19



Fortunatamente Luhan era abbastanza forte. E si rivelò anche pronto nello scattare in piedi. Afferrò Jongdae prima che questo potesse battere la testa contro la roccia.

La lieta notizia aveva procurato a Jongdae un nuovo svenimento. Si svegliò qualche minuto più tardi sul letto di Luhan. Le prime parole gli uscirono di bocca in un grido:

«Ma io sono sterile!»

Luhan gli diede qualche colpetto sulla mano. «Lo siete stato con un uomo, ma non col nostro signore. Avete tutti i sintomi. Voi aspettate un bambino, davvero.»

Jongdae scosse la testa. La sua mente non riusciva ad accettare quella possibilità. 

«Non è possibile»

Luhan sbuffò. «Voi e io abbiamo avuto qualche contrasto, ma mi piace pensare che siamo arrivati a capirci. Vi considero un'amico, soprattutto nei giorni in cui portate il colore dei Park», aggiunse con un sorriso malizioso.

«Sono felice di avervi come amico, Luhan», replicò Jongdae, chiedendosi come mai affrontasse in quel momento un simile discorso.

Luhan fu pronto a spiegarglielo. «Gli amici si confidano a vicenda», disse. «E per questo vi chiedo se il vostro primo marito non si sia mai portato nel letto un'altra persona. Non voglio imbarazzarvi, ma solo cercare la verità.»

Jongdae si alzò a sedere. «Sì, si è portato nel letto altre persone», ammise. «E non di rado. Sembrava deciso a farlo con quante più poteva. Gli piaceva mettermele in mostra. A me comunque non importava», aggiunse notando lo sguardo compassionevole di Luhan. «Non mi piaceva mio marito. Era un uomo crudele.»

«Ma quello che vorrei sapere, è se avete mai sentito parlare di qualche figlio illegittimo nato da una di queste relazioni.»

«No, non ci sono stati bambini», rispose Jongdae. «Seungwoon mi diceva che queste persone usavano una pozione per evitare le gravidanze. Pensava che ne usassi una anch'io, e tutti i mesi si infuriava perché era certo che deliberatamente ostacolassi i suoi tentativi di diventare padre.»

«Esistono simili pozioni», commentò Luhan. «Comunque voi siete sicuramente in dolce attesa, dunque possiamo concludere che non siete affatto sterile, lui lo era. Io manterrò il silenzio su questa bella notizia. Sarete voi a scegliere il momento giusto per dirlo a vostro marito. Il signore ne sarà felicissimo.»

Jongdae si congedò qualche minuto dopo. Luhan lo seguì fino al muretto di pietra. Jongdae si girò ancora una volta.

«Mio marito non mi permetterà di lavorare nei campi», disse.

«No, certamente no», replicò Luhan. «Non dovete fare lavori così umili.»

«Io so ricamare», disse Jongdae. Poi aggiunse con un cenno del capo «So far bene i fiori su... tutto.»

«Che cosa intendete dire? Parlate chiaramente.»

«Ho notato che portate un abito color zafferano, e mi chiedevo se vi farebbe piacere che vi ricamassi una fila di fiori sulla scollatura.»

Luhan spalancò gli occhi. «Perché fareste...»

«Voi vi occupate tutto il giorno dei campi, Luhan, e io vorrei fare qualcosa per dimostrarvi la mia riconoscenza. Se mi portate un abito al castello, comincerò a ricamarlo già questa sera.»

Era troppo imbarazzato per aspettare una risposta. Jongdae non capiva perché d'improvviso si sentisse così impacciato e insicuro. Salutò con la mano scendendo di corsa lungo il sentiero.

Rallentò l'andatura risalendo la collina, d'improvviso consapevole del suo stato. Raggiunse la fortezza in una specie di torpore.

Woojin l'aspettava al centro del cortile. «Questa sera verrò a cena», cominciò. «Intendo riferire al signore che...»

Stava per dirgli che gli avrebbe parlato dello svenimento ma si fermò, notando la sua espressione. «Perché sorridete come se aveste appena scoperto una pentola d'oro?»

Lui scosse la testa. «Ve lo dirò questa sera», promise. «È una gran giornata, vero, Woojin, anche se il tempo è stranamente freddo.»

«No.»

Jongdae sedette a fare compagnia ad Jun che consumava la sua cena. Era troppo piccolo per aspettare gli adulti. Quando ebbe finito, lo mandò a lavarsi mani e viso.

Lui andò vicino al fuoco. Dogo entrò di corsa in sala, e Jongdae lo accarezzò prima di accomodarsi al suo posto per ricamare l'abito che Luhan gli aveva dato. Dogo si lasciò cadere pesantemente ai suoi piedi, il muso appoggiato sulle sue scarpe.

Jun li raggiunse pochi istanti dopo. Aveva ancora le guance sporche di stufato. Jongdae prese un panno umido e lo pulì. Il bambino voleva sedersi sulla sua stessa sedia, e Lui gli fece posto.

«Vuoi restare qui con me e con tuo padre, Jun, o preferisci andare dagli altri parenti?»

«Voglio restare qui», rispose lui. Sbadigliò sonoramente e si appoggiò a Jongdae, fissando il lavoro del suo ago.

«Anch'io voglio che resti», gli sussurrò lui.

«Papà dice che ti sono mancato.»

«Ha ragione. Mi sei mancato.»

Jun gonfiò il petto, orgoglioso. «Piangevi come un bambino quando ti mancavo?»

Lui sorrise per il suo modo di esprimersi. «Certo», mentì. «Vuoi che ti racconti una storia prima di andare a letto?»

Jun annuì. «Dove l'hai sentita? Da Woojin?»

«No», rispose «Mia madre mi raccontava le storie quando ero piccolo, e adesso che sono cresciuto e ho imparato a leggere...»

«Perché?»

«Perché cosa?»

«Perché hai imparato a leggere?»

Lo sguardo di Jongdae era concentrato sul visetto rivolto all'insù di Jun, per questo non vide entrare il marito. Questo rimase in piedi sul gradino più alto, in attesa che marito e figlio notassero la sua presenza.

«Perché è bello saperlo fare», rispose «e quando sarai grande insegnerò a farlo anche a te.»

Jun lo ascoltava accarezzando con le dita l'abito. A quel punto d'improvviso sbadigliò spalancando la bocca fino a mostrare la gola. Lui gli disse di coprirsi con la mano e cominciò a raccontargli la storia che preferiva da bambino.

Dopo un minuto Jun dormiva profondamente, la testa appoggiata al petto di lui. Jongdae era così felice di averlo tra le braccia che chiuse gli occhi e si addormentò con la stessa velocità del bambino.

Minseok non sapeva chi portare a letto per primo. Chanyeol venne in suo aiuto e prese Jun.

«Dove lo metto a dormire?» chiese in un sussurro per non svegliare il piccino.

Minseok non ne aveva idea. Yixing occupava l'altra camera, dunque era impossibile portarlo lì.

E non voleva neppure che Jun dormisse con i soldati. Era un bambino piccolo, e aveva bisogno di loro vicini nel caso fosse stato colto dalla paura o dal senso di smarrimento durante la notte.

«Per adesso mettilo nel mio letto», disse. «Troverò una soluzione più tardi.»

Attese che Chanyeol fosse uscito con Jun per rivolgere l'attenzione al marito. Si chinò per prenderlo tra le braccia quando Lui d'improvviso aprì gli occhi.

«Minseok.» Pronunciò il suo nome quasi con stupore. Lui si sentì accarezzato.

«Per caso mi stavi sognando?»

Cercava di canzonarlo, ma la sua voce era roca. Dannazione, amava quel ragazzo. Sospirò accigliandosi, nel tentativo di riprendere il controllo dei propri pensieri.

Voleva portarlo a letto. Sapeva di dover attendere, così preferì brontolare.

«Dovresti andare di sopra, marito. Si vede che sei esausto. Lavori troppo. Ti ho ripetuto più volte di riposare, ma tu hai sfacciatamente...»

Lui allungò la mano e gli sfiorò una guancia. Inutile dire che la concentrazione di lui svanì. Pensò che l'avesse fatto apposta.

«Non sto facendo troppo», disse «E non stavo dormendo in questo momento. Ero perso in pensieri meravigliosi. Non riesco ancora a crederci, Minseok. Non mi sembra possibile, e quando ti darò la mia importante notizia...»

D'improvviso s'interruppe e si guardò intorno per assicurarsi che fossero soli. Non voleva dividere con altri quel momento speciale.

Jongin e altri tre soldati Kim entrarono in sala proprio mentre Lui notava l'assenza di Jun.

«Vedi, dormivi» disse Minseok. «Non hai neppure sentito che Chanyeol portava di sopra mio figlio.»

«È nostro figlio», lo corresse.

Gli piacque sentirlo. Jongdae stava diventando possessivo, e questo gli sembrava un buon segno. Col tempo sperava che lo diventasse anche nei suoi confronti.

«Sì, è nostro figlio», convenne. «Ora dammi la tua importante notizia.»

«Dovremo aspettare più tardi.»

«Dammela adesso.»

«No.»

Lui spalancò gli occhi, si alzò e fece alzare anche lui. «Osi rifiutarti?»

Jongdae sorrise. «Oso di tutto in questi giorni, grazie a te, marito.»

Non capì di cosa stesse parlando. Decise di aspettare più tardi per farsi dare una spiegazione. Ora voleva solo la notizia di cui gli aveva parlato.

«Voglio capire che cosa ti preoccupa. E me lo devi dire subito» ordinò.

Ora Minseok sembrava arrogante. Cominciava a piacergli quel difetto. «Non mi sto preoccupando», gli disse. «Ti darò la mia notizia quando sarò pronto per farlo, signore, e non un momento prima. Non mettermi fretta.»

«State raccontando al signore che cosa vi è accaduto sul campo?»

La domanda era gridata da Woojin, fermo sulla porta. Jongdae si girò a guardarlo. L'anziano guerriero scese pesantemente la scala e si diresse dalla loro parte. Dogo brontolò sonoramente. Woojin gli rispose imitando il suo ringhio.

«Sì», rispose Jongdae. «Glielo dirò dopocena.»

«Se non lo farete, ci penserò io domattina. Statene certo.»

«Cosa diamine...»

Jongdae interruppe deliberatamente il mormorio del marito «Cerca per una volta di essere paziente. Ti prometto che verrai ben ricompensato».

Lui grugnì. Era impossibile indovinare dalla sua espressione se sarebbe stato paziente o meno. «Voglio un po' d'intimità per darti la mia importante notizia.»

Infine Minseok annuì, cercando di non sorridere. Pensò di aver capito che cosa voleva rivelargli. Si sentiva bene, e tutto perché quel pazzo finalmente aveva capito di amarlo.

L'avrebbe lasciato fare a modo suo, decise. Se Lui desiderava fargli la sua dichiarazione nell'intimità della camera da letto, l'avrebbe accontentato. Dannazione, avrebbe voluto che la cena fosse già finita. Era ansioso di restare solo con Jongdae. Fino a quel momento non aveva capito quanto fosse importante per lui il suo amore. Se lui doveva penare, allora che penasse un po' anche Jongdae.

«Gli affari di cuore sono terribilmente confusi», mormorò.

«Scusa?» chiese.

«Non importa.»

«Il tuo umore, signore, è come il tempo da queste parti», osservò lui. «Sei davvero imprevedibile.»

Lui alzò le spalle. Jongdae rivolse l'attenzione ai soldati che facevano il loro ingresso in fila.

Notò subito una grave mancanza nei loro modi. «Dovreste chinare la testa per salutare il signore e suo marito entrando in sala.»

Aveva parlato ad alta voce, e rimase in attesa per capire se i soldati fossero diventati propensi alle buone maniere. Se avessero dato problemi, era pronto a ordinare a Baekhyun un'altra fornitura di zuppiere.

Gli uomini chinarono la testa. Jongdae si sentì soddisfatto. Lasciò il marito accanto al fuoco e raggiunse il tavolo dei Kim. Due giovani soldati, ottenuto il privilegio, per quella sera, di pranzare con il loro signore, si erano già accomodati. Chiese loro di alzarsi.

«Nessuno si sieda finché il signore e suo marito non hanno preso posto», spiegò pazientemente.

Si udì qualche mormorio, ma tutti finirono con l'esaudire le sue richieste.

Jongdae non voleva tormentarli. Per questo non li rimproverò per il tono di voce troppo alto. Era comunque lieto dei loro progressi. Quegli uomini cercavano di mostrarsi educati. Per tutto il pasto non sentì nessuno ruttare.

Woojin chiese al signore che cosa intendesse fare del liquido prezioso trovato nella caverna. Dal momento che aveva parlato sottovoce, tutti pensarono a un grande segreto.

Jongdae era sbalordito. Gli uomini avevano ignorato le sue urla la sera prima, ma ora ammutolivano per i bisbiglii di Woojin. Fece tesoro di quell'osservazione a uso futuro.

«Di che cosa parlava Woojin?» chiese Jongin al signore.

Minseok si appoggiò allo schienale e rivelò a tutti la presenza dei barili nella caverna. Si udirono urla e applausi alla notizia. Quando tornò il silenzio, Minseok li invitò a ringraziare Woojin per la scoperta.

«Andiamo a prendere un paio di botti da bere questa sera», propose Bonghyun con entusiasmo.

Jongdae non diede a suo marito il tempo di valutare l'idea. Si alzò e fissò il soldato scuotendo la testa.

Subito tutti scattarono in piedi. La dimostrazione di belle maniere era impressionante.

«Restate o uscite?» chiese Nayeon.

«Resto», rispose. «Potete sedervi, signori.»

«Ma voi siete ancora in piedi», gli fece notare Junmin. «È una trappola, vero? Appena ci sediamo, voi ricominciate a lanciare ciotole.»

Jongdae chiamò a raccolta tutta la sua pazienza. «Non farò una cosa simile», promise. «Mi sono alzato solo per avere la vostra attenzione.»

«Perché?»

Fulminò con lo sguardo il soldato Kim che aveva fatto la domanda. «Se avrete un momento di pazienza, ve lo spiegherò. Quelle botti non sono da bere. Sono troppo preziose. Ce ne serviremo per ottenere in cambio i beni che ci occorrono.»

Si aspettava qualche protesta, e non fu deluso. Tutti cominciarono a gridare contemporaneamente. Solo Minseok rimase in silenzio, e lo guardava sorridendo mentre cercava di placare gli uomini.

«Quando avrete avuto il tempo di pensarci, capirete che il baratto è la nostra unica possibilità.»

«Ma perché, dovremmo dar via quella roba?» chiese Jongin urlando sopra le altre voci.

Lui udì la domanda e gli rispose, ma abbandonò la spiegazione quando si accorse che nessuno lo stava ascoltando. Si girò verso il marito. L'espressione sul suo volto gli disse che trovava il comportamento degli uomini molto divertente. Si chinò perché lui potesse sentirlo tra le grida dei Kim e dei Park e gli chiese di spiegare le ragioni per cui dovevano barattare le botti.

Lui annuì, Jongdae lo ringraziò e tornò a sedersi.

«State zitti!» Il ruggito di Minseok era piuttosto rude a sentirsi durante una cena, pensò Jongdae, ma almeno si rivelava efficace. Gli uomini smisero prontamente di litigare.

Lui annuì soddisfatto e si girò verso di lui. «Ora puoi spiegare le tue intenzioni circa quelle botti.»

«Ma volevo che le spiegassi tu.»

Lui scosse la testa. «Devi provare tu a esporre le tue ragioni. Già che ci sei, potrai spiegare anche a me.»

Lui si alzò di scatto. «Vorresti dire che non sei d'accordo?»

«No, non sono d'accordo.»

Attese che Lui si riprendesse, quindi continuò: «Il furto si è rivelato efficace fino a oggi. Jongdae. Non guardarmi così. Non ti ho ingannato»

Jongdae si alzò stizzito, e così fecero ancora una volta gli uomini.

«Vi volete decidere?» chiese Jongin.

«Questa volta esce?» s'informò Nayeon in un sussurro che tutti sentirono benissimo.

«Non sembra andare da nessuna parte», disse lentamente Chanyeol.

«Oh, sedetevi», sbottò Jongdae.

Non obbedirono finché non si fu nuovamente seduto.

Jongdae guardò accigliato il marito. «Piacerebbe a me se smetteste di rubare e usaste le botti per pagare quanto occorre alla famiglia.»

«Vi chiedo scusa, ma ho un suggerimento da dare.» la voce di Kyungsoo si fece spazio nella sala, nonostante il ragazzo parlasse con sguardo basso.

«Quale, Kyungsoo?» chiese Minseok.

«Usate solo qualche barile per ottenere quanto ci occorre, e tenete gli altri per la famiglia.»

Le discussioni si moltiplicarono dopo la proposta del ragazzo. I Park erano in gran parte d'accordo. I Kim, invece, restavano caparbiamente legati all'idea di serbare tutto il tesoro per loro. Sembravano dei bambini che non volevano dividere i giocattoli con gli altri. Minseok, purtroppo, era di quel gruppo.

Jongdae lo fissava furibondo. Lui cercava di non ridergli in faccia. Il problema sembrava terribilmente importante per suo marito, perciò infine decise di rinunciare al divertimento delle razzie per amor suo.

«Faremo come ci suggerisce Kyungsoo», annunciò.

Jongdae sospirò di sollievo. Minseok gli fece l'occhiolino. «Non pensare di averla sempre vinta in futuro», l'ammonì.

«No, lo so», si affrettò a rassicurarlo lui. Felice di suo marito, allungò la mano sul tavolo e strinse quella di lui.

«Vi servirà un fiutatore.»

L'osservazione era di Woojin. Tutti si voltarono a guardarlo. I soldati più giovani non capivano di cosa stesse parlando. Junmin fu il primo a esprimere ad alta voce la domanda a cui gli altri stavano solo pensando.

«Che cos'è un fiutatore,Woojin?»

«Un esperto», rispose il vecchio, annuendo col capo. «Sarà in grado di dirci quali botti tenere. Non vorrete dar via le migliori, vero?»

«No, certo», esclamò Nayeon.

«Ma il fiutatore non si berrà tutto?» chiese Jonghae.

«Io sono esperto», si vantò Junmin. «Sarà un piacere farvi da fiutatore.»

Tutti risero per la proposta del soldato. Quando il fragore si spense, Woojin spiegò: «Un fiutatore non ha bisogno di bere. Usa il naso per fiutare l'aroma. Già dall'odore è in grado di distinguere il buono dal marcio.»

«Allora dovremo prendere Donghyun», suggerì Chanyeol. «Ha il naso più grosso di tutti i Park e i Kim.»

Woojin sorrise. «Non contano le dimensioni ma l'esperienza, figliolo», disse. «L'abilità è importante. Il fiuto si può insegnare, ma i migliori sono i talenti naturali. Ho sentito parlare di un fiutatore che potremmo mandare a chiamare, sempre che sia ancora vivo, e ho sentito di un altro che vive a sud.»

«Non possiamo far venire qui un estraneo», protestò Chanyeol. «Non appena vedrà il tesoro, tornerà a raccontarlo al suo signore»

Jongdae non seguiva più il discorso. Era occupato a riflettere sulla sua splendida condizione. Quella sera, quando sarebbero stati a letto insieme, avrebbe detto a Minseok del bambino. Doveva accertarsi che le candele fossero ancora accese, per non perdere l'espressione sul volto di lui dopo il suo annuncio. Si portò una mano sul ventre. Avrebbe avuto un bambino.

«Allora siamo d'accordo?»

La domanda era di Minseok. Mentre tutti gridavano la loro approvazione, Jongdae colse l'espressione inorridia sul volto di Baekhyun. Lo stava fissando, e appena ottenuta la sua attenzione, gli fece un cenno con la testa in direzione di suo marito.

«Che cosa avete appena stabilito?»

«Non hai seguito la discussione?»

«No.»

«Minseok», gridò Chanyeol. «Non possiamo limitarci a mandare un messaggero a chiamare il fiutatore. Alla sua famiglia nascerebbero dei sospetti.»

«Sì, si chiederebbero perché vogliamo un fiutatore e di certo lo seguirebbero», intervenne Jongin.

«Dobbiamo rapirlo», disse Woojin.

«Come possiamo capire quale prendere?» s'informò Junmin.

«Se decidiamo per Minki, verrò anch'io e ve lo indicherò.»

«Minseok, per favore, vuoi spiegarmi che cos'è stato deciso?» insistette Jongdae.

«Abbiamo stabilito che cosa fare del fiutatore», rispose Chanyeol per il suo signore, «dopo che ci avrà scelto i barili migliori.»

«Sì, l'abbiamo deciso», ripeté Jongin.

«Allora siamo tutti d'accordo?» chiese Woojin. «Catturiamo Minki?»

Tutti gridarono la loro opinione sul piano di Woojin per rapire il fiutatore mentre Jongdae batteva impaziente le dita sul tavolo.

«Per favore, spiegami...» ricominciò.

«Non dovremmo trasferire i barili in questa sala?» chiese Chanyeol nello stesso istante.

«Dov'è la caverna?» stava gridando Jongin.

Jongdae non intendeva aspettare oltre una risposta. Baekhyun sembrava sempre preoccupato. E Lui era deciso a scoprirne la ragione.

«Un minuto solo, per favore», gridò. «Jongin, hai appena detto di aver deciso ciò che farete del fiutatore...»

«Abbiamo deciso tutti insieme», lo corresse lui.

«Cosa?» lo spronò Jongdae.

«Cosa come?»

«Cosa ne farete? Il fiutatore tornerà a casa sua, no?»

«Certamente no», disse Woojin. Alla sola idea contrasse il viso in una smorfia.

«Non può tornarsene a casa»

«Perché no?»

«Racconterebbe al suo signore dei barili», spiegò Jongin.

«Non lo lasceremo parlare», intervenne Chanyeol.

«Perché lui lo farebbe di sicuro», aggiunse Nayeon. «Io al mio signore lo direi.»

Jongin cercò di cambiare argomento. Jongdae non glielo consentì. «Non hai ancora risposto alla mia domanda», insistette. «Che cosa intendete fare esattamente con quell'uomo?»

«Suvvia, Jongdae, non sono cose che ti riguardino», disse Minseok. «Perché non vai vicino al fuoco a cucire un po' a ricamare o a leggere?»

Stava cercando di distrarlo. I sospetti di Lui aumentarono. «Non sono dell'umore giusto per ricamare o leggere, mio signore, e non andrò da nessuna parte finché qualcuno non avrà risposto alla mia domanda.»

Minseok sospirò. «Sei cocciuto.»

Tutti i soldati annuirono, evidentemente d'accordo col giudizio del loro signore.

<<Lo uccideremo»

Non poteva credere a quello che aveva appena sentito. Chiese di ripetere. Poi balzò in piedi e scosse violentemente il capo.

«E tu sei per questa soluzione?» chiese al marito.

«Lui è il signore», intervenne Chanyeol. «Non esprime opinioni.»

«Il nostro signore aspetta, e dopo aver ascoltato tutti i suggerimenti, decide a favore o contro.»

«In questo caso respingerà la vostra scellerata proposta», replicò.

«Perché dovrebbe farlo? È un bel piano», protestò Minhyun.

Minseok aveva già intenzione di rifiutare l'idea di uccidere il fiutatore, perché gli sembrava poco onorevole chiedere l'assistenza dell'uomo e poi ripagarlo in quel modo crudele, ma non gli piaceva che fosse suo marito a spiegargli i suoi doveri. Inoltre stava cercando una valida soluzione alternativa.

«Nessuno ucciderà il fiutatore.»

Diversi soldati protestarono. «Ma, è la prima volta che tutti i Park e tutti i Kim sono d'accordo su qualcosa», gli fece notare Jongin.

Jongdae era irremovibile. Teneva gli occhi fissi sul marito. «Ho capito bene? Avete deciso di servirvi delle capacità del fiutatore, e quando avrà finito il suo compito intendete ucciderlo?»

«A quanto sembra», rispose per lui Chanyeol.

Il soldato Kim ebbe la sfacciataggine di sorridere dopo aver ammesso quel proposito omicida.

«Dunque è così che voi uomini ripagate un favore?»

Nessuno rispose alla sua domanda. Lui fece scorrere lo sguardo sui commensali, poi tornò a fissare il marito. Lui annuì. Evidentemente non era sfavorevole allo scellerato proposito.

Jongdae decise di provare a scuoterlo con la ragione. «Minseok, che cosa ritieni sia uccidere?»

«Necessario», replicò lui.

«Non lo è.»

Si stava infuriando, e Minseok sapeva di poterlo calmare dicendogli che non avrebbe permesso a nessuno di toccare il fiutatore ma, era tanto piacevole vederlo arrabbiato. Come aveva potuto ritenerlo timido? Ricordava il suo atteggiamento durante il loro primo incontro. Allora era stato timido, addirittura terrorizzato. Il suo dolce sposino aveva fatto molta strada in pochissimo tempo. I cambiamenti erano stati tutti in meglio, era ovvio, e gli piaceva pensare di esserne in parte responsabile. Non si era sentito sicuro appena arrivato, ma ora certamente era tranquillo. E si fidava di lui. Non l'avrebbe rimproverato come stava facendo in quel momento, se ancora l'avesse temuto.

«Non posso credere che tu stia sorridendo, Minseok. Hai perso il senno?»

«Sei tu che mi fai sorridere, Jongdae. Certo sei cambiato da quando hai sposato me. I tratti erano già presenti, ma tu li tenevi ben nascosti dietro lo scudo dell'indifferenza. Sono davvero orgoglioso quando mi affronti. Sì, è così.»

Non poteva credere che gli stesse facendo un complimento nel pieno di una battaglia che Lui era ben deciso a vincere. Si disse che era un tranello. Sì, quello era il suo piano. Voleva distrarlo con qualche elogio.

Non ci sarebbe cascato. «Anche tu mi rendi orgoglioso», sbottò. «Comunque non ucciderai il fiutatore. Non intendo lasciarmi convincere, marito, dunque farai meglio ad arrenderti. Io non rinuncerò prima di te.»

Jongdae sembrava disposto a uccidere qualcuno, e lui pensò di essere il primo bersaglio. Non poté resistere alla tentazione di stuzzicarlo un altro po'.

«Ho deciso di essere accomodante riguardo al baratto solo per compiacerti, ma non intendo cedere riguardo al fiutatore.»

Diversi grugniti d'approvazione seguirono le parole del signore.

«Non possiamo permettere che quell'uomo torni a casa. Preparerebbero un esercito per venire all'attacco dei barili», spiegò Jongin con espressione seria.

«No, non possiamo farlo», gridò un altro Kim.

«È ancora in piedi», esclamò Junmin guardando Jongdae.

«Danazione...»

Gli uomini si alzarono brontolando. Jongdae li ignorò. «Minseok, se il fiutatore non sapesse dove si trova la caverna, e gli impedissimo di vedere la strada, allora non potrebbe mai condurre nessuno fino ai barili, no? Dunque...»

Lasciò che fosse il marito a trarre le conclusioni. Era un barbaro, certo, ma un barbaro intelligente. Poteva benissimo capire quello che gli stava proponendo.

Chanyeol batté la mano sul tavolo. «Beh è un bel piano»

«Un po' crudele», osservò Jongin. «Io preferirei venire ucciso, ma se Jongdae pensa di lasciare comunque vivo il fiutatore, devo riconoscere che questa è una valida alternativa.»

«È davvero furbo», commentò Woojin. La sua voce era piena d'orgoglio.

Jongdae non capiva di che cosa stessero parlando gli uomini. Continuava a fissare il marito. Lui sostenne il suo sguardo per un istante, quindi gli disse:

«Non me lo lascerai uccidere, vero?»

Sembrava sconsolato. Lui non nascose la propria esasperazione. «No, davvero.»

Minseok sospirò in modo teatrale. «Dannazione.»

Lui pensò che l'imprecazione segnasse la sua vittoria. «Grazie», gli sussurrò. «Speravo che ti saresti dimostrato ragionevole.»

Finalmente rilassato, si abbandonò sulla sedia. Tutti gli uomini tornarono a sedersi.

«Faremo come tu hai suggerito», annunciò Minseok.

«L'idea è crudele ma giusta.» Jongin sembrava elogiarlo.

«Crudele?» Non capiva che cosa volesse dire Jongin. Non aveva senso neppure lo scintillio negli occhi di Minseok. Era felice di aver perso la battaglia?

Guardò Baekhyun. Avrebbe dovuto sorridere, ma sembrava ancora più preoccupato.

Immediatamente s'insospettì.

«Jongin, che cosa è crudele?»

«Comunque il piano è astuto, crudele o no», disse Chanyeol.

«Quale piano?»

«Quello che ci avete appena suggerito», rispose l'altro. «Non ricordate?»

«Deve avere qualche problema di memoria», osservò Jongin. «Già non ricorda mai che giorno è. Oggi, per esempio, porta il colore sbagliato.»

«Qualcuno mi vuole spiegare per favore quale sarebbe il mio piano?»

«Di accecarlo.»

L'atroce risposta era di Jongin. Si levarono diverse urla di approvazione.

Lui balzò in piedi, subito imitato dagli uomini.

«Il mio piano è quello di legare Jongdae alla sedia», mormorò Woojin. «Mi sto stancando di sedermi e alzarmi ogni minuto.»

Jongdae fu assalito dall'emicrania. Aveva finito la pazienza. Con un ruggito ordinò agli uomini di sedersi.

Accorgendosi di aver gridato, s'impose di calmarsi. Il ragionamento, sì, avrebbe usato il ragionamento con quei selvaggi.

«Signori, sono tante le vie per entrare in un castello», cominciò, la voce roca per lo sforzo di controllarsi.

«Signore», lo interruppe Jongin. «Ne abbiamo già parlato. Non siete ancora riuscito a convincervi? C'è una porta sul retro e quella principale...»

«Stai zitto!» gridò Jongdae. Si passò le dita tra i capelli e abbassò la voce prima di continuare: «Mi fai venir voglia di urlare! Davvero!»

«Voi state già urlando», gli fece notare Junmin.

Jongdae fece un profondo respiro. Li avrebbe fatti ragionare, anche a costo di morire per lo sforzo. Certo qualcuno di loro doveva capire com'era ingiusta quell'idea. Toccava a Lui convincere gli altri. In fondo erano membri della sua famiglia e dunque ne era, sotto un certo aspetto, responsabile.

«Dannazione», mormorò.

«Che cos'ha detto?» s'informò Junmin.

«Non posso credere che abbiate pensato di accecare quel pover'uomo», gridò.

«Ci avete dato voi l'idea.»

«Jongin, se avessi una zuppiera a portata di mano, ti giuro che...»

«State irritando Jongdae>> li ammonì Woojin.

Jongdae si rivolse al marito.

«Nessuno accecherà quell'uomo. Non ne voglio più sentir parlare. Quando dicevo che sono tante le vie per entrare in un castello, intendevo spiegare agli uomini – Dannazione Jongin se provi ancora a elencarmi il numero di ingressi giuro che ti tiro qualcosa - che cosa volevo dire, marito... oh, diamine, adesso ho perso il filo del discorso.»

«Cercavate di ricordare come si entra in un castello», l'aiutò Chanyeol.

«Non è vero», sbottò «Vi stavo dando una lezione, sciocchi. Ci sono tanti modi per spellare un pesce, capite? Se non volete che il fiutatore veda la caverna, dovrete semplicemente bendarlo mentre lo conducete là.»

«Qui non spelliamo i pesci», intervenne Junmin. «Li mangiamo interi.»

Avrebbe voluto ucciderlo. Si limitò invece a zittirlo con lo sguardo.

«Lo state turbando», gridò Woojin. «Non è bene, considerata la sua malattia. Scusati», ordinò.

«Minseok, voglio la tua parola che non sarà fatto alcun male al fiutatore», disse Jongdae.

Suo marito lo guardava accigliato. Junmin farfugliò qualche parola di scusa. Jongin ritenne necessario considerare ancora una volta l'elenco degli ingressi di una fortezza, mentre Chanyeol a voce alta si chiese chi spellasse i pesci prima di mangiarli.

«Il signore non dovrebbe portare i nostri colori oggi?» Minhyun, il più giovane dei soldati Kim, aveva appena notato l'inadempienza.

Jongin annuì. Sembrava rassegnato quando disse: «Dovrebbe».

«Woojin, a cosa diavolo ti riferivi dicendo che mio marito è malato?»

«Questo pomeriggio è svenuto, signore», spiegò Woojin. «È crollato come morto.»

Il ruggito di Minseok riecheggiò per tutta la sala. Nessuno parlò più.

Due mesi prima Lui sarebbe fuggito a gambe levate. Sì, sarebbe stato in preda al panico. Si disse che aveva fatto molta strada, poiché la furia di Minseok ora lo infastidiva appena.

Gli risuonava ancora il grido nelle orecchie. Se le coprì con le mani e fissò il marito.

«Dovevi proprio farlo?» gli chiese.

Lui ignorò quella protesta. «Davvero sei svenuto? Questa volta non fingevi?»

Non gli rispose. «Perché tutti non fanno altro che gridare? Vi avverto, uomini», aggiunse fissando i soldati, «quando verrà mia madre, nessuno dovrà andare oltre un decoroso sussurro.»

Gli uomini non annuirono abbastanza velocemente. «Avete capito?» urlò lui.

Tutti prontamente assentirono col capo . Minseok non intendeva certo farsi ignorare.

«Rispondimi, dannazione.»

Voleva una spiegazione adeguata. Lui piegò le spalle. Immaginò se stesso a letto per i prossimi cinque o sei mesi, e gli sfuggì una smorfia.

Capì che avrebbe fatto meglio a calmarlo. In fondo era suo marito, e sembrava molto preoccupato per la sua possibile malattia.

«Non è come sembra», disse. «Non sono malato.»

«Sei svenuto o no?»

Minseok si alzò di scatto, facendo cadere la sedia. Jongdae gli sfiorò il viso con la mano.

«Promettimi che non farai del male al fiutatore, poi ti spiegherò che cosa è successo.»

Lui gli prese la mano prima di rispondere. «Non sono dell'umore giusto per trattare, marito. Che ragione avevi di fingere uno svenimento con Woojin?»

«Non fingeva, signore. So capire la differenza.»

«Vorrei discutere con te di questo argomento da soli», sussurrò Jongdae.

«L'ho portato da Luhan per farsi consigliare», continuò Woojin.

«Il signore pensa che ieri sera abbia finto di svenire?» chiese Junmin.

«È abbastanza crudele da cercare di ingannarci», commentò Minhyun.

Chanyeol era d'accordo col Kim. «Sì, è abbastanza crudele.»

Jongdae ascoltava sbalordito il biasimo degli uomini. Liberò le mani dalla stretta di suo marito e si rivolse ai soldati.

«Come potete dire che sono crudele?» gridò.

«Lo diciamo perché lo siete», le rispose allegramente Junmin.

Jongdae guardò Minseok. Si aspettava che prendesse le sue difese.

Lui invece si aspettava che gli spiegasse che diavolo di problema aveva.

«Minseok, come puoi permettere ai tuoi uomini di offendermi?»

«È un complimento il loro, dannazione. Adesso ascoltami bene. Quando ti faccio una domanda, mi aspetto una risposta.»

«Certo, l'avrai», cercò di rassicurarlo. «Solo che questo non è il momento...» La sua mente era ancora concentrata su quello che i soldati pensavano di lui. «Non posso credere che mi riteniate crudele!» gridò.

«Avete ucciso il nostro Cucciolo con tre dei suoi compagni», ricordò Chanyeol.

«È stato necessario, non crudele.»

«Avete suggerito l'idea di accecare il fiutatore», disse Jongin.

«Di bendarlo», lo corresse Jongdae.

«Avete colpito con una freccia quel Jeon. È stato dannatamente crudele.»

«Lo rifarei», dichiarò. Non intendeva fingersi addolorato per il soldato. Lui voleva prendere a calci Yixing , e non poteva permetterglielo.

«Sì, lo rifareste», convenne Jongin. «E per questa ragione noi tutti vi riteniamo crudele. È un onore avervi come nostro signore.»

Diversi grugniti d'approvazione seguirono il complimento di Jongin. Jongdae si sentì confuso. Si rassettò i capelli con noncuranza nel tentativo di mostrarsi poco turbato dalle osservazioni di Jongin. «Suppongo che per voi sia normale definirmi crudele, ma non dite cose simili davanti a mia madre. Non capirebbe.»

«Jongdae!»

Il grido era di Minseok. Aveva esaurito la pazienza. Da troppo aspettava di avere la sua attenzione. Lui si rivolse al marito e gli sorrise.

«Desideri qualcosa, mio signore?»

Le palpebre di lui vibrarono. Davvero non gli restava più pazienza. Jongdae si fece coraggio ed esclamò: «Non ho finto di svenire la prima volta, e sono svenuto ancora oggi pomeriggio. Comunque», si affrettò ad aggiungere prima che lui ricominciasse a gridare, «non sono affatto malato. Luhan mi ha spiegato che cos'ho.»

«Devi restare a letto.»

«Sapevo che avresti esagerato!» gridò lui.

Minseok prese per mano e si avviò trascinandolo per la sala. Lui non intendeva collaborare, e tentò ripetutamente di liberarsi. «Per quanto dovrei restare a letto?»

«Finché non ti sarai ripreso da qualsiasi disturbo ti affligga», ordinò lui. «Dannazione, sapevo che non eri abbastanza forte per resistere un anno intero.»

Lui sussultò, seriamente offeso. I soldati li stavano guardando, e quando udirono il commento del signore e videro la reazione del marito sorrisero.

«Se mi credevi tanto debole, non dovevi neppure sposarmi.»

Anche lui sorrise malizioso. Jongdae si liberò dalla stretta e fece un passo indietro prima che potesse riacciuffarlo.

«Scommetto che sarà di nuovo crudele», disse Junmin.

«Non col nostro signore, ha un debole per lui»

«In questo momento non sembrerebbe», disse Minhyun. «È serio almeno quanto lui.»

Jongdae ignorava il mormorio degli uomini. La sua attenzione era tutta per l'ostinato marito. «Sei pentito di avermi sposato, vero?»

Lui non fu abbastanza pronto a rispondergli «L'hai fatto solo per ottenere la terra. Quando sarò morto ricordati di sposare qualcuno di robusto, preferibilmente uno che rutti sonoramente come sanno fare i tuoi uomini.»

L'espressione negli occhi di lui la zittì.

«Tu non morirai.»

Aveva sussurrato il suo ordine con voce rauca, piena d'angoscia. Rimase sbalordito. Minseok sembrava terrorizzato.

«Io non ti perderò.»

«No, non mi perderai.»

Si avvicinò e gli prese la mano. Gli si riempirono gli occhi di lacrime mentre guardava quell'uomo meraviglioso che cercava di inculcargli un po' di buonsenso.

Lui l'amava. Non aveva ancora pronunciato le parole, ma la prova era nei suoi occhi. Jongdae si sentì sopraffatto dall'emozione.

Salirono insieme i gradini che conducevano alla porta. Lui lo sentiva tremare. Non voleva che si preoccupasse oltre, così si fermò ai piedi della scala che portava in camera da letto e si girò a guardarlo.

Gli uomini cercavano di sbirciare quanto accadeva, ma erano troppo lontani per udire le loro parole.

«Minseok, ricordi la mia preoccupazione prima di sposarti?»

«Avevi troppe preoccupazioni perché me le ricordi tutte, marito. Non scostarmi le mani. Intendo portarti in camera in braccio. Ti rendi conto che potresti spezzarti il collo se svenissi sulla scala? Tu puoi anche non curarti della tua salute, ma io di sicuro ci penso.»

Sapeva di avergli aperto il suo cuore. Non gli piaceva sentirsi così vulnerabile. «Che cosa direbbe tua madre arrivando e scoprendo che suo figlio è morto?» mormorò.

Lui sorrise. «Piacerai alla mamma, Minseok.»

Suo marito sembrava esasperato. Lo prese tra le braccia, e Jongdae subito lo baciò.

«Andrai comunque a letto», disse.

«La prima notte di nozze ti ho detto di essere sterile.»

«No, me l'ha detto Junmyeon.»

Lui annuì. «Sono certo di avertene parlato anch'io la prima notte.»

«Sì, me l'hai detto più di una volta.»

Cominciò a salire la scala. Jongdae appoggiò la testa contro la sua spalla. Con le dita era occupato ad accarezzargli la nuca.

Si chiese se il bambino avrebbe avuto occhi e capelli come quelli di lui. Pensò che gli sarebbe piaciuta una bambina, ma un maschietto andava comunque benissimo.

«Non lo sono», mormorò con un sospiro.

Gli diede il tempo di capire. Lui non disse nulla finché non furono in camera.

«Hai sentito quello che ti ho detto? Non lo sono», ripeté.

«Cosa non sei?»

«Non sono sterile.»

Lui aprì la porta ma esitò sulla soglia. Teneva gli occhi fissi sul marito. Lentamente lo posò a terra. «Davvero pensi che per me abbia importanza? Tu e Jun siete tutta la famiglia che desidero. Non mi serve un altro bambino. Dannazione, non hai ancora capito quanto... significhi molto di più per...»

Dannazione, stava balbettando come un vecchio. Gli fece segno di entrare.

«I guerrieri non sanno nulla di affari del cuore», mormorò.

Sembrava stare malissimo. Jongdae non sorrideva. Sapeva quanto gli risultava difficile dirgli quello che provava.

Era una caratteristica di entrambi, se ne rese conto.

«Minseok...»

«Non voglio più sentirti parlare del fatto che sei sterile, Jongdae. Adesso smetti di preoccuparti.»

Lui fece qualche passo nella camera. «Può anche non servirti un altro figlio, mio signore, ma ti assicuro che tra sei o sette mesi l'avrai.»

Lui non capiva. Scosse la testa. Jongdae annuì. «Avremo un bambino.»

Per la prima volta in vita sua, Minseok rimase senza parole. Suo marito lo trovò una reazione più che adeguata.

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