5
Minseok era un bastardo, un vero bastardo. Jongdae giunse a quella conclusione prima della fine della giornata. Barbaro o Selvaggio potevano essere altrettanto indicati, si disse. Con quel suo arrogante modo di dare ordini. Ed era assolutamente incapace di un comportamento civile.
Non sapeva che non era educato abbandonarsi alla zuffa nel giorno del suo matrimonio?
Oh, Minseok era partito molto bene. Non appena erano stati dichiarati sposati, suo marito l'aveva fatto voltare verso di lui. Teneva tra le mani un mantello con il suo colore, identico a quello che indossava, che fu presto accompagnato da un altro mantello con un altro colore. Suo marito spiegò che il primo era quello dei Kim, mentre il secondo dei Park. Attese che Jongdae annuisse, quindi l'attirò tra le braccia e lo baciò fino a togliergli il fiato.
Jongdae si era aspettato solo un rapido contatto, ma venne piuttosto saccheggiato. La bocca di Minseok era calda e decisa. La fiamma accesa dal bacio appassionato gli tinse di rosa le guance. Pensò di ritrarsi, ma cambiò idea. Il bacio si fece tanto ardente che gli mancò la forza o il desiderio di interromperlo.
Fu infine la risata in sottofondo a risvegliare l'attenzione di Minseok. Interruppe bruscamente il bacio, annuendo soddisfatto quando vide l'espressione confusa sul viso del'ormai marito.
Jongdae non fu altrettanto veloce a riprendersi, e si abbandonò contro il marito.
Baekhyun si affrettò a raggiungerli per porgere le sue congratulazioni. «Bene, è stata una bella cerimonia nuziale», annunci divertito.
Jun si fece largo tra suo padre e Jongdae. Quest'ultimo lo sentì strattonare la tunica e gli sorrise.
Chanyeol, avvicinatosi con Baekhyun, attirò nuovamente l'attenzione soffocando una risata. «Per qualche istante ho temuto che non riuscissimo a farcela.»
Tutti guardarono Jongdae che sorrise in risposta. «Non ne ho mai dubitato», disse. «Una volta che mi decido a fare qualcosa, la faccio.»
Nessuno parve credergli. Jongin scostò Jun da Jongdae e lo sistemò al fianco del padre. «Dobbiamo dare il via ai saluti?» chiese. «I membri della famiglia vorrebbero porgere i loro auguri.»
Minseok continuava a fissare il marito. Sembrava volergli dire qualcosa, senza però trovare le parole giuste.
«Hai qualcosa da dirmi, Minseok?»
«È stato bello da parte tua far venire all'altare il bambino con noi.»
Non sapeva come rispondere. Annuì, quindi disse: «Avrebbe dovuto farsi un bel bagno prima della cerimonia».
Minseok cercò di non sorridere. «La prossima volta me ne occuperò.»
Non ci volle molto perché la frecciata arrivasse al bersaglio. L'allusione a un suo eventuale altro matrimonio non sfuggì a Jongdae.
«Ti piace avere l'ultima parola, vero, mio signore?»
«Sì, mi piace», ammise lui con un sorriso.
Jun, Minseok lo notò, fissava Jongdae estasiato. Il ragazzo l'aveva spinto al suo fianco per il rituale degli auguri, ma il bambino si era già stretto nuovamente a lui.
Il suo sposo l'aveva conquistato in pochi minuti. Minseok si ritrovò a chiedersi quanto sarebbe occorso a lui per ottenere l'affetto del marito. Era un pensiero assurdo. Perché gli importava di quello che sentiva per lui? Il matrimonio gli aveva assicurato la terra, e questo era tutto ciò che contava.
I soldati Kim e Park, uno per volta, si fecero avanti per presentarsi a Jongdae e porgere al signore le loro congratulazioni. Le donne vennero subito dopo. Una giovane dai capelli rossi che si presentò come Kyungsoo della famiglia dei Park, porse a Jongdae un magnifico bouquet di fiori porpora e bianchi. Lui ringraziò per il regalo e pensò di unire il mazzo a quello che già teneva nell'altra mano. Quando vide come aveva ridotto i fiori che Baekhyun aveva preparato per lui scoppiò a ridere. Così aveva stretto un bouquet di steli per tutta la cerimonia?
Alla fine delle presentazioni Jun era ormai stanco. Le donne passavano frettolosamente per il cortile con i vassoi dei cibi da appoggiare sui tavoli intorno a cui erano riuniti gli uomini. Minseok era impegnato in una conversazione con due soldati Kim.
Jongdae si rivolse a Chanyeol e a Jongin: «Ci sono sei cavalli in quel campo laggiù».
«Uno sarà mio», esclamò Jun.
Minseok udì le parole di suo figlio e si girò a guardare Jongdae. Il suo sorriso era malizioso.
«Dunque è così che l'hai conquistato.»
Lui ignorò il marito e mantenne l'attenzione sui soldati. «Sono il mio dono di nozze a mio marito... e a Jun», si affrettò ad aggiungere. «Per favore, mandereste qualcuno a prenderli?»
I soldati s'inchinarono e partirono per la loro missione. Jun tirò l'orlo della tunica di Jongdae per attirare la sua attenzione.
«Papà ti ha fatto un regalo?»
Fu il Minseok a rispondere: «No, non gliel'ho fatto, Jun».
Jongdae lo contraddisse: «Sì, me l'ha fatto».
«Che cosa ti ha dato?» chiese il bambino.
Anche Minseok era curioso di sentire la sua risposta. Lui sorrise a Jun.
«Mi ha dato un figlio.»
Minseok fu colto di sorpresa da quella dichiarazione. Non poteva certo riferirsi a suo figlio.
«Ma io sono suo figlio», disse il bambino. Si indicava il petto per accertarsi di aver capito.
«Sì», rispose Jongdae.
Il bambino sorrise. «Un figlio è meglio di sei cavalli?»
«Certo.»
«Anche meglio di cento?»
«Sì.»
Jun fu convinto della sua importanza. Gonfiò il petto per l'orgoglio.
«Quanti anni hai?» chiese Jongdae.
Lui aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse. Dallo sguardo confuso sul suo volto, capì che non lo sapeva. Si girò verso il marito aspettandosi una risposta. Lui alzò le spalle. Era chiaro che non lo sapeva esattamente neppure lui.
Era sbalordito. «Non sai l'età di tuo figlio?»
«È giovane», rispose Minseok.
Jun subito annuì approvando la risposta del padre. «Sono giovane», ripeté. «Papà, posso andare a vedere i cavalli?»
Minseok annuì. Suo figlio abbandonò la tunica di Jongdae e partì all'inseguimento di Chanyeol e di Jongin.
Baekhyun aveva assistito alla scena. «Jongdae l'ha conquistato, vero?» disse al signore guardando Jun che attraversava di corsa il cortile.
«L'ha corrotto», osservò pacatamente Minseok.
«Sì, è vero», convenne Jongdae.
«Gli uomini non si lasciano corrompere con tanta facilità», disse suo marito.
«Non mi interessa conquistare nessun uomo, signore. Per favore, scusatemi. Vorrei parlare con mio fratello.»
Sarebbe stato un perfetto modo di congedarsi se Minseok non l'avesse afferrato per la mano facendolo tornare sui suoi passi.
Doveva venire Junmyeon da lui. Era circondato da donne e uomini, ovviamente, grazie al suo aspetto attraente e al suo fascino naturale, e Jongdae dovette attendere alcuni minuti perché lui notasse il suo richiamo con la mano e riuscisse a liberarsi dagli ammiratori.
Junmyeon si rivolse per primo a Minseok. «Manderò degli uomini, tra un paio di mesi, perché vi aiutino nella ricostruzione.»
Minseok scosse la testa. «Non manderai nessun soldato qui. Li uccideremmo se solo metteranno piede sulla nostra terra.»
«Sei un testardo, Minseok»
«Quanto hai dato all'imperatore?»
«Per cosa?» chiese Jongdae.
Sia Junmyeon sia Minseok lo ignorarono. Suo fratello disse a Minseok a quanto ammontava la cifra. Minseok annunciò che avrebbe rimborsato al ministro le spese sostenute.
Finalmente Jongdae capì. Si rivolse a suo fratello: «Intendi dire che l'imperatore ti ha costretto a pagare un'ammenda? Perché, Junmyeon?»
«Perché abbiamo scelto noi il marito, Jongdae. Lui ha acconsentito... in cambio di una somma.»
«E se avessi accettato di sposare chi aveva scelto lui?»
«Wang?» chiese Junmyeon.
Lui annuì.
«Allora non ci sarebbe stato nulla da pagare, ovviamente.»
«Mi hai mentito. Mi hai detto di non avere abbastanza denaro da prestarmi per pagare le tasse per il diritto di restare libero ancora un anno.»
Junmyeon sospirò. «Ti ho mentito», ammise. «Stavi rinviando l'inevitabile, ed ero preoccupato per la tua sicurezza. Dannazione, eri tenuto prigioniero. Non potevo esser certo che saresti stato al sicuro per molto, e c'era anche il rischio che l'imperatore desse a qualcun altro le terre dei Kim.»
Lui sapeva che aveva ragione. E sapeva anche che lo amava, e si preoccupava solo per la sua sicurezza. «Ti perdono l'inganno, Junmyeon.»
«Vai a casa, ministro. E non tornare. Hai fatto il tuo dovere. Jongdae ora è sotto la mia responsabilità.»
Jongdae era stupito per la scortesia che dimostrava il marito. «Adesso?» sbottò. «Vuoi che vada via adesso?»
«Subito», confermò suo marito.
«Mio fratello...»
«Non è tuo fratello.»
Era tanto offeso da quell'atteggiamento che gli venne voglia di gridare. Ora suo marito non gli prestava molta attenzione. Teneva lo sguardo fisso su Junmyeon.
«Dovevo intuirlo», disse. «Non avete l'aspetto di fratelli. I tuoi sentimenti per lui...»
Junmyeon non gli permise di continuare. «Sei molto astuto», lo interruppe. «Jongdae non c'entra per nulla. Tienilo fuori.»
«Signore...»
«Lasciaci, Jongdae. Questa discussione non ti riguarda.»
Il suo tono di voce non ammetteva repliche. Lui cominciò a perdere petali dal suo nuovo bouquet mentre osservava ansiosamente l'espressione severa sul volto di entrambi.
Non dovette decidere se andare o rimanere. Baekhyun aveva udito abbastanza per capire che una zuffa era imminente. Prese Jongdae per il braccio, fingendosi entusiasto, e disse:
«Urterete i sentimenti delle donne se non assaggiate i loro piatti speciali. Venite subito. Si tormenteranno finché non avranno ottenuto qualche lode dal nuovo signore»
Il ragazzo in parte lo accompagnò, in parte la trascinò lontano dai due uomini. Jongdae continuava a voltarsi per vedere che cosa sarebbe accaduto. Junmyeon sembrava furioso, e lo stesso Minseok. Suo marito, notò, parlava incessantemente. Junmyeon per caso guardò dalla sua parte, vide che lo fissava, quindi si girò e disse qualcosa a Minseok. I due si allontanarono insieme lungo il pendio.
Li rivide solo quando il sole stava già calando. Sospirò di sollievo scorgendo suo marito e suo fratello risalire la collina. Striature arancio del sole al tramonto coloravano il cielo alle loro spalle. Le figure, scure contro la luce e per la lontananza, erano come quelle di due mistici. Sembravano alzarsi dal centro della terra come possenti guerrieri simili a dei. E si muovevano con la stessa grazia.
Erano perfetti.
Jongdae sorrise per quei pensieri. Poi guardò meglio in volto i due uomini, e sussultò inorridito. Junmyeon aveva il naso sanguinante e l'occhio destro chiuso e gonfio. Minseok non sembrava in condizioni migliori: il sangue scendeva da un taglio sulla fronte, e un altro taglio sanguinava all'angolo della bocca.
Non sapeva con quale dei due urlare per primo. Istintivamente pensò di correre da Junmyeon per dirgli quello che si meritava mentre studiava l'estensione delle sue ferite, ma quando si sollevò la tunica per lanciarsi nella corsa, capì che probabilmente sarebbe andato da Minseok. Ora era suo marito, e doveva venire al primo posto nei suoi pensieri. C'era anche la possibilità che, riuscendo a placare la sua collera, lui fosse meglio disposto ad ascoltare le sue ragioni permettendo al fratello di restare ancora qualche giorno.
«Vi siete picchiati.»
Urlò la sua accusa appena raggiunto il marito. Lui non ritenne di dovergli rispondere. Era dannatamente ovvio che si erano picchiati, e non gli importava molto della collera nella voce di lui.
Jongdae prese il suo fazzoletto dalla manica del vestito per ripulirgli la ferita dal sangue, potendone così studiare la profondità. Gli scostò dolcemente i capelli all'indietro, perché non dessero fastidio.
Lui si ritrasse bruscamente. Non era abituato a farsi assistere, e non sapeva come reagire.
«Fermo», gli ordinò. «Non ti farò male.»
Minseok rimase immobile permettendogli di curarlo. Dannazione, era compiaciuto, anche se non per le premure che gli usava in quel momento. No, era lieto che fosse andato prima da lui.
«Hai risolto la questione che ti tormentava, qualunque fosse?» gli chiese Jongdae.
«Sì», rispose Minseok. Sembrava scontroso.
Jongdae guardò suo fratello. «E tu, Junmyeon?»
«Sì.» Il tono di voce era irritato quanto quello di suo marito.
Tornò a quest'ultimo. «Perché hai deliberatamente provocato Junmyeon? È mio fratello, lo sai», aggiunse annuendo col capo. «I miei genitori l'hanno accolto quando era solo un bambino. Era già lì alla mia nascita e l'ho chiamato fratello fin da quando ho cominciato a parlare. Gli devi delle scuse, marito.»
Minseok ignorò l'invito e gli prese il polso perché smettesse di asciugargli la ferita, quindi si girò verso Junmyeon.
«Ora salutalo>> ordinò.
«No!» gridò Jongdae. Si liberò dal marito e corse dal fratello, gettandosi nelle sue braccia.
«Non mi hai detto la verità su di lui», bisbigliò. «Non è un uomo gentile. È duro e crudele. Non sopporto l'idea di non rivederti mai più. Ti voglio bene. Mi hai protetto quando nessun altro l'avrebbe fatto. Hai creduto in me. Per favore, Junmyeon, portami a casa con te. Non voglio rimanere qui.»
«Zitto, Jongdae. Andrà tutto bene. Minseok ha ottime ragioni per ordinare che io e i miei uomini restiamo lontani da qui. Impara a fidarti di lui.»
Junmyeon parlava con il fratello sostenendo nel contempo lo sguardo di Minseok.
«Perché non vuole che torni?»
Junmyeon scosse la testa. Il suo silenzio disse che non intendeva spiegare. «Che messaggio vuoi che porti alla mamma? La vedrò il mese prossimo.»
«Vengo a casa con te.»
Il sorriso di suo fratello era colmo di tenerezza. «Ora sei sposato. Questa è la tua casa. Devi restare con tuo marito, Jongdae.»
Lui non lo lasciava. Junmyeon si chinò, lo baciò sulla fronte e gli allontanò le mani. Dolcemente lo sospinse verso il marito.
«Trattalo bene, Minseok, o tornerò a ucciderti.»
«Sarebbe tuo diritto», rispose Minseok. Superò Jongdae per scambiarsi una stretta di mano con Junmyeon. «Noi due siamo arrivati a un accordo. La mia parola è un vincolo, ministro.»
«Come la mia, signore.»
I due uomini annuirono. Jongdae rimase a guardare il fratello che si allontanava, le lacrime che gli rigavano il volto. Il cavallo era già stato preparato. Junmyeon riprese possesso dello stallone e scese la collina scomparendo alla vista. Non si girò neppure una volta.
Voltandosi, Jongdae scoprì che anche suo marito si era allontanato. D'improvviso era solo. Rimase sul limitare della radura sentendosi spoglio e desolato quanto il paesaggio intorno a lui. Non si mosse finché il sole non fu scomparso all'orizzonte. Fu il vento gelido a riscuoterlo. Rabbrividì per il freddo e si strofinò le braccia tornando lentamente verso il castello. Non c'era nessuno in vista, o così gli sembrava. Solo quando fu al centro del cortile vide suo marito. Era appoggiato alla porta della fortezza e guardava lui.
Jongdae si asciugò le lacrime, raddrizzò le spalle e si affrettò. Salì la scala con una sola intenzione: per quanto fosse infantile, era deciso a dirgli quanto lo disprezzava.
Non ne ebbe l'opportunità. Minseok attese che lui si fosse avvicinato, quindi lo prese tra le braccia. Lo tenne stretto al petto, abbassò il mento sulla sua testa e l'abbracciò con forza.
Quell'uomo cercava di confortarlo. Il suo atteggiamento lo confondeva. Era stato lui, dopotutto, a causargli tanta sofferenza. Eppure ora cercava di calmarlo.
Dannazione, e ci riusciva. Jongdae sapeva di essere sfinito per la lunga e difficile giornata, e certo questa era la ragione per cui non tentava di scostarsi da lui. Era meravigliosamente caldo; si disse che quel calore gli serviva per vincere il freddo. Era sempre deciso a dirgli quanto si meritava, ma avrebbe aspettato di essersi ben riscaldato.
Minseok lo strinse per alcuni minuti attendendo pazientemente che riprendesse il controllo di sé.
Infine Jongdae si scostò. «La tua scortesia verso mio fratello mi ha molto addolorato signore.»
Sperava di ottenere qualche parola di scusa. Solo dopo un'inutile attesa capì che non ne avrebbe avute.
«Ora vorrei andare a letto», annunciò. «Ho molto sonno. Per favore, puoi indicarmi la strada per la mia casetta? Al buio non sono sicuro di ritrovarla.»
«La casa dove hai dormito la scorsa notte appartiene a un Kim. Non ci dormirai più.»
«Allora dove dormirò?»
«Qui dentro», rispose lui. «Ci sono due camere, I Kim sono riusciti a fermare l'incendio prima che le raggiungesse»
Aprì la porta e gli fece segno di entrare. Jongdae non si mosse.
«Posso chiederti una cosa, signore?»
Attese che lui annuisse, quindi continuò: «Un giorno mi spiegherai perché hai mandato via mio fratello ordinandogli di non tornare più?»
«Col tempo lo capirai tu stesso», rispose lui. «Se non sarà così, sarò lieto di spiegartelo io.»
«Grazie.»
«So essere accomodante, Jongdae.»
Lui non rise perché sarebbe stato poco opportuno. L'espressione nei suoi occhi comunque diceva che non gli aveva creduto.
«Ho liberato tuo fratello da un peso, marito.»
«E quel peso ero io?»
Minseok scosse la testa. «No, non eri tu quel peso», rispose. «Ora entra.»
Lui decise di obbedire. Il ragazzo che subito dopo la cerimonia nuziale gli aveva dato il bouquet era in attesa ai piedi delle scale.
«Jongdae, lui è...»
Non lo lasciò finire. «Kyungsoo», disse. «Grazie ancora per i bei fiori. È stato un gesto molto gentile da parte tua.»
«Siete il benvenuto mio signore», rispose. Aveva una voce delicata e melodiosa, e un piacevole sorriso. I suoi capelli erano castano scuro come e altrettanto affascinanti. Jongdae suppose che dovesse avere all'incirca la sua età.
«Vi è stato difficile lasciare casa per venire qui?»
«Non proprio», rispose Jongdae.
«E il personale di casa? Il nostro signore certo vi avrà permesso di portarvi il maggiordomo.»
Jongdae non sapeva che cosa rispondere. Ricordava a malapena il personale di casa. Seungwoon cambiava i dipendenti di servizio ogni mese. Da principio Lui aveva ritenuto che fosse soltanto molto esigente, ma in seguito aveva capito: voleva tenerlo isolato, senza nessuno con cui confidarsi. Doveva dipendere solo da lui. Dopo la sua morte, era stata costretto a trasferirsi nella capitale, e non aveva stabilito alcun rapporto d'amicizia.
«Preferivano restare lì», disse Jongdae.
Kyungsoo annuì, quindi si girò e cominciò a salire le scale. Jongdae lo seguì.
«Pensate che sarete felice in questo posto?» chiese Kyungsoo senza voltarsi.
«Oh, sì», rispose Jongdae, sperando di avere ragione. «Qui sarò al sicuro.»
Minseok si accigliò. Jongdae non sospettava neppure quanto quelle parole rivelassero del suo passato. Rimase ai piedi della scala, intento a fissare il marito.
«Ma io vi ho chiesto se sarete felice», precisò con voce divertita. «Al sicuro lo sarete di certo. Il nostro signore vi proteggerà.»
Jongdae pensò che sapeva badare a se stesso da solo. Non lo disse a Kyungsoo, comunque, perché voleva che lo ritenesse grato per la protezione del signore. Si volse verso suo marito.
«Buonanotte, mio signore.»
«Buonanotte, Jongdae.»
Jongdae continuò a seguendo Kyungsoo. Il pianerottolo era in parte ostruito da una pila di casse sulla sinistra, tanto che nessuno avrebbe potuto guardare la grande sala o l'ingresso . Dall'altra parte si apriva un corridoio lungo e stretto. Le candele sistemate nei loro sostegni bronzei alle pareti illuminavano il passaggio. Kyungsoo cominciò a parlare della fortezza, invitando Jongdae a chiedergli qualsiasi cosa lo incuriosisse. Kyungsoo lo condusse nella prima stanza, dove Baekhyun li aspettava con l'acqua calda per il bagno pronta per Jongdae.
L'amichevole accoglienza aiutò Jongdae a rilassarsi. Il bagno era meraviglioso. Disse loro com'erano stati gentili a pensare che quella opportunità gli avrebbe fatto piacere.
«È stato il signore a ordinare un bagno caldo per voi», spiegò «Dal momento che un Kim vi ha ceduto il letto la notte scorsa, ora toccava ai Park fare qualcosa per voi.Era semplicemente giusto», aggiunse Baekhyun.
Prima che Jongdae potesse chiedere una spiegazione, cambiarono argomento. Volevano parlare delle nozze. «Eravate così bello»
La conversazione accompagnò tutto il bagno. Jongdae infine diede ai ragazzi la buonanotte e si recò nella seconda stanza.
La camera era calda e accogliente. C'erano un camino sulla parete che dava sulla facciata, una finestra che si apriva sui campi sottostanti, e un grande letto coperto con un telo con i colori dei Kim appoggiato contro la parete opposta.
Il letto parve inghiottirlo. Calcolò che quattro persone potevano dormire sotto le coperte fianco a fianco senza neppure toccarsi. Aveva i piedi freddi, ma era l'unico disagio che sentiva. Pensò di lasciare il letto per cercare un paio di calze di lana, ma decise che quel compito gli avrebbe richiesto uno sforzo eccessivo.
La porta si aprì proprio in quell'istante. Non prese coscienza di quanto avveniva finché non sentì un lato del letto abbassarsi. Allora aprì lentamente gli occhi. Andava tutto bene, si disse. Era Minseok, e non un intruso, l'uomo che si era seduto sul letto.
Si stava togliendo gli stivali. Cercò di non spaventarsi.
«Che cosa fai, mio signore?»
La sua voce era un incerto sussurro. Senza voltarsi lui rispose: «Mi preparo per venire a
letto».
Jongdae richiuse gli occhi. Lui pensò che si fosse addormentato, e rimase a fissarlo per qualche minuto. Era sdraiato sul fianco, il viso dalla sua parte. I capelli, dorati quanto il cielo al tramonto, erano sparsi sul cuscino. Gli sembrava splendido, ma anche fragile e innocente. Era molto più giovane di quanto avesse pensato, e una volta appianate le divergenze con Junmyeon, quando il ministro aveva saggiamente deciso di obbedire ai suoi ordini, gli aveva chiesto l'età precisa. Junmyeon non ricordava la sua data di nascita, ma disse che era poco più che bambino quando i genitori avevano ricevuto ordine di darlo in sposo al suo ministro prediletto.
D'improvviso Jongdae si alzò a sedere. «Qui? Pensi di dormire qui, mio signore?»
Aveva quasi gridato la domanda. Lui annuì, chiedendosi la ragione di tanta apparente paura.
Lui spalancò la bocca. Era troppo sconvolta per parlare. Minseok si alzò, sciolse la cintura di cuoio che stringeva il suo vestito e la gettò sulla sedia vicina, venendo poi seguito dal suo abito.
Era completamente nudo. Jongdae chiuse gli occhi con forza.
«Minseok...» Il nome gli era uscito in un lieve sussurro.
Aveva chiuso gli occhi, ma non prima di dare uno sguardo a quel corpo che gli dava le spalle. Ed era abbastanza per fargli mancare il cuore. Il ragazzo era leggermente abbronzato dal collo alle caviglie; com'era possibile? Se ne andava in giro completamente nudo in pieno giorno?
Non intendeva certo chiederglielo. Sentì che le coperte venivano tirate indietro, e il letto si abbassava sotto il peso di lui che si coricava al suo fianco. Subito lo cercò con la mano.
Jongdae balzò sulle ginocchia e si girò a guardarlo. Era sdraiato sulla schiena e non si era neppure preoccupato di coprirsi. Afferrata la coperta gliela tirò fin sul ventre. Si sentiva il viso infuocato per l'imbarazzo.
«Sei stato ingannato, mio signore. Sì, è così!» esclamò con fervore.
Minseok non capiva che cosa gli fosse accaduto. Sembrava in preda al panico. Aveva gli occhi colmi di lacrime, e non si sarebbe stupito se fosse scoppiato in singhiozzi.
«Perché sarei stato ingannato?» Deliberatamente aveva tenuto il tono di voce basso e pacato. Si infilò le mani dietro la testa comportandosi come avesse tutto il tempo del mondo per aspettare una risposta.
Con la sua disinvoltura cercava di calmarlo. Jongdae fece un profondo respiro, quindi disse: «Mio fratello non te l'ha detto. Doveva spiegarti... Oh, mi dispiace. Avrei dovuto accertarmi che lo sapessi. Quando ho scoperto che avevi già un figlio, ho pensato che sapessi di me e che non avesse importanza. Tu hai un erede. Tu...»
Minseok si allungò e gli pose una mano sulla bocca. Le lacrime gli rigavano il volto. La sua voce era ancora tranquilla quando gli disse: «Tuo fratello è un uomo d'onore».
Lui annuì e Minseok gli tolse la mano dalla bocca, poi dolcemente lo attirò a sé.
«Sì, Junmyeon è un uomo d'onore», mormorò.
Aveva la guancia contro la sua spalla e Minseok sentiva le lacrime scivolargli sulla pelle.
«Junmyeon non mi avrebbe ingannato.»
«Anch'io lo pensavo.» Sembrava confuso.
Passò un lungo minuto nell'attesa che Jongdae dicesse che cosa lo tormentava.
«Forse ha dimenticato di parlartene... o pensava di averlo già fatto.»
«Che cosa ha dimenticato di dirmi?»
«Io non posso avere figli.»
Minseok aspettò che continuasse. «E poi?» chiese, vedendo che non aggiungeva altro.
Jongdae stava trattenendo il respiro in attesa della sua reazione. Pensava si sarebbe infuriato. Non sembrava tuttavia in collera. Gli stava accarezzando tranquillamente il braccio. Un uomo furioso non l'avrebbe accarezzato. L'avrebbe percosso.
Jongdae pensò che forse non aveva capito. «Sono sterile», mormorò. «Pensavo che Junmyeon te l'avesse detto. Se vuoi l'annullamento del matrimonio...»
«Junmyeon me l'ha detto, Jongdae.»
Lui balzò nuovamente a sedere. «Te l'ha detto?» Sembrava ancora più confuso di prima. «Allora perché sei qui?»
«Sono qui perché sono tuo marito e questa è la nostra prima notte di nozze. È una consuetudine dividere lo stesso letto.»
«Intendi dire che desideri dormire qui stanotte?»
«È dannatamente così», rispose lui.
Jongdae ora sembrava incredulo. «E ogni altra notte», aggiunse lui.
«Perché?»
«Perché sono tuo marito», spiegò lui.
Lo attirò nuovamente a sé, si girò sul fianco e si chinò sopra di lui. Dolcemente gli scostò i capelli dalla fronte.
Quel tocco gentile lo tranquillizzava. «Sei qui solo per dormire, mio signore?»
«No.»
«Allora vorresti...»
«Sì», lo interruppe lui, irritato per l'orrore che sentiva nella sua voce.
«Perché?»
Davvero non capiva. Tale consapevolezza lo placò un po', anche se non gli riuscì di controllare del tutto la propria esasperazione. «Jongdae, non sei stato sposato per tre anni?»
Jongdae cercava di non guardarlo negli occhi; un compito difficile, perché erano davvero degli occhi splendidi. E aveva gli zigomi alti, e un naso diritto. Era un bel demonio; anche se cercava di non badarvi, il suo cuore batteva più forte per la vicinanza con lui. Ora sembrava impazzito. E il suo profumo era incantevole. Sapeva di pulito, e di maschio. Aveva ancora i capelli umidi, segno che si era fatto il bagno prima di raggiungerlo a letto.
Non poteva essere una delicatezza nei suoi confronti. Eppure Lui la vedeva così. Era necessario riprendere il controllo dei suoi indisciplinati pensieri. L'aspetto o il profumo di lui non dovevano contare.
«Intendi rispondermi prima dell'alba?»
D'improvviso ricordò la domanda. «Sì, sono stato sposato per tre anni.»
«Allora perché mi chiedi se voglio dormire con te?»
Per Lui il discorso non aveva senso. «A che scopo farlo? Non posso darti un figlio.»
«Me l'hai già detto», sbottò lui. «C'è un'altra ragione per cui voglio venire a letto con te.»
«Quale?» chiese sospettoso.
«C'è il piacere dell'atto matrimoniale. Non l'hai mai provato?»
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