Capitolo I


Aveva di già un cattivo presagio, alla sola vista di quella casa. Era grande, in stile gotico e consumata dagli anni. Piante rampicanti la ricoprivano quasi del tutto. L'abbracciavano, e quasi sembrava la stessero stritolando , di quanto erano tese. L'abitazione in muratura si erigeva imponente in un giardino molto curato, contornato da una staccionata del colore degli occhi di Luna: nera.
Stava avanzando verso la porta, quando questa si aprì, lasciando spazio alla piccola signora che sorridente era impaziente di salutare la nipote.                                     Mrs. White , nonna paterna di Luna, era una donna di settant'anni, che portava più che bene. Ogni mattina si svegliava alle  8  in punto, si lavava, si vestiva e andava al bar a fare la colazione con le amiche d'infanzia. Erano tutte donne raffinate -come lei- e potevano vantare un'amicizia di oltre cinquant'anni. Incredibile ma vero, e di questo Luna ne ha sempre avuto invidia, poiché lei non è mai riuscita a trovare una vera amica, e non è molto ottimista al riguardo. Era convinta che nessuno fosse come lei, che nessuno potesse capirla e accettarla. Finché si ricredette.
Dopo un lungo abbraccio, che poteva addolcire anche il cuore più cupo, le due entrarono nell'abitacolo. L'interno era molto vintage. Un piccolo corridoio portava al salotto sulla destra, e una piccola porta sulla sinistra. Posate le valige andarono nel soggiorno e si sedettero sul divano, verde trapuntato.
-Luna...- sorrise la donna - quanto tempo. Come stai?-.
-Bene.- rispose Luna, ma sembrava essere più una domanda, in cerca di affermazione. -Tu nonna?-
-È sempre nei miei pensieri...mi manca tanto.- sospirò.
Luna sapeva a cosa si riferiva: il figlio, suo padre. Nonostante fossero passati svariati anni la nonna ancora ne soffriva come il primo giorno, e come darle torto. Perdere un figlio è la cosa peggiore che possa capitare nella vita. Anche Luna non era riuscita a non soffrirci. Più passava il tempo e più lei stava male. Anche per il seguito di quell'episodio... Ma quella è un'altra storia.                                       Solo ora si rese conto di come la stanza era gremita di foto dell'uomo -da piccolo, da ragazzo, in gita con la scuola, al primo giorno di lavoro e addirittura una insieme a Luna, unica figlia- di suoi premi vinti a gare di scacchi o di sue maglie appese alle pareti. Tutto ricordava lui e la nostalgia e la tristezza presero il sopravvento. I ricordi si impossessarono di lei. Ricordi oscuri, ricordi di una vita che finisce e, moralmente, ne fa finire altre. Come la sua.
Quasi due anni e mezzo fa Luna aveva il saggio di danza. La sua vita, al tempo, era a dir poco perfetta, da tutti i punti di vista.                          Era tutto pronto, lei era sul palco e ricordava bene tutte le coreografie: sarebbe stato un successo e già si figurava i suoi genitori che, dal pubblico, la guardavano orgogliosi. Ma nulla andò secondo i piani. Per tutto lo spettacolo, le due figure che aspettava impaziente dall'inizio, non si fecero vedere. Qualche ora dopo, la rabbia e delusione lasciarono posto allo shock e alla disperazione. Un incidente: la madre riuscì a cavarsela ma il padre non fu così fortunato. Da quel momento il mondo le cadde addosso e iniziò a fare cose di cui se ne sarebbe pentita per il resto della sua vita. Una vita, la sua, fuori dal comune, perché nulla era normale e tutto sembrava essere uscito su  un libro fantasy. Questo, però, verrà raccontato a tempo debito.
Parlare tranquillamente con la nonna le mancava, aveva sempre avuto un buon rapporto con lei. Dopo aver mangiato, Luna, si andò a fare una doccia, per poi prendere telefono, cuffie ed uscire di casa.          La musica parte e per un momento i pensieri sembrano tacere e lasciare spazio alle parole della canzone e alla sua melodia.

'I will move away from here.        

You won't be afraid of fear.

No thought was put into this

I always knew it would come to this

 Things have never been so swell.

I have never failed to fail.'


L'aria fresca le scompigliava leggermente i lunghi capelli ramati, quando ad un tratto tutto sembrò fermarsi. Le foglie che prima ondeggiavano leggere fino a posarsi sul suolo freddo, ora non si staccavano dai rami e rimanevano immobili.                                                    La situazione divenne ancora più inquietante quando a Luna sembrò di essere seguita. Aveva la sensazione che qualcuno fosse dietro di lei. Non sentiva passi. Solo una presenza opprimente addosso. Non osò voltarsi, perché sapeva che una volta fatto non avrebbe più smesso di continuare a controllare ogni minuto. Doveva solo rilassarsi. Ma le era impossibile. Le strade erano deserte. Sembrava una città fantasma, ma era sicura fosse abitata. Forse la gente non usciva il pomeriggio a passeggiare. Forse è successo qualcosa. O forse... Sicuramente lei era troppo paranoica.                                            Tutto degenerò quando qualcosa sospirò sulla sua mascella scoperta. A quel punto saltò dallo spavento e si voltò, iniziando ad indietreggiare. Qualcosa aveva appena soffiato sul suo collo, non era pazza. Continuava a fare passi all'indietro, ancora terrorizzata, quando colpì qualcosa con la schiena... O meglio qualcuno. Si immobilizzò. Dopo un tempo che sembrava infinito riuscì a trovare il coraggio di girarsi.
Quello che si trovò davanti, di certo, non se lo immaginava. Era un ragazzo della sua età. I capelli neri e lievemente mossi gli ricadevano sopra gli occhi di un verde smeraldo intenso. Come entrò in contatto con quello sguardo s'imbambolò e non riusciva a puntare l'attenzione su qualcos'altro. Il mondo attorno sembrava non esistere e lei, immersa in quel colore brillante, si era stranamente tranquillizzata.
-Scusa... Ehm... Io non ti avevo visto e...- balbettò la ragazza.
-Fa niente scusami tu.- sorrise il ragazzo, tra il sorpreso e il divertito.
  Perché? Luna non riusciva a capirlo, ma non ci diede peso.
Si creò un silenzio imbarazzante, alimentato dal fatto che nessuno dei due accennava a muoversi.
-Sei nuova da queste parti?- iniziò il ragazzo misterioso.
-Si. Sono in vacanza da mia nonna.-
-Ecco perché non ti avevo mai vista. Io sono Dylan, tu sei?-
-Luna.- sorrise la ragazza.
Era tutto così strano,lui era strano. Restarono ancora un po' a guardarsi, ma Luna non riusciva più a sostenere quel contatto visivo, che la stava in qualche modo consumando così...
-Ora d-devo andare, ci si vede.- disse agitata.
Ancora una volta Perché era agitata?
-Certo è stato un piacere.-
Luna annuì e riprese il cammino verso casa quando sentì...
-Ci rivedremo sicuramente.- era Dylan e , nonostante non lo potesse vedere, -era di spalle- dal tono della voce capì che stava sorridendo.
Una strana emozione si insinuò dentro di lei. Un'emozione che non provava da tanto: era felice.

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