22



Minseok lasciò la fortezza il mattino dopo. Diede solo risposte evasive sulla sua missione. Jongdae subito si fece sospettoso e chiese al marito se non avesse in mente qualche razzia. Lui si mostrò offeso, ovviamente, e ne nacque una discussione.

«Ti ho dato la mia parola che non ruberò. Dovresti imparare a non offendermi con i tuoi sospetti»

«Sono solo preoccupato per la tua sicurezza», ribatté Jongdae «Mi spiacerebbe molto se ti accadesse qualcosa mentre sei a... caccia.»

«Mi hai insultato un'altra volta», disse lui, con la voce meno tagliente. «Hai così poca fiducia in me? Io e i miei uomini siamo silenziosissimi quando prendiamo quanto ci occorre, e nessuno ci sente. Entriamo e usciamo dai magazzini prima che gli animali avvertano il nostro odore.»

Non era certo impressionato da tanta vanteria. Sbuffò in modo poco elegante. «A quanto pare ho piena fiducia in te. Ero solo curioso di sapere dove stai andando. La mia domanda era tutta lì. Comunque, se non vuoi dirmelo, fai pure.»

Non glielo disse. Quando Jongdae capì che si stava preparando a restare assente per almeno due settimane, se non tre, la sua curiosità crebbe ancora.

Se non lo tormentò, comunque, non fu certo per discrezione. Minseok semplicemente non gli diede il tempo di farlo. Gli disse che stava partendo, discusse con Lui per un paio di minuti, poi lo baciò intensamente e si allontanò.

Minseok non poteva confidarsi perché non voleva metterlo in ansia. Con un contingente di soldati intendeva unirsi a Zhang per un attacco al famiglia dei Jeon e, a missione conclusa, pensava di raggiungere il signore dei Jung. Era arrivata un'altra richiesta da parte del ministro Ong, che implorava Jongdae di concedergli udienza. Quell'uomo evidentemente non capiva il significato della parola no. Minseok voleva convincerlo a rinunciare. Voleva che gli fosse ben chiaro quello che rischiava osando tormentare Jongdae un'altra volta. Sperava che il ministro non avesse mandato un suo rappresentante.

Suo marito era occupato con Jun, Yixing e la direzione della casa. Luhan si era preso cura dei capelli di Yixing e quest'ultimo, dopo altre due settimane di riposo in camera, era finalmente pronto per pranzare con Jongdae nella sala grande.

Il giovane Zhang si faceva ogni giorno più bello. Scomparsi i lividi e passato il gonfiore al volto, si stava rivelando sorprendentemente grazioso. Aveva un vivo senso dell'umorismo e una cadenza nel parlare che Jongdae trovava molto armoniosa. Cercò anche di imitarlo, con gran divertimento di Yixing.

Jongdae tentava di concentrarsi sull'arrivo di sua madre. Era ansioso di vederla, ma non voleva che arrivasse prima di uno o due mesi. Con un po' d'insistenza, l'avrebbe così convinta a rimanere fino alla nascita del bambino.

Stava ingrossandosi in vita, ma il suo stato di gravidanza non era ancora molto visibile, si trattava di un lieve gonfiore sul ventre. Ora dormiva moltissimo. Andava a riposarsi nel pomeriggio, e si coricava presto la sera. Lui e Jun andavano a letto alla stessa ora, e prepararsi insieme divenne presto un rituale.

Minseok tornò di sera, quando Jongdae era salito da qualche minuto ad accompagnare Jun, ma dopo che ebbe finito di ascoltare il rapporto di Jongin e terminato di consumare la cena, marito e figlio erano già profondamente addormentati.

Suo marito era nascosto sotto una montagna di coperte. Dal momento che Jun non si trovava sul suo materasso, Minseok intuì che doveva essere anche lui sotto le coperte.

Lo trovò in fondo al letto, e lo portò nel suo. Jun doveva essersi stancato molto quel giorno, perché non aprì nemmeno gli occhi.

Minseok si preparò silenziosamente, si spogliò, si lavò, e cominciò a scostare le coperte nel tentativo di trovare suo marito.

Jongdae dormiva al centro del letto. Si allungò al suo fianco e dolcemente l'attirò tra le braccia.

Quella notte aveva bisogno di lui. Dannazione, aveva sempre bisogno di lui, si disse. Da quando si erano lasciati non aveva trascorso un'ora senza pensarlo. Stava diventando un'abitudine vergognosa, poiché si comportava da marito innamorato, desideroso solo di restare a casa con il suo compagno.

I piaceri della vita familiare gli avevano tolto il gusto delle battaglie.

Jongdae indossava una camicia lunga. Odiò quell'indumento. Voleva sentire il suo corpo liscio premuto contro il proprio. Gli sollevò la camicia sulle cosce e cominciò ad accarezzarlo mentre gli strofinava il naso sul collo.

A Jongdae servì del tempo per svegliarsi. Lui comunque non si arrese, e quando infine Jongdae capì dove si trovava e che cosa gli stava facendo il marito, rispose con passione ed entusiasmo.

Si rivelò difficile impedirgli quei gridi eccitanti che di solito gli sfuggivano, ma non voleva che Jun si svegliasse, e zittì i suoi moti d'estasi con lunghi baci ardenti. Quando Lui trovò soddisfazione, gli si strinse contro gemendo sottovoce.

Minseok, raggiunto l'orgasmo, non poté impedirsi un grido.

«Papà?»

Jongdae si irrigidì nelle braccia del marito. Si portò la mano alla bocca per impedirsi di ridere.

«Va tutto bene, Jun. Dormi pure.»

«Buonanotte, papà.»

«Buonanotte, figliolo.»

Minseok tuffò la testa contro il collo di Jongdae. Lui si girò per mordicchiargli il lobo dell'orecchio. «Bentornato a casa, marito.»

Il suo grugnito di risposta lo fece sorridere. Si addormentò stringendolo forte. Lui invece si assopì desiderando di trovare abbastanza forze per rifare l'amore con Jongdae.

Era stato un ritorno a casa più che appagante.

Junmyeon arrivò il pomeriggio seguente, a tarda ora. Minseok era in piedi sulla scala ad aspettare il cognato. Chanyeol era al suo fianco, e notò l'espressione contrariata del signore.

«Questa volta lo ucciderete?»

Minseok scosse la testa. «Non posso», disse con voce quasi dispiaciuta. «Mio marito ne sarebbe addolorato ma, perdio, è l'unica ragione per cui suo fratello respira ancora.»

Chanyeol nascose il sorriso. Sapeva che la collera del signore era tutta una finta. Si girò a guardare l'ospite.

«Qualcosa non va, Minseok. Il ministro non ha il suo solito sciocco sorriso.»

Il fratello di Jongdae era stranamente solo. E aveva anche molta fretta di incontrare Minseok, perché balzò a terra prima ancora che il cavallo si fosse fermato. L'animale era coperto di sudore, segno che la corsa era stata estenuante.

Qualcosa non andava, certo. Junmyeon non era tipo da torturare un cavallo.

«Occupati di quella bestia», ordinò Minseok a Chanyeol. Scese i gradini per andare incontro al cognato.

Nessuno dei due guerrieri si dilungò in saluti. Junmyeon fu il primo a parlare. «Brutte notizie, Minseok.»

Minseok non fece domande. Rimase semplicemente in attesa di spiegazioni.

«Dov'è Jongdae?»

«Di sopra a preparare Jun per la notte.»

«Vorrei bere.»

Minseok cercò di contenere la propria impazienza. Seguì Junmyeon in casa e congedò Baekhyun, che apparecchiava per la cena, affinché la sala restasse vuota, quindi attese che il cognato si servisse da bere.

«Ti conviene sederti per ascoltare la notizia», disse Junmyeon. «È una vera burrasca, e Jongdae vi si trova al centro.»

Jongdae era sceso in quel momento, e udì la voce di suo fratello. Si trattenne dal lanciarsi tra le sue braccia perché la collera nel suo tono di voce, unita alle parole preoccupanti che aveva udito, lo spinse ad ascoltare in silenzio di che burrasca si trattasse prima di presentarsi.

Sapeva che non era buona educazione ascoltare di nascosto, ma curiosità e ansia soffocarono in quel momento i buoni principi, e Lui capì che, se li avesse interrotti, gli uomini avrebbero cambiato discorso. Sia suo marito sia suo fratello erano oltremodo protettivi verso di lui. Sì, avrebbero subito cambiato discorso, e avrebbe dovuto faticare moltissimo per ottenere qualche avara risposta da parte loro. Ascoltare di soppiatto poteva essere sconveniente, ma era certamente utile. Inoltre, aveva udito pronunciare il suo nome, e sapeva che i problemi in qualche modo lo riguardavano. Si avvicinò di più alla porta e attese di udire la successiva frase di suo fratello.

«Di' tutto, Junmyeon», ordinò Minseok.

Jongdae annuì. Era perfettamente d'accordo con la richiesta di suo marito e si sentiva impaziente quanto lui.

«Il ministro Seungwoon è tornato dal regno dei morti. E vuole indietro suo marito.»

Jongdae non udì la reazione di suo marito. Era troppo sbalordito per ascoltare altro. Si sentì colpito da una mazzata possente. Un grido gli morì in gola. Arretrò fino a toccare la balaustra. Continuava a scuotere la testa. Non poteva essere vero. Seungwoon era caduto da un dirupo. C'era un testimone. Era morto.

Cominciò a correre, senza una direzione in mente. Voleva soltanto trovare un luogo dove poter rimanere da solo fino a riprendere il controllo sulla paura e sul terrore.

Si era precipitato lungo il corridoio retrostante, ma quando raggiunse la porta si rese conto di quello che stava facendo. La paura era stata immediata e istintiva. Era un cupo retaggio del passato, si disse, e nel passato era sempre stata la paura a controllare lui. Non gli avrebbe permesso di farlo ora.

Jongdae si sedette sulla panca e si appoggiò alla parete. Fece diversi profondi respiri. Qualche minuto dopo il panico cominciò a diminuire, e anche la paura svanì.

Era diverso ora, si disse. Aveva trovato forza e coraggio e nessuno, avrebbe potuto sottrarglieli.

Si portò la mano sul ventre in un gesto protettivo. I suoi occhi si riempirono di lacrime, ma erano lacrime di gioia, non di timore, generate dal pensiero del miracolo che gli cresceva dentro.

Si dispose a usare la sua intelligenza per escogitare una via d'uscita dalla situazione.

Rimase seduto sulla panca al buio per quasi un'ora, ma quando infine si alzò aveva un piano ben chiaro in mente. Ora si sentiva tranquillo, addirittura sereno. E, cosa più importante, padrone della situazione.

Sì, aveva fatto tanta strada. Sorrise per il complimento elargitosi, poi dovette scuotere la testa perché si stava comportando da sciocco. Non era pazzo, anzi, era convinto di essere perfettamente lucido. Se si arrivava alla guerra d'intelligenze, Seungwoon non aveva nessuna possibilità contro di lui. A suo giudizio, gli uomini che percuotevano le persone per puro piacere erano ignoranti. E deboli di mente, vittime della loro insicurezza. Seungwoon aveva tutte quelle 'virtù'.

Ma se Seungwoon avesse scelto di imporsi con pugno e spada, Lui sapeva di non essere abbastanza forte fisicamente da resistergli. Non aveva comunque importanza. Seungwoon poteva anche chiamare un esercito in suo aiuto, ma alla fine ne sarebbe uscito vittorioso lui. Grazie a Minseok. Lui era il suo difensore, il suo protettore, la sua salvezza. Aveva completa fiducia nella capacità di lui di mettere al sicuro la famiglia. Seungwoon non poteva competere.

Jongdae sospirò. Era pronto a farsi confortare da suo marito. Afferrò l'abito e corse da lui.

Incontrò Junmyeon al centro della sala. Lui l'abbracciò sollevandolo da terra.

«Oh, Junmyeon, come sono felice di vederti!» gridò.

«Mettilo giù, dannazione!» ruggì Minseok. «E togligli le mani di dosso. Mio marito non è in condizione di farsi trattare come un tronco da lancio.»

Sia Jongdae sia Junmyeon ignorarono quell'ordine. Lui baciò suo fratello e lo strinse forte. Finalmente lui lo riposò a terra cingendogli le spalle col braccio.

«Mio fratello può anche sembrare delicato, Minseok, ma avrai certo notato che in realtà è forte come un toro.»

«Ho notato che non gli hai ancora tolto le mani di dosso», sbottò Minseok. «Jongdae, vieni qui. Devi stare al fianco di tuo marito.»

Sembrava minaccioso, ma lo scintillio nei suoi occhi diceva che era lieto di vederlo felice. Jongdae pensò che Junmyeon poteva anche risultargli simpatico, ma sarebbe andato nella tomba piuttosto che ammetterlo.

Si staccò da suo fratello e raggiunse il marito. Lui subito gli cinse le spalle e l'attirò a sé.

«Perché non hai portato la mamma, Junmyeon? Sarebbe stata felice della tua compagnia, e ha già previsto di farmi visita. Non è vero, marito?»

Minseok annuì. «Sì, Junmyeon», disse. «Perché non l'hai portata?»

«Non era ancora pronta per lasciare la capitale», rispose Junmyeon. «Inoltre, abbiamo qualche problemino, Jongdae...»

Minseok non lo lasciò finire. «Tua madre arriverà il mese prossimo.»

«Per favore, spiegami di che problemino parli», chiese.

I due uomini ora sembravano all'erta. Pensò che non sapessero come dargli la brutta notizia. Dopo averli più volte spronati, capì che nessuno dei due aveva intenzione di parlare di Seungwoon.

Minseok lo teneva accanto a sé, e quando prese posto a capotavola per la cena, continuò ad allungare la mano per stringere la sua.

Junmyeon sedeva all'altro fianco di Minseok, di fronte a suo fratello. Jongin era vicino a lui. Yixing li raggiunse qualche minuto più tardi, e prese posto accanto a Jongdae.

Sia Junmyeon sia Minseok si alzarono all'ingresso del giovane in sala. Jongdae dovette invitare con un cenno gli altri soldati a imitarli.

Junmyeon aveva lo sguardo fisso sullo splendido ragazzo che avanzava dalla loro parte. Minseok, invece, studiava il cognato. Era alla ricerca di un segno che tradisse la loro conoscenza reciproca.

«Lo conosci, Junmyeon?» chiese.

Suo cognato si stupì per quel tono di voce severo. «Come diavolo potrei conoscerlo? Non l'ho ancora incontrato.»

Jongdae si affrettò a fare le presentazioni. Yixing si inchinò ma, vedendo l'espressione cupa di Junmyeon, non gli sorrise.

Minseok non voleva ancora ammettere la sconfitta. Si disse che aveva riflettuto a lungo sul problema, e che era giunto all'unica spiegazione logica possibile. Il colore dei Kim era stato scorto vicino ai territori dei Jeon. Junmyeon l'aveva indossato durante il suo ultimo recente viaggio di ritorno. Dal momento che nessun altro si era avvicinato alla fortezza, Junmyeon doveva essere il responsabile della gravidanza di Yixing.

«Mi stai dicendo che non hai mai visto prima Yixing?»

«Certo che lo sto dicendo», affermò lentamente Junmyeon.

«Dannazione.»

«Minseok, che cosa ti succede?» chiese Jongdae. «Yixing, siediti vicino a me, per favore.»

«Pensavo che tuo fratello fosse il responsabile dello stato di Yixing.»

«Come hai potuto pensarlo?» esclamò Jongdae. «Non abbandonerebbe mai...»

«Era una conclusione logica», si difese Minseok.

«E colpevole», replicò Jongdae.

Junmyeon cercava di seguire la discussione. Aveva intuito che Minseok tentava di incolparlo di qualcosa, e che Jongdae lo difendeva con vigore, ma non riusciva a capire il problema.

«Esattamente di che cosa mi ritieni responsabile?» chiese a Minseok.

«Junmyeon, il problema non ti riguarda», lo zittì Jongdae.

«Come non lo riguarda?» esclamò Minseok. «Se è lui il padre...»

Non lo lasciò finire. «Non lo è», gridò.

L'espressione sul volto di Minseok era raggelante. «Capisco», disse. Si sedette, invitò Junmyeon a fare lo stesso, quindi tornò a guardare il marito.

«Allora tu sai chi è quell'uomo, vero, Jongdae?»

Jongdae annuì. Intendeva davvero spiegare la situazione al marito, ma voleva aspettare che fossero soli.

«Abbiamo compagnia», mormorò, sperando che Minseok capisse il suo desiderio di non voler discutere subito di quel problema delicato.

Lui rifiutò di capire. «Tu mi devi dire il nome di quell'uomo», ordinò.

Lui sospirò. Yixing continuava a studiare la tovaglia con la testa china e le mani in grembo, era arrivato a contare il numero esatto delle decorazioni quando alzò gli occhi perchè il marito di Jongdae pretese una risposta, respirò profondamente e disse: «Non c'è nessun uomo, signore».

Minseok non era pronto per quella risposta. Si appoggiò allo schienale e fissò il giovane Zhang per un istante, prima di rivolgersi al marito.

Jongdae annuì prontamente. «Non c'è», disse, confermando le parole di Yixing.

Continuando a fissare il marito, prese la mano di Yixing. «Faresti meglio a prepararti», sussurrò.

«A cosa?» chiese Yixing.

«All'urlo.»

Minseok ignorò la battuta di spirito. Era ancora sbalordito per la notizia ricevuta. Le conseguenze di quella rivelazione erano sconcertanti, e non riusciva comunque a comprendere perché in ragazzo si fosse messo tanto in pericolo con una bugia.

Scosse la testa. Jongdae annuì. «È una bella notizia, Minseok», disse.

Il volto di lui si fece rosso per la collera. Jongdae capì che non gli sembrava una bella notizia. Ora Yixing gli stringeva la mano impaurito. Jongdae si girò dalla sua parte.

«Non c'è motivo di avere paura»spiegò. «Mio marito non ti farebbe mai del male. È solo un po' sorpreso, ecco tutto. In un paio di minuti gli passerà.»

«Qualcuno mi vuole dire che cosa diavolo sta succedendo?» chiese Junmyeon.

«No!» risposero contemporaneamente Minseok, Jongdae e Yixing.

«Minseok, è un problema che può aspettare», disse. «Per favore», aggiunse, notando che sembrava pronto a ribattere.

Lui infine annuì. «A tavola dovremmo fare solo conversazioni piacevoli», spiegò Jongdae. «Non è così, Yixing?»

«Sì», rispose l'amico. Lasciò la mano di Jongdae e si raddrizzò a sedere. «Hai dato a tuo fratello la bella notizia?»

«L'ha fatto mio marito», replicò Jongdae.

«No, non l'ho fatto», disse Minseok.

Sembrava ancora irritato, ma non più sconvolto. «Perché non gliel'hai detto?»

«Ho pensato che volessi farlo tu.»

Lui sorrise. Naturalmente la curiosità di Junmyeon era subito stata risvegliata. «Quale notizia?»

«Voglio che glielo dica tu», insistette.

«Dirmi cosa?», chiese Junmyeon.

«Tuo fratello è un uomo impaziente», osservò Yixing.

«No, non lo sono», sbottò Junmyeon. «Jongdae, dammi questa notizia.»

Yixing fu colpito dal tono di voce brusco di Junmyeon. Raddrizzò ancor di più le spalle, e fissò accigliato l'uomo che ora riteneva un cinghiale furioso.

«Non è sterile.» L'annuncio era di Minseok, che ora sorrideva. I soldati annuirono prontamente.

«È vero, non è sterile», confermò Chanyeol.

Tutti annuirono ancora. Jongin e Kyungsoo entrarono in quel momento. Kyungsoo teneva la mano di lui. La lasciò quando cominciarono a scendere i gradini. Jongdae sorrise alla vista della coppia felice prima di tornare a guardare suo fratello.

Non sembrava aver ancora capito. «Avrò un bambino, Junmyeon.»

«Com'è potuto accadere?»

Jongdae cominciò ad arrossire. Minseok scoppiò a ridere, perché trovava molto divertente l'imbarazzo di suo marito. Era ancora deciso a scatenare l'inferno dato che non gli aveva detto la verità su Yixing era ovvio, ma non avrebbe alzato la voce, considerate le sue delicate condizioni.

«È sposato con me», rispose Minseok alla ridicola domanda di Junmyeon. «È per questo che è accaduto.»

Junmyeon rise. Diede a Minseok una pacca sulle spalle congratulandosi con lui, quindi rivolse l'attenzione al fratello.

«È una splendida notizia», disse. Aveva la voce scossa dall'emozione. «La mamma ne sarà felice.»

Jongdae si sentì salire le lacrime. Prese il fazzoletto che teneva nella manica del vestito. «Sì, la mamma sarà felicissima», disse, picchiettandosi gli angoli degli occhi. «Devi dirglielo subito quando farai ritorno, Junmyeon. Vorrà cominciare il corredino.»

«Ora capisci perché non voglio che sia turbato da notizie sgradevoli?» disse Minseok.

«Capisco», approvò Junmyeon.

Non gli avrebbero detto nulla di Seungwoon. Su questo non aveva più dubbi. Entrambi cercavano di proteggerlo dalle preoccupazioni. Alla fine comunque avrebbero dovuto dirglielo, e si chiese per quanto pensassero di poter mantenere il segreto.

I loro motivi erano buoni, ma Lui non intendeva lasciarsi trattare da bambino. Inoltre quel problema andava discusso. Aveva in mente un piano per impedire a Seungwoon di fare danni, e voleva parlarne con Minseok.

Suo marito ora appariva preoccupato. Anche Junmyeon sembrava assorto nei suoi pensieri. Entrambi erano accigliati, e nessuno dei due mangiava.

Jongdae non intendeva affrontare l'argomento prima che gli uomini avessero terminato la cena. Decise di portare il discorso su problemi quotidiani.

«Hai notato che il nostro muro è quasi finito, Junmyeon? Gli uomini hanno lavorato molto dalla tua ultima visita.»

Junmyeon annuì.

«Jongin, ti ho detto quanto ti dona quel nuovo abito?»

Il soldato sorrise maliziosamente. «Sì, me l'avete detto almeno dieci volte oggi.»

«A me ha detto che sembro più largo e forte di spalle col nuovo abito», intervenne Minhyun.

«A me ha detto che sembro più alto», spiegò Junmin.

«Ed erano tutti complimenti sinceri», sbottò Jongdae. «State tutti meglio così»

I soldati risero. «Abbiamo accettato i colori del nostro signore. Non vi dovete più agitare.»

«Non mi sto agitando», si difese.

«E allora perché d'improvviso ci fate i complimenti?» chiese Jongin.

Lui alzò le spalle. Gli uomini trovarono quella reazione molto divertente. Jongdae cercò subito un argomento meno imbarazzante. I soldati fino a quel momento avevano ignorato Junmyeon, ma quando uno di loro parlò dell'incidente con i lupi, cominciarono a gareggiare nel volume della voce per raccontare la bravura di Jongdae.

Jongdae pensava che il fratello non avesse bisogno di sapere, ma le sue proteste vennero ignorate. Minseok gli prese la mano. Gli uomini ora ridevano e gridavano, e nel mezzo della confusione lui gli si avvicinò.

«Sai che ti proteggerò sempre, vero?»

Aveva sussurrato la sua domanda. Jongdae si allungò contro di lui per baciarlo. «Lo so.»

Junmyeon notò quella tenerezza tra Jongdae e Minseok. Annuì soddisfatto. Aveva fatto bene a insistere perché lo sposasse.

In quel momento Chanyeol chiese a Minseok qualcosa. Jongdae tornò a sistemarsi sullo sgabello e si rivolse a Yixing.

«Ti senti bene?» sussurrò.

«Sì, grazie», rispose Yixing.

Jongdae non ne era convinto. Yixing non aveva quasi toccato cibo, ed era rimasto stranamente silenzioso per tutta la cena.

Pensò che Junmyeon potesse essere la ragione di tanta timidezza. Per qualche motivo quei due avevano subito sviluppato un'antipatia reciproca. Se Yixing non aveva problemi di salute, allora era Junmyeon la causa della sua strana condotta. Continuavano a fissarsi, e quando uno dei due coglieva lo sguardo dell'altro, subito si accigliavano.

Quel comportamento era insolito quanto deprimente, perché Jongdae provava molto affetto per Yixing, e voleva che all'amico piacesse la sua famiglia.

Abbandonò le riflessioni quando gli uomini chiesero il permesso di allontanarsi.

«Che cosa ne pensi di mio fratello? È un bell'uomo, vero?»

«Bello? Ma viene dalla capitale», mormorò Yixing.

Jongdae scoppiò a ridere. Si rivolse al fratello: «Yixing a quanto pare non ama gli uomini della capitale, Junmyeon».

«È sciocco rifiutare tutti gli uomini di un intero posto», osservò lui.

«Non sono uno sciocco», si difese Yixing. «Se fossi della capitale, potrei pensare che tuo fratello è un bell'uomo.»

Era tutto quello che poteva concedere. Junmyeon sembrava non dare importanza alla sua opinione. Eppure Jongdae non si lasciò ingannare dall'indifferenza del fratello: trovava interessante Yixing, e si sforzava di non darlo a vedere.

Yixing aveva assunto un atteggiamento un po' troppo difensivo. Jongdae improvvisamente si riscosse. Minseok notò la sua espressione sorpresa, e volle sapere che cosa diavolo gli fosse successo.

Lui gli toccò la mano per fargli capire che non lo spaventava quel tono di voce brusco. Deliberatamente non gli rispose.

«Junmyeon?»

«Sì, Jongdae?»

«Quando ti sposerai?»

Suo fratello non era pronto per una domanda tanto schietta. Scoppiò a ridere. «Rimando l'argomento il più a lungo possibile», confessò.

«Perché?»

«Ho problemi più importanti a cui pensare.»

«Ma hai qualcuno in mente per il momento in cui deciderai?»

Junmyeon scosse la testa. «Davvero non ci ho pensato. Quando sarò pronto, mi sposerò. Adesso basta con questo argomento.»

Lui non aveva ancora finito. «Una dote sostanziosa conterebbe molto al momento della scelta?»

Lui sospirò. «No», rispose. «Non mi servono doti sostanziose.»

Lui sorrise. Poi si rivolse a Yixing: «Non gli interessa una dote sostanziosa», ripeté.

Yixing si mostrò confuso solo per qualche istante. Poi capì il piano di Jongdae.

Spalancò gli occhi, scuotendo con veemenza la testa. «Non pensare che io possa prendere in considerazione tuo fratello» sussurrò.

Jongdae cercò di calmarlo. «Non ti sto chiedendo di prendere in considerazione nulla» disse. Era una palese menzogna, certo, ma i suoi scopi erano buoni. Aveva inoltre raggiunto un obiettivo, quello di insinuare l'idea nella mente di Yixing.

«Mio padre ne morirebbe.»

«Saprebbe riprendersi.»

«Come ci si può riprendere dalla morte?» volle sapere Minseok.

Jongdae ignorò la domanda. «Nessuno ti costringerà a far nulla che tu non voglia», disse a Yixing.

Si rivolse a suo marito. «Non è così, Minseok?»

«Così cosa? Jongdae, non ho idea di quello che stai dicendo.»

Jongdae non fu turbato dall'esasperazione del marito. «Quando sarà di ritorno il padre di Yixing?»

«Domani o dopo.»

Junmyeon ora fissava Yixing. L'aveva colpito la sua espressione. Alla notizia che il padre presto sarebbe arrivato, gli si erano velati gli occhi di lacrime e, dannazione, sembrava proprio spaventato. Non capiva neppure la propria reazione. Conosceva appena quel ragazzo, già aveva deciso che non gli piaceva, eppure sentiva il bisogno di risolvergli i problemi.

«Non desiderate vedere vostro padre?» chiese.

«Certo che desidero vederlo.»

«Yixing non può tornare a casa domani o subito dopo», disse Jongdae al marito. «Non si è ancora completamente ristabilito.»

«Jongdae», esclamò Minseok in tono di rimprovero.

«A me sembra ben ristabilito», osservò Junmyeon, chiedendosi di che cosa diavolo stessero parlando. «Eravate malato?» chiese quindi a Yixing.

Lui scosse la testa. Jongdae annuì. Junmyeon era esasperato. «Yixing è stato molto malato», spiegò allora Jongdae. «Gli serve tempo per riprendere le forze. Minseok, insisto perché tu dica al signore dei Zhang che suo figlio non è ancora in grado di affrontare il viaggio.»

«Non credo di poterlo convincere», replicò Minseok. Si rivolse a Junmyeon guardandolo con rabbia. «È un peccato che tu non l'abbia ingravidato», mormorò. «Ciò avrebbe risolto tutti i nostri problemi.»

Junmyeon aprì la bocca per ribattere, ma era troppo sbalordito per trovare una risposta appropriata.

«Non riesco ancora a credere che tu abbia ritenuto mio fratello capace di disonorarsi così», disse Jongdae.

«Era una deduzione logica, diavolo», replicò il marito.

«E come avresti risolto il problema?» s'informò Jongdae.

«Lui è qui», rispose lentamente Minseok. «Si sarebbero sposati. Mi hai sentito promettere a Zhang che ci sarà un matrimonio, no?»

«Non potrei mai sposarlo.»

Dal momento che Yixing aveva fatto la sua dichiarazione indicando Junmyeon, questi dovette intuire che si parlava di sposare lui.

«Dannazione, certo che non potete», esclamò. «E vorrei anche farvi notare che non vi ho mai chiesto di sposarmi.»

Yixing balzò in piedi. «Per favore, scusatemi», disse. «Improvvisamente sento bisogno d'aria fresca.»

Minseok annuì. Yixing lasciò prontamente la sala. Junmyeon lo guardò uscire, quindi si rivolse al fratello. Lui lo fissava accigliato.

«Uno di voi vorrebbe spiegarmi che cosa diavolo succede?»

«Hai ferito Yixing, Junmyeon. Faresti meglio a seguirlo per chiedergli scusa.»

«Come l'ho ferito?»

«Hai rifiutato di sposarlo», spiegò Jongdae. «Non è così, Minseok?»

Suo marito si godeva appieno la confusione di Junmyeon. «Sì, hai rifiutato», confermò solo per aizzare la collera del cognato.

«Spiegatemi», ordinò Junmyeon.

«Non sarebbe corretto da parte nostra parlarti dei problemi di Yixing», rispose Jongdae. «Te li spiegherà lui quando sarà pronto per farlo. Junmyeon, perché sei venuto?»

Quel brusco cambiamento di discorso lo colse di sorpresa. Non riuscì a trovare subito una scusa. Si rivolse a Minseok implorando il suo aiuto.

Jongdae sbadigliò scusandosi subito dopo. Minseok gli suggerì di andare a coricarsi.

«Prima vorrei discutere di una cosa con tutti voi», disse. «Poi andrò a letto.»

«Di cosa dovremmo discutere?» le chiese Junmyeon.

.«Ho un problema», cominciòJongdae rispose fissando Minseok: «A quanto sembra mi ritrovo con due mariti»    

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