuava a brillare nei nostri occhi. Per me e la mia band, la vita era un'infinita sinfonia, e ogni giorno portavo con me la promessa di nuove note da scoprire.
Una sera, Jake arrivò con notizie eccitanti. «Suoneremo al "Melody Haven" domani sera!» Eravamo emozionati per questa nuova opportunità.
Era un nuovo passo avanti della band e nella nostra avventura musicale. «Questo è incredibile!» Esclamai. «Suoneremo davanti a un vero pubblico, nel cuore di Londra.» Esplosi di emozione al solo pensiero.
Il giorno successivo, la tensione nell'aria era palpabile mentre ci preparavamo per la grande serata. Nel backstage del "Melody Haven", fornivo gli ultimi consigli. «Ragazzi, ricordatevi di godervi ogni istante. La musica è il nostro linguaggio, facciamola parlare con il cuore.»
Le luci del palco si accesero, e l'energia del pubblico riempì l'aria. Salimmo sul palco, pronti a condividere la nostra anima sonora con la gente che ci guardava e ascoltava. Ogni nota, ogni battito di cuore si fonde con l'atmosfera del pub, creando un'esperienza unica.
Mentre cantavo con passione, la mia voce si mescolava con il suono avvolgente della chitarra di Alex, il ritmo pulsante di Maya alla batteria e la profondità del basso di Jake. L'interazione tra di noi trasmetteva un'energia contagiosa, coinvolgendo il pubblico in una sinfonia di emozioni.
In quel fiume sonoro, con occhi chiusi e cuore aperto, incrociai uno sguardo nel pubblico. Uno sguardo familiare mi fece esitare. Una ragazza, con gli occhi brillanti, era lì insieme ad una sua amica, catturata dalla magia della musica.
Era quella ragazza con cui camminai imbarazzantemente per le stradine di Londra. La ragazza del primo anno della mia stessa università con cui inciampai per sbaglio l'altro giorno. La ragazza che mi fece venire dei brividi mai provati prima d'ora. La ragazza che non usciva dalla mia testa da giorni interi. Era proprio lei. Althea Wright.
Il contatto visivo tra me e Althea diventò un momento senza tempo, come se il destino avesse intrecciato di nuovo i nostri percorsi.
La melodia delle nostre note e della mia voce riempì l'aria, cantavo con l'anima esposta. La serata continuò con un'esperienza indimenticabile, tra applausi e l'energia del pubblico.
Al termine del concerto, vidi lei e la sua amica avvicinarsi al palco.
Scesi, ancora illuminato dall'energia della performance. «Ho sentito la vostra musica, è stata incredibile,» disse l'amica di Althea.
Sorrisi, il cuore pieno di gratitudine. «Grazie. Sono contento che abbiate apprezzato la nostra musica.»
La serata continuò come una sorta di sogno, poiché io e la mia band condividemmo risate, storie e bicchierini di Alcool con le due ragazze.
L'amicizia tra me e la mia band sembrava così naturale, come se la musica avesse intrecciato i nostri destini.
Sempre quella notte, mentre il pub si svuotava, le luci si affievolivano e io ero un po' ubriaco, guardai Althea sussurrandole delle parole significative. «Il destino ha un modo unico di riunire le anime. Sono contento che tu sia venuta qui stasera.»
Althea sorrise dolcemente. «Forse la musica è la chiave per connettere i cuori. È stato un incontro magico, come quello di quella sera, Aiden.» Nascosi il sorriso che stava per uscirmi dalle labbra, ma aveva ragione, quello è stato un incontro magico.
Ci guardammo un attimo negli occhi, come se avessimo intuito entrambi la stessa idea. Senza bisogno di parole, Althea prese il suo cellulare dalla borsa e me lo porse con un sorriso leggermente timido ma sincero.
«Ti va di scambiarci i numeri?» chiese con una nota di dolcezza nella voce, quasi a voler prolungare quella magia che sembrava avvolgerci.
«Assolutamente,» risposi, prendendo il telefono. In pochi istanti, i nostri numeri erano memorizzati nei rispettivi dispositivi, come se quel gesto avesse sigillato un patto non detto.
Era come se, in quel momento, avessimo entrambi la certezza che qualcosa di straordinario stava iniziando a prendere forma, tessuto dal destino stesso.
Quando tornai a casa non facevo altro che rigirarmi nel letto, incapace di chiudere occhio. Le parole di Althea continuavano a ronzare nella mia testa, ma un'altra voce stava iniziando a prendere possesso della mia mente.
La mia fottuta mente.
"Pensi davvero che questo possa funzionare? Credi che lei sia davvero interessata a te?"
"C'era qualcosa tra di noi. Ho visto un segnale positivo."
"Segnali? Sei solo un illuso. Non vedrai mai la realtà per quello che è. Solo una delusione ti aspetta."
"Non posso pensare così. Voglio credere che ci sia qualcosa di vero."
"E allora preparati a essere deluso. Meglio non sperare troppo, così eviterai di farti male."
La voce continuava a masticare ogni speranza, ogni briciola di ottimismo. Mentre il sonno finalmente cominciava a prevalere, il peso di quelle fottute parole mi schiacciava. Quella voce era il mio peggior incubo, un demone che divorava ogni slancio di fiducia e lasciava solo un vuoto angosciante. In quella notte interminabile, non riuscivo a liberarmi dal tormento che mi consumava, come un'ombra oscura che non lasciava scampo.
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