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«Non lo voglio, Junmyeon. Devi essere uscito di senno se pensi che possa prendere in considerazione l'ipotesi di diventare suo marito.»

«L'apparenza inganna, Jongdae», disse calmo suo fratello. «Aspetta di essergli vicino. Noterai di sicuro la gentilezza nei suoi occhi. Minseok ti tratterà bene.»

Lui scosse la testa. Le sue mani tremavano con tanta violenza da lasciar quasi cadere le redini sulla sella. Cercò di stringere le cinghie di cuoio e di non spalancare la bocca di fronte a quel possente guerriero... e al mostruoso animale al suo fianco.

Si stavano avvicinando al cortile della squallida costruzione. Il signore era sui gradini che portavano alla fortezza in rovina. Non sembrava particolarmente lieto di vederlo.

Jongdae era terrorizzato dalla vista di lui. Fece un profondo respiro per calmarsi, quindi sussurrò: «Di che colore sono i suoi occhi, Junmyeon?»

Il fratello non lo sapeva.

«Hai visto la gentilezza nei suoi occhi, ma non ne hai notato il colore?» gli chiese allora.

L'aveva smascherato, ed entrambi lo sapevano. «Gli uomini non notano i dettagli insignificanti», si difese.

«Mi hai detto che era un uomo gentile, dalla voce pacata e dal sorriso pronto. Ora non sta sorridendo, vero, Junmyeon?»

«Suvvia, Jongdae...»

«Mi hai mentito.»

«Non ti ho mentito», protestò lui. «Minseok mi ha salvato la vita non una ma due volte durante la battaglia contro Suwoon e i suoi uomini, e rifiuti persino di riconoscerlo. È un uomo orgoglioso ma d'onore. Su questo devi fidarti di me. Non ti proporrei di sposarlo se non fossi convinto che sarà un'unione equa.»

Jongdae, in preda al panico, non gli rispose. Continuava a spostare lo sguardo dall'imponente guerriero al mostruoso animale.

Junmyeon pensò che stesse per svenire. La sua mente passava affannosamente in rassegna tutte le osservazioni intelligenti che avrebbero potuto calmarlo.

«Minseok è quello a sinistra, Jongdae.»

Lo scherzo non lo divertì. «È un uomo molto muscoloso, vero?»

Il fratello gli prese la mano e gli diede qualche pacca affettuosa. «Non è più grosso di me, sono i vestiti che sono stretti», rispose.

Lui respinse la sua mano. Non voleva conforto. E non voleva neppure svelare il suo tremore.

«Quasi tutti vorrebbero un marito forte capace di difenderli. La statura di Minseok dovrebbe rassicurarti, ed essere un punto a suo favore.»

Lui scosse la testa. «È un punto a suo svantaggio», dichiarò.

Continuò a fissare il signore. Sembrava crescere davanti ai suoi occhi.

«È bello.» aveva pronunciato quel commento con un tono che suonava d'accusa.

«Se a te pare», disse Junmyeon, deciso ad assecondarlo.

«Un altro punto a suo sfavore. Non voglio essere sposato con un uomo bello.»

«Non è logico.»

«Non m'interessa la logica. Ho deciso. Non lo voglio. Riportami a casa, Junmyeon. Subito.»

Junmyeon fermò il cavallo del fratello afferrandolo per le redini, quindi lo costrinse ad alzare gli occhi. Il terrore che vi scorse gli fece male al cuore. Solo lui sapeva che inferno avesse sopportato quando era sposato con Seungwoon, e benché lui non ne parlasse, capiva che cosa temeva. La sua voce era bassa e fervente quando gli disse: «Ascoltami, Jongdae. Minseok non ti farà mai del male».

Lui non sapeva se credergli o no. «Non gli permetterei mai di farmene.»

La veemenza di quella risposta lo fece sorridere soddisfatto. Seungwoon non era riuscito a spegnere il suo temperamento ribelle. Junmyeon lo considerò una benedizione.

«Pensa a tutte le ragioni per cui dovresti sposarlo», gli disse. «Sarai lontano dall'imperatore e dai suoi, che non verranno a cercarti qui. Ti troverai al sicuro»

«È una considerazione da fare.»

«Minseok odia la capitale e l'imperatore»

Jongdae si mordicchiò il labbro. «Un altro punto importante a suo favore», ammise.

«Questo posto, squallido come appare ora, un giorno sarà un paradiso, e tu avrai aiutato a ricostruirlo. Qui c'è bisogno di te.»

«Sì, aiuterei a ricostruirlo. Mi lascerà stare, Junmyeon?»

«Sì.»

«Non gli hai detto niente dei miei anni con Seungwoon?»

«No, naturalmente no. Non mancherei mai alla parola che ti ho dato.»

«E sa che non potrò dargli bambini, vero?»

Era tornato sull'argomento almeno una dozzina di volte durante il viaggio verso le colline. Junmyeon non sapeva cos'altro dirgli per rassicurarlo. «Certo, Jongdae.»

«Perché non gli importa?»

«Lui vuole la terra. Ora è il signore qui e deve mettere la sua famiglia davanti agli interessi privati. Sposare te è solo un modo per raggiungere l'obiettivo.»

Era una risposta fredda, onesta. Jongdae annuì. «Accetto di conoscerlo», dichiarò infine. «Ma non ti prometto che lo sposerò, dunque puoi smettere di sorridere, Junmyeon.»

Minseok si era stancato di aspettare che il futuro sposo lo raggiungesse. Cominciò a scendere i gradini proprio mentre Jongdae spronava il cavallo a proseguire. Non l'aveva ancora potuto osservare bene, perché era completamente nascosto sotto il mantello nero con il cappuccio.

L'aspetto di lui, comunque, non aveva importanza. Il matrimonio era un accordo d'interesse, nulla di più. Tuttavia l'aveva immaginato, essendo fratello di Junmyeon, con la sua stessa carnagione chiara e i suoi capelli castani.

Si sbagliava. Junmyeon fu il primo a smontare. Gettò le redini a un soldato e andò al fianco di Jongdae per aiutarlo a scendere.

Junmyeon gli teneva le mani sulle braccia e sorrideva. Era ovvio che gli stava molto a cuore il fratello. Minseok ritenne quella devozione fraterna un tantino esagerata.

Mentre Jongdae scioglieva il cordone che gli stringeva il mantello, i soldati cominciarono ad allinearsi dietro il signore. I Kim si strinsero alle sue spalle sulla sinistra dell'ampia scala, mentre i Park si schierarono sulla destra. In pochi secondi i gradini furono gremiti di uomini curiosi. Tutti volevano vedere il marito del signore.

Minseok udì sordi grugniti d'approvazione non appena Jongdae si fu liberato del mantello passandolo a Junmyeon. Personalmente pensò di non aver emesso suono, ma non ne era certo. La vista di lui gli toglieva il respiro.

Junmyeon non aveva detto nulla sul suo aspetto, e Minseok non si era neppure preoccupato di informarsi. Ora, guardando il ministro, scorse il divertimento nei suoi occhi.

"Sa che sono sbalordito" si disse.

Mascherò il proprio stupore e rivolse l'attenzione al bellissimo ragazzo che gli si avvicinava.

Era davvero stupendo. I capelli biondi, ondeggiavano leggermente accarezzati dal vento. Sembrava privo di difetti. I suoi occhi erano di un castano vivace, la carnagione pura, e la bocca, dannazione, la bocca poteva spingere chiunque a pensieri lussuriosi. Anche quella gli piacque molto.

Alcuni soldati Kim non si mostrarono riservati quanto i Park nelle loro reazioni: i due subito dietro il signore emisero lunghi fischi d'apprezzamento. Minseok non gradì quel rude comportamento. Si girò, li afferrò entrambi per il collo e li scaraventò ai lati della scala. Gli altri dovettero scostarsi rapidamente per non essere d'intralcio per il volo dei due.

Jongdae si fermò bruscamente, guardò i soldati a terra e tornò a studiare il loro capo. Non sembrava neppure ansante.

«Un uomo gentile?» sussurrò a Junmyeon. «Era una bugia, vero?»

«Dagli un'opportunità, Jongdae. Glielo devi, e anche a me.»

Lui rivolse al fratello uno sguardo imbronciato prima di tornare a osservare il signore.

Minseok fece un passo avanti. Il suo cane avanzò con lui e tornò a sistemarsi al suo fianco.

Jongdae sperò di trovare abbastanza coraggio per continuare. Quando fu a due passi dal guerriero si fermò e s'inchinò graziosamente.

Sentiva le ginocchia così deboli che fu lieto di riuscire a non cadere col viso per terra.

Mentre teneva la testa china udì un sonoro sbuffare e qualche grugnito represso. Non capì se fossero segni d'approvazione o di biasimo.

Il signore indossava l'abito con i suoi colori. Aveva gambe muscolose che lui cercò di non fissare.

«Buongiorno, signore dei Kim.»

Gli tremava la voce. Aveva paura di lui. Minseok non ne fu sorpreso. La sua sola vista aveva spinto più di una persona a tornare di corsa a rifugiarsi sotto la protezione del padre. Non aveva mai pensato di cambiare il suo atteggiamento perché non aveva mai dato nessuna importanza a quel fatto.

Ora però ne aveva. Non poteva convincere Jongdae a sposarlo senza far qualcosa per alleviare i suoi timori. Jongdae continuava a rivolgere sguardi preoccupati al suo cane. Minseok capì che anche l'animale lo spaventava.

Junmyeon non era di grande incoraggiamento, lì fermo a sorridere come un babbeo.

Minseok chiese il suo aiuto fulminandolo con lo sguardo. Capì però che non avrebbe dovuto farlo perché Jongdae arretrò di un passo.

Minseok decise che una conversazione frivola poteva metterla a suo agio. «Il viaggio è stato sicuro?»

Jongdae aveva la mente vuota. Era colpa di lui, ovviamente. Il suo sguardo era così intenso, addirittura inquietante, che non gli riusciva più di formulare alcun pensiero. Non ricordava neppure di cosa stessero parlando.

Minseok ripeté pazientemente la domanda.

«Faticoso», sbottò .

Minseok non rise. Un soldato non riuscì a trattenersi, ma bastò uno sguardo del suo capo per soffocare la risata.

Junmyeon fissava il fratello accigliato, scorse l'espressione di panico nei suoi occhi e allora comprese. Jongdae era troppo nervoso.

Minseok decise che non voleva un pubblico ad assistere a quell'importante colloquio.

«Junmyeon, aspetta qui. Tuo fratello e io andiamo dentro a parlare.»

Dopo aver dato l'ordine, Minseok avanzò per afferrare il braccio di Jongdae. Il cane lo seguì. Lui istintivamente arretrò, ma rendendosi conto di quello che faceva e di come agli occhi del signore dovesse sembrare in vile ritirata, fece un passo avanti.

La grossa bestia gli ringhiò contro. Minseok gli diede un secco ordine e il cane interruppe prontamente quel suono basso e minaccioso.

Ora Jongdae sembrava nuovamente sul punto di svenire. Junmyeon sapeva che gli serviva un po' di tempo per ritrovare il coraggio. Avanzò di un passo.

«Perché non hai voluto che i miei uomini oltrepassassero le tue terre?» chiese.

«Tuo fratello ed io dobbiamo trovare un accordo prima che abbiano il permesso di raggiungerci. Hai dimenticato le mie condizioni? Ne abbiamo parlato nei dettagli nel corso della tua ultima visita.»

Junmyeon annuì con un cenno del capo. Non riusciva a trovare altre domande.

<<I nostri uomini hanno fatto un lungo viaggio, signore, e certo apprezzerebbero cibo e bevande. Per favore, mostrategli la vostra ospitalità.» disse d'impulso Jondgae.

Minseok annuì. Si rivolse a Chanyeol. «Occupatene», gli ordinò.

Pensava che esaudendo la richiesta avrebbe alleviato i suoi timori nei suoi confronti. Dopotutto gli stava provando di essere un uomo accomodante. Eppure sembrava ancora pronto a balzare via. Dannazione, era davvero una creatura timida. E il suo animale non era di grande aiuto in quel momento. Il ragazzo non smetteva di lanciare occhiate al cane, e ogni volta che lo faceva, la bestia reagiva ringhiando.

Minseok pensò di afferrare Jongdae, gettarselo sulla spalla e portarlo dentro, ma cambiò idea. Il solo pensiero lo divertiva, ma non sorrise. Mantenne invece la pazienza, gli offrì la mano e attese semplicemente la sua prossima mossa.

Dallo sguardo di lui, Jongdae capì che aveva indovinato i suoi timori, e che trovava la sua timidezza addirittura divertente. Si costrinse a fare un bel respiro, quindi posò la mano in quella del guerriero.

«Perché tremate?»

Jongdae cercò di liberare la mano, ma lui non glielo consentì. Ora lo teneva, e non pensava certo di lasciarlo andare.

Prima che Jongdae potesse trovare una risposta appropriata, lui si voltò e lo trascinò con sé su per la scala che conduceva alla porta.

«Per il clima», rispose d'impulso.

«Il cosa?» Sembrava confuso.

«Non importa, mio signore.»

«Spiegatemi che cosa volevate dire», ordinò lui.

Lui sospirò. «Junmyeon mi ha detto che ... è insolito un vento così freddo da queste parti», gli rispose.

Minseok scoppiò quasi a ridere, ma si trattenne in tempo. A dire il vero, il tempo era insolitamente caldo per quel periodo dell'anno.

Evitò persino di sorridere. Il ragazzo si era già mostrato sensibile, e certo il ridere della sua ingenuità non avrebbe migliorato l'atteggiamento nei suoi confronti.

«E voi credete a tutto quello che vi dice vostro fratello?» chiese.

«Certo, è ovvio», si affrettò a rispondere perché sapesse che era devoto al fratello.

«Capisco.»

«Il freddo è la ragione del mio tremore», mentì, non trovando scuse migliori.

«No, non è quello il motivo.»

«No?»

«Avete paura di me.»

Si aspettava che mentisse di nuovo, lui lo sorprese invece con la verità. «Sì», annunciò. «Ho paura di voi. E anche del vostro cane.»

«Mi piacciono le risposte che date.»

Lo lasciò libero mentre Jongdae era tanto sorpreso da quell'osservazione che dimenticò di allontanare la mano.

«Siete lieto di sapere che ho paura di voi?»

Lui sorrise. «Sapevo già che mi temevate, Jongdae. Mi fa piacere che l'abbiate ammesso. Potevate mentirmi.»

«Voi avreste capito che mentivo.»

«È vero.»

Sembrava terribilmente arrogante, ma Jongdae  non ne fu offeso: si aspettava arroganza da un uomo dall'aspetto feroce come quel guerriero. In quel momento si accorse di stringerlo ancora, e subito si ritrasse. Poi si guardò intorno nell'ingresso. A destra c'era una scalinata con la ringhiera di legno decorata a intagli. Un corridoio portava dietro la scala, mentre a sinistra c'era la sala grande. Tutto era in rovina. Jongdae rimase sul primo gradino a fissare quella devastazione. I muri erano anneriti dal fuoco, e il tetto sopra la sala, quel poco rimasto, pendeva in lunghe strisce contro le pareti nere. Nell'aria si sentiva ancora l'odore stantio del fumo.

Scesi i gradini si trovò nella sala. Era tanto scoraggiato dalla rovina che vedeva nella dimora, da sentirsi vicino a piangere.

Minseok notò il suo cambiamento d'espressione mentre si guardava intorno.

«Sono stati gli uomini di mio marito a fare questo, vero?»

«Sì.»

Jondgae si girò a guardarlo. La tristezza nei suoi occhi non poteva che fargli piacere. Era un ragazzo di coscienza.

«È stata commessa una terribile ingiustizia in questo posto.»

«È vero», convenne lui. «Ma non ne siete responsabile.»

«Avrei potuto tentare di convincere mio marito con le suppliche...»

«Dubito che vi avrebbe ascoltato», osservò Minseok. «Ditemi una cosa, Jongdae. Sapeva che il suo uomo stava provocando una simile devastazione, o ne era all'oscuro?»

«Sapeva di cosa era capace Suwoon», rispose.

Minseok annuì. Intrecciò le mani dietro la schiena e continuò a fissarlo. «Voi avete provato a rimediare all'ingiustizia», osservò. «Avete mandato qui vostro fratello, da Suwoon.»

«Quell'uomo era diventato un semidio. Non voleva capire che Seungwoon era morto e qui lui non era più necessario.»

«Non lo era mai stato.» La voce di Minseok si era fatta più dura.

Lui annuì. «No, non era mai stata necessaria la sua presenza qui.»

Minseok sospirò. «Suwoon aveva raggiunto il potere. Pochissimi uomini riescono a rinunciarvi.»

«E voi vi riuscireste?»

Quella domanda lo sorprese. Stava per rispondergli di sì, che era ovvio, ma era nuovo all'incarico di signore della famiglia e onestamente non poteva dire se vi avrebbe rinunciato o meno.

«Devo ancora esser messo alla prova», ammise. «Spero, se fosse per il bene della famiglia, di riuscire a fare qualsiasi cosa mi venga richiesta, ma non potrò dirlo con sicurezza finché non mi sarò trovato davanti a quella necessità.»

Tanta sincerità lo impressionò, e lo fece sorridere. «Junmyeon era furioso con voi perché quando Suwoon è scappato non gli avete permesso di seguirlo. Mi ha detto che avete discusso, e che poi voi l'avete stordito. Quando ha riaperto gli occhi, Suwoon era a terra ai suoi piedi.»

Minseok sorrise. Junmyeon di certo aveva raddolcito il racconto di quel terribile momento.

«Voi mi sposerete, Jongdae.»

Sembrava deciso. E non sorrideva. Jongdae cercò di mitigare la sua urgenza e scosse lentamente la testa.

«Spiegatemi il perché della vostra esitazione», ordinò.

Lui scosse nuovamente la testa, Minseok non era abituato a venire contraddetto, ma cercò di nascondere la propria impazienza. Sapeva di non essere abile nella conversazione Certo non era esperto nel corteggiamento, e sentiva di stare combinando solo pasticci in quella discussione.

Perché a Jongdae era stata data la possibilità di scegliere? Junmyeon avrebbe dovuto semplicemente dirgli che si sarebbe sposato, e che quello era tutto. Quella conversazione non avrebbe mai avuto luogo. Dannazione, avrebbero dovuto trovarsi nel mezzo della cerimonia nuziale, intenti a scambiarsi le loro promesse.

«Non mi piacciono le persone timide.»

Jongdae raddrizzò le spalle. «Io non sono timido», annunciò. «Ho imparato a essere prudente, mio signore, ma non sono mai stato timido.»

«Capisco.» Non gli credeva.

«Non mi piacciono gli uomini forti e possenti, neppure se sono belli.»

«Mi ritenete bello?»

Com'era riuscito a trasformare le sue parole in un complimento? Sembrava addirittura sorpreso, come se non fosse conscio del suo gradevole aspetto.

«Mi avete frainteso, signore», gli disse. «L'essere bello è un punto a vostro sfavore.» Ignorò l'espressione incredula di lui e ripeté: «E soprattutto non mi piacciono gli uomini forti e possenti».

Sapeva di apparire ridicolo, ma non gliene importava. Non intendeva certo desistere ora. Lo fissò diritto negli occhi mentre lui incrociava le braccia sul petto e assumeva un'espressione accigliata.

«Che cosa ne pensate della mia opinione, signore?»

La sfida era evidente nel suo portamento e nel suo tono di voce. Lo stava coraggiosamente fronteggiando. Minseok provò di nuovo l'impellente desiderio di scoppiare a ridere.

Invece sospirò. «È un'opinione assurda», disse brusco.

«Forse», ammise «Ma non cambia le mie sensazioni.»

Minseok stabilì di aver perso abbastanza tempo in quella discussione. Era ora che lui capisse che cosa sarebbe successo.

«È certo che da qui non ve ne andrete. Rimarrete con me, Jongdae. Ci sposeremo domani. E non si tratta di un'opinione. E un dato di fatto.»

«Mi sposereste contro la mia volontà?»

«Sì.»

Sembrava di nuovo terrorizzato. Quella reazione non gli piaceva. Provò ancora una volta a conquistarsi la sua collaborazione. Dopotutto non era un orco. Sapeva essere ragionevole.

«Avete cambiato idea negli ultimi cinque minuti e ora volete tornare nella capitale? Junmyeon mi ha detto che lasciarla vi faceva piacere.»

«No, non ho cambiato idea, ma...»

«Potete permettervi di pagare la tassa che il vostro imperatore pretende per lasciarvi restare sola?»

«No.»

«Si tratta del ministro Wang? Junmyeon mi ha detto che voleva sposarvi.» Non gli diede il tempo di rispondere. «Non ha importanza. Non vi lascerei andare. Non vi avrà nessun altro uomo.»

«Non preferisco il ministro Wang.»

«Dal disgusto nella vostra voce devo concludere che anche questo ministro è bello?»

«È bello solo per chi trova attraenti i maiali, signore, ed è fin troppo piccolo di statura e ancor più piccolo di mente. Mi sarebbe del tutto inaccettabile.»

«Capisco», disse lentamente Minseok «Dunque non vi piacciono gli uomini grandi né quelli piccoli. Mi sbaglio?»

«Vi state prendendo gioco di me.»

«No, mi prendo gioco delle vostre assurde dichiarazioni. Junmyeon è possente quanto me», gli ricordò.

«Sì, ma mio fratello non mi farebbe mai del male.»

La verità era finalmente arrivata. Aveva esclamato le parole prima di potersi arrestare. Minseok alzò un sopracciglio per quella dichiarazione rivelatrice.

Jongdae chinò la testa, anche se troppo tardi per nascondergli il suo rossore.

«Per favore, cercate di capirmi, signore. Se mi mordesse un cucciolo, avrei molte possibilità di sopravvivere, ma se fosse un lupo a mordermi, credo non ne avrei affatto.»

Aveva tanto cercato di essere coraggioso, ma falliva miseramente. Il suo terrore era concreto e, indovinò Minseok, frutto di passate esperienze.

Trascorsero lunghi minuti in silenzio. Minseok lo fissava, lui guardava il pavimento.

«Vostro marito...»

«Non parlerò di lui.»

Aveva avuto la sua risposta. Avanzò verso di lui ma Jongdae non arretrò. Gli pose le mani sulle spalle e gli ordinò di guardarlo. Lui obbedì lentamente.

La voce di lui era un rauco sussurro quando gli disse: «Jongdae?»

«Sì, mio signore?»

«Io non mordo, e tu mi sposerai»    

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