4
Si sposarono il pomeriggio del giorno seguente. Minseok accettò di aspettare perché potessero preparare la cerimonia e che gli uomini di Junmyeon raggiunsero le sue terre.
Fu l'unico punto, comunque, sul quale fu disposto a cedere. Jongdae voleva tornare al campo per trascorrere la notte nella sua tenda, vicino al fratello, al ragazzo e ai suoi uomini fedeli. Minseok non ne volle sapere. Gli ordinò di dormire in una delle casette appena costruite sul fianco della collina, graziose costruzioni di una sola stanza con finestra e caminetto in pietra.
Non rivide il signore fino alla cerimonia, e nemmeno suo fratello finché non venne a chiamarlo. Minseok aveva messo due sentinelle fuori della sua porta, e lui preferì non chiedere se avessero l'ordine di vietare l'accesso agli estranei o quello di impedire a lui l'uscita.
Non dormì molto. La sua mente correva da una preoccupazione all'altra. E se Minseok si fosse rivelato uguale a Seungwoon? Sarebbe riuscito a sopravvivere a un nuovo inferno? La possibilità di sposare un altro mostro lo fece piangere di autocommiserazione. Subito se ne vergognò. Era così codardo? Dunque Seungwoon aveva avuto ragione a metterlo in ridicolo?
No, no, era un ragazzo forte. Poteva affrontare qualsiasi cosa gli capitasse. Non si sarebbe arreso alla paura, e non si sarebbe lasciato andare a pensieri umilianti riguardo a se stesso. Valeva qualcosa, dannazione... non era vero?
Aveva ritrovato la fiducia in sé dopo la morte di Seungwoon. Per la prima volta da più di tre anni viveva senza timori. Le sue giornate erano piene di una pace gradita. Anche quando l'imperatore l'aveva trascinato a corte e l'aveva rinchiuso in un appartamento privato, nessuno l'aveva disturbato. C'era un giardinetto fuori dalla porta, e Lui vi aveva trascorso gran parte delle sue giornate.
Quell'intervallo di pace tuttavia si era concluso, e ora veniva costretto a un nuovo matrimonio. Era inevitabile che deludesse il signore. E lui come avrebbe reagito? Avrebbe cercato di farlo sentire ignorante e indegno? Non avrebbe permesso che ciò accadesse. Gli attacchi di Seungwoon erano stati così astutamente mascherati, e lui era allora così giovane e ingenuo, che solo troppo tardi si era reso conto di quello che gli stava facendo. Era un lento, insidioso attacco al suo carattere; inarrestabile, era continuato incessante fino a farlo sentire defraudato di qualsiasi bagliore di luce.
Allora aveva cercato di ribellarsi. E così erano cominciate le percosse.
Jongdae si sforzò di arrestare quei ricordi. Si addormentò sperando per un miracolo.
Junmyeon andò a prenderlo intorno a mezzogiorno. Diede un'occhiata al suo volto pallido e scosse la testa.
«Hai così poca fiducia nel giudizio di tuo fratello? Ti ho detto che Minseok è un uomo d'onore», gli ricordò. «Non hai ragione di temerlo.»
Lui pose una mano sul braccio del fratello e uscì al suo fianco. «Ho fiducia nel tuo giudizio», sussurrò.
La sua voce mancava di convinzione, ma lui non ne fu offeso. Capiva i suoi timori. Il ricordo di quando, fermandosi in visita senza dare il tempo a Seungwoon di nasconderlo, l'aveva visto col volto tumefatto, lo riempiva ancora di collera.
«Per favore, non accigliarti, Junmyeon. Vincerò la paura. Andrà tutto bene.»
Junmyeon sorrise. Gli sembrava incredibile che suo fratello in quel momento stesse cercando di confortarlo.
«Sì, il tuo matrimonio andrà benissimo» disse. «Sai, solo guardandoti intorno puoi farti un'idea del carattere del tuo futuro marito. Dove hai dormito questa notte?»
«Sai benissimo dove ho dormito.»
«È una casetta nuovissima, vero?»
Non gli diede il tempo di rispondere. «Da qui ne vedo altre tre, tutte appena costruite. Il legno non è ancora segnato dalle intemperie.»
«Che cosa stai cercando di dirmi?»
«Un uomo egoista penserebbe prima alle proprie comodità, no?»
«Sì.»
«Vedi una fortezza nuova?»
«No.»
«Chanyeol è il capitano del signore per i soldati Park, e mi ha detto che le case sono riservate agli anziani. Loro vengono per primi perché sono quelli a cui serve di più un fuoco caldo e, un tetto sulla testa di notte. Minseok si è lasciato per ultimo. Pensaci, Jongdae. Ho scoperto che ci sono due camere da letto a est, nella fortezza vera e propria. Entrambe sono state risparmiate dal fuoco. Eppure Minseok non vi ha trascorso nemmeno una notte. Lui dorme all'aperto con i soldati. Questo non ti dice nulla sul suo carattere?»
Il sorriso di Lui era la risposta che gli serviva.
A Jongdae tornò un po' di colore in volto, e Junmyeon annuì soddisfatto.
Avevano ormai raggiunto il cortile, e si fermarono a osservare la folla degli uomini e delle donne indaffarati nei preparativi della cerimonia. Il matrimonio sarebbe stato celebrato all'aperto. Un altare di fortuna, consistente in una larga tavola di legno, era sostenuto da due barili vuoti di birra. Una donna vi allargò sopra una tovaglia di lino. Altre due donne erano in ginocchio per terra davanti ai barili, intente a sistemare dei mazzi di fiori.
Jongdae avanzò. Junmyeon hli prese gli mano per fermarlo.
«C'è un'altra cosa che devi sapere», cominciò.
«Sì?»
«Vedi il bambino seduto sulle scale?»
Lui si girò. Un bambino di quattro o cinque anni al massimo era seduto tutto solo sul gradino più alto. Teneva i gomiti sulle ginocchia, e la testa fra le mani. Stava osservando i preparativi, e sembrava terribilmente infelice.
«Lo vedo», disse Jongdae. «Sembra sperduto, vero, Junmyeon?»
Suo fratello sorrise. «Sì, è vero.»
«Chi è?»
«Il figlio di Minseok»
Lui quasi perse l'equilibrio. «Di chi?»
«Abbassa la voce, Jongdae. Non voglio che qualcuno ci senta. Quel bambino è di Minseok. O meglio, non è davvero suo figlio, ma sapeva che nessuno ne avrebbe rivendicato la paternità, così lo ha fatto lui. Si chiama Jun», aggiunse Junmyeon in mancanza d'altro da dire. «Credo di averti sconvolto, Jongdae.»
«Perché non me l'hai detto prima?» Non gli diede il tempo di rispondere.
Non sapeva che cosa pensare di quella rivelazione. «La madre del bambino è morta durante il parto», aggiunse Junmyeon.
Jongdae provò pena per il piccino. Si volse nuovamente a guardarlo. Era un bambino adorabile, con i capelli scuri e ricciuti. Da lontano non riusciva a distinguere il colore degli occhi.
«Jongdae, è importante che tu sappia che Minseok considera il bambino suo figlio.»
Si girò verso il fratello. «Ti ho sentito la prima volta che l'hai detto.»
«Allora?»
Lui sorrise. «Allora cosa, Junmyeon?»
«Lo accetterai?»
«Oh, Junmyeon, come puoi chiedermi una cosa simile? Certo che lo accetterò. Come potrei non farlo?»
Junmyeon sospirò. Suo fratello non capiva le regole di un mondo spietato. «L'argomento è oggetto di discussione tra i Kim», spiegò. «Il padre di Minseok era il loro signore. Arrivò al letto di morte senza riconoscere il figlio.»
«Così l'uomo che sto per sposare è anch'esso illegittimo?»
«Sì.»
«E nonostante questo i Kim l'hanno nominato loro signore?»
Junmyeon annuì. «È complicato», ammise. «Avevano bisogno della sua forza. Lui ha comunque nelle vene il sangue del padre, e per convenienza hanno dimenticato che si tratta di un bastardo. Il bambino però...»
Non disse altro. Lasciò a Lui le conclusioni. Jongdae scosse la testa. «Pensi che il piccolo sia turbato dal matrimonio?»
«Sembrerebbe che qualcosa lo turbi.»
Colui che avrebbe dovuto guidare la cerimonia li richiamò, così Junmyeon prese Jongdae per il gomito e si avviò. Jongdae però riusciva a distogliere lo sguardo dal bambino.
«Sono pronti», annunciò Junmyeon. «Ecco che arriva Minseok.»
Il signore attraversò il cortile e prese posto di fronte all'altare. Teneva le braccia lungo i fianchi. Il ragazzo si mise davanti a lui, e tornò a chiamare Jongdae con la mano.
«Non posso farlo, non senza...»
«Andrà tutto bene.»
«Tu non capisci», gli sussurrò Lui sorridendo. «Aspetta qui, Junmyeon. Torno subito.»
«Jongdae,...»
Junmyeon mormorava al vento. Guardò suo fratello farsi largo tra la folla. Quando lo vide avvicinarsi ai gradini, finalmente capì le sue intenzioni.
Si girò verso Minseok. Dalla sua espressione non si indovinava nulla.
Jongdae rallentò il passo avvicinandosi alla scala, poiché non voleva che il piccolo scappasse prima di farsi raggiungere.
La notizia che Minseok aveva un figlio l'aveva riempito di gioia e di sollievo. Finalmente c'era una risposta alla domanda che lo tormentava. Era naturale che a Minseok non importasse della sua sterilità, dal momento che lui aveva già un erede, legittimo o meno.
Il senso di colpa che l'aveva oppresso gli scivolò via dalle spalle come un mantello.
Minseok non poté evitare di accigliarsi. Dannazione, voleva che scoprisse l'esistenza del bambino solo dopo il matrimonio, quando non avrebbe più potuto cambiare idea. Lui aveva tutte le intenzioni di costringere Jongdae a riconoscere suo figlio, ma intendeva prima aspettare che si fosse adattato al nuovo ruolo.
Jun lo vide avvicinarsi e subito si nascose il volto tra le mani. Aveva le ginocchia, magrissime, coperte di sporcizia. Quando alzò gli occhi a guardarlo, Lui notò che non erano scuri come quelli di Minseok, ma grigi.
Jongdae si fermò sul gradino più basso e parlò al bambino. Minseok si mosse per raggiungere lo sposo, ma subito cambiò idea. Incrociò le braccia sul petto e rimase semplicemente in attesa di quello che sarebbe successo. Non era il solo a osservare. Il silenzio era sceso nel cortile mentre tutti i Kim e i Park si giravano a guardare.
«Non mi aspettavo nulla di diverso» disse Baekhyun.
«Perchè?» chiese Chanyeol al suo fianco.
<<Lo capirai>> sorrise il più basso.
Jongdae parlò con il bambino per alcuni minuti. Poi allungò la mano verso di lui. Jun balzò in piedi, scese le scale inciampando, e accettò la mano che gli veniva offerta. Jongdae si chinò, gli scostò i capelli dagli occhi, gli aggiustò il vestitino e s'incamminò con il bambino al fianco.
«Ha capito», mormorò Baekhyun.
«Che cosa ?» chiese Chanyeol.
Il ragazzo sorrise. «Di essere stato accettato.»
Minseok annuì. Jongdae raggiunse il fianco di Junmyeon e riprese il suo braccio. «Ora sono pronto», annunciò. «Jun, vai vicino a tuo padre», ordinò al bambino. «Devo essere io a venire da voi.»
Il piccolo annuì. Corse dal padre si fermò alla sua sinistra. Minseok abbassò lo sguardo sul figlio. La sua espressione era impassibile, e Jongdae non riuscì a capire se fosse compiaciuto o irritato. Minseok lo fissò, e quando lui si avviò nella sua direzione posò una mano sulla testa del piccolo.
Junmyeon lo diede in sposo. Jongdae pareva sul punto di scoppiare quando il fratello gli prese la mano e la posò su quella di Minseok. Lui tuttavia si sentiva dannatamente orgoglioso di suo fratello: era nervoso, ma non tentò di aggrapparglisi addosso. Rimase immobile tra i due guerrieri, il futuro marito alla destra e il fratello alla sinistra, la schiena diritta, la testa alta e lo sguardo avanti.
Indossava una tunica bianca lunga fino alle caviglie, con un mantello della stessa stoffa che arrivava alle ginocchia. L'orlo del suo completo era decorato da ricami verdi e rosa chiaro delicati.
Aaveva il profumo delle rose. Era un profumo leggero, tuttavia straordinariamente allettante per Minseok che non smetteva di guardarlo. Era una creatura assolutamente fantastica, e lui non sapeva come comportarsi. La sua più grande preoccupazione era che non fosse abbastanza forte per sopravvivere a una vita tanto aspra. Ricacciò quel pensiero. Era suo dovere assicurarsi che sopravvivesse. L'avrebbe protetto dal pericolo, e se gli serviva essere coccolato, allora l'avrebbe coccolato. Non aveva la minima idea di come fare, ma era un uomo intelligente. Il modo l'avrebbe trovato. Non l'avrebbe lasciato sporcarsi le mani o svolgere lavori pesanti, e avrebbe preteso che riposasse ogni giorno. Prendersi cura di lui era il minimo che potesse fare per ringraziarlo delle terre che gli portava in dote, e certo quella era la sola ragione per cui si preoccupava ora del suo benessere.
Il vento gli fece ricadere una ciocca di capelli sulla fronte. Jongdae lasciò la mano dello sposo per riportarla al suo posto.
Vedendo che non gli riprendeva la mano Minseok si irritò al punto di afferrare la sua attirandolo a sé. Junmyeon notò quel gesto possessivo e sorrise.
La cerimonia procedette senza interruzioni finché non fu chiesto a Jongdae di pronunciare la promessa di amare e onorare il marito, e di obbedirgli. Lui rifletté a lungo su quella richiesta. Poi scosse il capo e guardò lo sposo.
Gli fece segno di chinarsi e si avvicinò per mormorargli qualcosa all'orecchio.
«Cercherò di amarvi, mio signore, e certo vi onorerò, perché sarete mio marito, ma non credo che vi obbedirò molto. Ho scoperto che la sottomissione totale mal mi si adatta.»
Mentre spiegava la sua posizione non riusciva a guardarlo negli occhi, e si limitò a fissargli il mento mentre aspettava una sua reazione.
Minseok era troppo stupito per notare quanto era preoccupato. Dovette costringersi a non ridere.
«Stai scherzando?»
Non aveva sussurrato. Dal momento che lui non si preoccupava affatto del pubblico in ascolto, decise di non badarvi neppure Jongdae. Quando gli rispose la sua voce era altrettanto vigorosa, e il tono altrettanto disinvolto.
«Scherzare con te durante lo scambio dei voti matrimoniali? Credo di no, mio signore. Sono serissimo. Queste sono le mie condizioni. Le accetti?»
Allora lui scoppiò a ridere. Non poteva più trattenersi. La dimostrazione di coraggio di Jongdae non durò a lungo. Si sentiva imbarazzato e umiliato, ma la questione era troppo importante per abbandonarla.
Restava una sola cosa da fare. Raddrizzò le spalle, liberò la mano dalla stretta di lui e gli gettò il bouquet. Quindi fece un inchino , si girò e si allontanò.
Il messaggio era chiaro, tuttavia alcuni soldati Kim stentavano a capire.
«Se ne sta andando?» Jongin, il loro comandante, mormorò la domanda a voce alta, e tutti lo sentirono.
«Va via, Minseok», intervenne un altro.
«Sembra intenzionato ad andarsene», disse Baekhyun.
Junmyeon si mosse per seguirlo. Minseok l'afferrò per il braccio e scosse la testa. Gettò il bouquet al ministro, mormorò qualcosa tra i denti e partì verso lo sposo.
Era ormai arrivato al limite della radura quando lo raggiunse. L'afferrò per le spalle e lo fece voltare, ma lui non alzò gli occhi a guardarlo. Minseok allora gli sollevò il mento con la mano.
Jongdae era pronto ad affrontare la collera di lui. Certo l'avrebbe percosso. Ricordò a se stesso che era forte. Poteva resistere all'aggressione.
«Proverai almeno a obbedire?»
Sembrava esasperato. Jongdae era così stupito dal suo atteggiamento che sorrise. Dopotutto non era così debole, si disse. Aveva appena affrontato il signore costringendolo a un compromesso. Non sapeva se avesse vinto molto, ma certo non aveva perso nulla.
«Sì, proverò», gli promise. «Di tanto in tanto», si affrettò subito ad aggiungere.
Lui alzò gli occhi al cielo. Decise che aveva dedicato fin troppo tempo a quel problema. Lo prese per mano e lo trascinò all'altare e Jongdae fu costretto a correre per tenere il passo.
Junmyeon abbandonò l'espressione accigliata quando vide il fratello sorridere. Ovviamente era molto curioso di scoprire quale fosse stato l'argomento della discussione, ma sapeva di dover aspettare la fine della cerimonia per informarsi sull'accaduto.
Non dovette invece aspettare tanto. Jongdae riprese il bouquet e si girò verso il celebrante.
«Per favore, perdonate l'interruzione>>
Gli chiesero ancora di promettere di amare e di onorare suo marito, e di obbedirgli. Questa volta aggiunsero le parole 'per favore'.
«Amerò e onorerò mio marito, e proverò a obbedirgli di tanto in tanto», rispose Jongdae.
Junmyeon cominciò a ridere. Ora capiva di cosa avessero parlato. I Kim e i Park erano rimasti a bocca aperta.
Il signore fissò la folla intorno a lui ordinando con lo sguardo il silenzio. Poi fulminò con gli occhi anche lo sposo.
«Obbedienza e sottomissione non sono necessariamente la stessa cosa», sbottò.
«A me hanno insegnato che lo sono», si difese.
«Ti hanno insegnato male.»
La sua espressione era abbastanza severa da metterlo nuovamente in ansia.
Tornò a lanciare il bouquet a Minseok e si girò per allontanarsi, ma lui gettò bruscamente i fiori sulla mano già allungata di Junmyeon e afferrò Jongdae prima che potesse muoversi.
«No, non lo farai», mormorò. «Non ricominceremo tutto daccapo.»
Per provargli che parlava seriamente gli cinse con il braccio le spalle tenendolo stretto al suo fianco. «Dobbiamo finire prima del buio, Jongdae.»
Lui si sentì ridicolo. Jongdae respirò profondamente, accettò di nuovo i fiori dal fratello.
Jongdae ascoltò a malapena il resto della cerimonia. Era troppo occupato a superare il suo imbarazzo. Si impose, esausto, di non preoccuparsi più. La decisione era presa, e questo era tutto.
Sospirò debolmente. Minseok lo sentì e si girò a guardarlo esasperato. Jongdae gli rivolse un sorriso esitante.
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