𝟏𝟒. 𝐈𝐧𝐭𝐢𝐦𝐚𝐭𝐞 𝐑𝐞𝐯𝐞𝐥𝐚𝐭𝐢𝐨𝐧𝐬
Scary Love - The Neighbourhood
"Your love is scaring me"
Il giorno del compleanno di Aiden, esattamente il 19 Novembre, la tensione tra noi era come l'aria prima di un temporale imminente. La festa a casa sua era in pieno svolgimento, la musica risuonava nell'aria e le luci vibravano con l'energia festosa. Io e la mia migliore amica eravamo state invitate, e l'atmosfera era carica di aspettative.
Aiden, con un sorriso misterioso, mi prese da parte durante la festa. «C'è qualcosa che voglio mostrarti,» disse, i suoi occhi scintillanti di promesse non dette.
Lucille, nel mentre, mi lanciò uno sguardo complice mentre scomparivamo insieme nel vortice della musica e della gente.
Mi condusse su per le scale, attraverso corridoi illuminati da luci soffuse, fino a giungere alla sua camera da letto. Il cuore batteva forte nel petto, consapevole che questo momento avrebbe potuto cambiare tutto tra noi.
Aiden chiuse la porta dietro di noi, e per un attimo, rimanemmo in silenzio, il suono della festa lontano come un sussurro. Il suo sguardo incontrò il mio, e l'aria stessa sembrava carica di elettricità. «Althea,» sussurrò, la sua voce era di un'armonia intima.
«Ho ricevuto tanti regali oggi, ma c'è né uno da parte tua che desidero più di ogni altra cosa, Stellina.»
«Oh davvero, Fiamma? E quale sarebbe sentiamo.»
La sua camera, illuminata da una delicata luce, divenne il palcoscenico di un momento intimo che avremmo tra poco condiviso. Aiden si avvicinò lentamente, la sua presenza avvolgente creava un'atmosfera carica di tensione e desiderio. Il suo sguardo penetrante incontrò il mio, un dialogo silenzioso che anticipava ciò che sarebbe successo.
Nella mia mente, i pensieri si scontravano come onde in tempesta.
Mi affascina giocare col fuoco e bruciarmi ogni volta, ma chiunque pensi di tenermi sotto controllo resterà deluso. Mi eccita il rischio, ma temo di perdere me stessa. E poi, ammettiamolo: chi crede di potermi domare, dovrà prepararsi a una grande delusione.
Esitai un momento, poi sorrisi con un'aria che speravo fosse imperturbabile. «Aiden, sei sicuro di volere questo regalo? Perché non sono esattamente un pacchetto facile da scartare.»
Aiden mi fissò con un misto di sorpresa e ammirazione, il suo sorriso che si allargava lentamente mentre assimilava le mie parole. Sembrava divertito, quasi stesse cercando di decifrare un enigma che non si aspettava.
«Stellina, non ho mai avuto paura delle sfide», rispose con una voce bassa e sicura, avvicinandosi ancora di più, tanto che potevo sentire il calore del suo corpo accanto al mio. «E non mi interessano i pacchetti facili da scartare. Voglio scoprire ogni singolo segreto che nascondi. Anche se brucia.»
Il modo in cui mi guardava, con quel misto di desiderio e sfida, mi fece tremare. Sentivo il mio cuore battere furiosamente nel petto, e un'ondata di emozioni contrastanti mi travolse. Mi resi conto che ero pericolosamente vicina al punto di non ritorno.
Lo guardai negli occhi, cercando di mantenere il controllo. «Sei così sicuro di voler giocare con il fuoco, Aiden?» domandai, la mia voce era un sussurro appena udibile. «Perché io non faccio prigionieri.»
Aiden sorrise ancora di più, i suoi occhi brillanti di una determinazione che quasi mi sfidava. «Sono qui per bruciarmi», disse. «E non potrei desiderare altro.»
Le sue mani trovarono le mie, e l'aria si riempì di elettricità mentre si svolgeva il gioco di dita intrecciate. Il tempo sembrava rallentare, creando un vuoto sospeso tra noi due. Una musica lenta risuonava nel sottofondo, la colonna sonora perfetta per il nostro momento. Aiden, con una dolcezza decisa, tracciò il contorno del mio viso, il suo tocco lasciando una scia di sensazioni. Ogni carezza era un invito, un viaggio verso l'ignoto. Mi avvicinai, sentendo il calore della sua pelle mentre i nostri respiri si mescolavano.
Le sue labbra trovarono le mie, un bacio inizialmente leggero che si trasformò in una danza appassionata.
Ogni movimento, ogni sfioramento, comunicava una connessione profonda, un'intimità che avevamo solo sfiorato prima d'ora.
Aiden guidò il cammino, esplorando con delicatezza ogni parte di me. Ogni gesto era carico di significato, un modo di comunicare senza parole ciò che il cuore batteva con forza dietro le parole mai dette.
Il contatto della sua pelle contro la mia inviava scosse di piacere attraverso il mio corpo. La tensione accumulata nei giorni precedenti si scioglieva in un vortice di sensazioni. Ogni respiro profondo era una dichiarazione silenziosa, una promessa di esplorare questo territorio sconosciuto insieme.
La stanza divenne un rifugio dalla festa al piano di sotto, dove solo le nostre presenze contavano. Le parole erano superflue, poiché il linguaggio del corpo e degli sguardi svelava più di quanto le parole potessero mai esprimere. Con il passare del tempo, ci abbandonammo a un'armonia di movimenti e desideri condivisi.
Poi, con una lentezza deliberata, Aiden scese in ginocchio davanti a me, mantenendo il contatto visivo. Sentii un brivido percorrere la mia schiena quando le sue mani si posarono sulle mie ginocchia, separandole lentamente. La mia respirazione diventò irregolare mentre lui si avvicinava, il suo respiro caldo sulla mia pelle sensibile.
Le sue dita trovarono il bordo della mia biancheria intima, scivolando sotto di essa con delicatezza. Quando finalmente mi toccò, un'ondata di piacere mi travolse, strappandomi un gemito che non riuscì a trattenere.
Ogni movimento delle sue dita era preciso e lento, esplorando ogni parte di me con una delicatezza che mi faceva sentire completamente persa nel momento.
Aiden mi guardò, un sorriso leggero sulle labbra mentre osservava le mie reazioni. Poi, senza staccare gli occhi dai miei, abbassò la testa e posò le labbra sulla mia pelle. La sua lingua, calda e morbida, tracciò un sentiero di piacere, facendomi rabbrividire ad ogni tocco. Il suo ritmo era lento, deliberato, come se volesse prolungare ogni sensazione, ogni attimo di quel momento.
Mi aggrappai alle lenzuola, il mio corpo che si muoveva involontariamente contro la sua bocca. Ogni tocco, ogni carezza era un invito a lasciarmi andare, a dimenticare tutto il resto e a perdermi nel piacere che lui stava creando. Mi sentivo sopraffatta, travolta da un'emozione così intensa che mi sembrava di esplodere.
Le sue dita si muovevano con delicatezza, esplorando e provocando sensazioni nuove, mentre la sua lingua seguiva il ritmo, accelerando e rallentando con maestria. Ogni movimento era calibrato per suscitare il massimo piacere, ma io ero determinata a mantenere il controllo della situazione, rimanendo consapevole di me stessa e delle mie reazioni.
Con un sorriso malizioso, lo sfidai con il mio sguardo, suggerendo che non mi sarei lasciata completamente trasportare, ma avrei giocato secondo le mie regole. Anche mentre il piacere cresceva e ogni tocco mi avvicinava al limite, il mio atteggiamento era di sfida e padronanza.
«Mi piace giocare col fuoco,» dissi con un sorriso malizioso, «ma non pensare nemmeno per un momento che tu possa domarmi.»
Quando finalmente, con un ultimo tocco, raggiunsi un climax potente, il mondo intorno a noi sembrava svanire. Ma anche in quel momento di intensa connessione, la mia consapevolezza di me stessa era intatta. L'unica cosa che sentivo era lui e il suo tocco, ma era chiaro che, anche se eravamo in sintonia, ero sempre io a dettare i miei confini e a mantenere la mia indipendenza.
La nostra connessione era profonda, ma era evidente che non mi ero lasciata domare. Anche in quel culmine di intimità, la mia determinazione e il mio spirito indomito erano sempre presenti.
Aiden, con gli occhi che riflettevano ancora il calore del momento, si sedette sul letto accanto a me. «Non avrei mai pensato che il mio compleanno sarebbe stato così...» iniziò, le parole incerte, ma cariche di significato.
Lo interruppi con un sorriso malizioso, «Intenso? Inaspettato?»
Aiden annuì, «entrambi, direi.» Un silenzio carico di complicità si stese tra noi mentre ci sforzavamo di trovare le parole giuste per descrivere ciò che era appena accaduto.
«Stellina, sei sicura di voler tornare giù alla festa?» Chiese Aiden, i suoi occhi scrutando i miei con una miscela di preoccupazione e desiderio.
«Devo,» risposi, mentre la realtà della situazione iniziava a riaffiorare. «Le feste non aspettano.»
Ci scambiammo uno sguardo intenso, come se cercassimo di catturare quell'istante speciale prima che si dissolvesse nel flusso della vita quotidiana.
«Tornerai a trovarmi, Stellina?» chiese Aiden, la sua voce un sussurro che vibrava di speranza.
«Vedremo cosa riserva il futuro,» risposi, sentendo la gravità delle parole. Ci alzammo dal letto, e Aiden mi accompagnò alla porta della sua stanza.
«Buon compleanno, Aiden,» dissi, prima di attraversare la porta per rientrare nella vivace atmosfera della festa. Aiden mi seguì, e mentre scendevamo le scale, la tensione intima tra noi si fuse con il frastuono della musica e delle risate.
Raggiungemmo la festa come due attori che tornano sul palcoscenico, nascondendo dietro i sorrisi di ciò che era appena successo.
La sera continuò, ma la nostra connessione intensa persisteva sotto la superficie degli sguardi fugaci e dei sorrisi complici. Quando finalmente decisi di salutare Aiden e rientrare a casa, i suoi occhi mi accompagnarono fino all'uscita.
Ritornata nella quiete della mia stanza, riflettei sulle scintille di emozioni che avevamo condiviso. Non sapevo cosa avrebbe riservato il domani, ma quel capitolo del nostro intenso viaggio era ora scritto nei ricordi condivisi tra le stelle.
Il telefono squillò, era un messaggio da Aiden: "Questa notte rimarrà solo nostra, Stellina. Buonanotte."
E così, nell'oscurità della notte, chiusi gli occhi, portando con me la promessa di nuovi orizzonti e il ricordo di una connessione che aveva sfidato il confine tra il quotidiano e l'inaspettato.
Le giornate trascorrevano come pagine di un libro sfogliato con cura, ma la storia tra Aiden e me stava per prendere una piega inaspettata. Una fredda sera di fine Novembre ci ritrovammo di nuovo, il chiarore delle stelle sopra di noi testimone delle nostre emozioni sottostanti.
Mentre camminavamo lungo un sentiero, Aiden si fermò, il suo sguardo serio incontrò il mio. «Althea,» iniziò, la sua voce carica di un'urgenza contenuta, «è giunto il momento di affrontare ciò che siamo diventati.»
La tensione era palpabile, ma entrambi esitavamo a gettare la maschera delle ambiguità. «Cosa stai cercando di dire?» Chiesi, sentendo il mio cuore battere più velocemente.
Aiden sorrise, ma questa volta non c'era la solita malizia nei suoi occhi. «Abbiamo camminato intorno a questo abbastanza a lungo, vero? Siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo decidere cosa siamo davvero.»
La notte sembrava fermarsi, ogni stella come una pausa in un dialogo sospeso. «Abbiamo creato un'atmosfera tra noi, Althea,» disse lui, «e ora è il momento di capire se questa connessione è solo un gioco o qualcosa di più profondo.»
La mia mente si riempì di domande senza risposta, ma la paura di rovinare la magia che avevamo costruito ci manteneva ancora prigionieri delle nostre riserve. «Cosa ne pensi?» Chiesi, cercando la chiarezza nei suoi occhi.
Aiden si avvicinò, i nostri sguardi si intrecciarono in un abbraccio di domande senza risposta. «Penso che potremmo perdere molto se non andiamo oltre le apparenze,» disse, la sua voce un sussurro sotto il cielo stellato.
La pioggia scendeva dal cielo silenziosamente sopra di noi, come se aspettasse la nostra risposta. «E se roviniamo tutto?» Chiesi, la paura del cambiamento danzava tra le parole.
Aiden prese delicatamente il mio viso tra le mani. «E se non proviamo mai?» Rispose, la sua voce una melodia di speranza.
In quel momento, il silenzio tra noi era una tela bianca, pronta per essere dipinta dalle parole ancora non pronunciate. «Forse è il momento di capire cosa c'è davvero tra noi,» ammisi, la mia voce appena udibile nel buio.
Aiden sorrise, e senza dire una parola, mi prese la mano. La sua presa era calda, un legame che trascendeva le parole. Camminammo sotto la pioggia leggera, lasciando che ogni goccia fosse testimone del nostro percorso incerto. Le luci della città si riflettevano nelle pozzanghere mentre il nostro dialogo senza parole si sviluppava nel silenzio della notte.
Raggiungemmo un piccolo gazebo nel parco, un rifugio dalla pioggia che continuava a scendere con delicatezza. Ci fermammo sotto il suo tetto, i nostri sguardi sembravano raccontare storie che le parole avevano paura di dire.
«Althea» iniziò Aiden, la sua voce un'eco nei corridoi silenziosi del nostro intimo rifugio, «è come se il mondo si fermasse quando sono con te. E non so cosa significhi per te, ma per me... è più di un gioco.»
Le sue parole risuonarono nel cuore, sfiorando corde che avevano bisogno di esplorazione. «Aiden, anch'io sento qualcosa di speciale tra noi,» ammisi, il mio sguardo incatenato al suo.
Si avvicinò lentamente, come se il tempo si piegasse alle nostre volontà. «Allora, Stellina,» disse con un sorriso tenero, «cosa ne dici se ci concediamo il lusso di scoprire cosa potrebbe essere?»
La risposta rimase in sospeso nell'aria, un'invitante promessa di un futuro ancora da scrivere. Le sue labbra incontrarono le mie, e il bacio suggellò l'accordo tacito tra noi.
La pioggia intorno a noi diventò un sottofondo romantico mentre continuavamo a esplorare l'intimità nascosta tra i battiti del cuore. Le riserve cedettero, e le maschere si dissolsero nel chiarore della comprensione reciproca.
«Vuoi davvero fare questo passo insieme, Althea?» chiese, i suoi occhi speranzosi scrutavano i miei.
Un sorriso giocò sulle mie labbra, «sì, Aiden. Forse è il momento di smettere di ballare intorno a ciò che sentiamo e iniziare a ballare insieme.»
Il suo volto si illuminò, una scintilla di felicità brillò nei suoi occhi. Mano nella mano, uscimmo dal gazebo, affrontando il mondo insieme, consapevoli che il nostro destino era ora intrecciato in modo indissolubile.
Quel momento sembrava un sogno, così perfetto da sembrare irreale. Le emozioni vorticavano dentro di me, e non potei fare a meno di chiedergli, con un filo di voce tremante, «Aiden, tutto... tutto questo è reale? O sto solo sognando?»
I suoi occhi si fecero più dolci, riflettendo una sincerità che mi avvolse come una coperta calda in una notte fredda. «È reale, Althea. Sta accadendo realmente.» Le sue parole erano un'ancora che mi teneva saldamente radicata alla realtà.
Prima che potessi rispondere, Aiden si avvicinò e mi baciò. Fu un bacio appassionato, un'esplosione di emozioni contenute per troppo tempo. Ogni contatto delle sue labbra con le mie era una scintilla che accendeva un fuoco dentro di noi. La tensione accumulata si sciolse in quel bacio, trasformandosi in una magia palpabile.
Ci abbracciammo stretti, perdendoci nella dolcezza di quel momento. Ogni secondo sembrava eterno, un frammento di eternità che si estendeva in ogni fibra del nostro essere. La pioggia continuava a cadere intorno a noi, ma non ci importava. Il mondo esterno svaniva, lasciandoci soli in un universo fatto solo di noi due.
Nel suo abbraccio, trovai il paradiso che ho sempre cercato. Trovai l'infinito, il riflesso del nostro amore che risplendeva oltre ogni confine.
Quando poi ci separammo, i nostri sguardi erano ancora intrecciati, e nei suoi occhi trovai la risposta che avevo cercato da tanto tempo. «Non è un sogno, Stellina. Questo è solo l'inizio di qualcosa di meraviglioso.»
Sorrisi, sentendo una nuova forza dentro di me. «Allora non ho più paura,» dissi, mentre la pioggia ci avvolgeva in una danza silenziosa.
La pioggia, complice silenziosa, continuò a bagnare il nostro cammino mentre ci avventuravamo in un capitolo nuovo e affascinante della nostra storia. E così, sotto il cielo pluviale di fine novembre, iniziammo il nostro viaggio, incerti del futuro, ma certi del desiderio di condividerlo l'uno con l'altro.
Mentre camminavamo sotto la pioggia quella sera, tutto sembrava così perfetto. Io e Althea avevamo finalmente abbattuto quel muro di incertezze che ci aveva tenuti a distanza per troppo tempo. Ma ora, mentre stavo davanti alla porta di casa mia, sentivo che le cose stavano per cambiare. Non era Althea, non ero io... era tutto ciò che ci circondava.
Appena rientrai, la luce soffusa del salotto rivelò i volti tesi dei miei genitori. Mio padre era seduto sulla poltrona, la postura rigida e le labbra serrate, mentre mia madre stava in piedi vicino alla finestra, guardando fuori come se cercasse risposte tra le ombre della sera.
«Aiden, dobbiamo parlare,» iniziò mio padre con quella voce grave che utilizzava solo quando si trattava di qualcosa di serio.
Non avevano neanche notato che ero tutto bagnato a causa della pioggia.
Sentii un nodo formarsi nello stomaco. «Cosa c'è?»
Mia madre si girò verso di me, il viso tirato dall'ansia. «Tuo padre ed io siamo preoccupati per il tuo futuro, Aiden. Hai fatto le tue scelte, ma dobbiamo discuterne.»
«Mamma, papà...» sospirai, già sapendo dove voleva arrivare questa conversazione. «Lo so che non siete contenti del fatto che io voglia dedicarmi alla musica, ma è la mia passione. Non posso immaginare di fare altro.»
Mio padre si alzò, muovendosi con la sua strana energia nervosa che conoscevo bene. «Aiden, la musica è un hobby, non una carriera. Abbiamo investito tanto nella tua educazione, speravamo che tu potessi prendere una strada più... solida, qualcosa che ti garantisca un futuro sicuro.»
«Sicuro per chi?» ribattei, cercando di mantenere la calma. «Sicuro per voi o per me?»
Mia madre intervenne, cercando di placare la tensione. «Tesoro, non è che non crediamo in te. Sappiamo che sei bravo, ma la musica... è un mondo così incerto. Non vogliamo vederti lottare tutta la vita per qualcosa che potrebbe portarti da nessuna parte.»
La frustrazione montava dentro di me. Avevamo avuto questa conversazione troppe volte, e ogni volta finiva nello stesso modo: con loro che cercavano di convincermi a scegliere un percorso più tradizionale e io che mi sentivo sempre più intrappolato.
«Ma non capite?» dissi, la mia voce tremava leggermente. «La musica è tutto per me. Non si tratta solo di fare soldi o di avere un lavoro sicuro. Si tratta di esprimermi, di fare qualcosa che mi rende felice.»
Mio padre scosse la testa, la sua espressione dura. «Felicità? Felicità non paga le bollette, Aiden. Sei giovane, non capisci ancora cosa significa avere responsabilità. Stai sognando a occhi aperti.»
Quelle parole mi colpirono come un pugno allo stomaco. «E allora cosa volete che faccia? Che segua un percorso che mi rende infelice solo perché voi pensate che sia la cosa giusta?»
«Vogliamo che tu abbia un futuro, Aiden,» disse mia madre, la sua voce addolcita dalla preoccupazione. «Un futuro che non ti lasci alla mercé del caso, che ti permetta di costruire una vita stabile.»
Mi guardai intorno, cercando un appiglio nella stanza che sembrava chiudersi intorno a me. Le foto di famiglia, i libri ordinatamente allineati sugli scaffali, tutto mi sembrava improvvisamente soffocante. Sentivo il peso delle aspettative che i miei genitori avevano sempre avuto su di me, e per un momento, dubitai di me stesso.
«Forse avete ragione,» sussurrai, ma poi mi fermai. No, non potevo rinunciare a ciò che amavo solo per compiacere loro. «Ma non posso vivere la mia vita secondo le vostre aspettative. Ho bisogno di seguire la mia strada, di fare ciò che amo.»
Mio padre sospirò profondamente, il suo volto segnato dalla delusione. «Stai facendo un errore, Aiden. E lo stai facendo solo perché non vuoi ascoltarci.»
«No,» risposi con fermezza, «lo sto facendo perché è ciò che sento giusto. Voi potete non capirlo, ma io non posso ignorarlo.»
Il silenzio che seguì fu pesante, carico di parole non dette e speranze infrante. Mia madre si avvicinò e mi prese la mano, il suo tocco caldo ma tremante. «Siamo solo preoccupati per te, amore. Vogliamo solo che tu sia felice e al sicuro.»
Le strinsi la mano, cercando di trasmetterle la mia determinazione. «Lo so, mamma. E vi ringrazio per questo. Ma devo trovare la mia strada, anche se è diversa da quella che avevate in mente per me.»
Mi allontanai lentamente, sapendo che questa conversazione non avrebbe risolto tutto, ma almeno avevo detto la mia. Dovevo essere fedele a me stesso, anche se significava deludere le persone che amavo.
Mentre salivo le scale verso la mia camera, il pensiero di Althea mi attraversò la mente. Aveva ragione quando diceva che a volte la vita ci mette di fronte a scelte difficili, ma ora sapevo che questa era una battaglia che dovevo combattere da solo. La musica, Althea, e tutto ciò che desideravo per il futuro erano intrecciati in un nodo di emozioni e speranze che solo io potevo sciogliere.
Quella notte, mentre mi addormentavo, sentii un misto di determinazione e tristezza. La strada che avevo scelto non sarebbe stata facile, ma almeno sapevo che era la mia.
Il pomeriggio era fresco, e l'aria frizzante di Novembre ci avvolgeva mentre ci avviavamo verso il centro di volontariato. Io e Althea avevamo iniziato a fare volontariato insieme qualche settimana fa, una decisione presa d'impulso ma che si era rivelata un'occasione perfetta per passare del tempo insieme, facendo qualcosa di significativo. Mi piaceva lavorare con lei in un contesto diverso, lontano dalle solite conversazioni superficiali della vita quotidiana.
Il centro era un luogo vivace, sempre pieno di attività. Quel giorno, ci aspettava la distribuzione di vestiti per le persone in difficoltà. Le casse piene di abiti donati erano già state portate all'interno, e noi due eravamo pronte a dare il nostro contributo.
Mentre lavoravamo, piegando vestiti e chiacchierando con le altre volontarie, la mia mente continuava a tornare a un pensiero fisso: Aiden. Non riuscivo a scacciare quella sensazione di disagio che provavo ogni volta che lo vedevo con Althea. Non era qualcosa di specifico che mi preoccupava, ma piuttosto un insieme di piccoli segnali, di dettagli che, messi insieme, mi davano l'impressione che qualcosa non andasse.
Ero preoccupata per Althea. Lei era sempre stata così sicura di sé, così indipendente, ma da quando aveva iniziato a frequentare Aiden, avevo notato un cambiamento. Sembrava più vulnerabile, più insicura, come se la sua felicità dipendesse da lui in un modo che non mi piaceva. E poi c'erano le sue incessanti discussioni con i genitori a proposito della musica... Althea me ne aveva parlato, e questo non ha fatto altro che aumentare i miei dubbi.
Althea, invece, era concentrata sul suo lavoro, ma io sapevo che stava cercando di evitare una conversazione che entrambe sapevamo inevitabile. Ma decisi di parlarle.
«Althea,» iniziai, cercando di mantenere il tono più casuale possibile, «posso chiederti una cosa?»
Lei sollevò lo sguardo dalle magliette che stava piegando e mi sorrise, ma nei suoi occhi c'era un'ombra di preoccupazione. «Certo, dimmi tutto.»
Presi un respiro profondo. «È da un po' che volevo parlarti di Aiden.»
Il suo sorriso si affievolì leggermente, ma non si tirò indietro. «Cosa c'è che non va con Aiden?»
Mi sistemai meglio sulla sedia, cercando le parole giuste. «Non è che ci sia qualcosa di specifico... è solo che sono preoccupata per te. Non so se Aiden sia la persona giusta per te, ecco.»
Lei mi guardò, sorpresa e forse anche un po' irritata. «Perché dici questo? Pensavo che ti piacesse.»
«Non è questione di piacere o no,» risposi con calma. «È solo che... hai notato come sei cambiata da quando stai con lui? Sei sempre stata così forte e indipendente, e ora sembra che ogni tua decisione dipenda da lui.»
Althea mi fissò, la fronte leggermente aggrottata. «Sto solo cercando di far funzionare la nostra relazione. È normale fare dei compromessi quando si è in coppia.»
«Lo so, e non c'è niente di male in questo. Ma Aiden... sembra che lui abbia ancora molte cose da risolvere, specialmente con la sua famiglia e il suo futuro. Non vorrei che tu ti facessi coinvolgere troppo in questi suoi problemi e che finissi per soffrire.»
Althea si interruppe dal suo lavoro e mi fissò intensamente. «Lucille, capisco che tu sia preoccupata per me, ma io so cosa sto facendo. Aiden ha bisogno di qualcuno che lo supporti, e io voglio essere quella persona per lui. Non lo abbandonerò solo perché ha delle difficoltà.»
Sentii un nodo formarsi nello stomaco. Era difficile parlarle così, ma dovevo dirle ciò che sentivo. «Non sto dicendo che dovresti abbandonarlo, ma devi anche pensare a te stessa, Althea. Non puoi risolvere tutti i suoi problemi da sola, e non devi sacrificare la tua felicità per lui. Temo che tu stia mettendo troppo di te stessa in questa relazione.»
«Non è un sacrificio,» rispose con fermezza. «È una scelta che sto facendo, Lucille. Voglio stare con lui, e voglio supportarlo nei momenti difficili.»
La determinazione nella sua voce era chiara, ma c'era qualcosa nel modo in cui lo diceva che mi preoccupava. Come se stesse cercando di convincere se stessa tanto quanto me.
«E se lui non cambiasse, Althea? Se queste difficoltà non finissero mai? Sei sicura di poter vivere così, sempre preoccupata per il futuro, per i suoi problemi?»
Althea abbassò lo sguardo, giocherellando nervosamente con una felpa che stava piegando. «Non posso sapere cosa succederà, Lucille. Nessuno può. Ma so che voglio provarci. Non voglio arrendermi solo perché è difficile.»
Sospirai. Sapevo che non sarebbe stato facile farla riflettere su quello che stavo cercando di dirle, ma non potevo fare a meno di continuare. «Non ti sto chiedendo di arrenderti, Althea. Voglio solo che tu ti assicuri di non perdere te stessa nel processo. Aiden è importante, ma lo sei anche tu.»
Althea rimase in silenzio per un momento, poi alzò lo sguardo su di me, con un'espressione più morbida. «Apprezzo che ti preoccupi per me, davvero. Ma devi fidarti di me. So cosa sto facendo.»
Volevo crederle, volevo davvero credere che avesse il controllo della situazione, ma quella sensazione di disagio non mi abbandonava. «Va bene,» dissi infine, decidendo di non spingerla oltre. «Solo, promettimi che starai attenta. E che parlerai con me se mai ti sentirai sopraffatta.»
Lei mi sorrise, e stavolta era un sorriso più sincero, anche se un po' triste. «Lo farò. Promesso.»
Continuammo a lavorare in silenzio, ma le parole non dette rimasero sospese nell'aria. Sapevo che Althea era determinata a far funzionare le cose con Aiden, ma non potevo scrollarmi di dosso la sensazione che stesse affrontando qualcosa di molto più grande di lei. Avrei voluto proteggerla, ma capivo anche che dovevo rispettare le sue scelte.
E così, tra una piega e l'altra, decisi che, qualunque cosa fosse accaduta, sarei stata lì per lei, pronta a sostenerla in qualunque modo avesse bisogno. Anche se significava semplicemente essere lì per raccogliere i pezzi, se mai fosse caduta.
Althea era davvero molto speciale per me.
La mia villa o meglio, quella dei miei genitori, era sempre stata un rifugio per me, Alex, Aiden e Maya, un luogo dove ci sentivamo liberi di essere noi stessi senza preoccupazioni. I miei genitori erano fuori città per il weekend, come al solito, lasciandomi la casa a disposizione. Era un venerdì sera come tanti, e Aiden e Alex erano già arrivati da un'oretta, mentre Maya, quel giorno, era già impegnata. Eravamo nel soggiorno, la chitarra di Alex era poggiata sul divano, e c'era una bottiglia di whisky sul tavolino di fronte a noi. Avevamo passato la giornata a parlare del futuro della band, cercando di mettere insieme qualche nuova idea per i pezzi su cui stavamo lavorando.
«Ti dico, dovremmo davvero pensare di portare quel riff in studio,» disse Alex, accendendosi una sigaretta e soffermandosi su Aiden. «Quello che hai tirato fuori l'altro giorno ha qualcosa di speciale, lo sento.»
Aiden, seduto con la schiena contro il divano e gli occhi rivolti verso il soffitto, annuì lentamente. «Sì, ma dobbiamo lavorare ancora un po' sui testi. Non voglio che suoni forzato.»
«I testi sono buoni,» intervenni, cercando di dare un po' di sostegno. «Forse solo qualche ritocco qui e lì, ma sono convinto che se ci mettiamo seriamente, ne uscirà qualcosa di grande.»
Aiden lasciò andare un lungo sospiro e si passò una mano tra i capelli. «Lo so, ragazzi. Solo che... è dura, sapete? Ho tutta questa pressione addosso, dai miei, da tutti... e poi c'è anche Althea.»
C'era qualcosa nel modo in cui lo disse che mi fece sollevare lo sguardo. Aiden non era mai stato uno che si apriva facilmente, soprattutto quando si trattava di emozioni profonde. Ma quando nominò Althea, sapevo che c'era qualcosa che andava oltre la semplice preoccupazione per la musica.
«Parliamo di Althea, allora,» dissi, cercando di essere il più neutrale possibile. «Cosa sta succedendo?»
Aiden restò in silenzio per un attimo, come se stesse cercando di mettere in ordine i suoi pensieri. Alla fine, parlò con un tono che non avevo sentito spesso da lui: sincero, quasi vulnerabile. «Non lo so... è solo che, più ci penso, più mi rendo conto di quanto sia importante per me. Ma allo stesso tempo, mi spaventa a morte. Non voglio deluderla, non voglio che finisca per soffrire a causa mia.»
Alex si sporse leggermente in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. «Ma perché pensi che la deluderai? Aiden, stai facendo di tutto per tenere insieme la tua vita, la band, e ora anche lei. Se qualcuno ti capisce, quella è Althea.»
Aiden scosse la testa, quasi con un'espressione di frustrazione. «Sì, lo so. Ma io... ho i miei problemi. I miei genitori continuano a pressarmi per lasciare la musica e fare qualcos'altro, qualcosa di più "stabile", come dicono loro. E non vogliono che io sprechi la mia vita dietro una chitarra o un microfono, e meno che mai con una ragazza che, secondo loro, non potrà mai capirmi davvero.»
«Stiamo parlando dei tuoi o di Althea?» chiesi, cercando di capirci qualcosa.
Aiden si voltò verso di me, gli occhi che mostravano un misto di esasperazione e tristezza. «Entrambi, credo. I miei non capiscono cosa significhi questa relazione per me. E ogni volta che penso al futuro, c'è sempre questa paura che, nonostante tutto quello che provo, non sarò mai abbastanza per lei. Che alla fine, Althea merita qualcuno di più stabile, qualcuno che non sia così incasinato come me.»
Sentii una stretta al petto. Aiden era il più talentuoso tra noi, quello con una passione per la musica che bruciava più intensamente di chiunque altro. Ma era anche il più insicuro, e questo lo stava logorando.
«Senti, Aiden,» iniziai, cercando le parole giuste, «sei un tipo che vive per la musica. E Althea lo sa. Lei ti ha scelto per quello che sei, non per quello che i tuoi genitori vogliono che tu diventi. Se davvero sei innamorato di lei, e sembra che tu lo sia, allora devi fidarti di questo amore. E per quanto riguarda la band, non lasciare che i tuoi dubbi distruggano tutto. Stiamo andando bene, abbiamo qualcosa di speciale qui.»
Alex annuì, tirando un'altra boccata dalla sigaretta. «Jake ha ragione. Non sei solo in questo, Aiden. Noi ci siamo, e Althea c'è anche. Devi solo decidere di crederci.»
Aiden ci guardò, uno per uno, come se stesse cercando conforto nelle nostre parole. «Ci credo,» disse infine, con una voce che sembrava più determinata. «Ci credo davvero. Solo che è difficile mantenere questa convinzione quando tutto intorno a me sembra andare in pezzi.»
«Ecco perché ci siamo noi,» dissi, cercando di alleggerire l'atmosfera. «Non ti lasceremo mai cadere, e nemmeno Althea lo farà.»
Aiden sorrise, un sorriso stanco ma sincero. «Grazie, ragazzi. Significa molto per me.»
Ci fu un momento di silenzio, uno di quei momenti in cui capisci che qualcosa di importante è stato detto e non c'è bisogno di aggiungere altro. Eravamo lì, insieme, come sempre, e sapevo che, nonostante le sfide, avremmo trovato un modo per far funzionare tutto. La band, l'amicizia, e anche l'amore di Aiden per Althea.
Alla fine, la conversazione si spostò su argomenti più leggeri, ma dentro di me continuavo a riflettere su quello che era appena successo. Ero sicuro di una cosa: qualunque cosa accadesse, avrei fatto di tutto per assicurarmi che Aiden non perdesse la sua strada. Perché non riguardava solo la musica, ma anche il suo cuore, e quel cuore apparteneva chiaramente ad Althea.
Mentre ci versavamo un altro giro di whisky, guardai Aiden negli occhi e capii che, nonostante tutte le sue paure, dentro di lui c'era una forza che non poteva essere spezzata, non dai suoi genitori, non dalle sue insicurezze.
Era il momento di smettere di dubitare. Era il momento di credere.
Gettai indietro la testa e con un sorriso sfrontato dissi: «donne, soldi, potere... Il mondo può offrire quello che vuole, ma ricordate, siamo noi a decidere cosa prendere. E non ci faremo mai mettere i piedi in testa.»
E se il mondo avesse provato a metterci alla prova, beh, allora sarebbe stato il mondo a doversi preparare alla lotta.
Quando Aiden mi disse che voleva mostrarmi il garage abbandonato che usava per le prove con i ragazzi, ero curiosa. Era da poco che stavamo insieme e avevo imparato che dietro quel suo sguardo tranquillo c'era un mondo di sfumature. Era il giorno perfetto: la band non aveva prove, e il pensiero di avere Aiden tutto per me in quel luogo che lui chiamava "la sua zona sacra" mi intrigava.
Quando entrammo, il garage era esattamente come lo immaginavo: disordinato, con amplificatori ovunque, chitarre appoggiate su stand e poster di vecchie band rock sulle pareti. Aiden camminava davanti a me, rilassato, con quella sua aria indolente e sicura allo stesso tempo. Mi osservai intorno, annuendo. «Quindi, qui succede la magia?»
Aiden, dietro di me, si avvicinò silenziosamente. Senti la sua presenza prima di avvertire le sue dita scivolare leggere sulla mia schiena, facendomi trasalire. «Ebbene sì, stellina. Ti piace?» chiese con quella voce bassa, carica di qualcosa che sapevo bene cosa significasse.
«È molto... te,» risposi, voltandomi verso di lui. I suoi occhi chiari brillavano sotto la luce soffusa del garage, e io mi ritrovai subito intrappolata in quel suo sguardo intenso.
Sorrise, quel mezzo sorriso che mi faceva perdere la testa, e prese una delle sue chitarre dal supporto; pensavo prendesse la sua amata Les Paul e invece ne prese una normale. Si sedette su una vecchia sedia e mi guardò con una calma che mi metteva in guardia. «Vieni qui.»
Non era una richiesta, e io lo sapevo.
Lentamente, mi avvicinai, piazzandomi di fronte a lui. Aiden appoggiò la chitarra sulle sue ginocchia e cominciò a suonare un accordo, ma non toglieva gli occhi dai miei. Le sue dita si muovevano con una facilità disarmante, come se stessero accarezzando qualcosa di delicato, e io non potei fare a meno di sentire il mio respiro accelerare.
«Ti piace questo suono?» chiese, la voce più bassa, mentre le sue dita sfioravano ancora le corde.
«Lo sai che mi piace...» mormorai, cercando di mantenere il controllo.
Smise di suonare, appoggiando delicatamente la chitarra sulle sue gambe, e mi fissò con uno sguardo che mi fece tremare. «Non è questo il suono che voglio sentire.»
Prima che potessi rispondere, mi tirò verso di sé, facendomi sedere a cavalcioni sulle sue gambe, con la chitarra stretta tra noi. Il legno freddo del corpo della chitarra premeva contro il mio stomaco, mentre lui mi teneva ferma con entrambe le mani sui fianchi.
«Aiden, che fai?» chiesi, ma già sapevo dove voleva arrivare. La sua eccitazione era palpabile, la sentivo contro di me.
Lui non rispose subito. Si limitò a far scorrere una mano sul mio fianco, salendo lentamente lungo il mio corpo, facendo scivolare le dita sotto il bordo della mia maglietta. «Voglio che tu stia ferma,» sussurrò, e il tono autoritario mi fece fremere.
Poi, senza preavviso, prese il manico della chitarra e lo fece scorrere lungo la mia gamba, risalendo lentamente, facendomi sentire ogni curva del legno freddo contro la mia pelle. «Sai, Althea, questa chitarra... è come te.»
Feci per rispondergli, ma lui mi interruppe, premendo leggermente il corpo della chitarra contro di me, proprio tra le gambe. «È delicata, ma quando la si tocca nel modo giusto... suona esattamente come voglio io.»
Sentii il mio corpo rispondere a ogni sua parola, ogni movimento. E poi, con quel suo sguardo perverso, le sue dita scivolarono lungo il bordo della chitarra, fino al buco al centro, quello da cui si diffondeva il suono. Mi guardava, come se volesse assicurarsi che stessi capendo ogni cosa, ogni implicazione di quel gesto.
«Aiden...» gemetti, cercando di muovermi, ma lui mi tenne ferma con una stretta decisa.
Le mie mutandine stavano iniziando a bagnarsi tutte.
«Shh... sei mia adesso,» sussurrò, e poi infilò le dita dentro il foro della chitarra, con una lentezza calcolata, come se stesse simulando qualcosa di molto più intimo. «Vedi, è come te... accoglie tutto quello che le do.»
Le sue parole mi fecero gemere piano, mentre le dita si muovevano dentro il buco della chitarra, lentamente, avanti e indietro. Era un gesto così perverso, così deliberato, che sentii ogni barriera crollare dentro di me.
«Aiden, sei... per caso malato?» sussurrai, ma non riuscivo a nascondere quanto mi piacesse.
«Sì, ma lo sono solo di te,» rispose, un ghigno soddisfatto sulle labbra. Le sue dita continuarono a muoversi, facendomi immaginare ogni cosa che avrei voluto sentire in quel momento.
Poi si fermò, il respiro pesante, e mi guardò con intensità. «E ora dimmi, Stellina... che suono farai quando sarà il turno di giocare davvero?»
Porca puttana.
Quelle parole mi colpirono come un fulmine, e prima che potessi rispondere, Aiden mi tirò a sé, facendo scivolare via la chitarra e catturandomi in un bacio feroce, carico di una passione che avevamo trattenuto troppo a lungo. Le sue mani si spostarono velocemente, salendo lungo le mie cosce, esplorando la mia pelle, mentre io mi perdevo completamente tra le sue braccia.
In quel momento capii che non c'era più alcun controllo da parte mia.
Dov'era finita la dominatrice che c'era in me?
Il bacio di Aiden era feroce, affamato. Sentii la mia resistenza sciogliersi all'istante, e con essa ogni pretesa di controllo. Le sue mani si muovevano sicure, risalendo lungo le mie cosce, scoprendo centimetri di pelle con una lentezza torturante. Mi teneva stretta contro di sé, come se volesse assicurarsi che non potessi sfuggirgli. Ma la verità era che non avevo alcuna intenzione di farlo.
Quando finalmente mi staccai da lui per prendere fiato, il suo sguardo era oscuro, carico di desiderio. Le sue mani si fermarono sui miei fianchi, stringendomi forte. «Sei mia, Althea,» sussurrò, la sua voce bassa e roca.
«Lo so,» risposi con un filo di voce. E lo sapevo davvero, in quel momento. Mi aveva completamente in pugno. Sentivo il mio corpo tremare, in parte per l'eccitazione, in parte per l'attesa di quello che sapevo stava per accadere.
Aiden mi sollevò leggermente, facendomi scivolare più in alto sulle sue gambe, fino a che la chitarra che prima ci separava fu gettata da parte, abbandonata sul pavimento. Ora non c'era più niente tra di noi, solo il calore dei nostri corpi e il desiderio che cresceva sempre di più.
Le sue mani tornarono a esplorare la mia pelle, scivolando sotto la mia maglietta e risalendo fino a sfiorare il mio seno. Un gemito mi sfuggii, e lui sorrise, compiaciuto. «Mi piace sentire come reagisci a ogni mio tocco,» mormorò, abbassando la testa per baciarmi il collo, facendomi rabbrividire.
«Sei insopportabile,» dissi con un tono che voleva sembrare duro, ma che uscì come un gemito soffocato.
«Si, ma ti piace,» rispose, la sua voce calda contro la mia pelle. E aveva ragione. Ogni suo tocco mi faceva perdere il controllo. Ogni suo bacio mi lasciava senza fiato.
Ero completamente persa di lui.
Poi, senza alcun preavviso, Aiden mi spinse leggermente indietro, facendomi stendere sulla sedia alle sue spalle. Mi sentivo esposta, vulnerabile, ma il suo sguardo mi faceva sentire al sicuro, desiderata come non mai.
Si chinò sopra di me, e con una lentezza che mi faceva impazzire, affondò le dita nei miei capelli, tirandoli leggermente mentre il suo corpo si avvicinava sempre di più. «Voglio che tu sappia una cosa, Stellina» mormorò, il suo respiro caldo contro il mio orecchio. «Quando sei qui, con me... ogni centimetro del tuo corpo mi appartiene.»
Il suo tono era autoritario, dominante, e la mia mente si annebbiò. Non risposi. Non potevo. Ero troppo persa nella sensazione di lui, nel modo in cui il suo corpo premeva contro il mio, nel modo in cui la sua voce bassa mi faceva tremare.
Mi spostai leggermente, cercando di avvicinarmi di più a lui, ma le sue mani mi bloccarono. «Non ancora,» disse, stringendomi i polsi sopra la testa con una sola mano. «Prima, voglio divertirmi ancora un po'.»
E fu allora che lo vidi prendere di nuovo la chitarra. Pensai che volesse suonare, che fosse solo un gioco, ma la sua mente perversa aveva altre idee. Fece scivolare il manico della chitarra lungo il mio fianco, ripercorrendo il movimento di prima, ma questa volta con una lentezza ben calcolata. Lo sentii scendere lungo la mia gamba, poi risalire di nuovo, più vicino, troppo vicino.
Volevo dire qualcosa, ma lui continuò e il suo sorriso perverso era ben visibile sul volto.
Infilò le dita nel buco della chitarra ancora una volta, muovendole dentro e fuori, come se fosse una parte di me. Mi fissava mentre lo faceva, come se stesse studiando ogni mia reazione. Era un gesto così perverso, cosi carico di significato, che non riuscii a trattenere un gemito più forte.
«Guarda come reagisci solo con un po' di legno e corde» disse, la sua voce piena di malizia. «Immagina cosa farai quando ti toccherò davvero.»
Quelle parole mi fecero rabbrividire, e il desiderio di sentirlo, di averlo contro di me, divenne insopportabile. Cercai di muovermi di nuovo, ma lui mi tenne ferma, inchiodata alla sedia sotto il suo controllo.
«Aiden, per favore...» la mia voce era quasi implorante. «Non farmi questa tortura.»
Lui abbassò lo sguardo su di me, lasciando che le dita si fermassero dentro il foro della chitarra. «Vuoi che smetta?» chiese, ma il suo tono era una provocazione. Sapeva benissimo che non volevo.
Scossi la testa, incapace di formulare una risposta coerente.
«Bene,» disse piano, chinandosi su di me, sfiorando le mie labbra con le sue. «Allora lasciami fare, Althea. Lasciami prenderti esattamente come voglio.»
La sua mano, ferma e sicura, continuava a muovere le dita dentro il foro della chitarra, con movimenti lenti e provocatori, facendomi contorcere sulla sedia. Ogni gesto era studiato e calcolato per spingermi oltre il limite.
E lui lo sapeva.
«Non mi dire che ti piace così tanto essere dominata da me,» disse, il tono della sua voce basso e roco, quasi un sussurro, ma carico di una sicurezza che mi faceva perdere la testa.
«Cosa ti fa pensare il contrario?» risposi, il respiro affannoso. Cercavo di mantenere un briciolo di controllo, ma ogni volta che le sue dita scivolavano dentro quel buco, la mia mente si annebbiava ancora di più. Era tutto così sbagliato e perverso, ma incredibilmente eccitante.
Aiden sorrise, quel sorriso storto che mi faceva impazzire. «Sai cosa mi eccita di più, Althea? Il fatto che non resisti. Sei sempre così fiera, così sotto controllo... ma ora,» mormorò, facendo scivolare ancora una volta il manico della chitarra contro la mia pelle, «sei completamente mia.»
Quelle parole mi colpirono come un colpo diretto. Sapevo che aveva ragione. Non avevo mai lasciato che qualcuno mi dominasse così, ma con lui... c'era qualcosa di diverso. La sua sicurezza, il modo in cui mi guardava come se sapesse esattamente cosa fare per portarmi oltre il limite. E ora, con la chitarra tra di noi, non c'era più nessuna difesa che potessi mantenere.
«Abbiamo iniziato da poco, la nostra relazione» dissi, con un filo di voce, «e già sai come... distruggermi così.»
Lui rise piano, ma non smise di giocare con la chitarra, facendo scivolare le dita lungo il bordo, come se stesse ancora suonando. «Oh, Stellina, questo è solo l'inizio. Non immagini nemmeno cosa posso fare.»
Sentii un brivido attraversarmi il corpo. Lui si chino su di me, le sue labbra sfiorarono il mio collo mentre la sua mano si fermava sul manico della chitarra, premendo leggermente contro di me. «Te l'ho detto,» sussurrò all'orecchio, «questa chitarra è come te. Se la tocchi nel modo giusto... fa esattamente quello che vuoi. Proprio come te.»
«Cazzo Aiden...» il suo nome usci come un sospiro soffocato.
«Shh, non dire nulla,» mi interruppe, le sue labbra ora così vicine alle mie che sentivo il suo respiro fondersi con il mio. «Lascia che sia io a decidere cosa fare di te adesso.»
Con un movimento deciso, spostò il manico della chitarra tra le mie gambe, facendolo scivolare lentamente contro di me, e questa volta la sensazione era più intensa.
Ogni movimento era studiato, e sapevo che stava facendo di tutto per farmi implodere. La chitarra non era più solo uno strumento musicale. In quel momento, era diventata il mezzo perverso con cui mi stava controllando, e io ero completamente nelle sue mani.
Le sue dita si fermarono ancora una volta sul buco della chitarra, premendo leggermente all'interno. «Guarda come reagisci, Althea... sei così sensibile. Così pronta a lasciarti andare.»
Cercai di rispondere, di ribellarmi a quella sensazione di resa totale, ma non ci riuscii. «Tu sei...» provai a dire qualcosa, ma le parole mi sfuggirono, soffocate dal piacere perverso che stava crescendo dentro di me.
«Dimmi cosa sono,» sussurrò, mordicchiando leggermente il mio orecchio, mentre con l'altra mano mi teneva ferma sui fianchi. «Dimmi che ti sto facendo impazzire.»
«Sì, Aiden... mi stai facendo impazzire,» gemetti, incapace di trattenere la verità.
«Lo sapevo,» rispose con un tono soddisfatto e perverso. «E mi piace vederti così. Mi piace sapere che, anche se stiamo insieme da poco, sei già così... dipendente da me.»
Non aveva torto.
Chiusi gli occhi, cercando di controllare il respiro, ma lui non mi lasciava tregua. Ogni movimento della chitarra era come un'onda di piacere che mi travolgeva, e io ero completamente alla sua mercé. Le sue dita, ancora dentro il buco, si muovevano con una lentezza esasperante, simulando qualcosa di molto più intimo. Sentivo ogni curva del legno, ogni vibrazione che si propagava attraverso di me.
Poi si fermò di colpo, lasciandomi ansimante e in preda al desiderio. «Vuoi di più, vero?» chiese con un sorriso malizioso. Sapeva già la risposta.
«Sì,» confessai subito, la voce spezzata dall'attesa.
«Allora chiedimelo,» ordinò, la sua mano ferma sulla mia pelle, mentre l'altra teneva ancora la chitarra in posizione, come se fosse il centro di tutto.
Esitai per un attimo, combattuta tra il desiderio di mantenere un po' di dignità e la necessità di sentire di più. Alla fine, la mia mente annebbiata prese il sopravvento. «Per favore, Aiden... voglio di più.»
«Brava,» disse, e il suono della sua voce mi fece tremare. Poi le sue dita si mossero di nuovo dentro il buco della chitarra, più velocemente questa volta, mentre il manico scivolava lungo le mie gambe, sfiorandomi nei punti giusti. Era una tortura dolce, una punizione che mi faceva impazzire di desiderio.
Aiden si chinò su di me, le labbra a un soffio dalle mie. «Dimmi una cosa, però,» mormorò, con quel tono basso e malizioso. «Come suonerai quando ti toccherò davvero, senza questa chitarra tra noi?»
Non riuscivo a rispondere. Non sapevo come rispondere a tale domanda. Il piacere che mi stava infliggendo con quello strumento mi aveva ormai ridotta a un cumulo di desiderio incontrollabile. E sapevo che Aiden non si sarebbe fermato finché non avesse ottenuto esattamente quello che voleva.
Le sue dita si mossero più velocemente, più in profondità, e ogni movimento mi faceva tremare di più. Non avevo mai provato qualcosa di simile. Ero completamente persa, incapace di pensare a nient'altro che a lui, alla sua voce, alle sue mani, e al modo perverso in cui stava usando quella chitarra per piegarmi a lui.
Poi, con un ultimo gemito soffocato, mi lasciai andare completamente, il corpo che tremava sotto di lui. «Aiden...» sussurrai, senza fiato, mentre il piacere mi travolgeva come un'onda.
Il mio corpo era completamente abbandonato, e l'eco del piacere mi attraversava ancora, lasciandomi vulnerabile e senza difese. Aiden non si mosse subito; si prese tutto il tempo per osservare ogni mia reazione, con quello sguardo penetrante che mi faceva sentire completamente esposta.
Ancora con la chitarra tra le mani, si chinò su di me, il suo respiro caldo sulla mia pelle, e le sue labbra si fermarono a un soffio dalle mie. «Ti ho detto che sarebbe stato solo l'inizio, Althea. Non pensavi che avrei lasciato le cose così, vero?» sussurrò, la voce carica di malizia e promesse oscure.
Provai a rispondere, ma la mia voce sembrava non voler uscire. Ero ancora troppo scossa da tutto quello che mi aveva appena fatto provare. Il mio corpo sembrava non appartenermi più, come se fosse sotto il suo completo controllo.
Aiden sorrise, vedendo la mia incapacità di reagire. «Cos'è, piccola? Mon riesci nemmeno a parlare adesso?» disse, con quel tono arrogante che mi faceva impazzire, sapendo che mi aveva completamente in pugno. «E pensare che sei sempre così dominante, così sicura di te...»
«Non è... così facile...» riuscii a dire, cercando di riprendere fiato.
«Oh, ma con me lo è,» rispose lui, senza darmi tregua. Le sue dita lasciarono il manico della chitarra e iniziarono a risalire lungo la mia coscia, sfiorando la mia pelle con una lentezza esasperante. «Non devi fare altro che lasciarti andare. Lascia che sia io a guidarti, come prima.»
Mi strinsi leggermente, combattuta tra il desiderio di ribellarmi e la voglia incontrollabile di cedere completamente a lui. Sapevo che mi stava spingendo oltre i miei limiti, che stava giocando con me, ma non riuscivo a fermarlo. Il suo potere su di me era troppo forte.
«Stiamo insieme da così poco, Aiden...» dissi, la voce tremante mentre sentivo le sue dita scivolare più in alto. «Eppure... mi fai impazzire in questo modo.»
Mi ha sempre fatto impazzire in realtà.
Sin dal nostro primo incontro.
Lui rise piano, divertito dalla mia confessione. «Te l'ho detto, Stellina. So esattamente cosa fare con te. Ti conosco meglio di quanto tu voglia
ammettere.»
Mi fissava con quegli occhi seducenti, colmi di desiderio e sicurezza, e io mi sentivo completamente in balia di lui. Poi, con un movimento fluido, prese di nuovo la chitarra, ma questa volta la mise da parte, con delicatezza.
«Adesso è il momento di passare al livello successivo,» disse piano, inclinando leggermente la testa.
«Niente più strumenti. Solo io e te.» Le sue mani tornarono a toccarmi, ma questa volta senza la mediazione di quel legno freddo che ci aveva separato fino a quel momento.
Sentivo il calore delle sue dita sulla mia pelle, il loro movimento sicuro, deciso, mentre mi esplorava senza fretta. Ogni tocco sembrava studiato per accendermi di nuovo, e il mio corpo rispondeva senza che potessi controllarlo.
«Aiden...» mormorai il suo nome ancora una volta, la mia voce ormai un misto di desiderio e supplica.
«Sì?» rispose con un sussurro, mentre le sue dita scivolavano sotto il bordo dei miei pantaloncini, sfiorando la pelle più sensibile. «Dimmi cosa vuoi, Althea. Voglio sentirlo da te.»
Chiusi gli occhi, cercando di resistere alla marea di emozioni che mi travolgeva, ma lui non mi dava tregua.
Le sue dita si muovevano con una lentezza esasperante, sfiorandomi appena, ma abbastanza da farmi fremere.
«Voglio... voglio che tu continui,» sussurrai, senza più alcuna resistenza. Non c'era più spazio per il controllo, per la razionalità. Ormai ero completamente persa.
«Brava, cazzo, sì, così ti voglio» disse, con quel tono soddisfatto che mi faceva impazzire. «Ora si ragiona.»
Con un movimento deciso, le sue dita scivolarono più in profondità, toccandomi esattamente dove sapeva che avrei reagito di più. Un gemito mi sfuggii, e lui lo accolse con un sorriso compiaciuto, come se fosse il suono che aveva cercato per tutto il tempo.
«Così, Althea... continua a fare quel suono per me,» sussurrò, mentre le sue dita iniziavano a muoversi con un ritmo lento, torturante.
Il mio corpo si inarcò sotto di lui, incapace di resistere a quel piacere che cresceva sempre di più. Ogni tocco, ogni movimento mi portava più vicino al limite, e lui lo sapeva. Lo vedevo nei suoi occhi, nel modo in cui mi guardava mentre mi lasciavo andare completamente sotto le sue mani.
«Sei incredibile» mormorò, le sue labbra vicine al mio orecchio. «E tutto questo è solo per me.»
«Solo per te,» ripetei, quasi senza rendermene conto. Non c'era più spazio per altro. L'unica cosa che esisteva in quel momento era lui, il suo tocco, e la sensazione travolgente di piacere che stava crescendo dentro di me.
Aiden intensificò il ritmo, le sue dita si muovevano con precisione, sapendo esattamente come farmi impazzire. Ero completamente persa, incapace di pensare, di reagire, se non lasciandomi andare a ogni sensazione.
Poi, proprio quando pensavo che non avrei potuto resistere ancora a lungo, lui si fermò improvvisamente. Il mio corpo tremava sotto di lui, e il respiro era affannoso, ma Aiden mi teneva ancora stretta, le sue mani ferme sui miei fianchi.
«Che fai...» gemetti, incapace di sopportare quella pausa.
«Ssshh,» mi zittì con un bacio, profondo e affamato, mentre le sue mani riprendevano a muoversi, stavolta senza alcun freno. «Non preoccuparti, Stellina. Ora ti darò tutto quello che vuoi.»
E mentre le sue dita affondavano di nuovo, portandomi oltre ogni limite, capii che non c'era più nulla che avrei potuto fare. Ero completamente sua.
Le sue mani si muovevano su di me con una precisione che sembrava innaturale, ogni tocco era letteralmente calcolato per portarmi sempre più vicina al limite. Sentivo il mio corpo rispondere a ogni suo gesto, il calore che si accumulava dentro di me, mentre lui, con il respiro lento e controllato, si crogiolava nella mia crescente frustrazione. Ero quasi al punto di non ritorno, e lo sapeva.
«Aiden, ti prego...» sussurrai, incapace di trattenere il desiderio. Il mio corpo tremava sotto di lui, e il bisogno di lasciarmi andare cresceva sempre di più.
Ma proprio mentre sentivo che stavo per raggiungere quel momento tanto atteso, lui si fermò di colpo. Le sue mani si ritirarono, e il vuoto che lasciarono mi fece gemere di frustrazione. Aprii gli occhi di scatto, trovandomi di fronte al suo sguardo calmo, quel sorriso compiaciuto che mi faceva impazzire.
«Non ancora, Stellina» disse, la sua voce bassa, quasi un sussurro. «Non questa volta.»
«Che cosa?» risposi incredula, il corpo ancora in tensione, incapace di accettare che mi avesse lasciata così.
Aiden si chinò su di me, il suo volto così vicino al mio da sentire il suo respiro caldo sulle labbra. «Hai sentito bene. Non ti lascerò venire... non oggi.»
Era ufficialmente impazzito.
Il mio respiro si fermò per un istante, e lo guardai, confusa e arrabbiata allo stesso tempo. «Perché?» domandai, cercando di mantenere la voce ferma, ma il mio tono tradiva la frustrazione. «Che gioco è questo, Aiden?»
«Un gioco che abbiamo appena iniziato,» rispose con quel tono malizioso che mi faceva vibrare di desiderio e rabbia. «E adesso... tocca a te.»
Mi bloccai. Lo stavo fissando incredula, cercando di capire cosa intendesse. Poi, con un gesto deciso, mi prese per i fianchi e mi sollevò leggermente, cambiando la nostra posizione in modo che ora fossi io sopra di lui. Mi trovavo a cavalcioni su di lui, mentre lui mi guardava con quel sorriso di sfida che sembrava dire: "E
ora?"
«Vuoi giocare, Althea? Allora gioca,» mi provocò, mettendo le mani dietro la testa, in un gesto che era metà resa e metà comando. «Vediamo se riesci a fare di meglio.»
La sfida nei suoi occhi mi fece ribollire. Era così sicuro di sé, così convinto di avere il controllo. Ma non avrebbe vinto così facilmente. Non con me.
Mi chinai su di lui, afferrando i suoi polsi e bloccandoli sopra la sua testa, proprio come lui aveva fatto con me poco prima. «Pensavi davvero di potermi controllare così facilmente, Aiden?» sibilai, il mio tono deciso, anche se il desiderio bruciava ancora dentro di me.
Il suo sorriso non vacillò. «Lo sto facendo, o sbaglio?» ribatté, con una calma irritante.
«Non per molto,» dissi, piegandomi ancora più vicino, fino a che le mie labbra sfiorarono il suo collo. Le sue braccia si irrigidirono sotto le mie mani, ma rimase immobile, osservando attentamente ogni mio movimento.
Iniziai a baciarlo lungo la mascella, scendendo fino al suo collo, mentre le mie mani scivolavano lentamente lungo il suo torace. Sentivo i suoi muscoli contrarsi sotto il mio tocco, e la sua respirazione, per quanto controllata, iniziava a farsi più pesante. Lo stavo portando esattamente dove volevo.
«Vedi,» sussurrai contro la sua pelle, «non sei l'unico a sapere come spingere qualcuno al limite.» Aiden emise un gemito soffocato, e sapevo di aver trovato un suo punto sensibile.
Quanto stavo godendo.
Mi muovevo lentamente, facendo attenzione a ogni sua reazione, mentre le mie mani esploravano il suo corpo con la stessa lentezza esasperante che lui aveva usato su di me. Ogni piccolo suono che gli sfuggiva mi dava più fiducia, più controllo.
«E adesso chi sta perdendo il controllo, Aiden?» chiesi con un sorriso provocatorio, mentre scendevo lungo il suo addome, le mie labbra sfiorando appena la sua pelle.
Lui serrò la mascella, il respiro sempre più irregolare. «Non... illuderti,» rispose, ma la tensione nella sua voce tradiva il fatto che stava iniziando a cedere.
«Ti sembra che mi stia illudendo?» lo provocai ancora, le mie mani scesero ancora più in basso, sfiorando il bordo dei suoi jeans. Potevo sentire il suo corpo reagire, la sua frustrazione crescere insieme al desiderio. Ma proprio quando sentii che stava per cedere completamente, mi fermai.
Aiden aprì gli occhi di colpo, fissandomi incredulo. «Che stai facendo?» chiese, il tono urgente.
Sorrisi, godendomi quel momento di vendetta. «Non pensavi che ti avrei lasciato venire, vero?» dissi, restituendogli esattamente le sue parole.
Il suo sguardo si fece più oscuro, il desiderio mescolato alla frustrazione. «Giocatrice astuta...» mormorò, con un misto di ammirazione e irritazione.
«Ho imparato dal migliore,» dissi, inclinando leggermente la testa e lasciando che le mie mani scivolassero lungo il suo torace, senza però spingermi oltre. Volevo che sentisse esattamente quello che avevo provato io: essere sul punto di cedere, senza poter raggiungere il culmine.
Aiden mi fissò, i suoi occhi ardenti di desiderio e sfida. «Sei davvero sicura di voler continuare così?» domandò, la sua voce profonda e carica di promesse non dette.
«Non mi hai dato altra scelta,» risposi, ma dentro di me sapevo che era un gioco reciproco. Ci stavamo domando a vicenda, spingendoci sempre più al limite.
Poi, con un gesto rapido, Aiden si liberò dalla mia presa, invertendo di nuovo le posizioni. Mi trovai sotto di lui, il suo corpo che premeva contro il mio, e il suo sguardo predatorio fisso sul mio.
«Adesso vediamo quanto riesci a resistere ancora, Althea,» disse, il tono basso e pieno di sfida. «Ma ricorda... non questa volta.»
Mi guardò negli occhi mentre si chinava su di me, e io sapevo che il nostro gioco non era ancora finito.
Continuava a fissarmi con quell'intensità travolgente, un misto di desiderio e determinazione che mi faceva tremare. La sua presa sui miei polsi era forte, sicura, come se volesse ricordarmi che, nonostante il mio tentativo di ribellione, lui aveva ancora il controllo. Sentivo il calore del suo corpo sopra il mio, ogni muscolo teso in attesa del prossimo movimento.
«Althea,» sussurrò contro il mio orecchio, il suo respiro caldo sulla mia pelle, facendomi rabbrividire. «Mi piace vederti cosi... alla mia mercé. Ma non pensare nemmeno per un attimo che io abbia finito con te.»
Il mio respiro si fece più corto, mentre i suoi denti sfioravano il lobo del mio orecchio, un tocco leggero ma sufficiente a farmi inarcare verso di lui. «E tu pensi di avere ancora il controllo?» riuscii a sussurrare la mia voce tremante, cercando di non lasciarmi sottomettere del tutto.
Lui sorrise, un sorriso perverso, pieno di consapevolezza. «lo ho sempre il controllo,» disse, il suo tono deciso e calmo. Le sue mani scivolarono lungo le mie braccia, lasciando una scia di brividi sulla pelle. «E ora ti mostrerò quanto poco resisterai...»
Le sue dita raggiunsero il mio ventre, sfiorando appena la pelle con movimenti lenti e studiati. Ogni tocco sembrava un colpo preciso, studiato per spezzare le mie difese una a una. Il mio corpo reagiva a ogni minimo stimolo, senza che riuscissi a frenarlo. Mi sentivo come un'arco teso al massimo, pronta a spezzarmi da un momento all'altro.
«Cosa pensavi, Althea?» mormorò contro il mio collo, mentre le sue dita continuavano a disegnare percorsi tortuosi sulla mia pelle. «Che sarei stato così facile da domare?»
Il giorno del suo compleanno lo era stato.
La mia mente era annebbiata dal desiderio, incapace di formulare una risposta coerente. Ero troppo persa in ciò che mi faceva sentire, il mio corpo rispondeva senza alcuna volontà propria. Ma dovevo combattere, almeno provarci. «Non sottovalutarmi,» dissi, ma la mia voce mancava della sicurezza che avrei voluto trasmettere.
Lui rise piano, un suono basso e profondo che mi fece rabbrividire. «Non ti sottovaluto affatto, Stellina. Non potrei mai. In effetti, adoro questo tuo lato combattivo,» disse, le sue dita ora che sfioravano il bordo dei miei pantaloncini, provocandomi in modo esasperante. «Ma il fatto è, Althea... sei già mia.»
Quelle parole mi colpirono con forza. C'era una verità cruda e innegabile in ciò che diceva. E lo sapevo. Ero sua, anche se una parte di me si ribellava all'idea. E lui lo sapeva altrettanto bene.
«Non puoi... vincere sempre,» sibilai, cercando di riprendermi un briciolo di controllo, ma il mio tono tradiva quanto fossi vicina alla resa.
«Non devo vincere sempre,» rispose con calma, il suo sguardo ancora fisso sul mio. «Devo solo vincere quando conta.»
A quel punto, le sue mani abbandonarono ogni pretesa di delicatezza. Mi afferrò per i fianchi, spingendomi contro di lui con una forza che mi lasciò senza fiato. Il mio corpo rispose immediatamente, come se stesse aspettando proprio quel momento. Ma proprio quando pensavo che sarebbe andato oltre, lui si fermò di nuovo, un sorriso perverso che si allargava sulle sue labbra.
«Ancora una volta... ma non questa volta, Althea,» disse, la sua voce bassa e profonda, quasi un ringhio.
Gemetti di frustrazione, sentendo il desiderio che mi divorava dall'interno. «Aiden... ti prego,» sussurrai, odiandomi per quanto disperatamente lo desiderassi in quel momento.
Lui mi guardò, i suoi occhi bruciavano di una passione che sapevo essere reciproca, anche se stava cercando di mantenerla sotto controllo. «Ti piace vedermi dominarti, vero?» chiese, ma non era una domanda reale. Era una constatazione. E sapeva di avere ragione.
Non risposi, ma il mio silenzio parlava per me. Lui si chinò di nuovo, le sue labbra sfiorarono le mie in un bacio leggero, quasi provocatorio. «Non ti lascerò venire,» ripeté, il suo tono calmo, ma carico di tensione.
Desideravo solo che mi mangiasse viva.
Sentivo le sue mani muoversi ancora su di me, il suo corpo che si muoveva contro il mio, ma sempre con quel maledetto controllo che non mi permetteva di raggiungere il culmine.
Era un gioco crudele, e lo sapevamo entrambi.
Ma poi, in un attimo di debolezza, lo vidi vacillare. Un lieve tremito nei suoi movimenti, un respiro più profondo. Sapevo che stava combattendo anche lui. Non ero l'unica sul filo del rasoio.
«Stai giocando col fuoco,» gli dissi, cercando di approfittare di quel momento. «Non puoi tenermi qui per sempre.»
«Sì che posso, e ricorda che io amo bruciarmi» ribatté subito, ma il suo tono era meno sicuro, come se sapesse che il suo controllo stava per scivolare. Ero riuscita a incrinare la sua armatura.
Poco dopo, allungai una mano verso il suo viso, accarezzandogli la mascella con dolcezza, una mossa diversa da tutto quello che era accaduto fino a quel momento. Lui chiuse gli occhi per un istante, godendosi il mio tocco, e fu allora che colsi l'opportunità. Mi sollevai leggermente, invertendo ancora una volta la nostra posizione, ma stavolta con delicatezza, con un'intimità che sapevo avrebbe sconvolto il suo equilibrio.
«Ti faccio impazzire, vero?» sussurrai, le mie labbra a un soffio dalle sue, mentre lo fissavo con occhi pieni di desiderio e determinazione.
Aiden mi guardò, il suo respiro irregolare, e per un attimo vidi una scintilla di vulnerabilità nei suoi occhi. «Althea...» mormorò, come se volesse dirmi qualcosa, ma si fermò.
Mi avvicinai ancora di più, fino a che le nostre labbra si sfiorarono appena. «Non questa volta,» dissi io, ripetendo le sue stesse parole con un sorriso provocatorio.
Poi mi allontanai, lasciandolo lì, sospeso nel vuoto del desiderio irrisolto.
E finalmente mi alzai. Volevo mantenere il controllo e non farlo sentire sconfitto, ma non avrei nemmeno ceduto facilmente.
Aiden rimase immobile per un momento, poi si alzò con un movimento lento e misurato. Si rimise la maglietta e le sue mani erano visibilmente in difficoltà mentre se la infilava. Ogni gesto era una ricerca di equilibrio e recupero, una lotta per ritrovare il controllo.
«Non posso credere che tu abbia avuto il coraggio di farmi questo,» disse infine, la voce tesa ma carica di un'ironia divertita. Il suo sguardo incrociò il mio, un mix di sfida e ammirazione.
«Credo che sia una questione di momenti giusti,» risposi, con un sorriso malizioso. Stavo cercando di mantenere un tono leggero, ma dentro di me sentivo una scintilla di soddisfazione per aver mantenuto il controllo.
Mi avvicinai a lui e notai come il suo respiro finalmente stesse rallentando, mentre cercava di ritrovare la calma. «Non pensare che sia finita,» aggiunsi, con un tono provocatorio.
Aiden alzò un sopracciglio, i suoi occhi brillavano di una luce perversa. «Oh, lo so bene. Questo è solo un'interruzione temporanea,» rispose, con un sorriso che tradiva il suo desiderio di continuare il gioco. «Ma riprenderemo presto, credimi.»
Concordai in silenzio mentre lo osservavo sistemarsi i jeans. Poi ci avvicinammo di nuovo, ora con una consapevolezza rinnovata. Anche se avevamo interrotto quel momento intenso e intimo, il desiderio tra di noi non era svanito. Era solo stato messo in pausa, pronto a esplodere di nuovo in qualsiasi istante.
«Allora,» disse lui, con un tono più morbido ma ancora intriso di quella carica elettrica, «cosa facciamo adesso?»
Non ci fu bisogno di rispondere. I nostri occhi si incontrarono, e sapevamo entrambi che qualsiasi risposta sarebbe stata superflua. Il gioco era solo all'inizio, e eravamo pronti a continuare.
Aiden mi avvicinò lentamente a lui, il suo viso così vicino al mio che sentivo il calore del suo respiro. Senza staccare gli occhi dai miei, inclinò leggermente la testa e le sue labbra si posizionarono sulle mie in un bacio delicato ma carico della stessa tensione di prima.
Il bacio si fece più profondo, le sue mani accarezzavano il mio viso con una dolcezza che contrastava con la passione del momento. Mi avvolse tra le braccia, e io risposi con altrettanta intensità, le mie mani che si intrecciavano nei suoi capelli. Ogni contatto era un promemoria di quanto il desiderio tra di noi fosse inesauribile.
Quando finalmente ci staccammo, i nostri respiri erano affannosi e i nostri cuori battevano all'unisono. Aiden mi guardò con uno sguardo soddisfatto e divertito, un sorriso che prometteva nuove avventure. «Non è finita,» disse con un tono che lasciava intendere che il meglio doveva ancora venire.
Sorrisi a mia volta, sapendo che ogni sfida che ci eravamo lanciati era solo l'inizio di qualcosa di molto più grande. «Lo so,» risposi, il mio sorriso riflettendo la stessa determinazione e voglia di esplorare che vedevo nei suoi occhi.
La consapevolezza che il nostro gioco non era finito, ma solo stato messo in pausa, ci avvolse come una promessa.
Con un ultimo sguardo carico di significato, ci dirigemmo verso l'uscita del garage, pronti ad affrontare il mondo esterno con la certezza che qualsiasi cosa ci aspettasse, l'avremmo affrontata insieme. La notte era giovane e, con il desiderio che ancora ci animava, sapevamo che le avventure che ci attendevano sarebbero state indimenticabili.
«Torno a casa. Ho bisogno di fare una doccia,» dissi infine, e Aiden ridacchiò.
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